14 Ottobre 2025

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    Le api selvatiche minacciate in Europa: quasi cento specie a rischio

    Per la prima volta, le api selvatiche sono state ufficialmente classificate come ‘in pericolo’ all’interno dell’Europa: grazie a un grande lavoro di monitoraggio e raccolta dati che ha colmato una lacuna di lunga data, i ricercatori hanno esaminato lo stato di conservazione della specie Apis mellifera in sette paesi europei, stimando un calo medio delle popolazioni selvatiche del 56% in un decennio.

    Questo ha permesso di aggiornare la Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) anche se, per quanto riguarda la regione europea, i dati rimangono molto carenti per aree come i Balcani, i Paesi Baltici, la Scandinavia e l’Europa orientale.

    I ricercatori hanno monitorato, tra il 2013 e il 2025, 698 siti sparsi in Francia, Germania, Lussemburgo, Polonia, Spagna, Svizzera e Regno Unito. Secondo i dati raccolti, l’Europa ha la più bassa densità del mondo di colonie che vivono libere in natura, dal momento che gli alveari gestiti negli allevamenti superano di gran lunga quelli selvatici, e queste già scarse colonie stanno anche vedendo diminuire i loro abitanti. Le principali minacce, come riporta la Iucn, arrivano dalla perdita di habitat a causa di agricoltura e aree abitate, da specie aliene invasive, dall’ampio uso di pesticidi, erbicidi e fungicidi e anche da alcune pratiche dell’apicoltura moderna, come il commercio di api regine.

    “Proteggere le api selvatiche non significa solo salvare una specie iconica, ma anche salvaguardare la nostra sicurezza alimentare, la biodiversità e gli ecosistemi per il futuro”, ha commentato sulla rivista The Conversation Arrigo Moro dell’Università irlandese di Galway, che ha collaborato con la Iucn per rivalutare lo stato di conservazione delle popolazioni selvatiche di Apis mellifera: “Rappresentano un serbatoio genetico vitale che potrebbe contribuire a rendere le api, sia selvatiche che allevate, più resilienti alle minacce future”. LEGGI TUTTO

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    Abelia, l’arbusto che si adatta: coltivazione, esposizione, fioritura e cura

    Per decorare giardini, bordure, siepi, terrazzi e balconi, l’abelia è sempre una scelta vincente, che regala colore e bellezza, portando con sé un tocco di eleganza. Vigoroso e dalla fioritura lunga, profumata e abbondante, l’arbusto cresce rapidamente e si distingue con il portamento arcuato, i fusti lunghi, i fiori tubulosi e le piccole foglie verdi e lucide, che in autunno virano sulle sfumature del bronzo e del rosso. Grazie alla sua straordinaria capacità di adattamento alle diverse condizioni, coltivare l’abelia è semplice e non richiede cure complesse, se non pochi e semplici accorgimenti per mantenerla al meglio.

    Abelia e la sua esposizione ideale
    L’abelia dona splendidi fiori anche in autunno, infondendo colore agli ambienti con il suo fogliame dalle nuance calde. Bellezza, resistenza e fioritura prolungata sono i punti di forza di questa pianta ornamentale sempreverde, appartenente alla famiglia delle Caprifoliaceae. Originaria del Messico e dell’Asia orientale, si adatta a diversi tipi di terreno e a condizioni climatiche differenti e può raggiungere un’altezza fino a 2 metri.

    L’arbusto fiorisce dalla primavera all’autunno con piccoli fiori tubulosi, numerosi e colorati, che spaziano dal bianco al rosa fino al lilla. Il loro delicato profumo attira api e farfalle, rendendo l’abelia una risorsa preziosa per il giardino e la sua biodiversità.

    Per quanto riguarda l’esposizione, predilige un luogo soleggiato, ma può adattarsi anche all’ombra parziale. Posizionare l’arbusto in una zona soleggiata favorisce una fioritura più abbondante e un fogliame dai colori vivaci: in estate, durante le ore centrali della giornata, è consigliabile spostarlo però temporaneamente in un luogo più in ombra se coltivato in vaso.

    Pur essendo resistente, in caso di inverno rigido la pianta può perdere il suo fogliame e soffre i venti freddi, dovendo proteggerla con un telo. L’abelia va piantata in autunno o in primavera, in un terreno drenato, fertile, umido e leggermente acido, anche se cresce nei substrati sabbiosi e argillosi.

