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Rinnovabili, l’Italia bocciata: “Ritardo di otto anni sugli obiettivi di decarbonizzazione”

L’Italia che oggi rincorre il nucleare alla ricerca di più energia e di un sistema per abbassare le sue emissioni, a che punto è che con l’obiettivo delle rinnovabili? In ritardo, dicono due report paralleli usciti in queste ore sia da parte di Bankitalia, che riconosce gli sforzi fatti ma parla di misure insufficienti, sia di Legambiente che alla Fiera Key – The Energy Transition Expo di Rimini ha presentato il rapporto “Scacco matto alle rinnovabili 2025” (qui il .pdf) analizzando il percorso italiano verso gli obiettivi green europei.

Entrambi i rapporti partono da un dato: gli obiettivi di decarbonizzazione europei nel ridurre le emissioni di gas serra che alimentano il riscaldamento globale prevedono che entro il 2030 si arrivi a una diminuzione del 55% di emissioni rispetto ai livelli del 1990 per poi arrivare al cosiddetto net zero, la neutralità carbonica, nel 2050. Tenendo conto che oggi la maggior parte delle emissioni climalteranti sono legate ai consumi energetici (rappresentano quasi l’80% delle emissioni) è dunque fondamentale, come ha riconosciuto anche il governo, ampliare la quota di rinnovabili nel nostro mix di approvvigionamento. La stiamo ampliando? Sì, ricorda Bankitalia, dato che come capacità produttiva di elettricità da fonti rinnovabili siamo passati da un quarto (nei primi anni Duemila) a quasi la metà di oggi, anche grazie ai costi di generazione diminuiti nel tempo.

Uno sforzo fondamentale quello in atto, soprattutto nel fotovoltaico, ma che sempre secondo la Banca però è ancora sufficiente a raggiungere gli obiettivi europei e nel 2024 “l’aumento della capacità rinnovabile complessiva è stato ancora inferiore, di circa un decimo, rispetto a quello che si stima essere necessario per il raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec)”, questo anche per via di una modesta crescita dell’eolico.

Il report di Legambiente, presentato oggi, va nella stessa direzione e quantifica in più il reale ritardo: si parla di almeno 8 anni in più, a questi ritmi, necessari per centrare gli obiettivi di decarbonizzazione. Per l’associazione ambientalista, che nell’occasione ha anche diffuso il nuovo Osservatorio Aree Idonee e Regioni, raggiungeremo gli 80.000 Mw necessari alla transizione solo nel 2038, se non ci sarà la dovuta accelerazione.Una spinta che è quantificabile: negli ultimi 4 anni abbiamo installato in media ogni anno 4500 Mw di nuovi impianti “ma nei prossimi 6 dovremo accelerare, arrivando a oltre 10.000 MW all’anno”.

Rinnovabili, a che punto siamo

Nel bocciare la tabella di marcia italiana sullo sviluppo delle rinnovabili fissato dal Decreto Aree Idonee, Legambiente riconosce i risultati “parziali e positivi” di questi ultimi anni, spiegando come dal 2021 al 2024 siano stati installati per esempio quasi 18mila megawatt, numero che corrisponde al 22% dell’obiettivo necessario per centrare i patti europei. “Mancano all’appello 62.284 Mw da realizzare nei prossimi sei anni, pari a 10.380,6 all’anno, ma la strada da percorre è tutta in salita, sia a livello nazionale sia a livello regionale e comunale, anche a causa di decreti e leggi sbagliate, ritardi, ostacoli burocratici e opposizioni locali” sostiene l’associazione nella sua fotografia, consultabile online con una mappa interattiva.

Le regioni più in ritardo

Spesso, a frenare l’ascesa delle rinnovabili, sono iter burocratici, lentezza amministrativa, ma anche opposizioni e ostacoli a livello regionale. In particolare cinque regioni, più di altre, sono oggi indietro, con ritardi “stimati tra i 45 e i 20 anni” rispetto agli obiettivi fissati nel 2030. Al primo posto nella classifica dei ritardatari c’è la Valle d’Aosta “che impiegherà 45 anni per raggiungere l’obiettivo 2030 pari a 328 MW (ad oggi ha raggiunto solo il 7%)”. Seguono poi il Molise che “viaggerà sui 29 anni di ritardo (ad oggi ha raggiunto solo il 10% dei 1.003 MW richiesti al 2030), la Calabria che impiegherà 23 anni di ritardo (ad oggi ha raggiunto solo il 12% dei 3.173 MW al 2030), la Sardegna 21 anni di ritardo (ha raggiunto appena il 13% rispetto ai 6.264 MW al 2030) e l’Umbria 20 anni di ritardo (ha centrato solo il 13% dell’obiettivo di 1.756 MW al 2030)”. Anche in terre dove sono in atto importanti investimenti sulle fonti energetiche pulite bisogna accelerare: la Sicilia per esempio, ottava in classifica, raggiungerà i 10.485 MW al 2030 con oltre 13 anni di ritardo, ad oggi ne ha realizzati appena il 17%. Ci sono però anche esempi virtuosi di chi è sulla buona strada: il Lazio, se si osserva quanto realizzato negli ultimi quattro anni, è in linea con gli obiettivi e Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige sono abbastanza vicini al traguardo, anche se con “due anni di ritardo stimati”.

