12 Settembre 2025

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    Fiore di loto, come coltivare e curare la pianta acquatica

    Vero e proprio capolavoro della natura, il fiore di loto conquista con la sua bellezza ed eleganza, impreziosendo ogni luogo in cui si trova. Questa pianta acquatica è simbolo di purezza, rinascita e spiritualità: ricca di significati profondi, si distingue per i suoi grandi fiori decorativi e le foglie tondeggianti e idrorepellenti, capaci di respingere l’acqua e lo sporco grazie al cosiddetto effetto loto. Approfondiamo di seguito come coltivare e prendersi cura di questa straordinaria pianta acquatica.

    Fiore di loto e l’esposizione
    Il fiore di loto fa parte del genere Nelumbo, che comprende due specie principali, la Nelumbo nucifera, originaria dell’Asia, e la Nelumbo lutea, proveniente da America centrale e settentrionale. Con il suo fascino abbellisce stagni, laghetti ornamentali, giardini, terrazzi e anche ambienti interni. I suoi petali delicati e profumati sono tinti da molteplici sfumature, tra cui bianco, rosa e giallo, e sbocciano sopra le foglie. Queste ultime sono sostenute da steli robusti: a differenza delle ninfee il fiore di loto non galleggia liberamente, ma si trova sopra la superficie dell’acqua.

    Il fiore di loto va coltivato su uno specchio d’acqua e per prosperare richiede ambienti caldi e luminosi, con almeno 6 ore al giorno di luce solare diretta. Il terreno ideale è argilloso, ricco, denso e stabile, evitando quelli troppo leggeri e sabbiosi, e l’acqua in cui viene fatto crescere deve essere calma e pulita. Questa pianta acquatica predilige un clima mite, con temperature comprese tra i 24 e i 30 gradi. Il periodo migliore per dedicarsi alla sua coltivazione è la primavera, per vederla così fiorire in estate. Il fiore di loto impiega tra i 60 e i 90 giorni per sbocciare se coltivato in condizioni ottimali. In inverno va protetto in luoghi riparati, in modo da evitare eventuali danni dettati dal gelo.

    Coltivazione del fiore di loto
    Tanto suggestivo, quanto ricco di profondi significati, il fiore di loto trasforma qualsiasi ambiente in un angolo di bellezza e serenità. Coltivarlo dà molte soddisfazioni, ma richiede specifici accorgimenti. Se si possiede un laghetto naturale o artificiale in giardino, il fiore di loto è una scelta perfetta per impreziosirlo, ma può essere anche coltivato sul terrazzo o negli interni di casa, rispettando le sue esigenze in termini di luce e spazio.

    Il contenitore scelto deve essere ampio e profondo e va riempito con del terriccio ricco e denso, ad esempio un mix di argilla e torba, che ne permetta lo sviluppo radicale e trattenga l’umidità.

    Se si parte dal seme, bisogna innanzitutto scarificarlo leggermente, grattando la sua superficie dura con una lima di metallo, permettendo così all’acqua di penetrare e stimolare la germinazione. I semi scarificati vanno immersi in acqua a temperatura ambiente, cambiandola ogni giorno per mantenerla pulita, e lasciati germogliare, processo che richiede generalmente da alcuni giorni a qualche settimana.

    Una volta che compaiono le prime radici e almeno una foglia galleggiante, le piantine vanno spostate in un recipiente più capiente, senza fori di drenaggio, riempiendolo per metà con il substrato e con dell’acqua fino a coprire il terreno. Bisogna assicurarsi che le radici siano ben interrate e le foglie galleggino all’aperto. Per fiorire in modo rigoglioso, il vaso deve essere posto in un luogo soleggiato e l’acqua mantenuta sopra i germogli.

    In alternativa, per la coltivazione del fiore di loto si può partire dal rizoma, da posizionare orizzontalmente e con un germoglio rivolto verso l’alto, in un substrato umido, interrandolo a una profondità di 5 centimetri. Il vaso va immerso poi nell’acqua, facendo in modo che la parte superiore del rizoma sia coperta tra i 5-10 centimetri.

    Sia che si coltivi da seme, che da rizoma, quando le piantine del fiore di loto hanno sviluppato le foglie fuori dall’acqua possono essere trasferite nel laghetto, verificando che questo sia al sole e profondo tra i 30 e i 50 centimetri. Il vaso va collocato sul fondo del laghetto, facendo in modo che l’acqua copra leggermente i germogli. Nel momento in cui le foglie galleggiano in modo stabile e il sistema radicale è sviluppato, si può rimuovere il recipiente con delicatezza, facendo sì che le piante affondino direttamente nel fondale e proseguano la loro crescita nel laghetto.

    Cura del fiore di loto
    Il fiore di loto non è particolarmente delicato, ma per prosperare richiede azioni mirate per quanto riguarda la sua manutenzione. L’acqua in cui è immerso deve coprire il suolo sopra i 20 centimetri ed essere sempre pulita: se si coltiva in un laghetto si può ricorrere a un sistema di filtraggio dell’acqua. Quando cresce in vaso, il substrato va mantenuto umido, occupandosi delle irrigazioni ogni 3 o 4 giorni ed è necessario concimare la pianta ogni 20 giorni, ricorrendo a del fertilizzante liquido.

    Nella cura del fiore di loto bisogna rimuovere regolarmente fiori morti, steli e foglie danneggiate e alghe. Dopo la fioritura, tra l’autunno e l’inverno, ci si deve dedicare alla potatura vera e propria.

