In Italia, ogni anno vengono emessi circa 17 milioni di documenti di identità in formato card, per la produzione dei quali vengono utilizzate oltre 130 tonnellate di plastica. Al termine del ciclo di vita, tipicamente dopo dieci anni, la quasi totalità di queste carte viene smaltita in discarica.
I materiali fino ad oggi impiegati nella costruzione di tali prodotti sono plastiche di origine fossile, nello specifico si tratta di policarbonato (PC) e polivinilcloruro (PVC), che per le prestazioni che garantiscono sono diventati veri e propri standard per il settore dei documenti di sicurezza (carte d’identità, patenti, tessere sanitarie), e delle carte bancarie di tutto il mondo. Il tempo di decomposizione nell’ambiente di questi materiali va però da un minino di 100 a un massimo di oltre 1.000 anni, con conseguenze catastrofiche per l’ambiente, e gli ecosistemi in cui vengono dispersi.
Per contrastare questo fenomeno, l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, con la collaborazione dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, ha portato avanti un’iniziativa di ricerca e sviluppo finalizzata a ridurne l’impronta ambientale, mettendo a punto materiali innovativi ricavati da fonti rinnovabili ed ecosostenibili. La sfida del progetto è stata di assicurare un elevato livello di sicurezza del documento in termini di anticontraffazione, preservando allo stesso tempo la resistenza all’usura quotidiana, la conformità agli standard di settore e la minimizzazione degli impatti sui processi e sugli impianti di produzione in essere. “La ricerca di soluzioni green e tecnologicamente avanzate fa parte del DNA del Poligrafico, un’azienda che è sempre più protagonista della transizione della pubblica amministrazione verso un futuro sostenibile e digitale”, ha dichiarato a Green&Blue, l’amministratore delegato dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Francesco Soro.
“Progetti la tua identità, proteggi l’ambiente”
La carta. Dopo circa due anni di lavoro è stato messo a punto un supporto innovativo, costituito da strati di polimeri biodegradabili derivanti da biomasse, come per esempio amido di mais. Ogni parte della carta gioca il suo ruolo: dagli strati per alloggiare il microchip, a quello per stampare i dati e l’immagine del volto del titolare, fino agli strati di protezione da falsificazioni e contraffazioni.
Per quanto riguarda la composizione, la tessera è costituita da sfoglie di polimeri biodegradabili prevalentemente a base di acido polilattico (PLA). Ognuna di queste viene funzionalizzata mediante trattamenti fisico-chimici al fine di ottenere le caratteristiche richieste. La formatura della carta avviene accoppiando i vari fogli mediante un processo di termofusione.
I test. Il processo di validazione in corso per certificare la biodegradabilità del materiale realizzato sta fornendo risultati estremamente positivi, confermando che già dopo 77 giorni nella macchina di compostaggio la card è biodegradata al 90,6% (il limite del test di biodegradabilità è il 90% in sei mesi). “Realizzare un’alternativa ai materiali fossili usati nella costruzione di documenti, che presentino alte prestazioni in termini di durabilità e capacità di integrare elementi di sicurezza, senza stravolgere gli attuali processi di produzione, è stata senz’altro la sfida più ardua di questa iniziativa – spiega Antonio Gentile, responsabile della struttura di Ingegneria di Prodotto del Poligrafico – . Allo stesso tempo ha però rappresentato l’aspetto più stimolante che ha animato i ricercatori e i tecnici che per oltre due anni si sono confrontati quotidianamente su questi temi, arricchendosi di competenze che potranno essere messe a frutto su nuovi prodotti di sicurezza, in grado di realizzare condizioni sempre migliori per il cittadino, le imprese e l’intero Sistema Paese.”
Il primo prototipo di tessera biodegrabile creata con processi industriali, nella quale sono stati integrati – visibili in una clear window – dei semi di lino: “dai documenti scaduti, a contatto con la terra, potranno nascere dei fiori”, è stato presentato dal Poligrafico a Milano lo scorso 5 marzo in occasione della fiera Integraf.