Le isole minori italiane sono davanti a un bivio: laboratori di sostenibilità ambientale e biodiversità o luoghi fragili sempre più esposti ai rischi della crisi climatica e dell’overtourism, oltre che a una crescente antropizzazione? Il punto interrogativo aleggia su arcipelaghi straordinari, dove gli equilibri sono tuttavia sempre più precari: 26 le piccole isole abitate in Italia, vi ricadono 33 Comuni con una popolazione di 188 mila abitanti.Ed emergono più ombre che luci dal rapporto “Isole Sostenibili 2025”, che Legambiente e l’Istituto sull’Inquinamento Atmosferico del Cnr hanno appena presentato a Napoli nell’ambito della fiera “Green Med Expo & Symposium”.
La sentenza è inequivocabile: la transizione ecologica, in quest’Italia cosiddetta minore, va a rilento. Tanto che l’indice complessivo di sostenibilità – ricavato da variabili come il consumo di suolo, l’uso dell’energia, la gestione dei rifiuti, le risorse idriche e i sistemi di depurazione, la mobilità e la presenza di aree naturali protette – si attesta nel 2025 al 46,8%, con una crescita marginale (+1,3%) in più rispetto al 2024. Quanto basta per auspicare – o meglio, chiedere – “una svolta decisa, valorizzando i progressi fatti – come l’aumento del fotovoltaico e le buone pratiche locali – ma affrontando con urgenza le criticità ancora presenti: dalla dipendenza energetica dai combustibili fossili ai ritardi nella gestione idrica e dei rifiuti, fino alla mobilità”, come sintetizza Francesco Petracchini, direttore del Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente del Cnr.
“Serve un Piano nazionale integrato, coraggioso e adattabile alle peculiarità insulari, fondato su tre pilastri: energia pulita, tutela delle risorse naturali, innovazione. – sottolinea – Le isole minori possono diventare modelli di sostenibilità per tutto il Mediterraneo”.Ma quali sono le voci più critiche del report? Una su tutte: solo 7 delle 26 isole analizzate interconnesse alla rete elettrica nazionale, con le altre 19 dipendenti ancora da gruppi elettrogeni a gasolio. E non c’è stata l’auspicata crescita nella raccolta differenziata, con una media che nel 2023 si attesta al 58%, appena il 2% rispetto all’anno precedente e dunque ben al di sotto dell’obiettivo europeo del 65%. Non mancano casi virtuosi come Ustica (93%) e Favignana (85%).
Ci sono poi la questione del consumo di suolo, che tra il 2022 e il 2023 ha raggiunto 7,8 ettari, pari a circa 11 campi da calcio, e il tema delle carenze nella gestione idrica: tra il 2020 e il 2022, secondo Istat, le perdite d’acqua sono salite al 42,3% (11,8 milioni di m³) rispetto al 40,6% di sette anni fa. Segnalati picchi drammatici a Ventotene (77% di dispersione), Capraia (69%), Pantelleria (67%) e ale Pelagie (58%). Ancora: il 22,5% della popolazione delle isole non è ancora servito da rete fognaria, con situazioni critiche a Salina (solo il 2% servito), Ischia (28%) e Pantelleria (45%).
Ancora troppi veicoli privati, dov’è la mobilità green?
Ma non v’è dubbio che uno dei temi cruciali per il futuro delle isole sia rappresentato dalla mobilità: ostacolare il processo che trasforma luoghi privilegiati in metropoli in miniatura sarebbe prioritario. Eppure l’uso individuale dell’auto, insieme a una presenza marginale del trasporto pubblico, sembrano ancora predominanti. Secondo i dati Aci sono 186.399 i veicoli privati circolanti, a fronte di circa 188 mila residenti: vuol dire 99 ogni 100 abitanti, un caso limite è Ischia dove il rapporto è addirittura superiore a 1:1. E si parla, generalmente, di un parco auto è obsoleto: in media il 61% dei veicoli è di classe Euro 4 o inferiore, con punte del 73% a Pantelleria e 72% nelle Pelagie e a Salina.
La ricetta per un futuro sostenibile
Non mancano esempi virtuosi, però. L’indice di sostenibilità è rassicurante, per esempio, sull’Isola di San Pietro (62%, +8% rispetto al 2024), a Capri (61%, -1%), Sant’Antioco (57%, -3%) e alle Isole Tremiti (55% come nel 2024). E non mancano segnali incoraggianti, in primis il forte incremento del fotovoltaico che, tra il 2021 e il 2023, ha visto crescere la potenza installata del +116% (dati Terna e Legambiente), superando in media il 50% del target fissato dal DM 2017, con casi significativi come Ustica (+153%) e Ventotene (+93%).“Le isole minori italiane sono scrigni di biodiversità e cultura, ma anche territori fragili, esposti agli effetti della crisi climatica e al rischio di spopolamento. – sottolinea Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – Questa consapevolezza ha guidato il lavoro che portiamo avanti dal 2018 con il nostro Osservatorio Isole Sostenibili, nato per colmare la scarsa attenzione, in termine di dati e politiche dedicate, nei confronti di questi territori unici, che hanno tutte le carte per essere laboratori avanzati di transizione ecologica. Ma per farlo serve una strategia nazionale coraggiosa, concreta e continuativa, che possa adattarsi alle specificità insulari. La transizione energetica – oggi ostacolata da ritardi normativi, vincoli ambientali e carenze infrastrutturali – insieme alla tutela del patrimonio naturale, devono diventare il cuore di un nuovo modello di sviluppo”.
A margine della presentazione del report, Legambiente e Cnr hanno ribadito così la necessità di un Piano nazionale dedicato alla transizione ecologica insulare, integrato e strutturato. Prevedendo anzitutto azioni specifiche mirate alla transizione energetica (con la connessione alla rete elettrica nazionale per le isole più vicine alla terraferma e microgrid intelligenti per le isole non interconnesse, sviluppo delle rinnovabili, lo sfruttamento di nuove tecnologie come il moto ondoso e la creazione di Comunità Energetiche Rinnovabili).
Altro tema cruciale, sottolineano, è la gestione sostenibile delle risorse naturali: garantire l’accesso all’acqua potabile e a servizi di depurazione efficienti tutto l’anno, sfruttando per esempio i fondi del Pnrr Isole Verdi; ridurre le perdite delle condutture, implementare i dissalatori per l’approvvigionamento idrico al posto delle navi cisterna e i sistemi di raccolta e riutilizzo delle acque piovane; un impegno concreto per raggiungere l’obiettivo del 30% di territorio tutelato entro il 2030, valorizzando le aree protette già esistenti e i piani di conservazione delle specie endemiche.
Ancora: innovazione e digitalizzazione e, altro tema caldo, turismo sostenibile. Auspicando “una governance nazionale e regionale, che tenga conto delle specificità insulari, per garantire servizi e collegamenti tutto l’anno; strategie di promozione che valorizzino identità, tradizioni e produzioni locali, attraverso il coinvolgimento attivo di cittadini, operatori e associazioni”. Lo spettro, qui come altrove, è naturalmente nei flussi incontrollati del turismo di massa. Di qui, per esempio, azioni come quelle del Comune di Capri, che sta promuovendo iniziative per limitare gli approdi e intanto guarda con rinnovato interessa alla creazione di un’area marina protetta.