14 Febbraio 2025

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    Pervinca: coltivazione, cura ed esposizione

    La Pervinca, una pianta versatile e resistente, è particolarmente apprezzata per il suo aspetto decorativo e la sua capacità di adattarsi a diversi ambienti. Conosciuta anche come Vinca, questa pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Apocynaceae produce fiori dai colori vivaci, che variano dal viola al blu, e si adatta sia alla coltivazione in giardino, sia a quella in vaso. Scopriamo come coltivarla al meglio, quali cure richiede e come garantire la corretta esposizione per favorirne una crescita rigogliosa.

    Coltivazione della Pervinca
    La coltivazione della Pervinca è semplice e alla portata di tutti, anche dei meno esperti di giardinaggio. Grazie alla sua natura rustica, questa pianta si adatta a molte condizioni ambientali, rendendola una scelta ideale sia per giardini fioriti, sia per coperture di suolo. Il suo terreno ideale è ben drenato e ricco di sostanze organiche; sebbene tolleri terreni poveri e leggermente calcarei, questa pianta si sviluppa meglio in substrati moderatamente acidi (pH compreso tra 5,5 e 7). Prima di piantare, ad esempio, sarebbe meglio arricchire il terreno con compost o torba per migliorare la struttura e la fertilità della pianta. Il periodo migliore in cui piantare la Pervinca? O la primavera, o l’autunno, quando le temperature sono miti. Questo consente alle sue radici di stabilirsi nel terreno prima dell’arrivo di condizioni climatiche estreme.

    Modalità di semina
    Seminare la Pervinca non richiede troppa complessità. Le opzioni, in realtà, sono due: talee o semi. Nel primo caso, si tratta di un metodo veloce ed efficace per propagare la pianta, mentre nel secondo caso, quindi usando i semi, bisogna tenere presente che questi richiedono più tempo per germogliare, ma garantiscono una varietà maggiore. Per le talee, l’ideale sarebbe tagliare un ramo sano lungo circa 10-15 cm, rimuovere le foglie inferiori e piantarlo in un mix di terriccio e di sabbia.

    Irrigazione
    Durante i primi mesi di coltivazione della Pervinca, è importante mantenere il terreno umido per favorirne il radicamento. Una volta stabilita, la pianta richiede irrigazioni moderate, tollerando brevi periodi di siccità. È molto importante evitare i ristagni d’acqua, che possono provocare marciume radicale.

    Pervinca: coltivazione in vaso
    Nel caso in cui si voglia coltivare la Pervinca in vaso, ci sono alcuni piccoli accorgimenti da tenere a mente per garantire la salute della pianta e soprattutto una buona crescita. Questo parte dalla scelta del vaso, che deve avere dei fori di drenaggio, fondamentali per evitare il marciume di cui sopra. Inoltre, si consiglia sempre l’utilizzo di un terriccio universale leggermente sabbioso e si deve sempre fare attenzione che il vaso sia posizionato in un luogo adatto. L’esposizione della pianta, infatti, gioca un ruolo fondamentale per la sua crescita e per la sua fioritura. Questa pianta perenne è estremamente adattabile, ma alcune condizioni possono aiutarla a crescere in modo ottimo. La Pervinca prospera in diverse condizioni di luce. Il pieno sole è ben tollerato e garantisce una fioritura abbondante, soprattutto durante i mesi primaverili ed estivi. Ottima anche la mezz’ombra, ideale in climi caldi, dove il sole intenso potrebbe danneggiare le foglie. Infine, l’ombra completa è tollerata, ma potrebbe ridurre la produzione di fiori. Conosciuta anche per la sua grande resistenza, la Pervinca è capace di tollerare temperature sia alta, sia basse. La sua temperatura ideale? Tra i 15°C e i 25° C. È importante ricordarsi di evitare di collocare la Pervinca in aree troppo ventose, che potrebbero danneggiare i rami più delicati. In caso di coltivazione in vaso, posizionare i contenitori in un luogo riparato.

    Come proteggerla dal freddo
    In inverno, la Pervinca è in grado di resistere a temperature rigide (fino a -15°C), ma in aree particolarmente fredde è utile proteggere le radici con una pacciamatura di foglie secche o paglia.

