in

Il cortocircuito dei movimenti

I movimenti per il clima oggi stanno vivendo un cortocircuito: la sensazione è che una volta trovato l’inghippo possano sprigionare una nuova e potente luce di battaglia, ma per ora è il buio a prevalere. In tempi di negazionismi e nazionalismi, di guerre e di politiche oscurantiste targate Donald Trump, le folle oceaniche di giovani pronti a scendere in piazza per chiedere giustizia climatica e un futuro diverso da quello prospettato dalle attuali tendenze del riscaldamento globale appaiono infatti lontanissime. Eppure, soltanto pochi anni fa, l’onda verde era in grado persino di avere un peso politico: i primi scioperi per il clima globali guidati da quella Greta Thunberg che affrontava a muso duro proprio Donald Trump, poi le piazze locali – come in Italia – riempite in ogni città di giovani di Fridays For Future decisi a chiedere a politici e governi di agire subito contro le emissioni e ancora le proteste dei 100 mila di Glasgow, alla COP26, dove sotto le bandiere di Extinction Rebellion migliaia di giovani, ma anche adulti, manifestavano per il clima. Oppure i raduni dei giovanissimi, come quelli di Milano dei “Youth4Climate” e tutte quelle proteste diffuse dall’Africa sino agli Usa passando per la Conferenza sul clima in Egitto. Erano tempi di colore e di cartelli, poi il Covid ha azzerato tutto. Senza più la possibilità di radunarsi e far sentire un coro unico, i movimenti dell’onda verde si sono spenti e disgregati: alcuni sono passati alla politica, come molti giovani di Fridays che hanno provato a candidarsi con i partiti, altri alle azioni forte ed eclatanti, come le vernici di Ultima Generazione o i blitz di Extinction Rebellion, supportati anche da nuove costole fatte di adulti laureati, come Scientist Rebellion.

Il programma

G&B Festival 2025, dal 5 al 7 giugno a Milano: il programma

20 Maggio 2025

Nel frattempo i teatri chiave delle proteste, le COP climatiche dove chiedere davanti ai leader del mondo di agire per rispettare l’Accordo di Parigi e restare sotto i +1,5 gradi, si sono trasformati in palcoscenici silenziati: con tre Conferenze di fila in Paesi regni dei combustibili fossili e dei diritti negati, dall’Egitto fino agli Emirati Arabi del petrolio o l’Azerbaijan del gas, la voce dell’onda verde si è così trasformata letteralmente in un tiepido mugugno. Proprio a Baku, nel nuovo clima di repressione, i movimenti hanno sì protestato, ma solo con versi e con la mano sulla bocca per non incorrere in sanzioni e arresti. Il nuovo scenario globale, dagli Usa di Trump che escono dall’Accordo di Parigi sino ai disegni legge italiani repressivi nei confronti delle proteste e all’attenzione mediatica tutta rivolta esclusivamente sulle guerre, ha poi fatto il resto: i movimenti verdi oggi esistono ancora ma appaiono oggi frazionati, depotenziati, perennemente in attesa di riprendere forza.

Eppure, racconta un interessante ricerca apparsa su Nature, in un studio basato su 130mila intervistati di 125 Paesi è emerso come l’89% delle persone in tutto il mondo vorrebbe che si facesse di più per proteggere il clima e crede nella necessità di continuare questa battaglia. Ma, e questo fa parte anche del cortocircuito dei movimenti, gli stessi intervistati hanno raccontato di presumere – erroneamente – che altre persone non sostengano questa necessità. Addirittura il 69% delle persone si è detto disposto a contribuire con l’1% del proprio reddito personale pur di sostenere azioni e norme pro-clima, ma non avendo più la sensazione che ci sia un’onda globale unita pronta a battersi contro l’avanzata del surriscaldamento planetario – che nel frattempo è peggiorato – queste stesse persone restano inermi, come se attendessero che il pulsante della lotta venga riacceso chissà da chi. La speranza, e qui sta la buona notizia, è che una serie di nuovi fattori oggi potrebbero presto riaccendere la luce e riunire le varie facce della protesta climatica in modo da stimolare i governi a una azione concreta. Ci sono infatti una serie di “aumenti” che oggi uno dopo l’altro stanno portando nuova corrente alla ripresa dei movimenti: in primis la crescita delle persone e degli attivisti che, dagli Usa sino all’Europa, dai campus sino alle piazze si stanno unendo per combattere le politiche di negazione e smantellamento della scienza di Trump. E poi la fiducia, crescente, che il nuovo Papa Leone XIV possa dare nuova linfa all’impegno climatico iniziato da Bergoglio, così come l’attenzione in ascesa nei confronti di quella che sarà, dopo anni, la prima Cop fuori dai petrol-stati e che si svolgerà al contrario nel cuore della sofferente Amazzonia, in Brasile. Questi aspetti, uniti alle evidenze dell’aumento delle temperature, degli incendi e la siccità, degli eventi estremi e della perdita di biodiversità, potrebbero rilanciare la forza dell’onda verde, a un patto però: per dare nuova linfa ai movimenti serve assolutamente anche il coinvolgimento delle nuovissime generazioni, di quei i teenager e giovanissimi che, dopo l’onda di Greta, oggi faticano a scendere in prima linea nella lotta per il clima.

