Cinquanta grammi di cibo sembrano pochi, quando restano nel piatto di chi va a pranzo in mensa e senza pensarci vi lascia degli avanzi: un panino non mangiato, un secondo appena assaggiato. Ma se si moltiplica quell’esigua quantità per il numero di italiani che ogni giorno mangiano a mensa, i numeri sono impressionanti. Si tratta di 38mila tonnellate di cibo sprecato ogni anno (fonte: Oricon, Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione). Per questo la startup Behavix – insediata nel Polo Tecnologico di Trentino Sviluppo a Trento – ha studiato una soluzione innovativa che mira a comprendere a fondo i motivi per cui gli utenti non consumano tutto il cibo, cercando di aiutare a risolvere il problema alla radice, prima ancora che altre aziende si occupino di ridistribuire o riutilizzare tutto quel cibo avanzato.
Il sondaggio
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Il cuore del progetto è un software, supportato da una web app, con cui vengono profilati gli utenti delle mense e somministrati questionari interattivi. I dati raccolti vengono elaborati da un algoritmo di intelligenza artificiale capace di individuare correlazioni tra abitudini, preferenze e contesto ambientale. Attraverso questa analisi, il sistema fornisce indicazioni pratiche alle aziende di ristorazione per intervenire sulle cause dello spreco, spesso legate non solo alla qualità del cibo, ma anche a fattori come stress, tempi ristretti e clima organizzativo.
La startup che riduce lo spreco nelle mense
L’esigenza nasce dall’esperienza personale di Massimiliano Carraro – ingegnere ambientale – che nel 2023 lavorava per una grande azienda e accorgendosi di quanto cibo veniva lasciato alla fine del pasto nei vassoi della mensa, si è messo d’accordo con il personale della ristorazione per misurarli, constatando che gli utenti sprecavano ogni giorno una quantità considerevole a testa. Per questo, quando ha incontrato Stefania Malfatti – economista comportamentale appassionata d’innovazione – è nata l’idea di unire le rispettive competenze per fondare Behavix, startup che sfrutta intelligenza artificiale e analisi comportamentale per capire più a fondo i motivi per cui gli utenti gettano via cibo perfettamente commestibile.
“L’analisi si realizza con due modalità complementari”, ci spiega Carraro. “Da una parte utilizziamo una telecamera e degli algoritmi di computer vision per analizzare in modo automatico i piatti che ritornano in cucina: in questo modo, mediante il volume, si riesce a calcolare il peso degli scarti e la loro tipologia, cioè di quale pietanza si tratta”.“La cosa fondamentale però rispetto a soluzioni analoghe di altre aziende”, aggiunge Malfatti “sta nel fatto che abbiamo sviluppato anche un’approfondita parte di analisi dei comportamenti degli utenti: attraverso una web app chiediamo infatti alle persone che vanno in mensa di spiegare perché lasciano gli avanzi, e questo ci permette di trovare le motivazioni profonde della loro condotta.”
“Le cause legate non solo alla qualità del cibo, ma a stress e tempi ristretti”
Incrociando tra loro questi dati, Behavix è in grado di arrivare alla radice dei problemi, identificando non soltanto i motivi specifici per cui una particolare vivanda ottiene minor gradimento di un’altra ma andando al fondo di questioni personali che esulano dalla qualità del cibo. “Abbiamo condotto due sperimentazioni con due mense universitarie di Padova e ad esempio ci siamo accorti a un certo punto dall’analisi incrociata di risposte degli utenti e degli avanzi rimasti sui vassoi, che il gradimento delle patate era crollato dal momento in cui l’azienda di ristorazione aveva cambiato il fornitore”, ci racconta Carraro. Questo naturalmente permette a chi gestisce la mensa di cambiare fornitori e modificare ingredienti del menu, ma anche di adattarlo, in maniera predittiva, basandosi sui dati del passato. “Ascoltare gli utenti però offre il valore aggiunto di aggiungere profondità alla nostra analisi”, spiega Malfatti.
“Durante la nostra indagine ci siamo accorti che in quasi metà dei feedback ricevuti dalle persone lo spreco alimentare non dipendeva solo dalla quantità e qualità del cibo consumato, ma nel 45% circa dei feedback a causa dello stress, dell’ansia e del poco tempo a disposizione per la pausa pranzo. Un elemento che diventa fondamentale nel momento in cui, potendo condividere ad esempio con l’azienda che organizza la mensa per i propri dipendenti, consente di avere una fotografia del benessere delle persone in un ufficio, da cui dipende anche la loro produttività”.
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Il progetto pilota e la strategia di gamification
Il primo progetto pilota condotto nelle mense universitarie di Padova Nord Piovego e Agripolis, che servono 3600 pasti al giorno, ha permesso di individuare i motivi dello spreco alimentare, che corrisponde a 50 grammi pro capite al giorno, e il cui valore in soli quattro mesi è pari a 27mila euro, trovando opportune contromisure. “Ottenere questi risultati non è stato semplice e ha richiesto da un lato un controllo effettivo da parte degli addetti alla ristorazione del peso reale degli avanzi per un controllo del peso stimato dagli algoritmi di computer vision e dall’altro l’introduzione di meccanismi di gamification nella web app rivolta agli utenti, con meccanismi premianti: quale la possibilità di un caffè gratis per coloro che rispondevano a tutte le domande”, utili a invogliare un numero maggiore di persone a partecipare (passando dal 4% ad oltre il 20% di adesione del totale degli utenti)”, aggiunge Carraro.
Naturalmente la raccolta dati avviene in forma anonima, ma Behavix – beneficiaria del bando europeo Foodity e del bando VRT per la valorizzazione della ricerca trentina – ha cominciato anche la sperimentazione di una forma di registrazione vera e propria alla piattaforma tale da permettere non solo ai consumatori di accedere ai dati storici relativi ai propri comportamenti alimentari, ma di essere coinvolti maggiormente in proposte di gamification più gratificanti dal punto di vista dei premi offerti. Senza contare il valore aggiunto per le aziende di incentivare questo tipo di indagine che da un lato permette di ridurre i costi relativi agli sprechi e dall’altro di conoscere il benessere della propria comunità attraverso ciò che mangiano o lasciano nel piatto.