Tira una brutta aria in quasi tutte le città del mondo. Solo nel 17% delle metropoli sono soddisfatte le linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità per quanto riguarda la concentrazione media annuale di PM2,5, che non dovrebbe superare i 5 microgrammi per metro cubo. Ma in alcune capitali tale limite viene più che oltrepassato: di ben 18 volte a Nuova Delhi, altrettanto a N’Djamena, Ciad, quasi 16 volte a Dacca, in Bangladesh. A livello nazionale sono proprio il Ciad, il Bangladesh, il Pakistan, la Repubblica Democratica del Congo e l’India a guidare la classifica dell’aria più sporca.
Ma sui 138 Paesi monitorati, sono 126 (il 91,3%) quelli che non rispettano le raccomandazioni dell’Oms. Gli unici sette Paesi i cui livelli di PM2,5 sono sotto il livello di guardia, si trovano tutti ai confini del mondo: Australia, Bahamas, Barbados, Estonia, Grenada, Islanda, e Nuova Zelanda.
Se si escludono le capitali, il titolo di città con la peggior qualità dell’aria spetta a Byrnihat, in India, con una concentrazione annuale di PM2,5 di 128,2 microcrogrammi per metro cubo. Negli Stati Uniti, i cieli sono più sporchi a Los Angeles, mentre Seattle ha l’aria più pulita tra le grandi aree metropolitane. Tutto questo, e molto altro, è contenuto nel rapporto World Air Quality Report 2024, che si concentra appunto sulla presenza in aria di PM2,5, particelle del diametro pari a 2,5 milionesimi di metro: sono uno dei sei principali inquinanti atmosferici riconosciuti e monitorati a livello globale, per i loro effetti negativi sulla salute umana.
Le principali fonti antropiche di PM2,5 includono i motori a combustione, la produzione di energia, le attività industriali, la combustione di raccolti e pratiche agricole e la combustione di legna e carbone.
Il report, alla settima edizione, è considerato uno dei più completi a livello globale, anche se realizzato da una compagnia privata, la svizzera IQAir, specializzata in sistemi di purificazione dell’aria. Il colosso elvetico riesce infatti a elaborare i dati raccolti da oltre 40.000 stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria e sensori a basso costo in tutto il mondo. Si tratta di dispositivi gestiti da istituti di ricerca e agenzie governative, ma anche scuole, università, organizzazioni non profit, aziende private e privati cittadini.
Il World Air Quality Report 2024 include dati provenienti da a 8.954 città in 138 Paesi, regioni e territori. Rispetto alle edizioni precedenti, la copertura si è ampliata in Africa per includere Ciad, Gibuti e Mozambico. Assenti invece Iran, Afghanistan e Burkina Faso (classificato al 5° posto tra i Paesi più inquinati nel 2023) a causa della mancanza di disponibilità di dati.
A scavare nei dati, si trova anche una buona notizia: il 17% di città che rispetta il limite annuale di PM2.5 raccomandato dall’Oms, rappresenta un notevole progresso rispetto al 9% del 2023. “Tuttavia”, scrivono gli autori del rapporto, “c’è ancora molto lavoro da fare per proteggere la salute umana, in particolare quella dei bambini, dall’inquinamento atmosferico”.
E l’Italia? Benino in uno scenario globale, male se confrontata con i Paesi europei analoghi per dimensioni ed economia. Nella classifica delle nazioni con l’aria più sporca, il nostro Paese si colloca all’80esimo posto, staccata da Germania (103), Spagna (107), Francia (110), Regno Unito (113). Roma occupa l’85esima posizione tra le capitali, con 10,1 microgrammi per metro cubo di PM2,5, contro la 100esima di Londra (7,8 microgrammi per metro cubo).
A livello europeo, l’aria peggiore si respira in Bosnia Erzegovina, Macedonia del Nord e Serbia. L’Italia è undicesima. Tra i capoluoghi regionali, il più inquinato risulta essere Cagliari con una concentrazione annuale di PM2,5 pari a 27,9 microgrammi per metro cubo. E però nella Sardegna meridionale c’è anche la cittadina italiana con l’aria più pulita: si tratta di Portoscuso, che con 3,2 microgrammi per metro cubo di PM2,5 si colloca al tredicesimo posto tra le piccole realtà più virtuose d’Europa.