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“Mal’aria di città”: migliora, anche se di poco, l’inquinamento. Cosa fare entro il 2030

I livelli di inquinamento nelle nostre città migliorano, ma la strada è ancora lunghissima per centrare i reali e concreti obiettivi di salute suggeriti o imposti dall’Europa. Partiamo da una premessa: ad oggi sono poche le città italiane in grado di centrare gli ambiziosi obiettivi di riduzione dello smog fissati per il 2030. Ciò impatta ancora direttamente sulla salute dei cittadini. Ogni anno, ricorda l’Agenzia europea per l’ambiente, l’inquinamento atmosferica provoca infatti in tutta Europa, dove quasi tre quarti dei cittadini vivono in centri urbani, circa 250mila decessi prematuri. Eppure – e questa è una buona notizia – tra finanziamenti, campagne e restrizioni ci stiamo muovendo nella giusta direzione, quella per abbassare i livelli di particolato o di biossido di azoto per esempio, anche se sono ancora molti gli sforzi necessari per vivere entro livelli sicuri per la salute, motivo per cui non va abbassata la guardia.

In Italia una fotografia sullo stato di salute delle nostre città la restituisce come di consueto a inizio anno il rapporto Mal’Aria di Legambiente osservando i valori dell’inquinamento atmosferico (PM10 e NO2) nelle città e nei capoluoghi di provincia.

PM10: male Frosinone, Milano e Verona

Lo scorso anno 50 centraline in 25 città esaminate su 98 hanno superato i limiti giornalieri di PM10. A fine anno le cinque peggiori realtà, ovvero quelle che per più giorni hanno registrato superamenti dei limiti di particolato, sono risultate Frosinone (al primo posto secondo la centralina Scalo, con 70 giorni di sforamento), poi Milano (centralina Marche, sempre 68 giorni), Verona (Borgo Milano, 66 giorni), Vicenza (San Felice, 64 giorni) e Padova (Arcella, 61). In molti casi, come ad esempio a Milano, ma anche Vicenza o Venezia, gli sforamenti sono stati registrati in più centraline nella stessa città, un segnale di problema “diffuso e strutturale” scrivono da Legambiente.

Con i nuovi limiti il 71% delle città fuorilegge

Un dato più limpido mostra invece i valori per le città secondo la media e indica anche la percentuale di riduzione necessaria, in questo caso di PM10, rispetto ai nuovi target europei previsti nel 2030. Se si applicassero oggi i nuovi limiti, il 71% delle città italiane per PM10 risulterebbe “fuorilegge”.

In particolare, Verona è quella con una media annuale di PM10 più alta, pari a 32,6. Nella città di Romeo e Giulietta per centrare gli obiettivi futuri servirebbe una riduzione del -39% di inquinanti. A seguire Cremona (30,7 e riduzione necessaria -35%), poi Padova e Catania con gli stessi identici valori di Cremona e al quinto posto Milano (30,5; -34%).

Biossido di azoto: tagli necessari a Napoli e Palermo

Se invece guardiamo all’altro inquinante valutato dal rapporto, l’NO2 (biossido di azoto), ad oggi secondo gli standard europei fissati per il 2030 circa la metà (il 45%) delle città italiane non è ancora a livelli soddisfacenti.

In questo caso, per il biossido che è soprattutto legato al trasporto su strada, ai processi di combustione nell’industria e nelle case, è abbastanza positivo però sapere che in nessuna città il valore medio annuale ha superato il valore limite stabilito dall’attuale normativa europea (fissato in 40 ?g/mc). Restano comunque alti i valori soprattutto di Napoli e Palermo (entrambe sulla soglia dei 40 ?g/mc), poi Milano, Como e Catania (32), Torino (31) e Roma (30).

Se però si usa la lente di ingrandimento, ovvero se si esce dalle medie e si analizzano i valori delle singole centraline urbane “ben undici centraline in cinque diverse città hanno in realtà superato il valore limite di legge” fanno sapere da Legambiente. In questo caso “il valore più alto si è registrato a Palermo (centralina Di Blasi) che ha fatto registrare 59 ?g/mc come media annuale, seguita da Napoli (Ferrovia) con 54 ?g/mc, Genova (Corso Europa) 48 ?g/mc, Bari1 (Cavour) 46 ?g/mc e Catania (Viale Vittorio Veneto) 42 ?g/mc”.

Anche in questo caso, per rientrare nei futuri limiti europei, città fra le più inquinate dal biossido come Napoli o Palermo dovrebbero ridurre in cinque anni le loro concentrazioni del 50%.

Infine, nota dolente, l’associazione ambientalista ricorda che se adottassimo come metro di misure il limite stabilito dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), ovvero 10 ?g/mc, praticamente il 95% dei capoluoghi di provincia risulterebbe inadempiente.

Legambiente: “Investire nella mobilità sostenibile”

I valori registrati nel 2024 secondo l’associazione devono dunque imporci un rapido cambiamento perché “il 2030 è alle porte e servono scelte coraggiose ora. È fondamentale investire nella mobilità sostenibile, potenziando il trasporto pubblico e rendendo le città più vivibili, con spazi pedonali e ciclabili. Urgente anche intervenire su riscaldamento domestico e agricoltura, riducendo l’impatto degli allevamenti intensivi e integrando le politiche su clima, energia e qualità dell’aria” spiegano gli autori del report Mal’Aria lanciando la campagna itinerante “Città2030” che fino al 18 marzo farà tappa in 20 città proprio per parlare della questione inquinanti.

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Solo cinque anni: “In gioco la nostra salute”

“Con soli cinque anni davanti a noi per adeguarci ai nuovi limiti europei al 2030, dobbiamo accelerare drasticamente il passo – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – È una corsa contro il tempo che deve partire dalle città ma richiede il coinvolgimento di regioni e governo. Servono azioni strutturali non più rimandabili: dalla mobilità, con un trasporto pubblico locale efficiente e che punti drasticamente sull’elettrico e più spazio per pedoni e ciclisti, alla riqualificazione energetica degli edifici, fino alla riduzione delle emissioni del settore agricolo e zootecnico, particolarmente critico nel bacino padano. Le misure da adottare sono chiare e le tecnologie pronte: quello che manca è il coraggio di fare scelte incisive per la salute dei cittadini e la vivibilità delle nostre città”.

E come chiosa Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente, vale la pena ricordare che in gioco ci sono le nostre vite: “L’inquinamento atmosferico, infatti, è la prima causa ambientale di morte prematura in Europa, con circa 50.000 morti premature solo in Italia”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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