Un altro passo avanti nella tutela dell’acqua che beviamo. Con il Dlgs 19 giugno 2025, n. 102, in vigore dal 19 luglio, l’Italia rafforza la regolamentazione dei PFAS nelle acque potabili. Il testo aggiorna e corregge il precedente Dlgs 18/2023, già figlio della direttiva europea 2020/2184, definendo nuovi obblighi a carico dei soggetti della filiera idro-potabile per garantire la sicurezza dell’acqua e la salute delle persone.
I composti perfluoroalchilici, meglio noti come PFAS, sono ovunque: nei tessuti impermeabili, nelle padelle antiaderenti, negli imballaggi, nei cosmetici, nei rivestimenti industriali. Proprio la loro capacità di resistere a tutto – acqua, fuoco, tempo – li rende così utili per la produzione e così pericolosi per l’ambiente e per noi. Si accumulano nel sangue e non si degradano.
I nuovi limiti
A partire dal 13 gennaio 2026, il decreto introduce soglie più rigide e anticipa le minacce future:
- la somma di PFAS (PFOA, PFOS, PFNA e PFHXS) tollerata nell’acqua potabile scende da 0,50 a 0,10 µg/L, come previsto dall’art.?24, comma?1, del Dlgs 102/2025, che modifica l’allegato?I, Parte?B;
- acido trifluoroacetico (TFA), per la prima volta la legge impone un limite fissato a 10 µg/L per questa sostanza emergente.
- Esclusivamente per i TFA, il decreto concede una proroga fino al 12 gennaio 2027 per l’adeguamento ai nuovi valori limite. In questo periodo potranno essere autorizzate deroghe temporanee, ma solo in presenza di condizioni tecniche documentate, come stabilito dall’art. 21, comma 2-bis.
Le case dell’acqua entrano nella rete dei controlli
Non solo acquedotti e impianti municipali. Il nuovo decreto allarga il campo: anche le case dell’acqua e i chioschi pubblici – ossia quei distributori installati nei quartieri, nelle piazze o nei pressi dei mercati – rientrano a pieno titolo tra i soggetti obbligati a garantire la qualità dell’acqua erogata. Queste strutture, spesso apprezzate per ridurre il consumo di plastica e offrire un’alternativa gratuita o a basso costo all’acqua in bottiglia, trattano l’acqua potabile con sistemi di affinamento (ad esempio filtri al carbone attivo o microfiltrazione) per migliorarne il sapore o rimuovere residui. Ora dovranno rispettare gli stessi obblighi dei gestori delle reti principali, utilizzare materiali certificati (tubi, filtri, serbatoi) e attenersi ai requisiti tecnici fissati dal decreto del Ministero della Salute del 7 febbraio 2012, n. 25.
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Le piccole forniture non sono più “invisibili”
Una novità rilevante riguarda le cosiddette piccole forniture d’acqua (con un’erogazione inferiore a 10 m³ al giorno o meno di 50 persone servite): finora potevano beneficiare automaticamente dell’esenzione dalla valutazione del rischio. Con il nuovo decreto, i gestori dovranno richiedere l’esenzione espressamente, dimostrando la presenza di condizioni che la giustifichino. È un passaggio fondamentale per garantire che anche le reti più piccole non sfuggano al controllo ambientale e sanitario.
Obbligo trasmissione dati
Ogni sei mesi, i gestori dell’acqua dovranno trasmettere i dati alla piattaforma nazionale AnTeA. In caso di contaminazione, il decreto impone l’identificazione della popolazione esposta: niente più ambiguità, niente più silenzi. La trasparenza diventa un obbligo di legge, non una gentile concessione.
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