    Potatura, concimazione, controllo dei parassiti
    La cura della Pervinca è piuttosto semplice, poiché si tratta di una pianta resistente che richiede pochi interventi regolari per mantenersi sana e rigogliosa. La potatura, ad esempio, non è strettamente necessaria, ma è consigliata per mantenere la pianta ordinata e stimolare una nuova fioritura. Di solito si consiglia di potare la pianta dopo la fioritura principale, quindi in tarda primavera o in estate. Per farlo basterà rimuovere i rami secchi e/o danneggiati e tagliare le parti troppo allungate; questo favorirà un aspetto compatto all’estetica della pianta. Inoltre, per supportare la crescita e la produzione di fiori, è utile fornire nutrienti supplementari alla Pervinca: come? Utilizzando sia un concime liquido ogni 15 giorni durante la stagione vegetativa (primavera-estate), sia un concime granulare a lento rilascio da aggiungere al terreno all’inizio della primavera. Generalmente, la Pervinca è resistente ai parassiti, ma può essere attaccata da afidi, ruggine e l’oidio. Per prevenire queste malattie è importante cercare di mantenere la pianta in buone condizioni di salute (seguendo quindi tutti gli step sopra descritti). Tuttavia, in caso di infestazione, è sempre possibile utilizzare prodotti specifici, come olio di neem, sapone insetticida o fungicidi naturali, particolarmente utili in caso di muffe o marciume. LEGGI TUTTO

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    La coltivazione e la cura della primula per una magnifica fioritura

    Le primule sono tra i fiori che riescono a sopravvivere con l’arrivo dei primi freddi: ecco una piccola guida per scoprire di più riguardo a questa pianta, dalla coltivazione alla cura ideale per una fioritura colorata e bella.

    La coltivazione e la cura della primula
    La primula è una pianta appartenente alla famiglia delle primulaceae e se ne trovano davvero molte specie tra esemplari annuali, sempreverdi, rustiche ecc. La più comune è sicuramente la primula vulgaris o primula comune, pianta originaria dell’Europa occidentale, che rallegra i giardini soprattutto nel periodo invernale. Questa pianta si presenta con foglie disposte a rosetta, leggermente pelose nella parte inferiore. I fiori, invece, sono singoli e disposti in diverso modo a seconda della specie: infatti, si possono trovare esemplari con fioritura a ombrello e a spiga. Ma come ci si occupa della coltivazione della primula? In realtà, la primula non richiede una cura particolare, bensì è necessario capire quali sono gli esemplari che si possono sistemare comodamente sia all’esterno sia all’interno della propria casa. La temperatura ideale per la primula è di 10-16°C durante la stagione estiva, mentre in inverno riesce a tollerare fino ai 7°C, ma non per periodi troppo prolungati. Per una corretta coltivazione della primula è importante ricordare che non ama la luce diretta del sole e le correnti d’aria fredda. La posizione migliore per la sua cura è ombreggiata o con luce solare indiretta.

    Le specie più conosciute
    Come accennato in precedenza, in natura si possono trovare davvero molte specie: si parla addirittura di 500 specie differenti tra di loro. Tra le più note è possibile citare le seguenti:
    Primula acaulis o vulgaris: si tratta di una specie spontanea che nasce nei boschi europei. Non va oltre i 10 cm ed ha foglie strette con margini ondulati. Si possono coltivare anche in appartamento, a patto che vi sia il giusto fresco durante la fioritura. Da questa specie sono state ricavate molte piante ibride.
    Primula Veris od Odorosa: è possibile osservare questa specie a fine inverno. I fiori si presentano con disposizione a campanula e sono di colore giallo-oro o con macchie arancioni. Hanno un profumo spiccato e foglie dentate con una fitta peluria sul lato inferiore. È una sempreverde e specie protetta.
    Primula obconica: è una pianta originaria della Cina, caratterizzata da foglie oblunghe con margini ondulati. Anche questa pianta presenta peluria nella parte inferiore della foglia, ma meno fitta. Inoltre, le foglie possono irritare per via di una sostanza che contiene. I fiori a ombrello sono grandi e di diversi colori e sono su steli di 30 cm al massimo di lunghezza. Sbocciano a partire dalla stagione invernale e proseguono fino all’estate.
    Primula Malacoides: un’altra specie di primula, sempre originaria della Cina, è questa. La pianta non supera mai i 25 cm di altezza ed è caratterizzata da foglie piccole dentellate e verdi con nervature bianche. I fiori, posizionati su steli di 40 cm di lunghezza, sono bianchi e rosa e si possono osservare tra gennaio e aprile.
    Primula elatior: si tratta di una specie che si presenta con foglie alla base della pianta e fiori a ombrello su lunghi steli che, però, non profumano.
    Primula farinosa: tra le specie che troviamo comunemente sulle Alpi italiane vi è questa. È una pianta che cresce spontanea ed è caratterizzata da fiorellini di piccole dimensioni che sbocciano tra maggio e settembre.

