Aprile 2025

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    Come costruire un orto verticale in casa

    L’orto verticale è una soluzione innovativa grazie alla quale dare via libera al nostro pollice verde anche in assenza di grandi spazi in casa. Realizzare un’oasi di natura nella propria abitazione significa non solo avere sempre a portata di mano ortaggi freschi, ma anche arricchire gli spazi con un elemento d’arredo speciale e ritagliarsi un luogo dove ritrovare il contatto con la natura. Con pochi passaggi e semplici accorgimenti è possibile creare un orto verticale, avvolgendo così la propria casa nel verde.
    Orto verticale: che cos’è e i suoi vantaggi
    Se si è appassionati di giardinaggio, ma si vive in città e non si possiede un terreno, l’orto verticale rappresenta un’opzione perfetta, affermatasi tra le tendenze degli ultimi anni. Alternativa innovativa al tradizionale orto orizzontale, è sostenuta da strutture verticali che si sviluppano su diversi livelli, rimediando all’assenza di spazio, portando a risultati soddisfacenti.

    Questa nuova frontiera del green nelle aree urbane consente di ottimizzare gli spazi domestici, come balconi, terrazzi, tetti, cortili, cancelli e perfino ambienti interni, destinandoli alla coltivazione di piante e ortaggi, portando così in tavola frutta e verdura a km zero. Questo ci permette di attuare un approccio sostenibile, con cui contenere l’uso di terra e acqua e ridurre la filiera alimentare e le emissioni generate, autoproducendo il cibo localmente.

    Tra i vantaggi dell’orto verticale rientrano anche le sue capacità di garantire isolamento a livello acustico e termico all’abitazione, riducendo di conseguenza i consumi. Inoltre, questa soluzione funge da repellente contro gli insetti, purifica l’aria, contiene il tasso di umidità in casa e arreda gli ambienti, rappresentando un elemento d’impatto che può essere arricchito con fioriere, vasi, contenitori e composizioni decorative.

    Come realizzare un orto verticale
    Creare un eden domestico all’interno di spazi contenuti è semplice affidandosi all’orto verticale. Questa soluzione può essere ospitata anche in ambienti angusti, come un piccolo balcone oppure una parete ristretta: basta posizionare i vasi in verticale su diversi piani, potendo così racchiudere nel nostro orto diverse coltivazioni, più di quante ne potremmo collocare se fossero sistemate per terra.

    La realizzazione dell’orto verticale richiede una serie di step specifici: in primis è necessario stabilire dove ricavare questo angolo verde, optando per esempio per una parete del balcone o del terrazzo e perfino della cucina, assicurandosi che sia presente una buona illuminazione. Nel caso così non fosse, per far crescere le piante in modo ottimale, si può valutare di ricorrere a delle luci LED.

    Una volta individuato il luogo che ospiterà l’orto verticale è necessario prendere le misure dello spazio scelto e individuare la struttura più adatta per l’area, accertandosi che non sussistano rischi di caduta. Nel caso si collochi l’orto verticale sul balcone, questo deve essere fissato al muro per assicurare la sua massima stabilità.

    Guardando alle strutture da usare per creare l’orto verticale, tra la rosa delle possibilità rientrano per esempio i bancali, che possono fungere da vasi, collocando direttamente tra le loro incanalature la terra dove seminare le coltivazioni. Una valida alternativa sono le bottiglie di plastica usate da trasformare in vasi da appendere in file verticali alla parete scelta. Creando dei fori sulle bottiglie è possibile far scorrere nei livelli inferiori l’acqua che bagna le piante poste più in alto.

    Altre possibilità per creare l’orto verticale sono le mensole e gli scaffali in plastica, ferro o legno, potendo impiegarne di vecchi oppure di nuovi, prediligendo modelli con ripiani traforati, che permettano all’acqua di scorrere verso il basso. Al loro interno si collocano i vasi con gli ortaggi, sistemati in modo che abbiano una buona esposizione solare, munendosi di sottovasi e un telo di plastica trasparente per proteggere le coltivazioni da pioggia e vento.

    Per dare vita a un orto verticale si possono anche usare delle vecchie grondaie, da attaccare al muro, o dei tubi di plastica tagliati in cui inserire il terriccio e coltivare le piante. Anche materiali casalinghi, come barattoli, pentole, tazze e teiere, possono accogliere le colture, posizionadoli su ripiani oppure mensole poste in verticale, creando così il proprio angolo di natura. Inoltre, per realizzare l’orto verticale si può ricorrere a strutture ad hoc già predisposte acquistabili in negozi specializzati.

