17 Aprile 2025

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    Classe energetica degli elettrodomestici: cosa sapere e come risparmiare

    Quando si acquista un elettrodomestico, uno degli aspetti più importanti da considerare è la classe energetica. Questo valore, che va dalla lettera A (più efficiente) alla G (meno efficiente), indica il consumo di energia di un apparecchio e ha un impatto significativo sulle bollette. Ma cosa indica esattamente la classe energetica? E come può aiutare a risparmiare?

    Cos’è la classe energetica degli elettrodomestici
    La classe energetica di un elettrodomestico è una valutazione che indica quanta energia consuma rispetto alla quantità di lavoro che svolge. Ogni apparecchio viene classificato su una scala che parte dalla classe A+++ (la più efficiente) fino alla classe G (la meno efficiente). La classe energetica è indicata su una etichetta energetica che accompagna ogni prodotto, rendendo facile confrontare l’efficienza dei diversi modelli.

    Come si legge l’etichetta energetica
    Lo strumento informativo che ti permette di fare scelte consapevoli è l’etichetta energetica. Su di essa troverai le seguenti informazioni: la classe energetica (dalla A+++ alla G), il consumo di energia (espresso in kWh, indica quanto consuma l’elettrodomestico in un anno o per un determinato utilizzo), il volume o capacità (ad esempio il volume di un frigorifero o la capacità di lavaggio di una lavatrice) e la rumorosità (espresso in decibel, sigla “dB”). Queste informazioni ti aiutano a fare una scelta consapevole, tenendo conto non solo del prezzo iniziale ma anche dei costi di utilizzo a lungo termine.

    Come scegliere elettrodomestici a basso consumo
    Quando si acquista un nuovo elettrodomestico, è importante tenere a mente alcuni fattori chiave per scegliere quello con la classe energetica migliore. È consigliabile, innanzi tutto, preferire gli elettrodomestici di classe A+++, ossia i più efficienti. Esistono anche modelli A++ e A+ che consumano un po’ più energia, pur rimanendo comunque ottimali. Investire in un modello più efficiente ti permette di ridurre il consumo di energia e, di conseguenza, di abbassare le bollette nel lungo termine. Importante, poi, valutare il consumo annuale: leggi attentamente il consumo annuale di energia riportato sull’etichetta, perché anche tra i modelli di classe A++ ci possono essere differenze nel consumo: un modello che consuma leggermente più energia ma ha un prezzo d’acquisto inferiore potrebbe non essere conveniente nel lungo periodo. Tieni conto anche alle tue esigenze personali: se una lavatrice ha un programma a bassa temperatura che consente di risparmiare energia, potrebbe essere una scelta migliore rispetto a una lavatrice più economica ma che richiede temperature elevate per un lavaggio ottimale. L’efficienza dipende anche dall’uso che farai dell’apparecchio. Controlla, infine, la durabilità dell’apparecchio (se scegli un modello con una maggiore efficienza, ridurrai anche i costi di riparazione e sostituzione nel lungo periodo).

    I vantaggi di scegliere elettrodomestici efficienti
    I vantaggi nello scegliere elettrodomestici efficienti sono diversi. Questione primaria è il risparmio energetico: scegliendo elettrodomestici a basso consumo, riduci il costo delle bollette. Sebbene l’investimento iniziale possa essere più alto, il risparmio nel tempo è significativo. Significativo anche l’impatto ambientale: un uso ridotto di energia non solo fa bene al tuo portafoglio, ma contribuisce anche a ridurre l’impronta ecologica. Meno consumo di energia significa meno emissioni di gas serra. Innegabili, infine, i maggiori comfort: scegliendo elettrodomestici moderni e più efficienti otterrai anche più silenzio e performance migliori. Potrai godere di un ambiente domestico più confortevole senza rinunciare alla qualità.

    Come risparmiare nella gestione degli elettrodomestici
    Oltre alla scelta degli elettrodomestici, una cosa importante per ridurre i costi è anche imparare ad usarli con consapevolezza: sostituire gli elettrodomestici obsoleti (diventano meno efficienti dopo 10 anni) e usarli con intelligenza (privilegiando le funzioni eco o avanzate che ottimizzano l’uso dell’energia e riducono i consumi) sono azioni che permettono di risparmiare nel lungo periodo. Importante anche una manutenzione regolare dei propri elettrodomestici: la pulizia dei filtri o la sbrinatura del frigorifero possono migliorare l’efficienza energetica degli apparecchi. Un frigorifero con il congelatore pieno lavora meglio, mentre una lavatrice pulita consuma meno energia. È possibile, infine, anche ottimizzare l’uso di energia accendendo gli elettrodomestici solo quando necessario. Un altro consiglio è quello di non lasciare apparecchi in stand-by, poiché consumano comunque energia. LEGGI TUTTO

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    Sostanze tossiche nei parchi urbani? Ce lo dicono i ricci