    La fioritura
    I fiori di questa pianta sono molto belli sia per quanto riguarda la forma sia per la colorazione. Come accennato in precedenza, possono assumere la forma di una campanella posizionata su lunghi steli, ma anche di un ombrello ampio. I colori sono tanti: si va dal giallo al bianco, dal rosso al viola e dal blu all’azzurro. È importante considerare un aspetto particolare che riguarda la fioritura. Infatti, la primula non gradisce più di 16°C quando i fiori stanno sbocciando. Temperature elevate possono causare una riduzione sensibile della fioritura della primula.

    Qual è il terreno migliore per la pianta?
    Se si coltiva la primula in vaso, è necessario selezionare un terreno leggero, ma allo stesso tempo ricco di sostanze organiche. Si può anche mescolare un po’ di sabbia per rendere il terreno più drenante. Anche la coltivazione in piena terra richiede un buon terreno: meglio se un terreno ricco di humus, leggermente acido, e ben drenato.

    Le annaffiature
    Durante l’estate la primula ha bisogno di acqua data in maniera regolare: il terreno dovrà essere umido, ma mai eccessivamente bagnato. Infatti, è una di quelle piante che non tollera i ristagni idrici. Ogni tanto si può nebulizzare dell’acqua sulle foglie, facendo attenzione a non bagnare i fiori. Anche durante la fioritura è importante irrigare con costanza la pianta: in questo modo, i fiori trovano la giusta umidità per crescere bene.

    La concimazione
    Il concime può essere dato alla pianta quando la si innaffia, magari diluendo quello liquido nell’acqua, ogni 2 settimane. È consigliato iniziare quando vi sono i primi germogli di fiore per proseguire durante la stessa fioritura. Si suggerisce un concime con bassi livelli di azoto e alti di potassio e fosforo. È preferibile sfruttare anche quelli che al loro interno presentano manganese, rame, zinco, ferro e boro, elementi che aiutano la crescita della pianta.

    La moltiplicazione della primula
    È possibile moltiplicare la pianta sia per seme sia attraverso la suddivisione delle piantine effettuata durante il rinvaso. È necessario poi sistemare i semi nel semenzaio, così poi da ottenere una piantina in poco tempo e sistemarla in vaso o in piena terra.

    Il rinvaso e la potatura
    Il rinvaso della primula si può eseguire ogni 2 anni, prima dell’arrivo della stagione autunnale e prima ancora dell’ingresso nella fase vegetativa della pianta. È importante selezionare un ottimo terreno per offrire il meglio della cura alla primula. Il vaso da selezionare deve essere leggermente più grande del precedente, fino a un massimo di 20 cm. Nel caso in cui la pianta si fosse espansa più di questa dimensione, allora è preferibile dividere le piantine e sistemarle in altri vasi. La potatura si potrà eseguire anche durante il rinvaso, eliminando foglie secche e gialle o gli steli morti. Se non si effettua il rinvaso completo della pianta, si può decidere di sostituire i primi centimetri di terriccio con dell’altro fresco.