    Predisporre un orto verticale: consigli utili
    A prescindere dalla soluzione scelta, è consigliato rivestirla sempre con dei teli di polietilene, allo scopo di proteggere i muri da acqua e umidità eccessive, scongiurando l’insorgere di eventuali danni. La realizzazione di un orto verticale richiede l’uso di una serie di attrezzi da giardinaggio come ad esempio annaffiatoio oppure irroratore manuale, rastrello e paletta in ferro, forbici ed estirpatore. Inoltre, sono necessari vasi di varie dimensioni, da scegliere in base al tipo di coltura che si seminerà al loro interno, tenendo conto di quanto spazio richiedono le radici per crescere in modo rigoglioso: i contenitori devono essere sempre forati per evitare i ristagni d’acqua.

    Una volta preparato l’orto si posizionano al suo interno le piante, sistemando le più grandi in basso e le più leggere in alto, per non sovraccaricare troppo la struttura e non renderla instabile.

    Cosa piantare nell’orto verticale
    Esempio virtuoso di agricoltura biologica domestica, l’orto verticale può ospitare innumerevoli colture, in particolare quelle rampicanti che per la loro natura si sviluppano facilmente in altezza. In generale, nelle parti più basse dell’orto andrebbero sistemati ortaggi che necessitano di più spazio, come ad esempio pomodori, zucche, zucchine, cetrioli, fagiolini e meloni. Nei moduli a metà altezza si possono posizionare quelle coltivazioni a cui basta la mezz’ombra, tra cui spinaci e bieta, mentre nei vasi in alto gli ortaggi a bulbo, che hanno bisogno di un maggior quantitativo di luce. Se nell’orto verticale si possono coltivare diverse varietà di insalate e piante aromatiche, si adattano invece meno gli ortaggi perenni, tenendo conto che richiedono una manutenzione maggiore. LEGGI TUTTO

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    L’assottigliamento della calotta artica mette a rischio il sistema climatico del Pianeta

    La possibilità che la Atlantic Meridional Overturning Circulation (AMOC) subisca drastici cambiamenti nel prossimo futuro è un argomento caldo fra gli scienziati che si occupano di studiare il clima. La AMOC è il principale sistema di correnti dell’Oceano Atlantico ed è anche un importante componente del sistema climatico terrestre, dato che contribuisce a distribuire il […] LEGGI TUTTO

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    Cercasi eco-keeper, il mestiere che potrebbe davvero cambiare il mondo in meglio

    Immaginate una città dove ogni cittadino diventa consapevole del proprio impatto sull’ambiente e si impegna attivamente per il benessere collettivo: lo racconta Silvia Amadio, 64 anni, nel suo libro Eco-keeper. Una nuova figura professionale nell’ambito dell’etica ecologica” (Edizioni Efesto). Ma attenzione, perché – come spiega l’autrice – la “città ideale” non è un’utopia e la figura professionale dell’eco-keeper è importante per affrontare la crisi climatica e introdurre nelle nostre vite il paradigma dell’ecologia integrale.

    “Questo mio studio – spiega Amadio – è nato nel 2016, dopo l’uscita dell’Enciclica di Papa Francesco Laudato si’ che affronta il complesso prisma che è la nostra vita: ogni faccia ha la sua importanza, nessuna esclusa. L’integralità necessaria è quella che contempla, che rispetta, che considera e che valuta allo stesso modo ogni creatura del creato. Purtroppo, la classica visione dell’essere umano ‘dominatore della terra’ ha alterato la reale comprensione della realtà ma, ad oggi, abbiamo dimostrazione che molti paesi stanno attuando politiche urbane tese alla realizzazione di città ideali. Nel libro faccio, infatti, un piccolo elenco di città virtuose che stanno rispondendo alla sfida del Future Fit, chiaramente le iniziative sono molteplici ed ogni città tenta di mettere in pratica quei concetti una volta considerati utopie, ma che oggi fanno parte dei diversi programmi mondiali legati all’ecosostenibilità. Il dato sconfortante è che queste città sono ancora troppo poche rispetto all’urgenza di cambiamento e di transizione richiesta a livello globale. L’ecologia integrale è sinonimo di cooperazione, di coinvolgimento totale, di responsabilità diffusa. Chiaramente bisognerà riordinare l’importanza dei principi sociali, solo in ultimo penserei alla dimensione economica, mettendo invece al primo posto la dimensione dei valori della sostenibilità a tutto tondo, iniziando dal rispetto delle persone (fragili, anziani, relazioni interculturali, immigrazione, accoglienza), per passare al rispetto della natura in generale (inquinamento aria, mari, acqua, produzione dei rifiuti) arrivando al rispetto del territorio (la città in cui viviamo, rispetto dei luoghi pubblici, del verde, della gestione dei consumi, dei rifiuti)”. LEGGI TUTTO

