Stimare in modo accurato il volume dei ghiacciai del pianeta è una delle sfide scientifiche più complesse per chi si occupa di clima e ambiente. Non si tratta soltanto di una questione di modellistica glaciale ma di un tassello fondamentale per prevedere scenari futuri legati all’innalzamento del livello dei mari, alla disponibilità di acqua dolce e in definitiva agli impatti socioeconomici della crisi climatica. Ora, grazie a un nuovo approccio che sfrutta l’intelligenza artificiale, siamo di fronte a un passo avanti significativo. Il lavoro, frutto di una collaborazione tra l’Università Ca’ Foscari Venezia e la University of California-Irvine, è stato coordinato da Niccolò Maffezzoli, ricercatore Marie Curie e membro associato dell’Istituto di scienze polari del CNR. Il modello sviluppato, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Geoscientific Model Development, è il primo del suo genere a livello globale a integrare misurazioni dirette dello spessore dei ghiacci con strumenti avanzati di machine learning.
Negli ultimi anni sono stati raccolti oltre 4 milioni di dati sullo spessore dei ghiacciai, grazie soprattutto alla missione IceBridge della Nasa. Tuttavia queste informazioni sono sfruttate solo in minima parte dai sistemi attualmente in uso, che coprono meno dell’1% dei ghiacciai del pianeta. “Il nostro modello si basa su due algoritmi a struttura ad albero – spiega Maffezzoli – addestrati su dati di spessore dei ghiacci e su 39 variabili geofisiche e climatiche tra cui velocità di scorrimento, bilancio di massa, temperatura, altitudine e caratteristiche geodetiche”.
Il risultato? L’errore del modello allenato è fino al 30-40% inferiore rispetto agli approcci tradizionali, in particolare nelle regioni polari e nelle zone periferiche delle calotte glaciali, che custodiscono la maggior parte del ghiaccio terrestre. Ma cosa ci si fa con un modello del genere? Una delle applicazioni cruciali riguarda la simulazione dei futuri scenari climatici. Nelle regioni polari, in particolare in Groenlandia e Antartide, piccole variazioni di spessore possono innescare effetti a cascata sul comportamento dinamico dei ghiacci e nelle masse oceaniche circostanti. “Le stime che forniamo possono essere utilizzate come input nei modelli numerici di evoluzione glaciale – osserva il coordinatore – e contribuire a migliorare le mappe del substrato roccioso sotto le calotte, come il Geikie Plateau in Groenlandia o la Penisola Antartica”.
I protagonisti
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Secondo i ricercatori, il modello ha mostrato un’elevata capacità di generalizzazione, provando che l’IA può colmare importanti lacune nella conoscenza della struttura interna dei ghiacciai. Sul sito Iceboost è già possibile visualizzare alcune delle mappe generate. Finanziata dall’Unione Europea tramite il programma Horizon Europe, l’indagine rappresenta solo una prima tappa. Il team prevede infatti di rilasciare entro la fine dell’anno un dataset completo con circa mezzo milione di mappe di profondità. “È solo l’inizio – afferma Maffezzoli – ma abbiamo dimostrato che l’integrazione di big data e algoritmi intelligenti è la chiave per affrontare le sfide della modellistica glaciale”.
Le ricadute del progetto sono enormi. Oltre alla comunità scientifica, i dati potranno supportare le valutazioni dell’Intergovernmental panel on climate change (IPCC) e guidare le strategie dei decisori politici in materia di mitigazione e adattamento climatico. L’urgenza di sviluppare modelli più precisi è d’altronde rafforzata dal rapido scioglimento dei ghiacci degli ultimi decenni. I ghiacciai contribuiscono attualmente per circa il 25-30% all’innalzamento del livello del mare, con ritmi in accelerazione sotto l’effetto del riscaldamento globale.
In particolare, le masse glaciali delle regioni aride come le Ande o le catene montuose dell’Himalaya e del Karakoram sono essenziali per la sopravvivenza di miliardi di persone, perché sono serbatoi idrici naturali. Anche le gigantesche distese glaciali ai margini di Groenlandia e Antartide svolgono un ruolo essenziale: contengono quantità enormi di acqua dolce e interagiscono direttamente con gli oceani contribuendo alla (in)stabilità delle calotte polari. Capire esattamente quanto ghiaccio contengano e come potrebbe evolvere nei prossimi decenni è quindi una priorità globale.
I temi
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La ricerca di Maffezzoli e del suo team rappresenta una svolta nella glaciologia moderna, aprendo la strada a un uso più sistematico dell’AI nello studio del sistema Terra. Se la conoscenza del passato e del presente è essenziale per affrontare il futuro, dotarsi di strumenti più sofisticati per leggere il comportamento dei ghiacci potrebbe fare la differenza tra una previsione approssimativa e una risposta climatica precisa ed efficace. La mappatura precisa del ghiaccio è un’azione concreta per anticipare crisi idriche, proteggere le popolazioni vulnerabili e contenere gli impatti dei cambiamenti climatici.