    Abelia, coltivazione in giardino e vaso
    Pianta ornamentale molto apprezzata, l’abelia è facile da coltivare e non richiede cure complesse. Se coltivata in piena terra, i semi di abelia vanno posizionati in superficie, visto che necessitano di luce per germinare, mantenendo una distanza di 5 centimetri tra ciascuno. Una volta cresciute, le piantine possono essere diradate a una distanza di 40-50 centimetri, in quanto l’abelia tende a svilupparsi in ampi cespugli.

    La coltivazione tramite semi può richiedere però molto tempo e non sempre porta a una germinazione uniforme. Proprio per questo, per avere maggiori possibilità di successo e ottenere le piantine più velocemente, si può procedere con la propagazione per talea, con cui ricavare esemplari uguali alla pianta madre.

    Un’alternativa consiste nel mettere a dimora una pianta di abelia cresciuta in vaso: si procede creando una buca di almeno 30 cm, ponendo sul fondo uno strato di argilla espansa o sabbia per aumentare il drenaggio e riempiendola con del terriccio fertile unito a del compost. Si estrae la pianta dal contenitore delicatamente per poi porla nella buca e ricoprirla con il substrato, compattando il tutto e irrigandolo in modo abbondante.

    L’abelia si presta a essere coltivata in vaso, dovendo scegliere un recipiente abbastanza capiente, di 30-40 centimetri di diametro, per garantire spazio sufficiente alle radici. Il vaso deve avere fori di drenaggio in modo da evitare i ristagni d’acqua. Il terriccio impiegato deve essere leggero, fertile e arricchito con compost maturo, sabbia e perlite. Sul fondo del recipiente è possibile aggiungere uno strato di ghiaia oppure argilla espansa per aumentare ulteriormente il drenaggio.

    Come nel caso della semina in piena terra, i semi vanno posti in superficie e appena ricoperti con il terreno, in modo che ricevano la giusta quantità di luce per germogliare. I semi vanno distanziati di 2-3 centimetri l’uno dall’altro per poi trapiantare le piantine in vasi singoli una volta diventate robuste e con almeno 2-3 foglie. Anche per questa opzione procedere tramite semi può richiedere più tempo, mentre la propagazione tramite talea consente di ottenere nuove piantine in modo più rapido.

    Durante la stagione vegetativa, la pianta può essere concimata ogni 4-6 settimane con un fertilizzante per piante da fiore. Ogni 2 anni si procede con il rinvaso ricorrendo a un contenitore più grande.

    Abelia e la sua cura
    La manutenzione dell’abelia è semplice, ma richiede alcune cure specifiche. Per quanto riguarda l’irrigazione, la pianta necessita di annaffiature costanti in particolare durante i periodi di siccità, dovendo mantenere il terreno umido e mai secco. Tuttavia è sempre importante evitare i ristagni idrici, responsabili del marciume radicale. Da marzo a ottobre si può annaffiarla una volta a settimana: durante l’estate è bene procedere al mattino presto, premurandosi che non ci sia troppa differenza tra la temperatura dell’acqua e quella dell’apparato radicale, potenziale causa di stress. Tra un’irrigazione e l’altra bisogna sempre verificare che il terreno sia asciutto. Durante il periodo invernale le annaffiature vanno ridotte.

    La potatura dell’abelia non è strettamente richiesta, ma può essere utile per mantenerne la forma e la salute. All’inizio della primavera si può intervenire leggermente rimuovendo i rami morti, danneggiati e incrociati. Dopo la fioritura, è possibile eliminare i germogli in eccesso e i rami meno robusti, favorendo così la nuova produzione di fiori.

    Manutenzione dell’abelia
    L’abelia è molto resistente e, se curata con le giuste accortezze, tende a non essere soggetta a parassiti e malattie. Malgrado questo, può essere attaccata occasionalmente da afidi, acari, mosche bianche e ragnetto rosso o da malattie fungine. Per contrastare questi problemi, è necessario intervenire prontamente, utilizzando prodotti ad hoc o rimedi naturali come miscele di acqua e sapone oppure olio di neem.

    Un’altra criticità che può presentarsi è la mancata fioritura, dovuta spesso alla concimazione non sufficiente e alla scarsa luce: per ovviare a questo problema, bisogna nutrire la pianta con del fertilizzante e spostarla in un luogo più soleggiato.

