Alla fine del 2024 i miliardi erano 15. Ora sono 16 (e per qualcuno nel governo italiano persino 17). Parliamo di euro, delle somme che le case automobilistiche paventano di dover pagare per le multe Ue, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi 2025 di riduzione delle emissioni di CO2.
La breve storia della mobilità elettrica, in Europa, è complessivamente positiva e mostra trend di crescita, dal 2019 a oggi, semplicemente impressionanti. Eppure, uno dopo l’altro, i carmaker hanno rilasciato, in questi mesi, dichiarazioni esagerate sulla “crisi” e sulle potenziali multe, incolpando tutti di non fare abbastanza.
Quanto avviene oggi è la ripetizione esatta di quanto già avvenuto nel 2019, alla vigilia del primo obiettivo Ue di riduzione delle emissioni per l’automotive. L’anno successivo, però, quell’obiettivo fu raggiunto da tutte le case auto. Più recentemente, nel 2024, nel Regno Unito, i carmaker hanno insistentemente protestato di non poter rispettare i target di decarbonizzazione; ma ce l’hanno fatta tutti, nessuno escluso. Lamentarsi salvo poi arrivare al traguardo sembra essere la strategia preferita dell’industria dell’auto. Cosa c’è di falso o fuorviante nei suoi allarmi?
In primo luogo, fare previsioni sulla possibilità di rispettare gli imminenti target sulla base dei dati di mercato del 2024 – un anno in cui le case auto non hanno avuto alcun incentivo a massimizzare le loro vendite di zero emission – è almeno ingannevole. I carmaker hanno programmato la loro strategia commerciale puntando soprattutto alla conformità ai target del 2025: per questo una dozzina di modelli full electric con prezzi accessibili, prodotti in Europa, stanno arrivando nei concessionari solo ora. E già i dati di gennaio dicono che sia la produzione che le vendite di auto elettriche (BEV) sono in aumento nella maggior parte dei mercati. Questo porta alla seconda questione: la domanda.
Per conquistare il mercato di massa occorrono modelli di massa, largamente accessibili in termini di costo. Che stanno appunto arrivando, e arriveranno sempre più. T&E prevede che nel 2025 il market share delle BEV, nell’UR, raggiungerà il 20-24%. Considerando le flessibilità garantite dal regolamento ai costruttori, T&E si aspetta che le case automobilistiche riescano a raggiungere gli obiettivi o che, nel peggiore dei casi, paghino multe minime.
Se sul versante della regolazione della domanda ci sono molte iniziative utili da prendere (una norma per accelerare la decarbonizzazione delle flotte aziendali; o l’utilizzo dei proventi dai dazi sul made in China e dei fondi post Covid non spesi per incentivi stabili), purtroppo la vera crisi si sta verificando sul versante della produzione di batterie. Molti progetti europei mostrano gravi difficoltà di crescita o stanno fallendo del tutto.
Sia chiaro: non c’è un problema di disponibilità di sistemi di accumulo rispetto agli obiettivi climatici dell’UE. La sola Cina, già oggi, produce più celle per batterie di quante ne possa assorbire l’intera domanda globale. Ma le tensioni commerciali, geopolitiche e le preoccupazioni relative alla sicurezza devono spingerci a sviluppare un’industria del greentech autonoma, con competenze e capacità proprie.
L’imminente Piano per l’industria automobilistica della Commissione dovrebbe concentrarsi su una strategia globale per le catene di fornitura delle batterie, prevedendo un’indagine sui sussidi potenzialmente iniqui alla produzione cinese, nonché criteri di resilienza per la concessione di aiuti di Stato e norme vincolanti sull’impronta di carbonio delle batterie. Sono anche necessarie regole chiare sugli investimenti diretti esteri nei nostri Paesi, per garantire che l’insediamento della produzione asiatica in Europa comporti un pieno trasferimento di tecnologia e competenze.
Un piano dell’Ue che mantenga gli obiettivi di decarbonizzazione e che agisca per sostenere domanda e produzione domestiche può trasformare il 2025 in un anno storico per le nuove tecnologie, per l’industria, per i consumatori. A patto di non cedere a lamentazioni tanto veementi quanto ingannevoli.
(Andrea Boraschi è Direttore di Transport & Environment – T&E)