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    I mozziconi di sigaretta diventano imbottiture per piumini e cuscini

    I mozziconi di sigaretta sono una delle forme più diffuse di inquinamento ambientale. Difficile quantificare la quantità reale di rifiuti. In Italia si stima siano circa 72 miliardi ogni anno. Li troviamo dappertutto, nei luoghi più impensati. In spiaggia, nei boschi, persino in alta montagna, nel mare. I filtri delle sigarette, composti da una plastica che si chiama acetato di cellulosa, possono impiegare fino a 10-15 anni per degradarsi. Senza contare la quantità di sostanze tossiche che contengono, che oltre a rappresentare un alto fattore di rischio di cancro per i fumatori, se ingeriti possono causare problemi, anche gravi agli animali terrestri. E marini, perché lo sappiamo, li troviamo in abbondanza anche nelle acque dei nostri mari. Ecologica e socialmente (molto) utile, l’idea che ha spinto tre giovani, classe 1998, con studi di ingegneria alle spalle della provincia modenese, Castelfranco Emilia, a fondare una startup, in cui il mozzicone di sigaretta diventa una risorsa. Si chiama Human Maple, dove il termine inglese sta per acero, l’albero che ha ispirato questo progetto che ha l’obiettivo di migliorare il Pianeta, con un gesto solo all’apparenza piccolo, ma dal significato enorme.

    L’acero riccio, infatti, è l’albero che “assorbe il maggior quantitativo di CO2 dall’atmosfera”, scrivono sul sito di Human Maple, per spiegare che stavolta sono gli umani, che proprio come gli aceri, risanano l’ambiente con le loro azioni. Ma tornando al mozzicone. La startup valorizza il rifiuto trasformandolo in materiale per imbottire piumini, cuscini, peluche ed altri oggetti che oggi sono derivati del petrolio. Per l’operazione di riciclo però, serve prima raccogliere i mozziconi. Ed ecco che a Bologna, per esempio lo scorso anno è stato installato un posacenere in strada per recuperare i mozziconi. Ma siamo solo all’inizio del percorso. Con un’apposita campagna, #Riciccami, sempre nei mesi scorsi, i locali che hanno aderito, hanno ricevuto da Human Maple dei posaceneri per aiutarli nella raccolta di sigarette, anche elettroniche. L’operazione ha avuto un buon successo, tanto che sono diversi gli esercizi commerciali, da nord a sud del paese, che hanno accettato di buon grado di farne parte.

    Inquinamento

    Plastica, mozziconi e cotton fioc: sulle spiagge 892 rifiuti ogni 100 metri

    a cura della redazione di Green&Blue

    02 Aprile 2025

    A Modena, invece, lo scorso gennaio sono stati installati in diverse piazze della città, posacenere-sondaggio, che invitavano l’utente a gettare in modo corretto le “cicche”, attraverso l’utilizzo di un sondaggio che incentivava a non gettare rifiuti in strada e ad essere più consapevoli dell’utilità delle buone pratiche di economia circolare. Ed i numeri hanno sostenuto la scelta dei giovani volenterosi di Castelfranco Emilia, che a fine agosto sui social hanno annunciato di aver raccolto “1.586.970 mozziconi di sigaretta, corrispondenti a oltre 523,7 kg di rifiuti sottratti all’ambiente e pronti per essere riciclati”. Ma come funziona il processo di riciclo? Una volta raccolta i mozziconi, sono identificati con il codice CER 200139, quindi come rifiuto solido urbano di natura plastica, dopodiché ha inizio la prima fase di essiccazione dei mozziconi, visto che spesso sono bagnati. Successivamente, tabacco e cenere sono separati dal filtro di sigaretta e utilizzati come compost, quindi sono conferiti nell’organico. Poi avviene la triturazione, in cui la parte bianca del filtro, di natura plastica, è a sua volta separata dalla cartina. Quel che resta è un agglomerato di acetato di cellulosa, che ancora contiene le sostanze inquinanti e nocive, come nicotina, benzene, particolato, metalli pesanti, per cui servono altri lavaggi sistematici con un solvente organico. Alla fine di questo procedimento, il materiale è essiccato e destinato agli utilizzi nell’imbottitura di: giacche, pupazzi, portachiavi, pannelli termoisolanti usati nell’edilizia. Ma l’obiettivo è quello di usarlo anche nella filiera dell’abbigliamento e della moda sostenibile.