    La pianta resiste al freddo, essendo tuttavia sensibile all’acqua ghiacciata, che danneggia le sue radici. Durante l’inverno bisogna prevenire il congelamento dell’acqua, per esempio ricorrendo per il laghetto a delle pompe con cui movimentarla, mentre se si coltiva in vaso, spostando il recipiente in un luogo protetto. Tra le varie problematiche con cui si possono fare i conti, la pianta è soggetta a macchie fogliari, muffe, ruggini e marciume radicale. Altra criticità sono gli attacchi di lumache, afidi e acari che ne danneggiano gli steli e portano a scolorimento, dovendo ricorrere a insetticidi naturali oppure a prodotti specifici per rimuoverli. LEGGI TUTTO

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    Nel DNA spazzatura il segreto della palma di Goethe

    La leggenda vuole che Goethe sia stato sepolto con qualche foglia di questa palma nana che cresce nell’Orto botanico di Padova, il più antico del mondo. Il grande poeta tedesco ne rimane stregato durante il suo viaggio in Italia nel 1786. La pianta, a quel tempo, ha appena superato i duecento anni perché è stata messa a dimora nel 1545. Oggi ne ha più quattrocento ma da allora questo monumento vegetale è conosciuto come la palma di Goethe ed è una delle principali attrazioni dell’orto patavino patrimonio dell’umanità dell’Unesco.

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    Cycas, come coltivare la pianta che viene dalla preistoria

    15 Agosto 2025

    È coltivata in una spettacolare serra verticale a base ottagonale progettata su misura per contenerne l’esuberanza e assicurarne la stabilità. I segreti della sua estrema longevità e adattabilità sono codificati nel genoma che ora, per la prima volta, è stato sequenziato per intero dall’Università degli studi di Padova. Conosciuta anche come palma nana (il cui nome scientifico è Chamaerops humilis) compare nel Terziario, circa 65 milioni di anni fa, ed è l’unica specie autoctona del Mediterraneo: tutte le altre oggi presenti nei giardini o nel verde urbano sono aliene, così come si definiscono in botanica. Cresce sul limite più settentrionale della famiglia delle palme ed è un’eredità sopravvissuta alle glaciazioni che hanno sconvolto il continente europeo fino a circa 12.000 anni fa. Quella di Padova è la più antica vivente: tollera la neve così come la canicola estiva e la siccità estrema. LEGGI TUTTO

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    Incendi e crisi climatica stanno decimando le libellule

    Il cambiamento climatico e l’intensificarsi degli incendi boschivi stanno alterando le caratteristiche riproduttive delle libellule, minacciando di spingere alcune specie di questo animale verso l’estinzione. È quanto emerge da uno studio guidato dall’Università del Colorado Denver (CU Denver) e pubblicato su Nature Climate Change.
    La ricerca mostra che le libellule con macchie scure sulle ali – caratteristiche da tempo associate all’attrazione dei partner – sono ora più vulnerabili in un mondo che si riscalda. Le libellule svolgono un ruolo essenziale negli ecosistemi: sono importanti predatrici di zanzare e servono da cibo per uccelli, pesci e anfibi. Il loro declino avrà ripercussioni su intere reti alimentari.
    “Le libellule sono sopravvissute agli asteroidi, ma ora il cambiamento climatico e gli incendi boschivi le minacciano in modi che l’evoluzione non riesce a gestire”, ha affermato l’autrice principale Sarah Nalley, dottoranda presso il programma di Biologia Integrativa della CU Denver . “I nostri risultati suggeriscono che l’adattamento da solo potrebbe non essere abbastanza rapido per proteggere le specie in un clima in rapido cambiamento”.

    Utilizzando 40 anni di dati pubblicamente disponibili, lo studio ha scoperto che queste libellule “ornamentali” stanno scomparendo dagli habitat bruciati e dalle regioni più calde degli Stati Uniti. Le immagini termiche rivelano che le macchie scure di melanina sulle loro ali assorbono il calore più velocemente, causando il surriscaldamento dei maschi. Di conseguenza, trascorrono più tempo a riposare e recuperare e meno tempo a competere per le compagne.

    Lo studio mette in luce un aspetto poco esplorato della biologia della conservazione: mentre gli scienziati spesso misurano se le specie possono crescere e sopravvivere in ambienti più caldi e secchi, questa ricerca dimostra che i tratti legati alla riproduzione potrebbero essere ancora più critici. Se le libellule non riescono ad attrarre con successo i partner, intere popolazioni potrebbero scomparire.

    “Questo cambia il nostro modo di concepire la vulnerabilità”, ha affermato Michael Moore, professore presso la CU Denver e coautore dello studio “Non si tratta solo di sapere se gli animali possono sopravvivere dopo un incendio, ma anche se possono riprodursi in quegli ambienti modificati. Questa è la chiave per la sopravvivenza a lungo termine”.

    Gianmarco Pondrano Altavilla Sarah Nalley, studentessa di dottorato presso la CU Denver, ha utilizzato 40 anni di dati disponibili al pubblico e ha scoperto che le libellule “ornamentate” stanno scomparendo dagli habitat bruciati e dalle regioni più calde degli Stati Uniti. Le immagini termiche rivelano che le macchie scure di melanina sulle loro ali assorbono il calore più velocemente, causando il surriscaldamento dei maschi. LEGGI TUTTO

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    Semi sempre più piccoli a causa dell’impatto umano

    I semi nelle foreste del Madagascar stanno diventando sempre più piccoli e una nuova ricerca pubblicata su Ecology Letters suggerisce che le attività umane stanno giocando un ruolo in questo cambiamento. I ricercatori del Centro tedesco per la ricerca integrativa sulla biodiversità (iDiv) e dell’Università di Lipsia hanno combinato i dati di oltre 2.800 specie […] LEGGI TUTTO