16 Ottobre 2025

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    Carbon credit, la grande illusione: “Non riducono il riscaldamento globale”

    Altro che crediti di carbonio. Il meccanismo “premiale” usato da aziende e governi per dichiararsi neutrali rispetto alle emissioni sembra essere molto meno efficiente di quanto si pensasse, o si sperasse. A renderlo inefficace, secondo una revisione della letteratura scientifica sul tema appena pubblicata sulla Annual Review of Environment and Resources, sarebbero “problemi sistemici irrisolvibili” – ossia criticità intrinseche al meccanismo e non responsabilità di poche “mele marce” – che rischiano di minare l’impegno per il contrasto alla crisi climatica e gettano un’ombra scura su un mercato, il cosiddetto Voluntary Carbon Market (Vcm) che nel 2022 ha raggiunto il valore di 2 miliardi di dollari. Nel loro studio, gli autori, tre esperti della University of Pennsylvania, della University of California, Berkeley, della University of Oxford e della University of Sussex, hanno analizzato decenni di ricerche e dati, concludendo che la maggior parte dei programmi di compensazione del carbonio più diffusi “continua a sovrastimare enormemente il proprio probabile impatto climatico, spesso di un fattore da cinque a dieci o più”.

    In teoria, il meccanismo del carbon credit, o crediti di carbonio, è semplice. Un’azienda o un governo che emette gas serra può “compensare” le proprie emissioni acquistando crediti, per l’appunto, generati da progetti che riducono, evitano o rimuovono la CO2 dall’atmosfera in un altro luogo. Ogni credito dovrebbe corrispondere a una tonnellata di CO2 equivalente (CO2e) non emessa o rimossa: esempi tipici di questi progetti sono la prevenzione della deforestazione, la costruzione di impianti di energia rinnovabile o la cattura dei gas dalle discariche. A fronte dell’acquisto di questi crediti, le aziende si fregiano infine dell’etichetta di net-zero o carbon neutral, che applicano sui loro prodotti o servizi. A quanto pare, però, non è tutto oro quel che luccica. La ricerca appena pubblicata, infatti, ha evidenziato diversi difetti strutturali che hanno afflitto il mercato dei crediti di carbonio fin dalla sua nascita, nonostante i ripetuti tentativi di riforma, e hanno reso la pratica pressoché inefficace, o comunque molto meno efficace delle aspettative (e delle dichiarazioni). Il primo problema, e il più critico, sta nella cosiddetta addizionalità: un progetto, dicono gli esperti, è “addizionale” solo se non si sarebbe realizzato senza i finanziamenti derivanti dalla vendita dei crediti di carbonio. Ma molti studi hanno dimostrato che un’enorme quantità di crediti è stata generata da progetti, come impianti eolici o idroelettrici, che sarebbero comunque stati costruiti perché già redditizi. E che quindi non rappresentano un vero “valore aggiunto”, anche perché, scrivono gli autori, “è impossibile sapere con certezza cosa sarebbe successo senza il meccanismo dei crediti di carbonio”.

    Focus

    Cop29, primo accordo sui crediti di carbonio: cosa cambia davvero?

    di Nicolas Lozito

    13 Novembre 2024

    Un altro problema è la sovrastima (overcrediting): le analisi hanno evidenziato che i programmi di compensazione sovrastimano sistematicamente le riduzioni di emissioni. Un meta-studio del 2024, citato nel lavoro appena pubblicato, ha stimato in particolare che meno di un credito su sei, tra tutti quelli studiati, rappresentava un una reale riduzione delle emissioni. Maglia nera per i progetti per la gestione forestale migliorata o per la prevenzione della deforestazione, per cui i tassi di sovrastima si sono rivelati particolarmente alta: nei casi peggiori i crediti “fantasma” sono in un rapporto di 12 a 1 rispetto ai benefici reali. E ancora: la questione delle perdite, un fenomeno che si verifica quando per esempio la protezione di un’area forestale sposta semplicemente altrove la deforestazione: se si paga un proprietario terriero per non tagliare i suoi alberi (acquistando così un certo credito di carbonio), le aziende che producono legname possono semplicemente acquistare un terreno vicino e proseguire la propria attività, annullando il beneficio climatico. E infine, ultimo ma non meno importante, il problema legato alla permanenza del carbonio: la CO2 legata ai combustibili fossili rimane in atmosfera per secoli, e i progetti di compensazione, specie (ancora una volta) quelli relativi alle foreste, non possono garantire una durata comparabile. Incendi, siccità, parassiti o cambiamenti nell’uso del suolo possono rilasciare nuovamente il carbonio immagazzinato, vanificando, e rendendo “impermanente” il beneficio nel tempo.

