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Deforestazione e conversione a palmeti devastano gli ecosistemi

La deforestazione, com’è noto, ha profondi effetti negativi sull’ambiente: impoverisce la biodiversità, riduce la quota di anidride carbonica catturata dalla vegetazione, rende il suolo più instabile. Ma non solo: ai fini della valutazione dell’impatto della deforestazione, è importante anche valutare cosa accade dopo: un gruppo di ricerca guidato dagli scienziati della University of Oxford ha appena condotto la valutazione degli effetti della conversione delle foreste disboscate in piantagioni di palme da olio, una pratica molto comune specie nelle regioni tropicali, mostrando che non solo entrambe le operazioni (disboscamento e conversione) hanno effetti negativi sugli ecosistemi, ma che tali effetti sono diversi e si cumulano tra loro, il che amplifica la portata del danno. Un caso in cui, sostanzialmente, il totale è maggiore della somma delle parti.

Lo studio è stato pubblicato sulle pagine di Science. La comprensione degli effetti combinati di deforestazione e conversione in piantagioni di palma da olio, spiegano gli autori del lavoro, è fondamentale per identificare gli habitat prioritari per la conservazione e per prendere le decisioni corrette sull’uso del territorio – nella fattispecie, per esempio, se una foresta disboscata debba essere protetta, ripristinata o se se ne possa autorizzare la conversione. Al momento, però, mancava ancora uno studio comprensivo sulla questione, il che rendeva difficile valutare l’impatto complessivo sull’intero ecosistema. Nello studio appena pubblicato, gli esperti hanno esaminato oltre 80 parametri relativi alla struttura, alla biodiversità e al funzionamento degli ecosistemi delle foreste tropicali, al contenuto di nutrienti nel suolo, all’immagazzinamento dell’anidride carbonica, al tasso di fotosintesi e al numero di specie di uccelli e pipistrelli. La valutazione è stata eseguita in tre regioni tropicali della Malesia che ospitano foreste secolari, foreste disboscate (a livelli diversi) e foreste disboscate e riconvertite in piantagioni di palma da olio.

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I risultati dell’analisi mostrano, poco sorprendentemente, che disboscamento e conversione hanno effetti negativi sulla maggior parte dei parametri (60 su 82), ma in modo chiaramente diverso. Il disboscamento impatta maggiormente i parametri associati alla struttura e all’ambiente della foresta. Nelle zone tropicali si opera di solito un disboscamento selettivo, ossia concentrato su alberi con particolari qualità commerciali: questo rende l’operazione ancora più pericolosa per l’ecosistema, perché (per esempio) la rimozione di alberi alti e vecchi lascia spazio a specie a crescita rapida con caratteristiche molto diverse, tra cui legno meno denso e foglie più sottili, più vulnerabili agli animali erbivori. Le cose peggiorano se le foreste disboscate, o parzialmente disboscate, vengono convertite in piantagioni da palma, il che ha un impatto sulla biodiversità molto maggiore di quello del solo disboscamento: in particolare l’analisi ha mostrato una riduzione significativa nell’abbondanza e nella diversità di specie di uccelli, pipistrelli, scarabei stercorari e microrganismi del suolo.

L’effetto, probabilmente, è dovuto ai cambiamenti nelle risorse alimentari messi a disposizione dalle piante e alla trasformazione del microclima, che diventa più arido e secco sotto gli strati di palme: “Uno dei messaggi chiave del nostro studio”, ha affermato Andrew Hector, uno degli autori dello studio, “è che il disboscamento selettivo e la conversione differiscono nel modo di influenzare l’ecosistema forestale, il che significa che la conversione in piantagione implica un impatto più profondo che si aggiunge a quello del solo disboscamento”. Lo studio, dicono ancora gli autori, dimostra che le foreste, seppur disboscate, possono ancora rappresentare una risorsa preziosa per il mantenimento della biodiversità e non dovrebbero essere automaticamente adibite ad altro: “Anche le foreste disboscate”, sottolinea Ed Turner, un altro degli autori, “sono preziose e importanti in termini di biodiversità e funzionamento dell’ecosistema rispetto ai livelli molto ridotti osservati nelle piantagioni di palma da olio che le stanno sostituendo”. Un’informazione di cui i decisori dovrebbero fare tesoro.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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