    I rami che perdono le foglie possono essere la spia di un substrato eccessivamente secco o di un vaso troppo piccolo. In questi casi bisogna aumentare le irrigazioni e rinvasare l’abelia in un recipiente più grande. LEGGI TUTTO

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    Le scie degli aerei sono responsabili di un effetto serra indiretto

    Le scie di condensazione generate dal passaggio degli aerei di linea possono essere dannose per l’ambiente. Più di quando si credesse in passato – al netto delle teorie complottiste sulle presunte scie chimiche. Il tema di fondo è che sempre più ricercatori e studi, sostengono che i cosiddetti contrail (condensation trail), di fatto scie lunghe e sottili di vapore acqueo e cristalli di ghiaccio che si manifestano in cielo dagli scarichi dei velivoli, possono contribuire al riscaldamento climatico attraverso l’effetto serra indiretto. Il tema era emerso già diversi anni fa, adesso arrivano nuove conferme capaci di delineare quali tipo di scie hanno impatto e in quali condizioni.

    Scie di condensazione ed effetto serra indiretto
    I contrail si formano in specifici casi, ovvero quando il vapore acqueo, presente nei gas di scarico dei motori dei velivoli, si cristallizza attorno alla fuliggine espulsa dal motore. Un fenomeno abbastanza diffuso; è sufficiente volgere gli occhi al cielo. Normalmente le scie si dissipano in tempi relativamente rapidi, ma nell’alta atmosfera (sopra i 3mila metri) dove l’aria è già sovrasatura di ghiaccio, prendono un’altra consistenza e diventano persistenti. In alcuni casi si parla di ore e lunghezze di centinaia di chilometri, con il rischio di trasformazione in vere e proprie nubi artificiali. In pratica questi banchi intrappolano il calore irradiato dalla superficie terrestre, aumentando il riscaldamento globale. L’effetto è paragonabile a quello dei gas serra.

    L’industria aeronautica è scettica al riguardo. International Air Transport Association sostiene che “la comprensione scientifica degli effetti climatici dell’aviazione, diversi dalla CO2, è cresciuta, ma permangono notevoli incertezze nella previsione della formazione delle scie di condensazione e dell’impatto climatico”.

    Trasporti

    Lo studio T&E: “Meno scie e cambio di tragitto per il 3% dei voli per dimezzare le emissioni”

    di Pasquale Raicaldo

    13 Novembre 2024

    L’organizzazione non-profit Contrails.org è di diverso avviso. Ha stimato che le emissioni di CO2 dell’aviazione, dal 1948 al 2018, hanno contribuito per circa 1,5% del riscaldamento globale. Mentre considerando le scie di condensazione bisognerebbe aggiungere un ulteriore 1–2%. In sintesi tra emissioni di CO2 dovute alla combustione del carburante e l’effetto schermo si rischia un “doppio riscaldamento climatico”, come ha dichiarato lo scorso anno Edward Gryspeerdt, ricercatore presso il Grantham Institute for Climate Change and the Environment dell’Imperial College di Londra e autore di uno studio sull’argomento.

    Per altro secondo l’esperto, gli aerei più moderni sarebbero più dannosi di quelli vecchi, proprio a causa della loro migliore efficienza e della conseguente riduzione delle temperature dei gas di scarico – che favorirebbe la creazione di scie.

    E le prospettive future sembrerebbero anche peggiori, almeno a opinione del gruppo di attivisti di Transport and Environment. In base alla loro ricerca, nell’arco di 20 anni l’effetto serra indiretto causato dalle scie di condensazione di un singolo volo sarà più dannoso delle sue emissioni di anidride carbonica. L’unico controbilanciamento è dato dal fatto che in 100 anni i contrail di un volo genereranno solo un terzo dell’effetto di riscaldamento causato dalle emissioni di carbonio.

    La polemica

    Trump cancella le informazioni sulla crisi climatica ma rilancia sulle scie chimiche

    di Giacomo Talignani

    15 Luglio 2025

    La soluzione è in un cambio di rotta
    Royal Aeronautical Society (RAS) nel 2023 ha pubblicato uno studio sulle strategie di mitigazione del fenomeno della supersaturazione del ghiaccio. Ebbene, la più semplice teoricamente potrebbe essere quella di effettuare rotte che evitano gli strati più a rischio. Per altro richiederebbe solo un consumo extra di carburante. La stima è che per una rotta che prevede un 20% di tratta a rischio sarebbe sufficiente l’impiego di uno 0,5% di carburante in più. Ma non è così semplice perché le condizioni meteorologiche incidono su ogni parametro e quindi bisognerebbe renderebbe le rotte molto più flessibili, forse troppo, poiché verrebbero richiesto anche di cambiare altezza e direzione. L’analista aeronautico Andrew Charlton ha confermato al Financial Times che questo approccio complicherebbe i piani di volo sia per i piloti che per i controllori di volo.

    La convinzione diffusa però è che adesso che è emerso il problema sia la progettazione dei velivoli che i sistemi di rotta e controllo possano individuare metodi adeguati per ridurre l’impatto ambientale. LEGGI TUTTO