    Facendo riferimento a una delle più banali leggi del mercato, quella del rapporto tra domanda e offerta, gli autori dello studio individuano nella domanda persistente di crediti di carbonio a basso costo una delle cause principali di scarsa qualità del mercato. Sostanzialmente, spiegano, dal momento che ogni credito ha un valore nominale di una tonnellata di CO2e, gli acquirenti sono incentivati a scegliere i crediti più economici, che tendono a essere quelli di qualità inferiore: si crea così una “corsa al ribasso” in cui gli sviluppatori di progetti competono sul prezzo anziché sulla qualità. A fronte di uno scenario così sconfortante, la raccomandazione principale degli autori del lavoro è drastica: bisogna abbandonare l’approccio basato sulla compensazione per la maggior parte dei progetti e concentrarsi solo su due direttrici: anzitutto, finanziare soltanto progetti di alta integrità, ossia addizionali, permanenti e senza perdite (per esempio alcuni progetti di ricattura dei gas delle discariche o di fornitura di cucine pulite ed efficienti); e poi passare da un modello di “acquisto” a uno di “contributo”: in altre parole, le aziende dovrebbero finanziare progetti senza illudersi di annullare le proprie emissioni, ossia “assumersi la responsabilità delle emissioni senza compensarle”. Possibile? Certamente. Probabile? Un po’ meno. LEGGI TUTTO

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    Ecco come rimuoviamo la CO2 dall’atmosfera risparmiando energia

    Ha inventato una tecnologia che aspira la C02 dal cielo. L’ha trattata come un rifiuto industriale da gestire e smaltire in sicurezza. Ha aperto così la strada a un nuovo settore ad altissima innovazione. È un astrofisico: Giuliano Antoniciello, founder di CarpeCarbon, la prima azienda italiana che sviluppa e commercializza sistemi di rimozione della CO2 […] LEGGI TUTTO

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    Graptopetalum del Paraguay, la pianta “fantasma” che ama il Sole

    Con la sua forma ricorda una rosa, è avvolta in un fascino esotico ed è dotata di una notevole resistenza. Il graptopetalum del Paraguay è una pianta grassa elegante e delicata, capace di incantare con le sue suggestive rosette di foglie carnose. Chiamata anche pianta fantasma, per via del suo colore verde-grigiastro pallido, si distingue non solo per la straordinaria bellezza, ma anche per la robustezza, tollerando caldo e siccità. Tra i punti di forza di questa suggestiva pianta succulenta spicca inoltre la sua facile manutenzione, tanto da essere anche alla portata di chi si approccia per la prima volta al giardinaggio.

    La posizione ideale per la graptopetalum del Paraguay
    Pianta grassa tra le più belle in assoluto, il graptopetalum del Paraguay è originaria del Messico ed è apprezzata per il suo fascino, la versatilità e la facile coltivazione. Succulenta appartenente alla famiglia delle Crassulaceae, presenta un portamento pendente o espanso. A renderla unica sono le sue eleganti foglie carnose, spesse, acquose e che terminano con una punta: disposte a rosetta, le loro sfumature vanno dal verde chiaro, al grigio e, con la giusta esposizione solare, al rosa e al lilla. Inoltre, la pianta è caratterizzata da incantevoli fiori bianchi con macchie rossastre, che crescono nel centro della rosetta di foglie. Di solito il suo periodo di fioritura avviene in primavera, anche se in caso di climi miti può essere anticipata oppure prolungarsi anche dopo l’estate.

    Il graptopetalum del Paraguay raggiunge 5-6 centimetri di altezza e un diametro di 3-8 centimetri. La pianta ama il sole, sviluppandosi in modo rigoglioso in caso di luce solare intensa. Se coltivata all’aperto va posta in un luogo di pieno sole, cosa che le permette di crescere in salute e con sfumature vivaci. Tuttavia, durante le estati molto calde bisogna evitare che venga colpita dai raggi solari forti nelle ore centrali della giornata, scongiurando possibili bruciature. In caso di mezzombra tende ad allungarsi, diventare verde e rallentare la sua crescita. Negli interni va posta nei pressi di una finestra rivolta a sud-est o sud, assicurandosi che riceva 4-6 ore di luce solare diretta.

