24 Aprile 2025

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    Scoperte piante con le foglie di plastica

    Sembra la trama di un futuro distopico ma purtroppo è realtà: piante con foglie di plastica, non quelle finte che compriamo per arredare le nostre case, ma direttamente degli alberi che troviamo in natura. Sappiamo bene che dalle profondità della Fossa delle Marianne sino alle nuvole sopra il monte Fuji, le microplastiche prodotte dalle attività antropiche sono ormai ovunque, con conseguenze difficili da comprendere. E sappiamo anche che tramite più processi ormai sono dentro di noi: si trovano in qualunque organo, dal cervello fino ai polmoni, e i danni potenziali che questi polimeri potrebbero arrecare nel tempo alla nostra salute sono oggetto di studio e ricerca in tutto il mondo.

    Inquinamento

    Se aumentano le temperature le piante assorbono più nanoplastiche

    di redazione Green&Blue

    10 Febbraio 2025

    Dalle radici alle foglie
    Ora però una nuova analisi pubblicata su Nature dai ricercatori cinesi dell’Università di Nankai racconta una scoperta sorprendente e per molti aspetti tragica: le foglie delle piante possono assorbire direttamente le microplastiche e integrarle. Lo hanno scoperto studiando la vegetazione di alcune aree intorno a fabbriche e zone industriali particolarmente inquinate. Finora si sapeva che una determinata quantità di assorbimento da parte delle piante poteva avvenire per esempio tramite le radici con una traslocazione ai germogli verso l’alto molto lenta. Ma in un contesto in cui le microplastiche derivate dalle nostre attività sono sempre più presenti in atmosfera i ricercatori asiatici volevano comprendere e trovare prove concrete dell’assorbimento diretto da parte delle piante nelle parti esposte, quelle esterne al suolo.

    Inquinamento

    Le microplastiche trasformano le nuvole e il clima

    di redazione Green&Blue

    12 Novembre 2024

    Le sostanze
    Grazie alle loro analisi che utilizzano la spettrometria di massa i ricercatori mostrano “la presenza diffusa di polimeri e oligomeri di polietilene tereftalato (Pet) e polistirene (Ps) nelle foglie delle piante e identificano che i loro livelli aumentano con le concentrazioni atmosferiche e la durata della crescita fogliare” scrivono nella ricerca. Si parla di microplastiche che si infiltrano nel tessuto fogliare e diventano parte delle foglie stesse, come in quelle trovate su alcune piante di mais ma in questo caso, specificano gli esperti, non c’è un processo di assorbimento dalle radici ma direttamente dall’atmosfera portando così a una “presenza diffusa di polimeri plastici nella vegetazione”.
    Particelle anche nella lattuga in Portogallo
    I test e le rilevazioni sono stati fatti sia in aree urbane che in siti agricoli e i ricercatori, dopo le analisi in laboratorio, confermano che l’assorbimento fogliare è una via significativa per l’accumulo di plastica nelle piante con traslocazione nel tessuto vascolare e ritenzione in strutture specializzate come i tricomi.
    Mentre precedenti studi avevano già dimostrato come i micro frammenti di plastica tendono a depositarsi sulle superfici vegetali, di recente nuove ricerche condotte in Australia avevano segnalato la presenza di particelle acriliche nelle foglie per esempio di una pianta come la Chirita sinensis, ma non erano riuscite a quantificare e collegare i risultati direttamente ai livelli atmosferici, così come indagini condotte in Portogallo avevano rilevato particelle nella lattuga coltivata in ambienti urbani.

    Inquinamento

    Sostanze tossiche nei parchi urbani? Ce lo dicono i ricci

    di Paolo Travisi

    17 Aprile 2025

    Sulle foglie di mais
    La nuova ricerca cinese però va oltre. Dopo i campionamenti effettuati a Tianjin, che comprendono aree come i siti di produzione di Dacron, un parco pubblico, una discarica e un campus universitario, mostra una chiaro assorbimento delle concentrazioni di microplastiche nelle foglie del mais. In particolare i livelli di plastica in quelli rilevati presso le fabbriche e le discariche erano di due ordini di grandezza superiori a quelle per esempio studiate nel campus. Gli scienziati scrivono anche che nei luoghi più inquinati “le concentrazioni di PET hanno raggiunto decine di migliaia di nanogrammi per grammo di peso fogliare secco”. Tra l’altro, fanno notare gli esperti, in generale le foglie più vecchie e le foglie esterne per esempio di alcune verdure hanno accumulato più plastica rispetto a quelle appena cresciute o a quelle più interne, fatto che suggerisce un possibile accumulo nel tempo.
    I rischi per la salute
    La dinamica descritta è quella che indica come le particelle di plastica aerodisperse siano entrate nelle foglie attraverso gli stomi e si siano poi spostate lungo le vie interne fino ai tessuti vascolari e ai tricomi: così sono “nate” praticamente le foglie di plastica. “I nostri risultati dimostrano che l’assorbimento e l’accumulo di microplastiche atmosferiche da parte delle foglie delle piante si verificano ampiamente nell’ambiente e questo non dovrebbe essere trascurato quando si valuta l’esposizione degli esseri umani e di altri organismi a microplastiche ambientali” concludono gli scienziati. LEGGI TUTTO

