Non sono archistar, ma sicuramente stanno realizzando alcune tra le migliori opere di architettura sostenibile nel mondo: Marie Combette e Daniel Moreno Flores (Ecuador), Salima Naji (Marocco), Hoang Thuc Hao (Vietnam), Marie e Keith Zawistowski (Francia) e Andrea Gebhard (Germania). Garantisce il Global Award for Sustainable Architecture, prestigioso premio che qualche giorno fa ha celebrato a Venezia la sua 18a edizione.
Fondato nel 2006 dall’architetta e ricercatrice franco-tedesca Jana Revedin – in associazione con quattro facoltà europee di architettura (Parigi, Venezia, Istanbul, Lubiana), con il patrocinio dell’Unesco e la partnership di Saint-Gobain – premia ogni anno architetti, urbanisti e paesaggisti provenienti da tutti i continenti, riconoscendo il loro impegno visionario a favore della sostenibilità e dell’innovazione.
Tra i cinque premiati di quest’anno, abbiamo selezionato le storie e le opere di due studi lontanissimi geograficamente (uno in Ecuador, l’altro in Marocco), ma uniti dagli stessi princìpi e da metodi di lavoro simili. Con sede a Quito (Ecuador), Marie Combette e Daniel Moreno Flores sono i fondatori de La Cabina de la Curiosidad ed esplorano le risorse geografiche e materiali dell’Ecuador. Si distinguono per un metodo che combina etnografia, processi costruttivi e sensibilizzazione ecologica, con un’attenzione particolare alla gestione dei rifiuti e alla valorizzazione degli ecosistemi naturali.
La Cabina de la Curiosidad coniuga arte, artigianato, architettura e consapevolezza territoriale, ogni progetto è intriso di una poesia singolare, riflesso del loro impegno verso la preservazione culturale e ambientale. I due architetti, che lavorano in un contesto politico e sociale difficile, possiedono una rara capacità di trasformare le limitazioni locali in opportunità, rivelando la bellezza e l’immenso potenziale di un ambiente naturale ancora intatto. Uno degli esempi è il semplice ma poetico alloggio costruito nella cava Baños de Agua Santa (provincia di Tungurahua, Ecuador), l’architettura scelta, tra l’altro, per rappresentare il premio internazionale di quest’anno. Si tratta di un progetto architettonico che unisce la presenza delle grandi pietre della cava alla leggerezza dei materiali da costruzione (legno, vetro e lamiere d’acciaio) con il valore aggiunto della precisione della composizione architettonica. Le falde della copertura si sollevano anteriormente per aprirsi in una grande finestra sul paesaggio, e posteriormente per ventilare lo spazio abitativo: queste semplici linee inclinate, la cura dei dettagli costruttivi e lo stretto rapporto con l’ambiente naturale delle Ande fanno di questa piccola abitazione una grande opera di architettura sostenibile.
Molto interessante anche un altro dei progetti dello studio ecuadoregno: il Centro dell’artigianato Chaki Wasi della comunità Shalalá (a Zumbahua, provincia di Cotopaxi, sempre in Ecuador). Una geometria circolare realizzata grazie alla condivisione della progettazione e della costruzione con gli artigiani e la popolazione locale. Il centro è ispirato alle architetture vernacolari delle capanne andine: la struttura è in legno di eucalipto con i singoli elementi assemblati grazie a grandi tasselli di legno, la copertura in paglia. Al centro, uno spazio aperto per le attività culturali la cui pavimentazione è realizzata con ciottoli di fiume con colorazioni diverse che hanno consentito di disegnare la corte interna con motivi geometrici.
La seconda storia è quella di Salima Naji, antropologa, architetto e artista originaria di Rabat, in Marocco. Salima dedica il suo lavoro alla preservazione del patrimonio culturale e allo sviluppo socio-economico della comunità. Negli ultimi due decenni ha realizzato progetti di recupero di una serie di granai collettivi nel sud del Marocco e ha riqualificato la Kasbah Aghenaj a Tiznit (restauro delle mura, costruzione di un teatro all’aperto, di un centro di interpretazione del patrimonio e di un centro archivi). Ha elaborato un modello innovativo che unisce la preservazione delle tradizioni alla modernità. Dimostra, attraverso le sue opere, che l’architettura può essere un vero e proprio strumento di trasformazione sociale, che il dialogo e la cooperazione sono essenziali per garantire la sostenibilità e l’impatto positivo dei progetti sia in un contesto rurale che in un ambiente urbano. Come lo studio ecuadoregno, anche Salima coinvolge, nei suoi progetti, tutte le parti interessate: autorità, artigiani, abitanti e fruitori finali.
La riqualificazione della Cittadella di Agadir Oufella (regione di Souss-Massa, Marocco) è emblematica: il nuovo piazzale all’ingresso della kasbah è racchiuso da edifici realizzati per accogliere nuovi servizi pubblici. I muri, antisismici, sono costruiti utilizzando una tecnica che migliora le tradizionali murature a secco abbinate a connettori in legno. Il recupero di antiche tecniche costruttive e di materiali tradizionali è una delle cifre che contraddistinguono il lavoro di Salima, a servizio delle comunità locali marocchine: mattoni in terra cruda, archi e volte in pietra a secco, pietra e legno combinati con moderne tecnologie antisismiche.
Tra i sostenitori del Global Award for Sustainable Architecture c’è uno dei leader mondiali del settore delle costruzioni, Saint-Gobain, che ormai da un paio di decenni si occupa di sostenibilità dei materiali edili e che nel 2023 ha istituito un “Osservatorio sulla costruzione sostenibile”, i cui risultati vengono divulgati attraverso corpose pubblicazioni annuali. Nella più recente viene presentato il “Barometro 2025”, basato su interviste a 4.320 portatori di interessi del mondo delle costruzioni in 270 Paesi: amministratori locali, professionisti, costruttori, studenti e membri di associazioni per la transizione ecologica e il settore energetico. Per il 69% del campione statistico, costruire in maniera sostenibile è una priorità. Ma qual è la definizione di costruzione sostenibile, che emerge dall’indagine? Il 35% pensa a una costruzione efficiente dal punto di vista energetico, il 31% all’uso materiali ecologici, il 29% è convinto che la sostenibilità debba essere finalizzata al raggiungimento della neutralità carbonica. Un concetto interessante, sottolineato dal 15% degli intervistati, è quello che un edificio sostenibile debba promuovere la salute e il benessere dei suoi occupanti.
Uno dei meriti del Global Award, è indubbiamente il fatto di considerare la sostenibilità nei suoi molteplici aspetti e quello di trovare nel mondo esempi poco noti ma virtuosi, che possano ispirare le giovani generazioni di progettisti: la partecipazione attiva di quattro tra le più prestigiose facoltà di architettura non è casuale. Per chiudere, un messaggio forte è stato espresso a Venezia da una delle vincitrici del premio, Andrea Gebhard, geografa, sociologa, urbanista e paesaggista franco-tedesca, che nel suo lavoro punta a rendere fruibili a tutti gli spazi delle città, dai giardini pensili ai grandi parchi urbani, dalle piazze alle corti interne. “Uno degli obiettivi più importanti dell’architettura contemporanea – sostiene Gebhard – è quello di difendere la nostra democrazia”.