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Cina, un nuovo leader della diplomazia del clima

“Da quando ho annunciato gli obiettivi della Cina per il picco delle emissioni e la neutralità carbonica cinque anni fa, abbiamo costruito il sistema di energia rinnovabile più grande e in più rapida crescita al mondo, nonché la catena industriale di nuova energia più grande e completa», disse Xi Jinping durante una riunione virtuale convocata dall’Onu alla fine di aprile. Il leader cinese ha promesso inoltre di introdurre misure più severe per ridurre le emissioni di gas serra nel prossimo decennio, fissando nuovi obiettivi entro il 2035. La Cina non intende sottrarsi alla lotta, anzi. E il ritiro (di nuovo) degli Stati Uniti di Donald Trump dagli accordi di Parigi sul clima e i tagli ai finanziamenti statunitensi, danno a Pechino pure una ghiotta opportunità sulla scena internazionale.

I protagonisti

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Maggiore produttore di gas serra, ma leader rinnovabili

Nonostante rimanga il maggiore produttore mondiale di gas serra e le emissioni del suo settore energetico abbiano raggiunto un nuovo picco lo scorso anno, trainate dall’aumento del consumo di carbone, Pechino è ormai da tempo leader nella produzione di tecnologie verdi in particolare nel settore energetico. La Cina produce e utilizza più pannelli solari, turbine eoliche e veicoli elettrici rispetto al resto del mondo messo insieme. E li può produrre a costi inferiori rispetto ai suoi concorrenti. Diventando il fornitore principale per quei Paesi, specialmente quelli in via di sviluppo, che hanno bisogno di energie rinnovabili.

Investiti 156 miliardi di dollari

Secondo Climate Energy Finance, un gruppo di ricerca con sede a Sydney, dall’inizio del 2023 le aziende cinesi hanno stanziato 156 miliardi di dollari in investimenti diretti esteri in oltre 200 operazioni nel settore delle tecnologie pulite.

Sono cinesi, per fare qualche esempio, le aziende che stanno fornendo attrezzature e know-how per una centrale idroelettrica in Tanzania che raddoppierà la capacità di generazione di energia elettrica del Paese. Pechino sta investendo in diversi progetti di energia rinnovabile in Asia centrale, come i parchi eolici in Uzbekistan. Così come sono cinesi le aziende che stanno assumendo un ruolo sempre più importante nello sviluppo dell’energia pulita nella regione del Golfo.

“Nonostante l’Europa e gli Stati Uniti continuino a imporre dazi e restrizioni sulle importazioni cinesi e a preoccuparsi dell’eccesso di capacità produttiva, la Cina e la sua tecnologia verde a prezzi accessibili continueranno ad attrarre i mercati dei paesi in via di sviluppo”, sostiene Taylah Bland, responsabile senior del programma China Climate Hub presso l’Asia Society Policy Institute.

Il programma

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La stampa statale metteva in luce alcune possibilità derivanti dal ritiro americano già nelle scorse settimane. Facendo l’occhiolino all’Europa. “Il ritiro degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi non solo ha fatto precipitare gli sforzi globali per contrastare il cambiamento climatico in una situazione di maggiore incertezza, ma ha anche messo in evidenza l’urgente necessità per il resto del mondo, in particolare la Cina e l’Ue, di rafforzare la cooperazione in materia di sviluppo verde”.

L’articolo è tratto dal numero di Green&Blue in edicola il 4 giugno, allegato a Repubblica e dedicato al Festival di Green& Blue (Milano, 5-7 giugno)


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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