“Il Green deal non è affatto un imbroglio”. Andrea Tilche oggi insegna Clean Technologies for the Energy Transition all’Università di Bologna, ma per vent’anni ha lavorato alla Commissione europea, dove per lungo tempo è stato anche responsabile dei programmi di ricerca sui cambiamenti climatici. In quel ruolo ha rappresentato la Ue presso il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici dell’Onu. Insomma, ha contribuito anche lui ad accumulare le conoscenze scientifiche che hanno portato l’Unione a varare il suo piano di decarbonizzazione.
Professor Tilche, ieri a Davos il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha invece definito il Green deal proprio un imbroglio. Perché non è così?
“Chi attacca le politiche climatiche dimentica che, sia negli Usa che in Europa, sono state varate per rispondere a precisi impegni internazionali, quelli determinati dall’Accordo di Parigi, accordo che si basa su una valutazione scientifica di quanto sta succedendo: abbiamo ancora un tot di carbonio che possiamo emettere, prima che le temperature superino la soglia di 1,5 gradi o 2 gradi. Altro che imbroglio, il Green deal è stato un approccio molto razionale della Commissione e dei Paesi membri per dire: negoziamo una serie di politiche per aiutare tutti le nazioni a stare dentro questo percorso, con la migliore combinazione tra impegni climatici e crescita economica”.
Perché allora il green deal è nel mirino?
“Perché attacca l’industria dell’oil&gas, è solo questo. Attacca un oligopolio, che in Italia è un monopolio rappresentato dall’Eni, il quale domina il settore energetico con petrolio e gas naturale. E’ un mondo potentissimo che ha al suo servizio molta parte della politica. Naturalmente poi ci sono sullo stesso fronte altre industrie fortemente dipendenti dall’oil&gas, a cominciare dall’automotive”.
Il dietrofront di Trump rispetto all’Amministrazione Biden rischia di contagiare anche l’Europa?
“L’Europa non ha nessuna convenienza a seguire Trump perché il Vecchio Continente non ha risorse proprie in fatto di oil&gas. Anzi, è nel nostro interesse investire sulle rinnovabili per far scendere i prezzi dell’energia. In questo momento compriamo tantissimo gas naturale liquefatto proprio dagli Usa a prezzi assurdi. Se poi si guarda agli investimenti privati per cambiare il sistema energetico, questi si stanno concentrando sulle cose che costano meno, che sono l’eolico e fotovoltaico. Insomma, la strada è quella segnata dal Green deal, una strada molto studiata e molto discussa con tutti gli stati membri. Chi afferma che sia stato imposto dice una balla colossale”.
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Si dice che le destre populiste puntino sulla paura per guadagnare consensi? Ma la paura della fine del mese fa più paura della fine del mondo?
“Sì, dicono che gli investimenti per il Green deal costano troppo. E che l’auto elettrica costa di più dell’auto a benzina o a gasolio. Ma non è vero. Se si calcola il costo totale di possesso di un’auto elettrica che percorre 15.000 km all’anno e che è ricaricata a casa, si scopre che si risparmia tantissimo: ha un’efficienza energetica quattro volte superiore e non richiede quasi manutenzione. Senza contare i costi sanitari che oggi paghiamo con l’inquinamento da combustibili fossili delle nostre città”.
Ha appena pubblicato online un appello nel quale critica la premier Meloni e il suo governo per la loro “fobia” contro il cosiddetto ‘ambientalismo ideologico’. Cosa l’ha spinta a scriverlo?
“Proprio mentre si sta scatenando la guerra al Green deal, ho voluto aiutare a fare chiarezza. Un marziano che non conoscesse la nostra politica si chiederebbe perché gli strali della presidente del Consiglio sono scoccati contro gli ambientalisti e non contro le grandi compagnie di petrolio e gas, per i quali l’Italia è totalmente dipendente dall’estero e in balia della volatilità dei prezzi. Nonostante Meloni pochi mesi fa abbia firmato dichiarazioni molto impegnative sul clima da presidente di turno del G7, continua a parlare di neutralità tecnologica, gas naturale, ‘decarbonizzazione non deve comportare la desertificazione economica’. Viene da chiedersi se con la sua partecipazione plaudente all’insediamento di Trump, non abbia voluto dare anche il suo assenso al nuovo abbandono statunitense degli Accordi di Parigi”.
Quelle a cui stiamo assistendo sono solo turbolenze, o possono compromettere seriamente i Green deal statunitense ed europeo?
“Non è facile rispondere. La transizione può essere molto conveniente anche dal punto di vista economico, ma bisogna volerla. Se invece la politica si mette di traverso può creare grandi problemi problemi. Da noi c’è l’esempio delle automobili: quando hanno incominciato a dare incentivi anche all’Euro 6 hanno bloccato di fatto le vendite di auto elettriche”.