in

La “pompa marina” (e naturale) che sequestra il carbonio negli oceani

Quando si parla di assorbimento e stoccaggio del carbonio siamo abituati a pensare alle piante terrestri, che attraverso la fotosintesi rimuovono l’anidride carbonica dall’atmosfera trasformandola in molecole più complesse. Ma anche gli oceani sono degli importanti “magazzini” di carbonio. Grazie alla cosiddetta “pompa marina del carbonio” contribuiscono infatti a sequestrare il carbonio immagazzinandolo a lungo termine negli abissi. A questo processo concorre anche lo zooplancton che vive nell’Oceano Antartico, e che stagionalmente migra dalle acque superficiali a quelle profonde. Secondo i risultati di uno studio pubblicato su “Limnology and Oceanography”, la migrazione verticale dello zooplancton trasporterebbe ogni anno 65 milioni di tonnellate di carbonio a profondità superiori ai 500 metri. Un contributo decisamente sottostimato fino ad oggi, spiegano gli autori e le autrici della ricerca.

Cos’è la pompa marina del carbonio

Facciamo un passo indietro. Cos’è esattamente la “pompa marina del carbonio”? Analogamente a quanto fanno le piante terrestri, anche alcuni organismi marini, come il fitoplancton, sono in grado di sintetizzare molecole complesse e ricche di carbonio a partire da anidride carbonica e acqua, utilizzando le radiazioni solari come fonte di energia per la reazione. In sostanza, sono in grado di fare la fotosintesi. Quando gli animali che costituiscono lo zooplancton (come krill e altri piccoli pesci e crostacei) o specie più grandi si cibano del fitoplancton, le molecole organiche ricche di carbonio prodotte attraverso la fotosintesi entrano nella rete trofica e, passaggio dopo passaggio, raggiungono gli abissi sotto forma di escrementi o di organismi morti. Qui possono essere riconvertite a molecole inorganiche e immagazzinate sotto forma di sedimenti.

Lo studio

Ora, lo zooplancton contribuisce a questo processo non solo attraverso i propri escrementi o sprofondando negli abissi dopo la morte, ma anche in modo per così dire attivo, migrando stagionalmente da uno strato all’altro dell’oceano. Quando questi piccoli abitanti dell’oceano vanno a “svernare” ad alte profondità, infatti, bruciano i grassi accumulati mangiando fitoplancton in superficie, un processo che porta al rilascio di anidride carbonica negli strati più profondi dell’oceano, dove può essere immagazzinata a lungo termine. Alcuni di questi animali, inoltre, muoiono durante il periodo di svernamento, anche in questo caso contribuendo ad accumulare il carbonio negli abissi. Gli autori dello studio hanno esaminato proprio il contributo di questo fenomeno, creando un database dello zooplancton raccolto dall’Oceano Antartico dagli anni ’20 fino ad oggi. A partire da questo database hanno poi stimato la quantità di animali che migrano stagionalmente, e, attraverso appositi modelli, la quantità di carbonio trasportata.

Un contributo importante

“Lo studio dimostra che la ‘pompa dei migranti stagionali’ è un’importante via di sequestro naturale del carbonio nelle regioni polari”, commenta Katrin Schmidt, coautrice dello studio e ricercatrice presso la School of Geography, Earth and Environmental Sciences dell’Università di Plymouth (Regno Unito). Tra l’altro, spiegano gli autori, rispetto ad altri processi che portano allo stoccaggio del carbonio ad alte profondità, la migrazione dello zooplancton non causerebbe la rimozione di nutrienti importanti come il ferro dagli strati superficiali, fatto che rende questo meccanismo particolarmente efficiente e “conveniente” dal punto di vista ecologico. “La protezione di questi migranti e dei loro habitat – conclude Schmidt – contribuirà a mitigare i cambiamenti climatici”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


Tagcloud:

Il riscaldamento globale modifica i valori nutrizionali dei cibi: lo dimostrano rucola e spinaci

Un aiuto alle imprese per installare pannelli solari e impianti mini-eolici