    Ma non è ancora finito il lavoro dei Maple boys. Infatti, tra le altre attività dell’azienda c’è un servizio di educazione ambientale, rivolto proprio ai giovanissimi: i bambini, che se resi consapevoli diventeranno adulti responsabili. La scorsa estate, Human Maple ha organizzato una giornata di educazione nei mesi di giugno, luglio e agosto in quattro centri sportivi in provincia di Modena e Bologna, in cui ai bambini – giocando – è stato insegnato come riconoscere il mozzicone di sigaretta e gettarlo nel modo corretto. Ed ovviamente, parte del gioco, è stato riempire sacchi di immondizia e intere bottiglie di plastica con un numero (purtroppo) considerevole di cicche di sigaretta. LEGGI TUTTO

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    Dall’A alla Z, il vocabolario della casa green

    Nel nostro Paese, il presente dell’edilizia è color grigio cemento. Con tante, troppe case vetuste. Secondo un recente report dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), infatti, oltre il 60% dei 12 milioni di abitazioni sul territorio è stato progettato prima degli anni Settanta. Un dato confermato dall’Istat, il quale precisa che un quarto delle residenze è stato costruito prima del 1946 e, di queste, 1,8 milioni sono state edificate addirittura prima del 1919. Tutti edifici inefficienti dal punto di vista energetico, che, in ottemperanza alle normative dell’Unione europea, dovranno essere ammodernati, in modo da azzerare, o almeno ridurre, le emissioni nocive. All’orizzonte c’è, dunque, la casa green, nell’ottica di un’edilizia sempre più verde. Ecco un piccolo glossario dei termini e delle sigle del settore, stilato con il supporto di Altroconsumo.
    A – Ape
    Acronimo di Attestato di prestazione energetica (noto anche come Certificato energetico), è un documento che certifica la classe energetica di un edificio. Compilato e rilasciato da un tecnico abilitato dopo un sopralluogo, va obbligatoriamente fornito all’acquirente in caso di compravendita immobiliare o all’affittuario per le locazioni di intere strutture.
    Audit energetico
    Si tratta di un’indagine energetica qualitativa e quantitativa dettagliata, effettuata allo scopo di valutare e ottimizzare i consumi di energia di un edificio.
    Autoconsumo collettivo
    È un modello innovativo in cui un gruppo di persone (per esempio, un condominio) condivide e utilizza l’energia prodotta da fonti rinnovabili, come un impianto fotovoltaico. Un’opportunità che consente di ottenere molti benefici, sia economici sia ambientali.
    B – Bioarchitettura
    Disciplina che progetta edifici compatibili con il contesto circostante, che hanno un impatto ambientale ridotto al minimo. Nello specifico, riduce le emissioni inquinanti, impiega preferibilmente materiali ecosostenibili, promuove il recupero e il riciclo degli scarti, presta attenzione alla salute e alla qualità di vita degli abitanti.
    C – Carbon tax
    Si tratta di un’imposta applicata alle industrie e ai trasporti che provocano emissioni di gas a effetto serra, in particolare di anidride carbonica, con l’obiettivo di promuovere la transizione verso tecnologie più sostenibili.
    Classe energetica
    Identifica il livello di prestazioni energetiche degli edifici, suddividendoli in dieci classi, ciascuna identificata in base a una lettera dell’alfabeto: si va dalla più efficiente (A4) alla meno efficiente (G). In Italia ottenere la classe energetica è obbligatorio per tutti gli edifici di nuova costruzione o da ristrutturare, per comprare o vendere casa, per accedere agli incentivi fiscali e per i nuovi contratti d’affitto.
    D – Domotica
    Disciplina che consente di gestire e regolare gli impianti e gli apparecchi domestici da remoto, attraverso smartphone, pc o tablet. Ciò riduce l’impatto ambientale, abbattendo i consumi energetici ed evitando gli sprechi. Inoltre, garantisce anche una maggiore sicurezza.
    E – Ecobonus
    Agevolazione fiscale destinata agli interventi che migliorano l’efficienza energetica di un edificio.
    Efficientamento energetico
    L’insieme degli interventi, come nuovi infissi, cappotto termico, coibentazione del tetto, destinati a ottimizzare l’uso delle risorse energetiche, a limitare gli sprechi, a ridurre i consumi e l’impatto ambientale.
    L – Led
    L’acronimo sta per Light emitting diod, diodo a emissione luminosa, ovvero un componente elettronico che trasforma l’energia elettrica in luce. Le lampadine che si avvalgono di questo sistema possono offrire un risparmio energetico fino all’80% e una durata media fino a dieci volte superiore rispetto alle tradizionali lampadine a incandescenza o alogene.
    N – New European Bauhaus
    Iniziativa dell’Unione europea che, ispirandosi al movimento Bauhaus nato in Germania negli anni Venti, punta a collegare sostenibilità, innovazione, design per promuovere un nuovo modello di sviluppo urbano e architettonico.
    P – Prosumer
    Termine coniato nel 1980 dal sociologo statunitense Alvin Toffler, che fonde le parole inglesi producer e consumer per indicare un soggetto che agisce sia come produttore sia come consumatore di energia. I prosumer possono utilizzare l’energia autoprodotta per soddisfare le proprie esigenze e vendere alla rete elettrica quella che avanzano, diventando così fornitori per altri consumatori.

