C’era una volta l’Amazzonia. Con alte probabilità, a meno di una inversione di rotta netta, questo in appena quindici anni potrebbe essere il titolo non di una favola, ma di un libro di storia. L’Amazzonia, grande polmone verde del mondo, continua a stare male: soffre per gli effetti della deforestazione, degli incendi e della perdita di biodiversità ed arranca davanti alla crisi climatica mentre si sta pian piano trasformando da foresta pluviale a savana.
L’ennesimo grido d’allarme lo ha lanciato nelle ultime ore il WWF con una campagna chiamata SOS Amazzonia e la diffusione di un report che svela come fra appena 15 anni le condizioni della gigantesca area forestale sudamericana potrebbero essere irreversibili. “I dati indicano come purtroppo dal 1970 le pressioni causate dall’uomo su questo importante ecosistema siano aumentate esponenzialmente. Ad oggi ben il 17% della foresta amazzonica è stato perso. Nonostante i tassi di deforestazione si siano stabilizzati, si sta approcciando un pericoloso tipping point (ovvero a un punto di non ritorno) che ne comprometterebbe definitivamente la resilienza” fanno sapere dal WWF specificando che “se un ulteriore 5% di foresta amazzonica venisse distrutta, la foresta amazzonica perderebbe definitivamente la sua resistenza e resilienza venendo sostituita da un’arida savana”.
Natura
Le foreste assorbono quasi un terzo delle emissioni di CO2
a cura della redazione di Green&Blue
21 Marzo 2025
Lo scenario indicato dal WWF è talmente plausibile che quest’anno, anche nel tentativo di portare gli occhi del mondo proprio sulla salute della grande foresta, la Conferenza mondiale delle parti sul Clima, la COP30, si terrà proprio in Brasile a Belém, nel cuore dell’Amazzonia. L’idea del governo Lula, che secondo i dati attuali ha in parte fermato i tassi di deforestazione, è anche quella di mostrare ai leader del Pianeta cosa rischiamo di perdere senza una efficace protezione dell’Amazzonia. Eppure, nonostante annunci e proclami sulla sua difesa, l’Amazzonia oggi continua ad essere sotto forte pressione: la deforestazione per favorire il mercato della soia e dell’agricoltura intensiva, gli incendi, l’impatto del comparto minerario così come gli effetti del riscaldamento globale innescato dalle emissioni umane, continuano a mantenere la “febbre” alta. LEGGI TUTTO