Quasi 100 casi di “blocchi alle rinnovabilI”

Lo abbiamo visto con le opposizioni e le manifestazioni in Sardegna dove il 99% del territorio è stato dichiarato non idoneo per nuovi impianti rinnovabili, così come in molti comuni dello Stivale: la crescita degli impianti eolici e fotovoltaici è spesso ostacolata, tramite ricorsi in tribunale e non solo, dai cittadini, dalle soprintendenze e in alcuni casi dagli stessi Comuni e dalle Regioni, spaventate dagli impatti paesaggistici e turistici e da ciò che i cantieri possono comportare.Secondo la mappa di Legambiente solo negli ultimi tre anni si contano quasi 92 casi di storie di “blocchi”.

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In Veneto per esempio è noto “il caso dell’impianto agrivoltaico a Mogliano Veneto (TV), un progetto fatto bene e già approvato dalla Regione, che ha ricevuto forti opposizioni da parte del Sindaco, alla Toscana dove a Capalbio e Badia Tedalda, tra il grossetano e l’aretino, la Giunta Regionale sembra aver cambiato la propria opinione da positiva a negativa sul progetto dopo il clamore generato da partiti e comitati”.

In Calabria invece “ad Acri (CS) Regione e Comune si scontrano sulle aree disponibili alla costruzione di impianti eolici con pareri opposti, per arrivare al prolungamento di moratorie (bocciate dalla Corte per incostituzionalità)”, lo stesso vale per il Lazio che ha recentemente “bloccato l’autorizzazione di impianti eolici e fotovoltaici”. A questo va aggiunta la questione “stalli”, ovvero quei progetti in via di valutazione ancora fermi: sono 2.109 quelli avviati a valutazione e non atterrati tra il 2015 e l’inizio del 2025.Di questi “115 i progetti sono in attesa della determina da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 85 quelli che hanno ricevuto il parere della Commissione Tecnica VIA PNRR-PNIEC ma che rimangono in attesa del parere del Ministero della Cultura (MIC), 1.367, pari all’79% del totale, quelli in fase di istruttoria tecnica da parte del Comitato PNRR-PNIEC (con 44 progetti risalenti al 2021, 367 al 2022, 505 al 2023 e 451 al 2024).

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Tra i progetti che avrebbero già dovuto concludere l’iter autorizzativo ma che sono ancora in attesa di una decisione, il più datato è un piano di reblading in Campania che prevede la sostituzione delle pale dei 60 aerogeneratori del parco eolico situato nei comuni di Lacedonia (AV) e Monteverde (AV). Nell’agosto 2020 aveva ottenuto un parere favorevole preliminare sulla compatibilità ambientale da parte del MIC; ma che ad oggi, a quasi cinque anni di distanza, è ancora bloccato nella fase di istruttoria tecnica presso la CTVIA” si legge nel report.

Ritardi sulla definizione delle aree idonee

Per centrare la decarbonizzazione necessaria e implementare le energie rinnovabili in Italia un passaggio fondamentale è l’iter, da parte delle regioni, per definire le aree idonee dove realizzare gli impianti. La mappa di Legambiente svela però, anche in questo caso, ritardi e situazioni di stallo: solo la Lombardia, anche se il suo iter non è concluso, è promossa per gli sforzi fatti finora. Undici regioni (Basilicata, Campania, Emilia-Romagna, Marche, Lazio, Liguria, Molise, Trentino e Alto-Adige, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto) ad oggi invece “non hanno ancora avviato, almeno pubblicamente, l’iter di definizione delle Aree Idonee” e in quattro si riscontra invece forte opposizione, come ad esempio in Sardegna, Toscana, Friuli Venezia Giulia e Abruzzo, che Legambiente boccia.

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Parallelamente, però, in alcuni casi si registrano anche buone pratiche ed esempi positivi: in Toscana “nel Mugello, sono iniziati i lavori per l’eolico al Giogo di Villore” oppure “in Campania nel Comune di San Bartolomeo in Galdo (BV) verranno autorizzati 3 parchi eolici, dopo che per oltre 20 anni si è autodefinito de-eolicizzato”, così come in Basilicata “con apposita delibera della Giunta regionale nel 28 ottobre 2024, è stato approvato il processo di semplificazione per l’autorizzazione di progetti a fonti rinnovabili con valutazione d’impatto ambientale”.

Dieci proposte per accelerare l’energia pulita

Come fare dunque a cambiare rotta? Per Legambiente sono fondamentali 10 passaggi: snellire gli iter autorizzativi, rafforzare il personale tecnico, rivedere il Decreto Aree Idonee dando indicazioni univoche e meno ideologiche, lavorare sui sistemi di accumulo, rivedere il Decreto Agricoltura con più attenzione all’agrovoltaico, rendere obbligatoria l’installazione di impianti fotovoltaici nei parcheggi di superficie superiori a 1.500 metri quadrati come fanno in Francia, garantire il completamento dei percorsi avviati, agevolare una maggiore partecipazione attiva dei territori, accorciare i tempi di connessione degli impianti e infine sviluppare campagne informative.Come commenta Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, “per rendere indipendente l’Italia e per aiutare famiglie e imprese, facendo diminuire la bolletta, occorre accelerare la diffusione delle rinnovabili, lo sviluppo delle reti e la realizzazione degli accumuli anche in vista del passaggio dal Prezzo Unico Nazionale dell’elettricità a quelli zonali, che porteranno maggiori vantaggi proprio alle Regioni con una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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