    Le malattie e i parassiti in cui può incorrere
    Come molte altre piante, anche la primula può andare incontro a problematiche comuni. Per esempio, la muffa grigia sulle foglie dovute a un fungo per via di elevata umidità. Facendo asciugare completamente il terreno e trattando con un fungicida specifico si può ottenere di nuovo una pianta sana. Gli acari e il ragnetto rosso possono trovarsi facilmente sulla pianta e, anche in questo caso, è importante selezionare un prodotto ad hoc per il trattamento. La primula può anche presentare foglie ingiallite, ma in questo caso si tratta solo di un problema dovuto all’aria troppo secca e calda. LEGGI TUTTO

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    Prunus (Pruno): varietà, quando fioriscono e cura

    I prunus, comunemente noti come pruni, sono alberi e arbusti molto apprezzati per la loro bellezza e versatilità. Che si tratti di alberi ornamentali o piante da frutto, queste specie offrono fiori spettacolari e frutti deliziosi. Accanto agli alberi da frutto (prugne, pesche, ciliegie, albicocche), questo genere di pianta abbraccia anche varietà coltivate solo ed esclusivamente per il loro aspetto ornamentale/decorativo. La fioritura di alcuni pruni, infatti, è rigogliosa e suggestiva. Tra le varietà di pruno più coltivate ci sono il prunus triloba (o mandorlo cinese) e il prunus subhirtella. Scopriamo più nel dettaglio tutte le caratteristiche di questa pianta dalle mille varietà…e colori.

    Le principali varietà di prunus
    Il genere prunus comprende una vasta gamma di piante (sono oltre 400), ma alcune di queste sono più gettonate di altre. Tra le varietà più comuni, ad esempio, è bene citare:
    Prunus avium (Ciliegio dolce): il ciliegio dolce è noto per i suoi frutti succosi e dolci. Si tratta di un albero di medie dimensioni che può raggiungere i 20 metri di altezza. Le sue foglie verdi lucenti e i fiori bianchi lo rendono un’ottima scelta anche per giardini ornamentali;
    Prunus cerasus (Ciliegio acido): questo albero produce ciliegie più piccole e acidule, perfette per marmellate e dolci. Rispetto al Prunus avium, è più basso e adatto a spazi ridotti;
    Prunus persica (Pesco): il pesco è un albero da frutto molto amato per le sue pesche dolci e succose. Esistono diverse varietà di pesco, incluse quelle con fiori ornamentali di color rosa intenso;
    Prunus armeniaca (Albicocco): l’albicocco è una pianta rustica che produce frutti dolci e aromatici. Si distingue per i suoi fiori bianchi o rosa pallido e è ideale per climi temperati;
    Prunus serrulata (Ciliegio giapponese): conosciuto anche come Sakura, il ciliegio giapponese è una delle specie più amate per la fioritura spettacolare. I suoi fiori rosa o bianchi sono un simbolo di bellezza e transitorietà nella cultura giapponese;
    Prunus domestica (Susino): il susino è coltivato per le sue prugne dolci, che possono essere consumate fresche o utilizzate per preparare conserve. È una pianta versatile, adatta sia a scopi ornamentali che produttive;
    Prunus laurocerasus (Lauroceraso): il lauroceraso è una specie ornamentale molto usata come siepe per la sua folta vegetazione sempreverde. Produce piccoli fiori bianchi a grappolo e bacche nere decorative.

    Quando fioriscono i prunus
    La fioritura dei Prunus è uno spettacolo naturale che varia in base alla specie e al clima. I ciliegi, ad esempio, iniziano a fiorire in primavera, generalmente tra marzo e aprile e la fioritura è influenzata dalle temperature: in climi più miti, i fiori possono sbocciare già a fine febbraio. Il prunus persica, o più semplicemente pesco, fiorisce anch’esso in primavera, di solito a marzo. I suoi fiori rosa sono i primi a segnalare l’arrivo della bella stagione e sono tra i più belli della stagione. Anche l’albicocco, o prunus armeniaca, è un altro dei primi alberi a fiorire: pensate che i loro fiori, anch’essi splendidi, fioriscono già a febbraio in zone dove il clima è mite. Occhio però alle gelate tardive, che ne rallenta ovviamente la fioritura. C’è anche il susino tra le varietà di Prunus più conosciute: questo fiorisce ad aprile, ma il periodo di fioritura può variare a seconda delle condizioni climatiche e dalla sottovarietà della pianta stessa.

