Orsi animali protetti, qui in Italia come in tante altre parti del mondo, Stati Uniti compresi. Ed è proprio agli Stati Uniti che potremmo guardare (e imparare) quando si tratta di impostare strategie di convivenza con questi grandi mammiferi, che – inutile negarlo – possono costituire un pericolo. Spinti dalla fame o dalla pressione territoriale, possono avvicinarsi troppo ai centri abitati e alle attività umane. In uno studio durato sei anni, Wesley M. Sarmento del Montana Department of Fish, Wildlife and Parks ha sperimentato diversi strumenti di deterrenza per allontanare i grizzly delle Grandi Pianure da luoghi in cui erano indesiderati: la maggior parte si sono rivelati efficaci, ma è stato l’impiego dei droni a stupire l’operatore. Ecco i loro pro e contro.
Come si allontana un orso
Nell’articolo, pubblicato su Frontiers in Conservation Science, Sarmento racconta come, dopo aver raccolto le richieste della popolazione, abbia iniziato un’attività di monitoraggio dei grizzly e di interventi di allontanamento (in totale sono stati 163), raccogliendo dati per verificare l’efficacia di diversi strumenti non letali sia nell’immediato sia a lungo termine, ossia se gli orsi nel tempo imparassero a stare lontani da certi luoghi.
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L’esperto ha iniziato da metodi tradizionali: ricevuta una segnalazione, si recava sul posto allontanando l’animale con inseguimenti dal proprio camion e/o sparando a salve o proiettili non letali. Il sistema era abbastanza efficace, ma Sarmento sottolinea diverse criticità che, a volte, lo hanno messo in pericolo. I veicoli, infatti, non arrivano ovunque: ci possono essere ostacoli o la tipologia di terreno può non consentire a un mezzo pesante di proseguire se non si vuole rimanere bloccati. Continuare a piedi muniti di fucili deterrenti, però, non è la via più sicura. Come ha sperimentato sulla propria pelle Sarmento, alcuni orsi, invece di fuggire spaventati, possono reagire attaccando. Un rischio non indifferente per l’incolumità dell’operatore, nonché un insuccesso dell’azione di deterrenza.
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Dai cani da orso ai droni
Per queste ragioni Sarmento ha cercato delle alternative che prevedessero una posizione di sicurezza per il personale umano. Uno di questi sistemi è stato adottare cani da orso, uno strumento che – come ammette l’esperto – per quanto pubblicizzato non è mai stato testato scientificamente. Ebbene, i cani da orso sono stati un po’ deludenti rispetto agli altri strumenti di deterrenza: i cani, infatti, molto spesso non riuscivano ad avvistare gli orsi a grande distanza o si lasciavano distrarre da altri stimoli, per esempio da altri animali selvatici. Neanche migliorare l’addestramento è servito a recuperare punti rispetto a metodi più tradizionali, e il loro mantenimento era un fattore da non trascurare in un’ottica costo-efficacia.
L’alternativa tecnologica
Sarmento ha così fatto ricorso a un drone. E i risultati, come riporta nell’articolo, sono stati molto soddisfacenti (91% di successi). Non solo l’efficacia di deterrenza è comparabile (anche un po’ superiore, ma servirebbero più dati per confermarlo) a quella dell’inseguimento con autoveicoli o ai proiettili non letali, ma il ricercatore ha riscontrato diversi vantaggi: grazie al drone gli orsi potevano essere avvistati anche a grande distanza, anche di notte, e l’elevata maneggiabilità ha consentito all’operatore di direzionare l’orso – forse spaventato dal ronzio o solo dalla novità (stabilirlo non è stato oggetto dello studio) – lontano dai luoghi abitati e dai pascoli, rimanendo in una posizione di sicurezza. In volo, poi, non ci sono problemi connessi alla tipologia di terreno o a eventuali ostacoli come recinti e canali. Tra i (pochi) contro riportati dall’autore, però, c’è l’impossibilità di utilizzare il drone come deterrente in condizioni meteorologiche avverse, oppure le difficoltà che si possono incontrare in aree molto alberate e boschive.
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Un altro pro del sistema di deterrenza coi droni, stando a quanto riferisce lo sperimentatore, è stato il condizionamento a lungo termine degli orsi: nel corso degli anni di osservazione, infatti, Sarmento ha registrato che gli interventi sono via via diminuiti e che orsi più anziani tendevano a fare meno incursioni nelle zone vicino ai centri abitati o ai pascoli.
Evitare di filmarli
Pur premettendo che ogni situazione è diversa e dovrebbero essere operatori esperti a definire la strategia più adeguata, Sarmento si dice convinto della bontà dell’impiego di droni per tenere lontani gli orsi dove sono indesiderati e raccomanda di integrare nei regolamenti per la convivenza con questi grandi mammiferi norme che vietino di avvicinarli con droni a fini diversi dalla deterrenza (solo per filmarli, per esempio), perché altrimenti gli animali potrebbero abituarsi allo stimolo e rendere vani i tentativi di allontanamento.
Non solo, l’esperto suggerisce che i droni potrebbero essere modificati e resi più efficienti per questo uso specifico, magari rendendoli capaci di spruzzare spray deterrenti o di emettere altri suoni disturbanti oltre al ronzio delle pale, come urla umane o abbaiare di cani. Senza contare che in futuro potrebbe essere installata un’intelligenza artificiale in grado di riconoscere la fauna selvatica indesiderata e di agire in autonomia per scacciarla.