Il Tar del Lazio smonta una parte importante del Decreto del Ministero dell’ambiente e della Sicurezza energetica sulle aree idonee per lo sviluppo delle rinnovabili: una sua sentenza ha annullato i commi 2 e 3 dell’articolo 7 del “DM aree idonee” che garantivano una ampia discrezionalità alle Regioni sulla individuazione dei siti su cui erigere campi fotovoltaici e solari. Il ricorso era stato presentato da Anev, l’Associazione Nazionale Energia del Vento che raccoglie 120 aziende del settore eolico, secondo cui il Decreto conteneva elementi fortemente lesivi della libera attività imprenditoriale.
In pratica il provvedimento andrà riscritto. Ma in futuro le Regioni non potranno prevedere restrizioni, nelle loro leggi regionali, rispetto alla disciplina statale, assicurando, come minimo, il recepimento delle aree idonee ex lege. Lo ha spiegato in una dichiarazione rilasciata pochi minuti dopo la diffusione della sentenza lo stesso ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin: “Il Tar dice che le aree non idonee non esistono. Le aree idonee previste per legge non potranno essere limitate e ristrette: per esempio le cave, le aree industriali, comunque dovranno essere idonee per la produzione di energia. Naturalmente mi riservo di approfondire la sentenza e valutare quali azioni adottare per adeguare il Decreto”.
“Il Mase proceda velocemente alla sua riscrittura e le Regioni si adeguino alla sentenza del Tar del Lazio, garantendo uno sviluppo veloce e ordinato degli impianti a fonti rinnovabili e sotterrando per sempre quell’ascia di guerra contro le fonti pulite, in primis fotovoltaico ed eolico, che non abbiamo mai visto usare purtroppo contro i veri scempi che hanno devastato, in alcuni casi in modo permanente, il paesaggio del Belpaese”, commenta Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente.
“La sentenza è una grande vittoria per la lotta alla crisi climatica, l’indipendenza energetica del Paese e l’abbassamento delle bollette che gravano sui bilanci di famiglie e aziende”. Si rammarica l’Anev: “Abbiamo comunque perso due anni”.