    I ricci di mare sono molto sensibili ai cambiamenti ambientali e vengono spesso usati come organismi “bioindicatori”. Come se fossero delle sentinelle marine. Seppur appartenenti a tutta altra specie, anche i ricci terrestri sembrano avere caratteristiche simili, secondo un recente studio condotto dai ricercatori dell’Università di Lund, in Svezia; raccogliendo questi piccoli mammiferi morti, sono risaliti alle cause del decesso e hanno iniziato ad indagare su una serie di inquinanti riscontrabili negli ambienti urbani. Gli spazi verdi delle città fungono da attrattiva per questi animali selvatici, che purtroppo devono fare i conti con materiali sintetici e sostanze chimiche. Veleno. Infatti, i ricci percorrono lunghe distanze – entrano ed escono da parchi e giardini ogni notte – alla ricerca di cibo, come insetti e altri invertebrati. Ma allo stesso tempo, sono particolarmente esposti ad alte concentrazioni di inquinanti che si trovano nell’ambiente: piombo, pesticidi, additivi plastici e metalli pesanti che sono elementi letali. A sorprendere gli scienziati svedesi, sono state proprio le cause all’origine della morte dei ricci: le elevate concentrazioni di alcuni metalli pesanti, tra cui il piombo.

    Ue: inquinamento in calo, ma non basta

    di Sibilla Di Palma

    08 Aprile 2025

    Per comprendere il fenomeno, i ricercatori di Lund hanno analizzato i corpi dei ricci morti, con l’obiettivo di capire quali fossero i fattori di rischio rintracciabili negli ambienti urbani, per noi umani ed abitanti delle città. “L’analisi dei ricci fornisce una sorta di impronta digitale ambientale dell’ecosistema di un’area. È molto difficile accedere a queste conoscenze, ma i ricci ci hanno permesso di ottenere una visione unica del tipo di inquinamento ambientale urbano che ci circonda”, spiega Maria Hansson, una delle ricercatrici. Il team dell’università di Lund ha coinvolto i cittadini nelle aree limitrofe della regione meridionale di Scania, chiedendo loro di segnalare la presenza di eventuali ricci morti. Il risultato del loro studio è piuttosto allarmante: hanno misurato la presenza di 11 elementi diversi, tra cui diversi metalli pesanti, e 48 inquinanti ambientali organici nei ricci morti. Un vero e proprio allarme. Ecco allora che lo studio è andato oltre e più in profondità, esaminando aculei e denti degli animali morti per verificare l’esposizione a lungo termine ai metalli pesanti, mentre per l’esposizione più breve a una serie di sostanze chimiche organiche ambientali, è stato esaminato il tessuto epatico. Dai risultati è emerso che i ricci presentavano alte concentrazioni di metallo pesante, come il piombo e contenevano diverse sostanze chimiche, come gli ftalati. Si tratta di composti chimici, usati principalmente come plasticizzanti, sostanze che rendono le materie plastiche più flessibili, morbide e lavorabili. I ftalati si possono trovare nella plastica PVC, cosmetici e prodotti per la cura personale, imballaggi alimentari, ma sono considerati elementi piuttosto controversi, perché perché alcuni di essi sono interferenti endocrini, cioè possono disturbare il sistema ormonale. Secondo la letteratura scientifica, infatti, potrebbero influenzare la fertilità, avere effetti negativi sullo sviluppo del feto e legami con l’asma e reazioni allergiche.

    Questi effetti nocivi sulla saluta umana, hanno portato in Europa e in molte altre parti del mondo, ad un uso limitato o addirittura vietato, soprattutto nei giocattoli e nei prodotti per bambini, e comunque ad essere oggetto di regolamentazione a livello Ue. E non è ancora tutto. I ricercatori hanno trovato anche pesticidi, ritardanti di fiamma bromurati, livelli elevati di altri metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici . “Questo dimostra che gli ambienti urbani, dove oggi vive la maggior parte delle persone, potrebbero contenere una grande quantità di sostanze critiche che si sono dimostrate dannose per la salute. Queste sostanze problematiche provengono da materiali da costruzione, plastica, pesticidi, inquinamento atmosferico, rifiuti, traffico, veicoli e persino suolo contaminato”, spiega ancora la scienziata Maria Hansson. Lo studio dunque, pone l’accento sulla necessità di un maggiore monitoraggio ambientale del suolo nelle aree urbane, compresi giardini e parchi. E questo perché, i ricci come noi, sono mammiferi ed è preoccupante secondo gli autori dello studio “trovare sostanze che sono interferenti endocrini, cancerogene o che interferiscono con la riproduzione umana”. Ora il dilemma da risolvere è capire come i ricci siano stati influenzati, fino a morirne, da sostanze inquinanti. Infatti, ancora si sa molto poco su come le diverse specie animali, in particolare i mammiferi, siano colpite da sostanze pericolose. Anche perché, evidenziano i ricercatori “oggi vogliamo la natura nelle nostre città, quindi dobbiamo anche ridurre il rischio che gli organismi siano esposti alle sostanze chimiche contenute nei materiali e nei prodotti che scegliamo di utilizzare” LEGGI TUTTO

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    Data center e IA raddoppieranno il consumo di energia in appena 5 anni. E le emissioni inquinanti?