    S – Sistema informativo sugli attestati di prestazione energetica (Siape)
    Strumento per la raccolta degli Ape degli edifici e delle unità immobiliari. Istituito nel 2019 e gestito da Enea, consente di avere un aggiornamento in tempo reale della riqualificazione energetica di tutte le strutture edilizie sul territorio nazionale.

    Smart grid
    Rete elettrica intelligente che, grazie alle tecnologie digitali, è in grado di raccogliere dati in tempo reale per ottimizzare la distribuzione dell’energia, minimizzando i sovraccarichi e le variazioni della tensione elettrica. Il sistema è vantaggioso anche per il consumatore, perché gli permette di gestire autonomamente l’erogazione dell’elettricità, utilizzando gli apparecchi elettrici nelle ore in cui il prezzo dell’energia è più conveniente e limitandone l’uso quando è più elevato.

    Solar-ready
    L’espressione si riferisce agli edifici idonei a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti. Secondo la direttiva europea numero 1275 del 24 aprile 2024, nota come Case green, tutti i nuovi immobili dovranno garantire questa possibilità, per facilitare la diffusione delle energie rinnovabili.

    Smart readiness indicator
    Strumento condiviso dai Paesi europei che consente di valutare la predisposizione degli edifici a diventare “intelligenti”, favorendo la transizione energetica e digitale.

    T – Transizione energetica
    Passaggio da un sistema energetico basato su fonti inquinanti, tra cui carbone, petrolio, gas naturale, a uno incentrato su fonti più sostenibili e a basse emissioni di carbonio, come le energie rinnovabili (solare, eolica, idroelettrica, geotermica).
    W – Wall box
    Apparecchio installato nel garage che consente di ricaricare la batteria dell’auto elettrica senza ricorrere a una colonnina esterna, trasformando una comune presa di corrente in un punto di ricarica.

    Z – Zero emission buildings (Zemb)
    Nuovi edifici a zero emissioni, che soddisfano il loro fabbisogno energetico attraverso fonti rinnovabili, che non producono gas a effetto serra. LEGGI TUTTO

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    “I dazi non cambieranno le strategie delle aziende che sono andate sulla strada della transizione”

    “I dazi creano soprattutto incertezza: vediamo cosa sta succedendo alle Borse in queste ore. Ma le imprese che sono andate nella direzione della transizione energetica certo non torneranno indietro, perché hanno scoperto che conviene. E le aziende che stanno facendo economia circolare, grazie alla quale abbattono i costi di produzione, non faranno dietrofront solo perché quale uno dice che quel modello non è più attuale. Forse i dazi ci aiuteranno a liberarci di un po’ di greenwashig”. Enrico Giovannini, economista e direttore scientifico dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, non crede che la politica di tariffe doganali voluta da Trump sia il colpo di grazia per le politiche climatiche.

    Professore, c’è però chi da per scontato uno stop alle rinnovabili negli Usa, visti i costi proibitivi che avranno le tecnologie green importate dalla Cina. E da noi?
    “Nei giorni scorsi, JP Morgan, la più grande banca d’affari Usa, ha detto: prepariamoci a un mondo con +3 gradi centigradi. Vuol dire alzare bandiera bianca sulla transizione ecologica. E però quello che ho visto in Cina la settimana scorsa va in una direzione diametralmente opposta: sono convinti di poter anticipare la carbon neutrality al 2045, ben prima del 2060, che era il traguardo che si erano dati. Quindi due approcci completamente diversi”.