    Cura e manutenzione dei prunus
    I prunus sono piante relativamente facili da coltivare, ma richiedono alcune attenzioni per garantire una crescita sana e una fioritura abbondante. Intanto, il terreno: i prunus preferiscono terreni ben drenati, ricchi di sostanza organica e con un pH neutro o leggermente acido. È importantissimo evitare terreni troppo compatti o soggetti a ristagni d’acqua, capaci di causare problemi alle radici della pianta. Per quanto riguarda invece l’esposizione, la maggior parte delle varietà di prunus richiede una buona esposizione al sole per favorire la fioritura e la produzione di frutti. Tuttavia, alcune specie ornamentali, come il lauroceraso, tollerano meglio l’ombra parziale. Anche l’acqua è fondamentale: i giovani alberi di prunus necessitano di un’irrigazione regolare per favorire l’attecchimento. Una volta adulte, le piante tollerano meglio la siccità, ma durante i periodi particolarmente secchi è bene fornire acqua supplementare.

    Prunus: potatura e concimazione
    La potatura è essenziale per mantenere i prunus in salute e per favorire una crescita equilibrata. Il momento migliore per effettuarla è o l’inverno, o l’inizio della primavera, ma come si procede? È sufficiente rimuovere i rami secchi, malati o mal posizionati. Anche la concimazione è una fase importante per il benessere della pianta: utilizzare concimi ricchi di fosforo e potassio è essenziale, specialmente durante la fase di fioritura e fruttificazione.

    Malattie e parassidi del prunus: come difendere la pianta
    I prunus possono essere attaccati da afidi, cocciniglie e altre malattie fungine come la moniliosi e la bolla del pesco. Per evitare di andare incontro a situazioni spiacevoli, è importante controllare regolarmente la pianta e intervenire tempestivamente con trattamenti specifici, preferibilmente a base di prodotti biologici. LEGGI TUTTO

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    Quando e come seminare il prato: periodo e consigli

    Resistente, dal colore verde intenso, fresco, profumato, curato e rigoglioso. Un prato del genere è un sogno ambito, è un elemento centrale alla base di un giardino realizzato a regola d’arte ed è la colonna portante di ogni angolo di natura. Per sfoggiare un prato simile entrano in gioco una serie di fattori, visto che ottenere questo risultato non è affatto determinato dal caso, ma bensì il frutto di un lavoro costante e di interventi ben precisi: tra gli elementi che ricoprono un ruolo fondamentale nel raggiungere un prato perfetto rientra il periodo della sua semina. Seminare il prato nel momento sbagliato può mettere a repentaglio il suo sviluppo e la sua bellezza: approfondiamo di seguito quali sono i mesi migliori durante l’anno per eseguire questa operazione e in quali, invece, va evitata.

    Qual è il miglior periodo per la semina del prato
    Seminare il prato nel momento più opportuno è imprescindibile per ottenere un’oasi verde, erbosa e lussureggiante. L’erba del prato sviluppa radici sane e robuste se la si interra nel periodo giusto: durante l’anno le stagioni indicate per dedicarsi a questo intervento sono l’autunno e la primavera.

    L’autunno è il periodo in assoluto migliore per la semina del prato, infatti i germogli giovani sono estremamente delicati, preferendo le basse temperature rispetto al caldo, e per germogliare correttamente necessitano di un terreno umido, condizione favorita dalle frequenti perturbazioni autunnali.

    I mesi più appropriati per effettuare la semina del manto erboso sono settembre e ottobre, durante i quali si verificano circostanze ideali per la sua crescita. Dopo il clima dell’estate il substrato mantiene ancora il calore della stagione appena passata e, inoltre, in questo periodo tendenzialmente non si presentano malattie fungine e piante infestanti. La semina autunnale ha l’obiettivo di raggiungere la maturazione del prato, ovvero che sia stato tagliato almeno una volta, prima che arrivi l’inverno.

    Il periodo dell’autunno in cui procedere con la coltivazione del prato è comunque sempre strettamente connesso alle condizioni climatiche del luogo in cui si andrà a piantare. Nelle zone del nord-centro Italia per esempio è importante effettuare l’intervento da metà agosto fino a metà ottobre: infatti, se il freddo arriva con anticipo, in questo periodo le varietà a crescita lenta potrebbero incontrare difficoltà nella germinazione. Diverso è per le zone del sud Italia dove si può seminare il manto erboso da fine settembre a fine ottobre.