La “Primavera Rumorosa” di Extinction Rebellion

Anche Extinction Rebellion (XR) è passato negli ultimi tempi per una riorganizzazione. Mentre a livello internazionale gruppi paralleli a XR, come Just Stop Oil, si sono sciolti, Extinction Rebellion in Italia ha optato per meno azioni eclatanti e radicali come fu la colorazione di verde dei canali di Venezia per passare a una campagna più lunga e partecipativa chiamata “Primavera Rumorosa”, un modo per rispondere “con tanto rumore” al silenzio climatico. A Roma gli attivisti hanno protestato su temi chiave come per esempio la giustizia climatica, ma anche quella sociale, ribadendo con forza il loro no al riarmo. Ci sono state manifestazioni, cortei e tante iniziative per “la libertà, il lavoro e la giustizia climatica”, tutte condensate in quella Primavera Rumorosa che rimanda al titolo del noto libro dell’ecologista Rachel Carson, Primavera Silenziosa. Tante anche le contestazioni al governo Meloni che secondo i giovani avalla “spese militari ma non agisce sul clima” in una Italia già fortemente colpita da siccità e alluvioni.

Un “rumore” che XR ha portato in ogni sua azione del 2025: dalle proteste contro Tesla ai presidi davanti ai palazzi del potere, fino al caso delle attiviste “trattenute e fatte spogliare” a Brescia in questura. Adesso, la Primavera Rumorosa continuerà: l’idea è promuovere sempre di più la partecipazione dal basso e per farlo stanno anche istituendo una assemblea nazionale che “guidi il governo sulle misure da attuare per una transizione che sia equa e giusta”.

Fridays for Future, da Greta Thunberg a oggi

Sono ormai passati cinque anni dai grandi scioperi per il clima globali, allora guidati da Greta Thunberg e nel frattempo il movimento di Fridays For Future si è trasformato. Dopo il Covid ha fatto fatica a riprendersi ma, anche recentemente, i giovani attivisti italiani sono nuovamente scesi nelle piazze – come accaduto in aprile – per chiedere giustizia climatica e azione dei leader contro le emissioni. Ma nel farlo, nel tempo, i Fridays sono anche diventati un bacino di interesse sempre più politico dove mescolare le battaglie climatiche a quelle sociali, come del resto è nella loro visione. Oggi, dopo che alcuni ex Fridays si sono candidati anche in politica, il movimento è così sempre più impegnato sulla questione dei diritti e dei grandi temi internazionali, come per esempio i no al riarmo e la difesa della Palestina. Parte del nuovo cuore pulsante del movimento è diventato sempre più Torino dove, nel centro sociale Kontiki, i giovani attivisti si ritrovano per parlare di clima, cultura e politica e per tentare di dare un nuovo slancio al movimento. In tempi in cui l’eco mediatico sugli attivisti e anche sull’emergenza climatica sembra essere calato, i Fridays si stanno quindi riorganizzando puntando a un sempre maggiore dialogo con altri gruppi e anche con i cittadini, spesso anche grazie ad una spinta che ha lo scopo di far crescere la cultura climatica, un po’ come avvenuto al Salone del Libro di Torino dove i Fridays hanno proposto letture tutte basate su ad ambiente ed ecologia.

Ultima Generazione, dai blocchi stradali ai supermarket

Così come giustamente i giovani attivisti del clima ci ricordano che è tempo non solo di mitigare ma anche di adattarci agli effetti del riscaldamento globale, anche loro negli ultimi tempi si stanno adattano, ma in questo caso al nuovo contesto. In una realtà fatta di leggi repressivi e multe salate per le azioni più eclatanti degli eco-attivisti, tra processi in corso e fogli di via c’è infatti chi come Ultima Generazione ha deciso di cambiare modo di agire: dal 2025 non più blocchi stradali che infastidiscono gli automobilisti, blitz negli aeroporti o vernici e zuppe su statue e opere d’arte, ma azioni simboliche che fanno parte di specifiche e mirate campagne su temi di stretta attualità, come per esempio la questione del “giusto prezzo” in agricoltura. Così negli ultimi mesi gli attivisti, anche con azioni colorate e roboanti per esempio prendendo di mira il ristorante dello chef Carlo Cracco, hanno deciso di impegnarsi per sensibilizzare sulla mancanza di un giusto prezzo del cibo per chi lo produce, come gli agricoltori oggi in difficoltà davanti a siccità e alluvioni. Il dito, in questo caso, è puntato contro i prezzi esagerati della grande distribuzione, la finanza e le multinazionali del cibo, mentre i contadini vengono pagati “pochissimo”. Nel frattempo, anche la linea comunicativa di UG è cambiata: oggi ci sono molti più eventi pubblici per informare sulle azioni climatiche ed è anche stato realizzato un documentario sul movimento, titolato “Come se non ci fosse domani”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


Tagcloud:

Fotovoltaico, al via i nuovi incentivi per l’autoconsumo e i sistemi di accumulo

Dal frigo alla tavola, ecco come sprechiamo il cibo e cosa fare per evitarlo