22 Luglio 2025

Daily Archives

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    Impianti di riscaldamento, con il “conto termico” c’è il rimborso immediato della spesa

    Pensarci adesso per non trovarsi a fare tutto di corsa tra un paio di mesi, così da poter scegliere la soluzione di riscaldamento economicamente più vantaggiosa, non solo e non tanto per i costi quanto soprattutto per i bonus che è possibile avere. Oltre alla detrazione fiscale del 50%, infatti, vale la pena di verificare […] LEGGI TUTTO

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    La Cassazione dice sì a Greenpeace: “Chi contribuisce alla crisi del clima può essere processato”

    Da ora in poi chi contribuisce alla crisi climatica inquinando a livello di emissioni potrebbe dover rispondere, anche in Italia, delle proprie azioni. Quella appena pubblicata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è una sentenza storica: i giudici hanno dato ragione – nell’ambito de “La Giusta Causa” a Greenpeace Italia, ReCommon e 12 cittadine e cittadini – sulle corrette intenzioni e sulla possibilità del procedere nella causa intentata nel 2023 contro Eni, ma anche Cassa Depositi e Prestiti e ministero dell’Economia e delle Finanze, per metterle davanti alle loro responsabilità legate alla crisi climatica. “Da oggi – dicono Greenpeace e ReCommon, parlando di decisione “storica” – in Italia è finalmente possibile ottenere giustizia climatica”. Lo scorso febbraio c’era stato il ricorso, da parte dell’associazione ambientalista, di ReCommon e dei cittadini, nei confronti di Eni, Cdp e Mef che sostenevano come né un giudice ordinario, né alcun altro giudice italiano potessero avere la giurisdizione per decidere su “La Giusta Causa”, “rischiando così di rendere inammissibile l’intero procedimento. Un esito che potrebbe impedire future cause climatiche in Italia contro lo Stato o imprese private” spiegavano allora gli ecologisti.

    La Cassazione però ha dato ragione a Greenpeace: anche la giurisdizione italiana deve permettere cause di questo tipo, le ormai famose “climate litigation” che si tengono in tutta Europa per mettere di fronte chi inquina alle conseguenze climatiche del proprio operato. “Questa sentenza storica dice chiaramente che anche in Italia si può avere giustizia climatica – commentano Greenpeace Italia e ReCommon. Nessuno, nemmeno un colosso come Eni, può più sottrarsi alle proprie responsabilità. I giudici potranno finalmente esaminare il merito della nostra causa: chi inquina e contribuisce alla crisi climatica deve rispondere delle proprie azioni” spiegano. Se si è arrivati a questa sentenza, è anche e soprattutto per un precedente creato dalle ormai famose “Anziane per il clima”, un gruppo di oltre duemila attiviste svizzere di età media 75 anni che aveva denunciato il proprio paese per inazione contro la crisi climatica, ottenendo il consenso da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Anche nella sentenza della Cassazione in Italia si legge infatti un richiamo alla “giustiziabilità della pretesa azionata, richiamando la sentenza della Corte EDU del 9 aprile 2024, Verein KlimaSeniorinnen Schweiz c. Suisse, che, nel dichiarare ammissibile la domanda di un’associazione di diritto svizzero e di alcuni cittadini, volta a far valere omissioni delle autorità statali nel settore dei cambiamenti climatici e ha riconosciuto la complementarità dell’intervento giudiziario rispetto ai processi democratici, affermando che, pur non potendo sostituire l’azione del Potere legislativo ed esecutivo, il compito della magistratura consiste nel garantire il rispetto dei requisiti legali”.

    Il caso

    “La salvaguardia del clima è un diritto umano”: storica sentenza a Strasburgo, vincono le “signore dell’ambiente”

    Giacomo Talignani

    09 Aprile 2024

    Inoltre la Cassazione, fra le righe, ribadisce il concetto che “ormai vi è certezza in ordine all’esistenza di un cambiamento climatico di origine antropica, che rappresenta una grave minaccia per il godimento dei diritti umani e richiede l’adozione di misure urgenti che coinvolgono sia il settore pubblico che quello privato, al fine di limitare l’aumento della temperatura a 1,5° C” ricordando infine l’Accordo di Parigi e l’obbligo “d’intraprendere rapide riduzioni in linea con le migliori conoscenze scientifiche e della progressività della riduzione della produzione di gas climalteranti”. Azioni, quella della produzione di emissioni climalteranti, che secondo Greenpeace e ReCommon portano grandi aziende legate ai combustibili fossili, come Eni, così come lo Stato e gli azionisti che finanziano determinate operazioni, ad essere “responsabili della crisi climatica. Eni ha significativamente contribuito alla crisi con la sua condotta negli ultimi decenni, pur essendone pienamente consapevole”.

