Il 2024 ha registrato in Italia 458,4 milioni di presenze turistiche negli esercizi ricettivi e per l’anno in corso questa cifra è destinata ancora salire. Un popolo di vacanzieri nostrani e stranieri arrivato in ogni angolo della Penisola dove ha mangiato, bevuto e dormito sfruttando al massimo quello che gli stava intorno, generando una spesa stimata in 62 miliardi di euro. Secondo Eurispes gli arrivi internazionali aumenteranno, nel mondo, di 43 milioni in media all’anno e raggiungeranno 1,8 miliardi entro il 2030. Di fronte a questa invasione il tema dei dibattiti nei Consigli comunali, nelle assemblee piccole e grandi di residenti e degli addetti ai lavori è come convivere e non essere fagocitati dalla gentrificazione delle città che cambiano sotto la spinta irrefrenabile del turismo che diventa “overturism”.
Il programma
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20 Maggio 2025
“Quello che sta accadendo con questo tipo di turismo non programmato, perché la linea viene dettata solo dagli imprenditori, è la trasformazione in luoghi inabitabili. Innanzitutto, perché i residenti schiacciati dai prezzi e dalle politiche degli affitti brevi non possono stare più in quei luoghi” sottolinea Cristina Nadotti, autrice di Il turismo che non paga (Edizioni Ambiente). Nel suo libro Nadotti racconta come questa importante voce dell’economia non abita ma consuma, generando “una ricaduta terribile sulle comunità dal punto di vista del consumo vorace di suolo, risorse e capitale naturale e tutto il valore aggiunto si concentra nella mani di pochi grandi gruppi”. Perché dei proventi delle attività economiche ai residenti arriva sempre una minima parte e alle amministrazioni ancor meno. E anche i servizi pubblici come assistenza sanitaria, raccolta rifiuti e controllo del territorio vanno in tilt. Perché con la sanità in ritirata e i tagli ai bilanci degli enti locali l’eredità di arrivi fuori controllo è un’enorme bolletta pubblica per garantire servizi essenziali a residenti e non.
E soprattutto d’estate, quando la popolazione delle località marittime si decuplica, trovare una guardia medica o un pronto soccorso non intasato è praticamente impossibile. Per queste ragioni occorrono nuove visioni, interventi pubblici e privati e politiche di largo respiro. Ogni località deve pensare che tipo di offerta vuole creare: da Riccione a Matera è diverso. Invece nella narrazione del turismo nostrano come petrolio da estrarre offriamo lo stesso “pacchetto” identico in pianura come in montagna, con appiattimento e commercializzazione spinta. Il tema è dunque non è come limitare (con misure inutili come il ticket di Venezia) ma distribuire.
La crisi climatica per territori fragili come gli ecosistemi marini e montani, già sotto stress per un impatto antropico crescente, sarà soggetta a cambiamenti profondi. L’aumento delle temperature sta già trasformando il paesaggio centrale nello sfrutta mento turistico, e riducendo le risorse, a partire dall’acqua e dal cibo. Le nostre Alpi da cartolina saranno sempre più simili alle cime afghane perché avranno pochissima neve e ghiacciai in ritirata: ogni grado centigrado di aumento prevede lo spostamento del paesaggio di 150 metri verso l’alto. La promozione della stagione sciistica su piste dove non fiocca più non è una strategia che guarda al futuro e neppure la spinta decisa su bacini e impianti per la neve artificiale (l’Italia ha il record europeo con il 90% delle piste già dotate di neve “sparata”).
Eppure, impatto ambientale, distruzione dei ghiacciai e overtourism sono gli effetti dell’eccesso e dello sfruttamento del territorio senza regole inseguito per decenni in molti valli alpine. L’effetto di portare tutti sempre più in alto ha creato un “futurismo distorto” con attrazioni in quota e divertimenti degni di un villaggio vacanze. Il risultato è rischiare di rovinare per sempre quel delicatissimo ambiente che si voleva “promuovere” e aprire nuovi vie e consumi ai “merenderos”: uno slang per indicare montanari improvvisati ai quali non interessa scoprire la vera essenza della montagna, fatta di contatto con la natura, silenzio, isolamento, intimità, fatica, semplicità e tradizioni millenarie. Ai “merenderos” interessa soltanto immortalare il paesaggio con un selfie, mettere piede su un passo alpino e salire in quota senza affaticare i polpacci (con l’impianto di risalita, la bici elettrica o la navetta), arrivare in poco tempo a quel rifugio-ristoro-malga più vicino e facilmente accessibile, ormai trasformato in una pizzeria di provincia. Per chi ha occhi per guardare dietro a cime mozzafiato ci sono migliaia di seconde e terze case in località senza neve e senza futuro, tristissimi fondivalle dove le parole chiave “strada”, “sviluppo”, “benessere” anche se ancora molto utilizzate stanno lentamente perdendo significato. Cercavamo tutti la tipicità, abbiamo tutti contribuito a distruggerla.
La partecipazione al G&B Festival 2025 è gratuita previa registrazione.