    Seminare il prato in primavera
    In generale, l’autunno è considerato la stagione ottimale per la coltivazione del prato, ma anche la primavera può rivelarsi un periodo favorevole, portando comunque a buoni risultati. Durante questo momento dell’anno per procedere con la semina del tappeto erboso le temperature del terreno dovrebbero essere comprese tra 10 e 12 gradi per le sementi comuni da prato, dette microterme, mentre per le sementi come zoysia e gramigna, ovvero le macroterme, tra i 15 e i 18 gradi. Per misurare la temperatura del terreno è consigliato eseguire questa operazione alla mattina presto oppure durante il pomeriggio.

    Se si decide di seminare il prato in primavera non va sottovalutato il fatto che, nel caso in cui le temperature scendano durante la notte, il prato rischia di non germogliare in modo corretto, non riuscendo a svilupparsi appieno, apparendo diradato. Inoltre, qualora si proceda con eccessivo anticipo alla fine dell’inverno, le gelate tardive potrebbero mettere a repentaglio il prato, comportando una germinazione parziale.

    In Italia il periodo migliore per seminare il prato in primavera varia da regione a regione: per esempio, nelle zone del sud l’intervento può già essere eseguito nel corso di febbraio a differenza di quelle del nord e del centro, dove marzo e aprile risultano essere i mesi maggiormente indicati.

    Nel corso della stagione primaverile sebbene si possa seminare l’erba del prato anche a maggio e giugno, occorre tenere presente come le condizioni di questi mesi non siano ottimali e possano emergere difficoltà da affrontare: per esempio, potrebbero insorgere malattie e svilupparsi piante infestanti, dovendo optare per semi dalla crescita lenta ed eliminare le infestanti con un’azione profonda.

    Quando non seminare il prato?
    L’insuccesso nella coltivazione di un manto erboso può essere determinato anche dal periodo in cui si semina. Per uno sviluppo corretto delle radici per esempio l’estate non è la stagione indicata in quanto il caldo, unito alle irrigazioni soventi e alla presenza delle piante infestanti, rende faticoso lo sviluppo delle semine, che non riescono a germogliare in modo corretto. Oltre all’estate, anche l’inverno non è una stagione adatta, a fronte delle temperature in discesa e dell’arrivo delle gelate, che fungono da ostacolo per lo sviluppo dei semi.

    Semina del prato: gli errori da evitare
    La semina del prato rappresenta sempre un momento delicato, dovendo mettere in campo le giuste azioni, evitando così di compromettere il lavoro svolto e incorrere in un manto erboso poco soddisfacente. Per ottenere i risultati sperati è fondamentale porre la giusta attenzione, oltre al periodo di semina, anche alle sementi scelte, ricorrendo a soluzioni sempre fresche e di ultima generazione. Tra gli errori che possono minare la realizzazione di un prato sano e rigoglioso rientra il dosaggio sbagliato nel momento della semina: esagerare con la distribuzione non porta a esiti favorevoli, rendendo le piantine in competizione tra loro. Per ovviare a questa criticità è necessario attenersi in modo preciso alle istruzioni riportate sulla confezione delle sementi in merito al dosaggio.

    Anche l’irrigazione può incidere negativamente sullo sviluppo del prato. Dopo la semina il terreno dovrebbe essere mantenuto sempre umido per permettere la germinazione, ma questo non significa che debba essere eccessivamente bagnato. L’ideale è dedicarsi a irrigazioni brevi, ripetendole nel corso della giornata più volte, verificando sempre che il terriccio non diventi asciutto. LEGGI TUTTO

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    “Biodiversity leak”, quando la conservazione dell’ecosistema crea squilibri altrove

    Proteggere la biodiversità che ancora esiste e resiste sul nostro pianeta è una sfida difficile quanto necessaria. Ma è fondamentale che i progetti di conservazione abbiano uno “sguardo” che va ben oltre i confini dei singoli paesi. Diversamente, il rischio è che finiscano semplicemente per spostare da una parte all’altra del mondo lo sfruttamento delle terre per scopi alimentari o per la produzione di legname, risultando in un nulla di fatto o addirittura in una perdita di biodiversità al netto di tutte le variabili. È l’insidioso problema del biodiversity leak, di cui parlano gli autori di uno studio appena pubblicato su Science, nel quale riportano anche delle possibili strategie di mitigazione del fenomeno.

