l 25 aprile l’ha detto chiaramente nella piazza principale di Viterbo mentre si svolgevano i festeggiamenti: “I partigiani di oggi sono i ragazzi che si battono per il clima”. Chiara Frontini, classe 1989 è la prima sindaca donna del capoluogo della Tuscia. Eletta nel 2022 con una lista civica, ha messo in cima al suo programma elettorale la riqualificazione urbana della città. “Intesa soprattutto come percorso verso una sostenibilità sociale e ambientale”, spiega. Frontini amministra una città di 70 mila persone residenti in un polo agricolo e turistico importante alle porte di Roma. Molte le questioni aperte che sta affrontando la prima cittadina sul fronte della tutela del territorio e per migliorare la qualità di vita dei concittadini. Tra le priorità, la mobilità, la riconversione energetica degli edifici pubblici, l’uso del suolo agricolo.
Partiamo dalla mobilità e dai collegamenti con Roma, snodo cruciale per i viterbesi e per la salvaguardia ambientale: un’ora e mezza di treno significa che tanti pendolari sono costretti a prendere l’auto?
“È così, perché non esistono collegamenti diretti. Infatti ci sono 78 auto ogni 100 abitanti. Troppe. Per questo abbiamo messo subito mano al Piano sulla mobilità sostenibile. Non potendo incidere sulla rete extraurbana di competenza della Regione abbiamo incentivato la rete dei bus locali che collegano le stazioni alle frazioni, in modo da agevolare il passaggio treno-bus. Fondamentali i 30 chilometri di ciclabili stazione-centro storico-università”.
Bisogna convincere dunque gli abitanti di Viterbo a lasciare a casa l’auto. Ci riuscirà?
“Ci sono stati incontri pubblici per spiegare sia il percorso delle piste ciclabili sia l’uso del bike sharing. Ma i cittadini stanno anche assistendo alla sostituzione dei mezzi pubblici, su cui abbiamo fatto un grosso investimento utilizzando i fondi del Comune per acquistare mezzi elettrici e ibridi. Sono convinta che tutto questo creerà una mentalità nuova. Certo, come amministrazione dobbiamo collaborare con la Regione per avere finalmente i collegamenti ferroviari diretti con la capitale. Ci sono molti pendolari che vanno a Roma per studiare o lavorare. Per noi è un tema cruciale”.
Appena eletta è riuscita a finanziare impianti fotovoltaici sulle scuole. È stato complicato?
“C’erano fondi che potevamo utilizzare. Oltre ai pannelli solari nelle due scuole abbiamo realizzato altri interventi sempre per ridurre il consumo di energia. Ci sono pannelli anche sugli impianti sportivi comunali e la piscina. Ma quello che davvero inciderà sulla transizione energetica a Viterbo è il Centro di ricerca dedicato a Piero Angela”.
Di che si tratta?
“La nostra idea è che dovrà diventare il punto di riferimento per tutte le aziende della Tuscia. Obiettivo: supportare gli imprenditori che devono affrontare le fasi della transizione energetica. Siamo riusciti a finanziare il progetto utilizzando alcuni investimenti stanziati addirittura dal Governo Gentiloni per le periferie, ma mai spesi. Di tutto quel pacchetto di progetti era rimasto ben poco, anche perché nel frattempo i prezzi sono lievitati. Così abbiamo deciso di convogliare 13 milioni sulla sostenibilità”.
Sul fronte della gestione dei rifiuti, Viterbo ha sofferto, anche su questo punto, la vicinanza con Roma. Ora come stanno le cose?
“Voglio subito dire che la nostra è una provincia virtuosa: noi chiudiamo l’intero ciclo dei rifiuti rimanendo nel nostro territorio. Abbiamo ancora problemi sulla raccolta differenziata, ma ci stiamo impegnando per rispettare quel 65% chiesto dall’Unione europea. Purtroppo, abbiamo dovuto spesso supportare altre province come Rieti e soprattutto Roma. Dopo la chiusra della discarica a Malagrotta, molti rifiuti dalla capitale sono arrivati a Viterbo”.
E poi c’è l’agricoltura, altro settore importante di questo territorio. In che modo gli imprenditori agricoli stanno affrontando un percorso di sostenibilità?
“Una leva fondamentale è quello della riduzione dei consumi energetici, su cui hanno tutto il nostro appoggio. Ma sia ben chiaro la nostra posizione è quella di evitare di installare pannelli solari direttamente sui campi. Gli impianti fotovoltaici devono stare sui tetti delle stalle, dei capannoni agricoli e delle cantine, ma non sui terreni che devono essere lasciati all’agricoltura. Per la tutela del suolo e del paesaggio. Ce ne sono già troppi di impianti a terra e pale eoliche. Ci siamo consultati anche con i colleghi dell’Anci e con la Regione. E poi stiamo cercando di fare il possibile per sensibilizzare i viterbesi a consumare i prodotti del territorio. La filiera alimentare può essere corta e i pannelli per terra rubano la terra. Meglio in alto”.
L’articolo è tratto dal numero di Green&Blue in edicola il 4 giugno, allegato a Repubblica e dedicato al Festival di Green&Blue (Milano, 5-7 giugno)