L’Italia è il primo Paese in Europa per morti e danni causati dagli eventi meteo estremi, quelli intensificati dalla crisi del clima. La nostra Penisola è talmente fragile e sottoposta costantemente agli effetti del surriscaldamento globale che l’Italia si colloca addirittura al quinto posto a livello mondiale per impatti -sulla vita delle persone e a livello di danni ad abitazioni e infrastrutture – legati ai fenomeni metereologici. Ad affermarlo sono i ricercatori di Germanwatch attraverso il nuovo report del del Climate Risk Index, uno strumento affidabile che dal 2006, basandosi sui dati relativi agli eventi meteorologici estremi dell’International Disaster Database (Em-dat) e quelli socio-economici del Fondo Monetario Internazionale (FMI), traccia il triste bilancio dei Paesi più colpiti dagli impatti della crisi climatica.
Allo stesso tempo, prima di interpretare le classifiche, gli stessi esperti ricordano come sia difficile però ottenere ed elaborare i dati sugli eventi estremi nei Paesi del Sud globale e in quelli meno sviluppati, proprio a causa della difficoltà di copertura e di carenza di dati qualitativamente validi: per questo le statistiche, seppur utili a comprendere gli impatti del global warming, non possono restituire una fotografia completa. Detto ciò è allarmante, ma anche fonte di conoscenza per sviluppare politiche di adattamento, quanto emerge dal rapporto: dal 1993 al 2022 si stima che oltre 765mila persone abbiano perso la vita nel mondo a causa di 9.400 eventi meteo estremi, tali da causare danni economici per 4,2 trilioni di dollari (al netto dell’inflazione). In un contesto di rischi climatici in aumento e dopo che anche l’ultimo gennaio ha mostrato temperature record nonostante l’influenza del fenomeno naturale de La Niña (che tende a raffreddare), il rapporto di Germanwatch non può dunque che essere valutato come un segnale di allarme, soprattutto per il nostro Paese.
Analizzando i dati di trent’anni (1993-2022) l’Italia risulta essere infatti il quinto Paese più colpito al mondo: davanti a noi solo Dominica (al primo posto) e poi Cina, Honduras e Myanmar e dietro di noi India, Grecia, Spagna, Vanuatu e Filippine. Se invece osserviamo i Paesi più impattati di tutto il 2022, ultimo anno di cui si hanno statistiche complete, l’Italia è prima in Europa e terza nel mondo (davanti a noi solo Pakistan e Belize) ed è seguita da Grecia, Spagna, Puerto Rico, Usa, Nigeria, Portogallo e Bulgaria. Fra gli aspetti più impattanti per le vite e i beni del nostro Paese c’è soprattutto l’intensificarsi di ondate di calore, siccità e inondazioni. Come si legge nel rapporto “l’Italia si colloca al quinto posto negli ultimi 30 anni soprattutto a causa dell’elevato numero assoluto e relativo di vittime. Negli ultimi due decenni il Paese ha sperimentato numerose ondate di calore estremo, che hanno causato un numero eccezionalmente alto di vittime e gravi conseguenze economiche. Le temperature torride, la siccità, gli incendi, la riduzione della produttività agricola, i danni alle infrastrutture e la pressione sui servizi sanitari e sulle reti energetiche hanno contribuito a queste perdite”.
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Vanno poi considerati anche altri fattori come “le forti inondazioni, soprattutto lungo il fiume Po, come quelle del 1994 e del 2000 in Piemonte, che hanno causato vaste distruzioni. Complessivamente, l’Italia ha subito perdite economiche per circa 60 miliardi di dollari e più di 38.000 vittime” ricorda Lina Adil, co-autrice del Climate Risk Index 2025. Va ricordato che il rapporto non si basa su previsioni, ma su fatti, certificando come gli eventi estremi stiano “gradualmente diventando la nuova normalità in alcune regioni del mondo”, soprattutto nel Sud globale, portando a danni economici, a decessi, ma anche a feriti e all’aumento delle persone senza casa. “La crisi climatica sta diventando sempre più un rischio per la sicurezza globale e deve essere affrontata con azioni multilaterali coraggiose. I leader della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco non possono discutere delle sfide alla sicurezza senza affrontare il cambiamento climatico. Gli ultimi tre decenni mostrano che i paesi del Sud Globale sono particolarmente colpiti dagli eventi meteorologici estremi. Se i dati di questi paesi fossero completi quanto quelli di molti paesi del Nord Globale, potrebbe emergere un impatto economico e umano ancora maggiore. Ci sono segnali crescenti che stiamo entrando in una fase critica e imprevedibile della crisi climatica, che aggraverà ulteriormente i conflitti, destabilizzerà le società e influenzerà negativamente la sicurezza umana in tutto il mondo” ha sottolineato Laura Schaefer, colei che guida la divisione per la Politica Climatica Internazionale di Germanwatch.
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In base ai dati analizzati inoltre gli esperti ci ricordano come siano ancora insufficienti le ambizioni e le azioni sia nella mitigazione, sia nell’adattamento climatico. Un promemoria che arriva proprio mentre decine di Paesi, che in questo febbraio avrebbero dovuto consegnare i loro contributi e piani climatici in vista della Cop30 in Brasile di novembre, sono in ritardo nella stesura delle loro decisioni per il futuro. Nel frattempo però purtroppo la crisi climatica corre sempre più velocemente ma “meno investiamo oggi nella mitigazione e adattamento, più saranno elevati i costi umani ed economici in futuro” spiega David Eckstein, altro co-autore del report. “I risultati dell’Index – spiegano da Germanwatch – mostrano chiaramente che tutti i Paesi devono migliorare la gestione del rischio climatico per essere meglio preparati agli estremi e minimizzare i danni umani ed economici. Le nazioni più vulnerabili devono essere supportate in questo sforzo”. Anche il nostro Paese, fra i più impattati, dovrà dunque fare la sua parte per proteggere i cittadini italiani e i loro beni dai rischi attuali e futuri della crisi del clima.