I vigneti urbani sono oasi di verde in giungle di cemento, patrimoni agricoli, storici e culturali. La vite coltivata nelle città rappresenta spesso anche un vero e proprio tesoro di biodiversità: varietà antiche, talvolta esemplari, e biotipi estremamente rari nel paesaggio agricolo delle regioni vitivinicole. Un’associazione nata a Torino, la Urban Vineyards Association – UVA (nomen omen), riunisce 27 tra i più importanti vigneti urbani in 10 Paesi del mondo: a Venezia ce ne sono quattro, il più antico dei quali ha 800 anni, uno è a Parigi (sulla collina di Montmartre), e poi a Londra, Vienna, Los Angeles (Hollywood), Brasilia, Melbourne, Salonicco, Lisbona, Barcellona, Lione, Avignone, Palermo, Catania, Milano (Vigna di Leonardo), Torino, Firenze, Bergamo.
Ognuno con la sua storia e le sue caratteristiche uniche. Il sodalizio promuove anche progetti di restauro storico e azioni di valorizzazione culturale, paesaggistica, turistica. Tra le iniziative, l’istituzione di una giornata mondiale dei vigneti urbani (la prima edizione si è svolta il 27 ottobre scorso) e un catalogo dei vini urbani per trasmettere il messaggio che il vino ricavato dalle uve che crescono in città non è da meno rispetto a quello prodotto dalle vigne di campagna.
È in lavorazione, inoltre, il primo Atlante mondiale delle vigne urbane: finora ne sono state identificate oltre 150, ma dall’associazione dicono che tra qualche mese, alla fine del lavoro, saranno molte di più. Nicola Purrello, presidente di U.V.A. dal 2023, spiega che l’associazione nacque nel 2019 su iniziativa di alcuni viticoltori urbani che avevano la volontà di “tutelare patrimoni storici, paesaggistici e ambientali, spesso associati a edifici antichi: ville urbane, cantine, castelli, conventi”. Purrello è anche uno dei proprietari di Etna Urban Winery, vigna di otto ettari con annesso Palmento (cantina) del Seicento alle pendici meridionali del vulcano, inglobata dall’espansione di Catania, prima vigna urbana della Sicilia. “L’azienda è stata sempre della mia famiglia, dal 1790, ma nel 1973 la viticoltura era stata abbandonata e la proprietà parcellizzata dai passaggi ereditari. Con sette cugini nel 2018 abbiamo deciso di ripartire da zero e ripiantare le vigne”, racconta. La campagna in città è diventata da subito un presidio di naturalità, apprezzato da catanesi e turisti: “abbiamo sposato l’agricoltura biologica e puntato sulle specie autoctone dell’Etna, abbiamo restaurato i muretti a secco e reintrodotto tecniche di coltivazione antiche”.
All’altro estremo dello Stivale, a Venezia, sono in atto altre esperienze di vigneti urbani. La Serenissima ha coltivato per secoli la vigna nel proprio centro storico: San Francesco della Vigna, nel sestiere Castello, è una delle ultime memorie di questa presenza, con una storia millenaria. Dal 2019 Santa Margherita, la cantina che gestisce il vigneto, ha avviato un progetto di riassetto e riutilizzo dei vigneti coltivati all’interno di uno dei tre chiostri dell’antico convento. “Dal museo dei biotopi di Valdobbiadene abbiamo ricavato un clone di Glera e così siamo riusciti a produrre il primo spumante della Serenissima. E poi abbiamo recuperato la Malvasia, una classica uva bianca fin dai tempi dei dogi che l’avevano introdotta a Venezia da Creta, dall’Istria e dalla Dalmazia”, racconta Virginia Stancheris dell’azienda Santa Margherita. Vini di qualità, insomma, quelli prodotti in città: in laguna, poi, diventano unici e riconoscibili per quella nota di sapidità che le viti assorbono dall’acqua salmastra e trasmettono all’uva. Un vigneto urbano può anche avere forti legami con la ricerca scientifica.
È il caso della vigna urbana all’interno di un polo universitario di Torino. Rigenerazione urbana, beni comuni, tecnologia e innovazione ambientale sono le parole chiave alla base del progetto promosso da Politecnico di Torino e Citiculture, startup green tech che trasforma spazi urbani in luoghi di grande impatto sociale e ambientale attraverso la vigna. L’idea di un vigneto urbano all’interno del Politecnico è nata con l’obiettivo di integrare la tradizione agricola della viticoltura con le tecnologie avanzate sviluppate da studenti e ricercatori. In Campus Grapes, un vero e proprio laboratorio a cielo aperto, le piante e il suolo saranno dotati di sensori intelligenti che monitoreranno in tempo reale la loro salute e il loro impatto sull’ambiente. I dati raccolti permetteranno di studiare come la natura possa contribuire alla rigenerazione e alla biodiversità all’interno degli spazi urbani.
Oltralpe, anche Parigi ha il suo vigneto urbano. Simbolo di una tradizione vitivinicola ancestrale che risale all’epoca gallo-romana e che raggiunse il suo apice verso la fine del XVIII secolo, il vigneto Clos Montmartre nacque nel 1933 grazie al progetto di alcuni parigini impegnati in associazioni locali dedite alla tutela del territorio urbano e sostenuti dal comune. La vigna si trova sulle pendici della collina di Montmartre, nel XVIII arrondissement di Parigi. Di proprietà della città di Parigi, è gestito dal Comité des Fêtes et d’Actions Sociales de Montmartre. Inizialmente il vino prodotto a Clos Montmartre era destinato al consumo locale; oggi, il vigneto comprende 1.800 viti con 30 vitigni diversi e a ottobre viene organizzata la “Fête des Vendanges” per celebrare la vendemmia annuale. Il vino prodotto viene messo all’asta e il ricavato devoluto alle iniziative sociali dell’associazione Montmartre.
Situato tra il vasto Griffith Park, uno dei più grandi parchi municipali degli Stati Uniti, e una tranquilla zona residenziale di Los Angeles, il vigneto Hollywood Classic rappresenta un perfetto equilibrio tra natura e urbanizzazione. Questo vigneto urbano non è solo un’oasi verde che contribuisce alla cattura del carbonio e al raffreddamento urbano, ma svolge anche una funzione protettiva: durante gli incendi boschivi, il suo sistema di irrigazione è stato utilizzato per salvaguardare la comunità circostante. Piantato su ripide colline a oltre 400 metri di altezza, beneficia delle fresche brezze marine del vicino Oceano Pacifico, consentendo la coltivazione di varietà bordolesi come Cabernet Sauvignon, Merlot, Malbec e Petit Verdot.
Il rapporto tra città costruita e vigneti è sempre dinamico. Emblematico il caso di Salonicco: una piazza invasa dagli scarichi degli autobus e dei mezzi della nettezza urbana si è trasformata in polmone verde costituito da vigne e orti urbani, grazie alle proteste degli abitanti e alla immediata risposta dell’Amministrazione comunale. Il quartiere è cambiato: evidenti i benefici ambientali e il benessere dei cittadini. —