    Sempre più al centro della nostra vita, online e offline, ma anche sempre più energivora. E’ l’intelligenza artificiale. Secondo l’autorevole rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia – il primo dedicato agli impatti energetici dell’IA – entro i prossimi 5 anni, il 2030, raddoppierà la domanda energetica dei data center. Questi enormi centri di calcolo e storage di big data, infatti, sono alimentati a pane ed IA, motivo per cui i consumi energetici sono destinati a salire in modo importante. Il rapporto speciale dal titolo “Energy and AI” dell’AIE (da 302 pagine) offre un’analisi globale completa, basata sui dati finora disponibili sulle crescenti connessioni tra energia e IA. Il rapporto, infatti, è stato realizzato basandosi su nuove serie di dati e su un’ampia consultazione con i responsabili politici, il settore tecnologico, l’industria energetica ed esperti internazionali. Numeri alla mano, solo lo scorso anno, i data center rappresentavano l’1,5% del consumo mondiale di elettricità, circa 415 terawattora, ma calcolando che negli ultimi cinque anni l’aumento è stato del 12%, è lecito supporre che l’intelligenza artificiale spingerà il motore ai massimi regimi. Infatti le stime sono più del doppio: 945 terawattora entro il 2030, poco più dell’intero consumo di energia elettrica di un paese come il Giappone.

    Lo studio

    L’intelligenza artificiale è assetata di acqua. Per ogni conversazione se ne consuma una bottiglietta

    Gabriella Rocco

    22 Marzo 2024

    A guidare la spinta energivora saranno gli Stati Uniti, in cui il consumo dei data center è destinato a rappresentare quasi la metà della crescita della domanda di elettricità da qui ai prossimi 5 anni. Il 2030 è ritenuto l’anno in cui l’economia statunitense consumerà più elettricità per l’elaborazione dei dati, che per la produzione di tutti i beni ad alta intensità energetica messi insieme: compresi alluminio, acciaio, cemento e prodotti chimici. E questo ha dell’incredibile, considerando che stiamo parlando di consumi da industria pesante, ben più parca nel consumare energia, rispetto al mondo immateriale dell’IA. Per capire il livello di consumo di un centro di elaborazione dati, è bene sapere, che un data center da 100 megawatt può consumare la stessa quantità di elettricità che serve a 100.000 famiglie in un anno intero. Ma più saranno grandi, e lo saranno, e più consumeranno. Di più. In questa impennata del consumo energetico, si stima che all’interno delle economie avanzate, i centri di elaborazione dati determineranno oltre il 20% della crescita della domanda di elettricità nel prossimo quinquennio. Per soddisfare queste sete interminabile di energia, senza aumentare le emissioni inquinanti, si dovrà fare sempre più ricorso a energie pulite, rinnovabili principalmente, ma è inevitabile che anche il gas naturale giochi un ruolo importante per la sua facile disponibilità nei mercati chiave. Ma non si farà a meno del carbone, secondo l’AIE, che attualmente soddisfa il 30% del fabbisogno dei data center.

    L’intelligenza artificiale “divora” energia con un impatto ambientale insostenibile

    a cura della redazione di Green&Blue

    21 Marzo 2025

    Intanto alcune big del tech, una su tutte, Google, ha stretto accordi per alimentare parte delle proprie infrastrutture con energia proveniente da piccoli reattori nucleari, così come sta pensando di fare anche Microsoft e Amazon, che si muovono sulla stessa direttrice per sostenere l’alimentazione dei loro data center. Stiamo parlando del cuore della tecnologia del mondo. Purtroppo, (o per fortuna, lo dirà la storia) l’intelligenza artificiale generativa che crea contenuti incredibili avendo imparato da miliardi di dati a disposizione, è gratuita per gran parte degli utenti, ma consuma. E tanto, perché la capacità di calcolo è alimentata da big data ed energia. Ogni nostra richiesta sui motori di ricerca o su ChatGPT o Gemini, solo per citare i più noti, richiede energia continuamente. La rapida crescita dei data center potrebbe portare a un aumento del 67% delle emissioni legate all’elettricità entro il 2035, passando dagli attuali 180 milioni di tonnellate di CO2 a 300 milioni di tonnellate, comunque una quota minima rispetto ai 41,6 miliardi di tonnellate di CO2 delle emissioni globali stimate nel 2024. Ma l’incremento potrebbe essere “potenzialmente compensato dalle riduzioni di emissioni consentite dall’IA stessa se l’adozione della tecnologia sarà diffusa”. Come? Questa tecnologia consente di accelerare la ricerca scientifica, per cui potrebbe portare innovazione rapidamente nello sviluppo di batterie e di fotovoltaico. “L’intelligenza artificiale è oggi una delle storie più importanti del mondo dell’energia, ma finora i responsabili politici e i mercati non avevano gli strumenti per comprenderne appieno l’ampio impatto”, ha dichiarato il direttore esecutivo dell’AIE, Fatih Birol. Ora gli strumenti ci sono. LEGGI TUTTO