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    Oscar europeo del clima 2025: la svedese Tele2 l’azienda più green

    L’Oscar europeo del clima 2025 va alla Tele2 di Stoccolma. La società svedese specializzata in telecomunicazioni ha infatti accumulato il punteggio più alto nell’ultima edizione di Europe’s Climate Leaders, classifica delle aziende più green del Vecchio Continente redatta dal Financial Times in collaborazione con Statista. A dominare la parte alta della graduatoria sono soprattutto le imprese del Nordeuropa: Regno Unito, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Germania. Ma nei primi posti, su un elenco di centinaia di aziende, compaiono anche alcune italiane. C’è addirittura sul podio la Erg della famiglia Garrone. Ma il suo terzo posto sorprende fino a un certo punto: dal 2008 l’azienda ha disinvestito dal settore petrolifero (core business fin dalla fondazione nel 1938) per concentrarsi sulle energie rinnovabili. E oggi nell’eolico è tra i primi dieci operatori a livello europeo.

    L’intervista

    “La transizione energetica oggi è tecnicamente possibile ed economicamente vantaggiosa”

    di Paolo Travisi

    10 Aprile 2025

    Le aziende italiane
    Al 18esimo posto compare l’Enav, Ente nazionale per l’assistenza al volo. Come si legge nel suo bilancio 2024 “è riuscita a diminuire ancora la propria impronta carbonica arrivando ad un -87,4% di emissioni al 2019”. Poco più, in 21esima posizione, figura il Gruppo Irce, che “opera nel settore dei conduttori per avvolgimento e cavi elettrici”. Con base a Imola, ha quattro stabilimenti in Italia e cinque all’estero. Attento alle emissioni della propria filiera, il gruppo lo scorso anno ha inaugurato proprio Imola un impianto fotovoltaico da 60 megawatt per soddisfare parte dei suoi fabbisogni energetici. Più lontani dal vertice il gruppo Safilo (42esimo posto), Enel (67esimo), Maire (78esimo).

    Riduzione gas serra, trasparenza, collaborazione
    L’analisi del Financial Times si concentra principalmente sulle aziende che hanno ottenuto la maggiore riduzione, in un periodo di cinque anni (2018-23 per questa edizione), dell’intensità delle emissioni di gas serra di Scopo 1 e 2, quelle che provengono rispettivamente dalle attività operative dell’azienda e dall’energia che utilizza. Tra i criteri utilizzati per stilare la classifica c’è anche la trasparenza sulle emissioni di Scopo 3, quelle che derivano dalla catena di fornitura di un’azienda e che in genere costituiscono la maggior parte delle emissioni di carbonio aziendali. Vengono inoltre presi in considerazione i progressi delle aziende nella riduzione delle emissioni assolute e la loro collaborazione con enti di valutazione della sostenibilità.

    Europa

    La lotta alla crisi climatica ha bisogno dell’Unione europea

    di Jacopo Bencini*

    07 Aprile 2025

    Gap green tra Nord e del Sud Europa
    “La quinta edizione di Europe’s Climate Leaders”, spiegano dal quotidiano finanziario della City, “mira a evidenziare le aziende europee che stanno compiendo progressi nella riduzione delle emissioni di gas serra”. Ma non vuole essere una lista dei buoni e dei cattivi, anche nello scorrerla non si può fare a meno di notare il gap green tra le realtà produttive del Nord e del Sud Europa.
    Più in generale però il rapporto, pur riferendosi al quinquennio 2018-2023, sembra confermare quello che sostengono in molti: il cammino delle imprese europee verso una economia decarbonizzata è ormai avviato e sta dando risultati, grazie anche alle politiche di Bruxelles. Si tratta ora di capire se il ciclone Trump provocherà ripensamenti. In Italia e altrove. LEGGI TUTTO