    “Mentre i paesi di regioni temperate come l’Europa ampliano le aree soggette a sforzi di conservazione, le conseguenti carenze di cibo e produzione di legname dovranno essere colmate da qualche parte – spiega Andrew Balmford, docente presso il Dipartimento di zoologia dell’Università di Cambridge (Regno Unito) e primo autore dello studio – È probabile che gran parte di ciò accada in parti del mondo con una maggiore biodiversità ma spesso meno ben regolamentate, come l’Africa e il Sud America”. Risultato: nessun guadagno o, peggio, perdite nette (se considerate su scala globale) in termini di conservazione delle specie.

    Tyler Prize 2025 a Sandra Díaz ed Eduardo Brondízio. “Il legame uomo-natura è imprescindibile”

    di redazione Green&Blue

    12 Febbraio 2025

    Gli autori riportano alcuni esempi concreti nello studio. Uno riguarda gli sforzi messi in campo per proteggere le foreste secolari del Pacifico nordoccidentale, che avrebbero però causato un aumento del disboscamento in altre zone del Nord America, probabilmente con impatti sostanziali sulla biodiversità, scrivono. Si tratta di un fenomeno insidioso perché difficile da quantificare, specialmente quando le ripercussioni di un progetto di conservazione messo in atto in una certa zona finiscono per riguardare un’area geograficamente molto distante dalla prima.

    Ma, secondo i ricercatori, esistono diversi possibili approcci per tentare di mitigare il problema. Innanzitutto, spiegano, è fondamentale che il biodiversity leak venga riconosciuto e preso seriamente in considerazione. Nonostante sia noto da decenni, infatti, il problema risulta essere ancora largamente trascurato nei progetti di conservazione. Per esempio, si legge nello studio, non viene menzionato all’interno degli obiettivi del Global Biodiversity Framework, il piano strategico mondiale per la biodiversità risultante dalla Biodiversity Conference delle Nazioni Unite tenutasi a dicembre del 2022.

    Biodiversità

    Nel parco di Yellowstone lupi e orsi hanno aiutato a ripristinare l’ecosistema

    di  Giacomo Talignani

    10 Febbraio 2025

    Oltre alla presa di coscienza rispetto al problema, gli autori sostengono poi che eventuali cambiamenti nella produzione di cibo o di legname nelle aree interessate da interventi di conservazione dovrebbero essere tracciati direttamente nel corso dei monitoraggi previsti dal programma di conservazione stesso. Questo per far sì che le conseguenti carenze vengano colmate in modo consapevole e sostenibile, spostando eventualmente le produzioni di cibo o legname in aree che non siano hotspot di biodiversità. Ancora meglio se le rese dei prodotti di interesse possono essere direttamente ottimizzate in loco, senza nemmeno spostare la produzione, come nel caso del Gola Rainforest Project attivo in Sierra Leone (Africa). Si tratta di un progetto mirato a rallentare la deforestazione e contemporaneamente a fornire supporto tecnico agli agricoltori locali per ottimizzare i raccolti.

    Un altro suggerimento che gli autori dello studio avanzano è quello di investire sul ripristino di aree una volta adibite alla produzione di legname o di cibo e che attualmente sono degradate e non più utilizzate a fini produttivi. Infine, puntare a ridurre gli sprechi, sul fronte della produzione e anche del consumo di alimenti e legname, aiuterebbe in modo indiretto a diminuire la pressione produttiva sulle zone oggetto di interventi di conservazione.

    Biodiversità

    La crisi climatica sta velocizzando il turnover delle specie

    di Sara Carmignani

    07 Febbraio 2025

    “In assenza di attenzione e azione – conclude Fiona Sanderson, scienziata della Royal Society for Protection of Birds, che lavora per ridurre gli impatti della produzione di cacao in Sierra Leone ed è co-autrice dello studio – c’è un rischio reale che il biodiversty leak mini i sudati successi in termini di conservazione”. LEGGI TUTTO

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    Un nuova specie di farfalla scoperta in Calabria e dedicata a Giulio Regeni

    Un team di ricercatori del CREA – che si occupa di biodiversità dei lepidotteri (farfalle e falene) in ambiente forestale – ha scoperto in Calabria, nei boschi della provincia di Cosenza, una specie nuova per la scienza e ha deciso di dedicarla a Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano ucciso in Egitto. Lo studio, realizzato […] LEGGI TUTTO