    E i dazi di Trump cosa aggiungono?
    “Le guerre commerciali producono appunto incertezza. E quando c’è incertezza le imprese rinviano gli investimenti, perché ci si attende una recessione, perché bisogna concentrarsi sullo spostamento delle esportazioni verso altri mercati”.

    Le conseguenze per l’Italia?
    “I dazi Usa arrivano dopo due anni di calo della produzione industriale e con le imprese abbastanza depresse: purtroppo una stessa misura può avere conseguenze diverse a seconda della ‘psicologia’ del Paese colpito. Mi aspetto quindi un rallentamento di certi investimenti. A meno che non ci siano politiche che sostengano la transizione, proprio perché i dati dimostrano che essa aumenta la competitività e riduce i costi”.

    Investire sulle rinnovabili ci affrancherebbe oltre che dal gas di Putin anche da quello di Trump… E’ questo il concetto?
    “Certo, e vale per tutta l’Europa. La Cina sta investendo fortemente sulle transizione anche per arrivare all’autonomia energetica. Cina ed Europa sono le due grandi aree economiche del Pianeta a dipendere da fonti energetiche altrui. Vista l’instabilità mondiale, essere autonomi è un importante fattore di stabilizzazione”.

    Ma riportare, come vuole fare Trump, la manifattura negli Usa, non è una politica più sostenibile piuttosto che far viaggiare le merci prodotte all’altro capo del mondo?
    “Ovviamente sì. Il problema è lo strumento scelto da Trump. Il suo predecessore Biden aveva ideato incentivi e sgravi fiscali per indurre anche aziende straniere a spostare la loro produzione negli Usa”.

    I politici contemporanei sono spesso accusati di scarsa lungimiranza e di adottare misure che abbiano effetti positivi immediati. Trump, a torto o ragione, sembra stia adottando una politica di lungo termine: una possibile recessione oggi in cambio di una età dell’oro domani. E’ un cambio di paradigma?
    “Trump vuole passare alla storia. E non ha bisogno di essere rieletto. Inoltre dietro di lui c’è un entourage che vuol far sì che questa svolta duri nel tempo. Se dopo questa Amministrazione ci fossero due mandati dell’attuale vicepresidente J.D.Vance saremmo di fronte a un impatto straordinario. Non credo che si possa ragionare solo sul personaggio Trump, occorre concentrarsi su tutto il movimento politico che questa persona incarna. In ogni caso, se gli Usa oggi ragionano sul lungo termine e se la Cina lo fa da molto tempo, non sarà che anche l’Europa dovrebbe farlo?” LEGGI TUTTO

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    Dalle vecchie scarpe dei dipendenti ecopavimenti per bambini: il progetto di Poste Italiane

    Le calzature antinfortunistiche utilizzate dai portalettere diventano piastrelle antitrauma per le aree giochi dedicate ai bambini. Si chiama “Scarpa vecchia fa buon gioco” il progetto di Poste Italiane che restituisce nuova vita a materiali altrimenti destinate a finire nei rifiuti.
    Data l’enorme mole di scarpe dismesse ogni anno dai portalettere, perché rotte, sformate o inutilizzabili, sei dipendenti si sono chiesti in che modo avrebbero potuto smaltirle nel rispetto dell’ambiente. Da questo problema, ma soprattutto dal desiderio di trovare una soluzione innovativa e definitiva, nel 2023 è nata l’iniziativa.

    “I vincitori del contest – spiega Antonio De Grandis di Poste Italiane – hanno pensato di dare una seconda vita green a decine di migliaia di calzature dei portalettere, periodicamente sostituite dall’azienda a causa dell’usura. Il progetto, nato in un percorso creativo bottom-up, ha modificato il processo di smaltimento delle scarpe da lavoro”. È stato calcolato che per 5.500 chilogrammi di calzature saranno realizzati 50 metri quadri di pavimentazione. Le prime piastrelle sono state installate negli asili di Roma e Bologna. LEGGI TUTTO

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    Lavori green, le mille facce di Fill Pill: ridere con la crisi del clima

    Divulgatore coatto della sostenibilità, come lui stesso si definisce, ma anche musicista, comico, creator e una missione nel cuore: la tutela dell’ambiente. Filippo Piluso, 29 anni, in arte Fill Pill, non ha il profilo esatto del “professionista green”, ma forse lo è più di molti altri. Nei suoi stand up, dove affronta anche il tema […] LEGGI TUTTO