    Da parte sua, Eni “esprime la propria grande soddisfazione in merito alla decisione della Cassazione. Finalmente si potrà riprendere il dibattimento innanzi al Tribunale di Roma dove saranno smontati i teoremi infondati di Greenpeace e ReCommon sulle fantasiose responsabilità per danni attribuibili ad Eni relativi ai temi del cambiamento climatico, in un contesto rigoroso e rispettoso della legge e non a fronte degli slogan strumentali, infondati e spesso mendaci delle due associazioni”.

    Da oggi in poi, ricordano ora le associazioni, “l’importantissimo verdetto avrà impatto su tutte le cause climatiche in corso o future in Italia, rafforzando la protezione dei diritti umani legati alla crisi climatica, già riconosciuti dalla Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU). Non solo potrà essere decisa nel merito la causa contro Eni, Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP) e ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), avviata davanti al Tribunale di Roma perché sia imposto alla società di rispettare l’Accordo di Parigi, ma la decisione indica la strada per tutte le future azioni giudiziarie nel nostro Paese”.

    Diritti e ambiente

    Non solo Greenpeace: aumentano le SLAPP, le cause contro gli ambientalisti

    20 Marzo 2025

    In tutta Europa, dall’Olanda alla Germania, dalla Francia al Portogallo, sono ormai oltre 200 le “climate litigation” aperte per denunciare inazione o responsabilità contro chi contribuisce ad alimentare il riscaldamento globale: finora in Italia però, con la situazione “in stallo” de “La Giusta Causa”, sono stati pochissimi i tentativi di cause di questo genere. Adesso però, aggiunge Greenpeace, “le Sezioni Unite chiariscono che i giudici italiani sono competenti anche in relazione alle emissioni climalteranti emesse dalle società di Eni presenti in Stati esteri, sia perché i danni sono stati provocati in Italia, sia perché le decisioni strategiche sono state assunte dalla società capogruppo che ha sede in Italia. Ora grazie alla presente azione e alla decisione della Suprema Corte a Sezioni Unite l’Italia si allinea agli altri paesi più evoluti in cui il clima e i diritti umani trovano una tutela giurisdizionale”. Il prossimo passo è dunque l’attesa, da parte delle associazioni, che “il giudice ordinario a cui spetta tornare a decidere su ‘La Giusta Causa’ superi ogni altra eccezione preliminare ed entri finalmente nel merito, come già avvenuto nei tribunali dei più importanti Paesi europei”. LEGGI TUTTO

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    Lettera di una mamma a Valditara: “La Maturità è una farsa, il voto è già deciso prima dell’esame”

    Caro ministro Valditara sono la mamma di una studentessa di un liceo scientifico di Roma, ormai da giorni leggo proteste di studenti che per esprimere dubbi sull’efficacia dell’attuale modello di valutazione hanno deciso di presentarsi all’orale ma di non affrontare il colloquio finale forti anche del loro 60 e oltre già raggiunto con la somma […] LEGGI TUTTO

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    La crisi del clima fa impennare i prezzi del cibo: verdure, olio e riso fino al 70% in più

    Nel 2024 le ondate di caldo estremo nell’Asia orientale hanno contribuito all’aumento del 70% del costo del cavolo in Corea del Sud e del 48% del riso in Giappone ma sono alla base anche del +30% del costo delle verdure in Cina tra giugno e agosto 2024. Cina , Corea del Sud e Giappone sono tra i tanti Paesi ad aver vissuto l’anno più caldo mai registrato nel 2024.

    L’indagine

    Cresce lo spreco alimentare. I surgelati possono essere un rimedio?

    di Paolo Travisi

    14 Luglio 2025

    Negli Stati Uniti una siccità “senza precedenti” verificatasi in California e Arizona nel corso del 2022 ha contribuito a un aumento dell’80% dei prezzi della verdura tra novembre 2021 e novembre 2022. E ancora: la siccità nell’Europa meridionale nel 2022-23 ha causato un aumento del 50% del prezzo dell’olio d’oliva in tutta l’Ue da gennaio 2023 a gennaio 2024. La Spagna è il maggiore produttore mondiale di olio d’oliva, seguita dall’Italia: entrambi i Paesi sono stati gravemente colpiti da una crisi idrica.

    Questi alcuni dei risultati di uno studio dell’impatto del cambiamento climatico e degli eventi estremi sui prezzi di alcune delle principali materie prime agroalimentari. Il dossier, pubblicato su Environmental Research Letters, analizza 16 esempi di aumenti dei prezzi dei prodotti alimentari in tutto il mondo a seguito di periodi di caldo estremo, siccità o piogge nel periodo 2022-2024.

