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Paola Mercogliano (CMCC): “Eventi climatici sempre più estremi, serve consapevolezza”

“Negli ultimi anni l’evidenza scientifica sul cambiamento climatico si è ulteriormente consolidata. Report internazionali, come quelli dell’IPCC, e nazionali, come quelli di Ispra sullo stato del clima in Italia, mostrano un chiaro aumento nella frequenza, nell’intensità e nella durata di eventi estremi: ondate di calore, precipitazioni intense concentrate in brevi periodi e lunghi periodi siccitosi. Non è sempre possibile attribuire un singolo evento al cambiamento climatico in modo chiaro, ma i trend – in termini di maggiore persistenza, intensità e frequenza di questi fenomeni – sono inequivocabilmente legati a un clima che sta cambiando”. Paola Mercogliano insegna Meteorologia Avanzata all’Università degli Studi di Napoli Parthenope e lavora presso il Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici come responsabile della Divisione di Ricerca su Modelli Regionali e Impatti Geo-Idrologici.

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20 Maggio 2025

Anche in Italia facciamo i conti con le conseguenze del cambiamento. Come?

“Con ondate di calore sempre più intense e frequenti e precipitazioni che tendono a concentrarsi in episodi brevi ma molto intensi, con conseguenti difficoltà nella gestione del rischio idraulico, soprattutto in contesti urbani. Anche la siccità si manifesta con maggiore severità e in modo prolungato, provocando danni rilevanti a biodiversità e agricoltura. I numeri cambiano da territorio a territorio, ma la tendenza è univoca. E la progressiva alterazione dei regimi atmosferici e idrologici rende il sistema climatico non solo più estremo, ma anche più variabile e complesso da prevedere”.

Perché Il Mediterraneo è un “osservato speciale”?

“Perché è uno dei principali hotspot del cambiamento climatico a livello globale: si sta riscaldando a un ritmo circa del 20% superiore rispetto alla media planetaria. Le città costiere sono esposte all’innalzamento del livello del mare e, in alcune aree, anche all’aumento della frequenza e dell’intensità delle mareggiate. Inoltre i territori montani risentono della riduzione del manto nevoso e dell’incremento del rischio geo-idrologico. L’agricoltura è messa a dura prova sia dalla siccità sia da eventi estremi, con ripercussioni dirette sulla produzione alimentare”.

Come sta rispondendo il territorio?

“Le infrastrutture critiche italiane si trovano ad affrontare condizioni climatiche — in termini di temperature, precipitazioni e venti – per le quali non sono state progettate. Ci sono rilevanti impatti sulla salute pubblica specialmente nelle città, legati all’aumento delle ondate di calore. Un quadro complesso che richiede interventi urgenti, integrati e fondati su basi scientifiche”.

Che tipo di interventi?

“Ci vogliono strategie e piani di adattamento, quindi strumenti di governance, scientificamente validi ma che tengano anche in conto le esigenze di chi vive nel territorio, non calati dall’alto. La resilienza urbana si costruisce attraverso scelte di trasformazione concrete: più verde e meno cemento, gestione intelligente delle acque piovane, reti energetiche efficienti, piani regolatori che integrino il rischio climatico. Le soluzioni devono arrivare a valle di lavoro di concertazione tra tecnici e cittadinanza. Noi stiamo lavorando con molte amministrazioni per fornire scenari, indicatori e strumenti decisionali basati sulla scienza”.

La scienza, già. Come fanno a sopravvivere, oggi, i negazionismi?

“È un fenomeno complesso: oggi più che negare l’esistenza del cambiamento climatico – ormai evidente – si tende a minimizzarne l’urgenza o a mettere in dubbio la necessità di agire in tempi rapidi. Un atteggiamento che rallenta l’adozione di quelle trasformazioni strutturali ormai imprescindibili. Andrebbe cambiata la narrazione pubblica sul cambiamento climatico, troppo spesso focalizzata sull’allarme e sulla paura. Come? Valorizzando le soluzioni concrete disponibili, le buone pratiche che in molte comunità si stanno adottando con risultati positivi, l’importanza di fare certe scelte per il benessere delle persone: oggi la comunità scientifica ha molte risposte. Nel progetto europeo che coordino stiamo sviluppando strumenti formativi e informativi accessibili a diversi tipi di pubblico, per rafforzare consapevolezza e coinvolgimento sociale”.

Cosa può fare ciascuno di noi?

“Scelte individuali come l’uso dell’energia, i consumi alimentari, la mobilità o il modo in cui si gestisce l’acqua contribuiscono a contenere il nostro impatto ma il coinvolgimento va oltre le azioni dei singoli: i cittadini devono essere coinvolti nella co-progettazione di strategie di adattamento. Nella recente esperienza che ho avuto con la città di Roma hanno portato idee innovative in grado di migliorare le strategie di adattamento: questa è una sfida che richiede la collaborazione tra scienza, istituzioni e società civile”.

La partecipazione è gratuita previa registrazione.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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