    Questa pianta grassa tollera bene il caldo, resiste alla siccità e sopporta anche il freddo, dovendo però essere riparata dalle gelate e dalle correnti d’aria. Quanto al terreno, bisogna coltivarla in un substrato ben drenato, ricorrendo a un mix di pomice e terriccio per cactus, aggiungendo della sabbia per aumentare il drenaggio. Vanno evitati i terreni argillosi in quanto trattenendo l’acqua possono compromettere la pianta. Il graptopetalum necessita di poca umidità, richiedendo un drenaggio adeguato per evitare il marciume delle radici.

    Coltivazione in vaso e giardino del graptopetalum del Paraguay
    Coltivare questa succulenta è semplice e dà molte soddisfazioni, sia che si faccia crescere in giardino, che in vaso. Durante la primavera, si può procedere con la sua coltivazione. Se si pianta in giardino si devono posare i semi in un terreno leggero e drenante: essendo molti piccoli, non vanno interrati, ma solo appoggiati sul substrato e pressati leggermente oppure coperti con uno strato sottile di sabbia. La posizione scelta deve essere luminosa, evitando il sole diretto nelle ore più calde, e il terriccio umido, facendo sì però che non sia bagnato.

    Un’altra via più semplice e veloce è la coltivazione tramite talea. Questo metodo può essere effettuato partendo da una foglia sana della graptopetalum, staccandola e lasciando cicatrizzare per 1-3 giorni, per poi appoggiarla sulla superficie del terreno. Già in qualche settimana si svilupperanno le radici e una rosetta nuova. Lo stesso procedimento può essere effettuato ricorrendo a una rosetta o a un ramo, da piantare a poca profondità, quanto necessario per farla stabilizzare.

    La coltivazione in vaso è molto simile a quella in piena terra. Questa pianta tende a espandersi in larghezza più che in profondità, quindi è bene prediligere un vaso capiente e largo, dotato di fori di drenaggio. I semi vanno posti appena sopra il substrato e lo stesso vale per la propagazione tramite talea, che prevede di collocare foglie, rosette e rami in superficie.

    Come prendersi cura del graptopetalum del Paraguay
    Graziosa e resistente, la graptopetalum del Paraguay richiede minime cure tanto che la sua manutenzione è molto semplice. Per quanto riguarda l’irrigazione, questa deve essere moderata e tra un’annaffitura e l’altra è sempre bene verificare che il terreno sia asciutto. È consigliato dare da bere alla pianta in tarda sera o al mattino presto, evitando così che l’acqua evapori troppo velocemente. Mediamente va irrigata ogni 10-15 giorni durante la primavera e l’estate, mentre una volta al mese in autunno e inverno. Durante l’annaffiatura bisogna concentrarsi solo sul terreno, evitando di bagnare le foglie.

    La potatura della graptopetalum non è richiesta in modo regolare, dovendo intervenire esclusivamente per rimuovere le foglie danneggiate o secche. Bisogna sempre tenere a mente come le potature eccessive possono danneggiare la succulenta. In merito alla concimazione, deve essere eseguita una volta al mese in estate e primavera, usando del fertilizzante per succulente e cactus da diluire nell’acqua. Il rinvaso va effettuato ogni 2-3 anni oppure quando le radici riempiono totalmente il vaso o ancora se il terreno è compattato in modo eccessivo e trattiene troppa acqua.

    Malattie, parassiti e problematiche
    Pur essendo una pianta resistente, il graptopetalum del Paraguay può essere soggetta ad alcune problematiche. Nella sua manutenzione ci si può ritrovare a fare i conti con il marciume radicale, criticità comune causata da annaffiature troppo frequenti o abbondanti oppure dai ristagni di acqua. In questo caso le radici possono diventare molli e le foglie ingiallite o cadere e per correre ai ripari è importante ridurre le irrigazioni e utilizzare un vaso dotato di fori di drenaggio.

    Se l’aria è stagnante o il terreno eccessivamente umido, sulle foglie possono comparire muffe, dovendo in questo caso migliorare la circolazione dell’aria ed eliminare le parti danneggiate. Qualora la pianta si deformi, scolorisca e le foglie si accorcino, significa che la luce è eccessivamente intensa oppure le temperature sono troppo basse.

    La pianta può essere attaccata da larve notturne, afidi e cocciniglie, che possono colpire foglie e fusti, soprattutto se si trova in ambienti chiusi. In questo caso è bene rimuovere i parassiti manualmente oppure intervenire con prodotti specifici per succulente. LEGGI TUTTO