    Alimentazione

    Il riscaldamento globale modifica i valori nutrizionali dei cibi: lo dimostrano rucola e spinaci

    di Anna Lisa Bonfranceschi

    08 Luglio 2025

    Tra queste commodities c’è ovviamente il cacao, il cui prezzo è salito alle stelle a livello globale negli ultimi due anni. Ciò è dovuto a una serie di fattori, afferma lo studio, tra cui le condizioni meteorologiche estreme in Ghana e Costa d’Avorio, dove viene coltivato oltre il 60% del cacao mondiale. Molte parti dei due paesi dell’Africa occidentale hanno sperimentato temperature “senza precedenti” fino a 50 °C nel febbraio 2024 e dopo la prolungata siccità del 2023. Ma anche le patate del Regno Unito sono diventate notevolmente più costose dopo gli eventi meteorologici degli ultimi anni.

    Il team di ricerca ha selezionato casi di studio in cui gli effetti sono così evidenti che non è necessaria un’analisi statistica quantitativa sostanziale per vederli. Chi è sul campo può vedere che questo è ciò che sta accadendo” ha spiegato a Carbon Brief Maximilian Kotz, ricercatore post-doc al Barcelona Supercomputing Center e autore principale del nuovo studio. Gli autori dello studio sottolineano che, sebbene El Niño del 2023-24 “abbia probabilmente svolto un ruolo nell’amplificazione di alcuni di questi eventi estremi”, l’aumento dell’intensità e della frequenza degli eventi è “in linea con gli effetti previsti e osservati del cambiamento climatico”.

    Il nuovo studio esamina anche l’aumento dei prezzi del caffè dopo il caldo estremo in Vietnam nel 2024 e la siccità in Brasile nel 2023. Kotz ha affermato che gli esempi più notevoli di aumento dei prezzi hanno riguardato materie prime come il cacao e il caffè, disponibili a livello globale ma prodotti in aree concentrate, il che apre la “possibilità di una maggiore volatilità” in caso di eventi meteorologici estremi.

    Crisi del clima

    La siccità miete vittime e alimenta ingiustizie sociali: l’allarme dell’Onu

    di Anna Lisa Bonfranceschi

    02 Luglio 2025

    Uno studio del 2024 condotto dallo stesso Kotz e dai ricercatori della Bce (Banca centrale europea) ha rilevato che le alte temperature hanno aumentato l’inflazione alimentare “in modo persistente” – per 12 mesi – dopo gli eventi estremi sia nei Paesi ad alto che in quelli a basso reddito. Il nuovo studio è dunque un “proseguimento” di questa ricerca, poiché esamina alcuni degli altri fattori che influenzano i prezzi dei prodotti alimentari, come gli elevati costi di trasporto in Etiopia, nonché l’aumento dei costi di produzione e l’elevata domanda turistica che contribuiscono all’impennata dei prezzi del riso in Giappone.

    Agricoltura

    Crisi climatica e allevamenti intensivi: 15 milioni di animali morti in sei anni per eventi estremi

    di Pasquale Raicaldo

    25 Giugno 2025

    Questi risultati sono un “duro promemoria del fatto che il cambiamento climatico sta già esercitando una pressione significativa sulla produzione agricola a livello globale”, ha sottolineato Jasper Verschuur, professore associato di Ingegneria e sicurezza climatica alla Delft University of Technology nei Paesi Bassi.

    “Questo studio sottolinea inoltre che gli impatti degli shock sul settore agricolo possono avere ripercussioni intersettoriali, ad esempio sulla salute, sulla stabilità politica e sulla politica monetaria, che raramente vengono rilevate negli studi di modellizzazione. Sebbene la comprensione degli impatti locali degli eventi meteorologici estremi sulle rese e sui prezzi dei raccolti sia migliorata, gli impatti più ampi e i doppi effetti degli shock climatici e non climatici non sono ancora ben compresi”.

    Nello studio i ricercatori analizzano alcuni dei “rischi sociali a catena” derivanti dall’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, come la crescente disuguaglianza economica, la malnutrizione e l’aumento generale dell’inflazione. Non per nulla anche la Food Foundation, un ente di beneficenza del Regno Unito coinvolto nello studio, sottolinea che “gli shock dei prezzi sempre più frequenti dovuti al cambiamento climatico potrebbero aggravare ulteriormente l’insicurezza alimentare e le disuguaglianze sanitarie”. LEGGI TUTTO