11 Febbraio 2025

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    Abbracciata a un albero per 48 ore, il record per ricordarci di “connettersi alla natura”

    In un mondo che ha perso la bussola, meglio aggrapparsi alle certezze: gli alberi. Viviamo in un Pianeta dove la natura che ci circonda passa costantemente in secondo piano – basti pensare alla costante perdita di biodiversità – rispetto agli interessi economici dell’umanità. Per questo a volte piccoli, curiosi e straordinari gesti possono aiutarci a ricordare ciò che conta per la nostra salute, ovvero l’ambiente che ci circonda. Lo sa bene Truphena Muthoni, una ragazza kenyota, che è talmente convinta dell’importanza di riconnetterci con la natura che nei giorni scorsi ha tentato di battere un curioso record, ora al vaglio dei giudici del Guinness World Record: il più lungo abbraccio di sempre ad un albero.

    La giovane afferma di averlo battuto: in una maratona di abbracci si è infatti stretta a un singolo albero di un parco cittadino di Nairobi, il Michuki Park in Kenya, per quasi 48 ore. Due giorni fedelmente stretta a una tronco senza mai mollarlo. Il suo gesto potrebbe sembrare un banale tentativo di trovare un posto fra le pagine del Guinness, ma in realtà Muthoni ha raccontato di aver tentato la piccola impresa per un altro motivo: sensibilizzare le persone, soprattutto i suoi concittadini, sull’importanza degli alberi, fondamentali anche “per la nostra salute mentale” dice. Il potere curativo di una corteccia va ritrovato soprattutto in quei luoghi, proprio come nella sua Nairobi, dove “lo sviluppo urbano sta distruggendo le risorse naturali, per questo voglio che le persone si riconnettano con la natura, perché ha un vero potere curativo” sostiene la giovane musicista africana. Abbracciare gli alberi è una pratica che, in questo caso si può proprio dirlo, affonda le sue radici nel passato. Da oltre tre secoli è infatti una forma di protesta, per esempio, nel campo delle battaglie ambientaliste, quelle per evitare tagli e deforestazione. Ma è anche una pratica meditativa, come in Giappone con il “shinrin yoku”, quei “bagni nella foresta” diventati noti soprattutto negli anni Ottanta. E ha persino un valore scientifico, dato che alcuni studi anche recenti raccontano come l’abbraccio delle piante possa migliorare l’umore, le funzioni cognitive, il benessere mentale o anche la pressione sanguigna.

    Ambiente

    Un “bagno di foresta” per aiutare la salute (e il territorio)

    di Alessandra Viola

    13 Maggio 2022

    In certi casi poi in questo gesto c’ è anche una sorta di “sfida”, dato che esistono campionati mondiali dell’abbraccio, suddivisi persino in categorie come la durata, la creatività o la passione. L’ultima edizione del TreeHugging World Championships lo scorso anno si è tenuta a Levi, in Finlandia, dove la silvoterapia diventa un evento che nei Paesi nordici attira tantissime persone, sempre con il messaggio di fondo dell’importanza di preservare le foreste. Prendendo spunto dalle durate dei record precedenti, di oltre un giorno intero di abbracci, Muthoni si è così recata nel suo parco cittadino preferito e sotto le stelle, intorno alle 18 di sera, ha iniziato ad abbracciare un albero: è rimasta in quella posizione, sotto gli occhi di amici e sostenitori, per quasi due giorni interi. Dopo il conto alla rovescia scandito dagli amici, quando la giovane ragazza ha lasciato il suo albero di “fiducia”, ha raccontato nuovamente ai media e ai curiosi il motivo del suo gesto: “Voglio incoraggiare le persone ad abbracciare gli alberi perché aiuta a migliorare la salute mentale e ci consente di ricaricarci”.

    Congratulations Muthoni for your incredible tree hugging WORLD RECORD achievement this evening at Michuki Park in Nairobi. Your historic feet has drawn global attention to the phenomenal power of the youth to be consequential champions for climate action, sustainability and… pic.twitter.com/HUm76zRuXV— Hon Ababu-Namwamba, EGH (@AbabuNamwamba) February 1, 2025

    A sostenerla, con tanto di messaggio rilanciato sui social, anche il keniota Ababu Namwamba, rappresentante permanente del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP), che ha voluto ringraziare la 21enne sottolineando come la sua storica impresa “ha attirato l’attenzione mondiale sul fenomenale potere dei giovani di essere campioni di azione per il clima” e, parlando della ragazza dalle lunghe trecce verdi che per ore non ha mai smesso di stringere la corteccia, l’ha definita come una donna che che aveva “lo spirito di Wangar? Maathai”, ovvero della prima africana a vincere il premio Nobel per la pace nel 2004 per il suo Green Belt Movement, quello nato per piantare alberi in Africa, combattere la povertà e preservare i diritti delle donne. Nel frattempo in Kenya Muthoni è diventata una piccola star, capace di ispirare soprattutto le giovani generazioni: il suo abbraccio è stato un gesto in grado di “ricordarci di proteggere la natura ogni giorno” ha detto per esempio il Kenya Forest Service e la sua impresa è stata persino trasmessa in diretta streaming da alcune emittenti locali. In attesa di sapere se il suo record sarà accettato o meno dal Guinness e se l’ambientalista di Nairobi sarà riuscita a battere quello precedente detenuto dal ghanese Abdul Hakim Awal che lo scorso maggio ha abbracciato un albero per 24 ore e 21 minuti sempre per promuovere la conservazione della natura, Muthoni ha infine ricordato a tutti che questa pratica può sembrare qualcosa di semplice ma in realtà, proprio come nella lotta per la preservazione dell’ambiente, implica un costante impegno. C’è infatti da considerare la privazione di sonno e bisogni (la pratica del record concede due ore di pausa ma la ragazza non le ha sfruttate) e bisogna rimanere in posizione eretta, fra zanzare e caldo, sia di giorno che di notte. “Mi sono allenata a stare in piedi per lunghe ore, a non mangiare e persino a digiunare per lunghi periodi. A volte, facevo solo un pasto al giorno. Ho anche allenato il mio corpo a non usare il bagno per 48 ore. So che è tutto nella mente” ha concluso l’ecologista africana sperando, con il suo gesto, di aver ispirato più persone possibile a lottare con lei per “riconnettersi con la natura”. LEGGI TUTTO

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    Biennale Architettura, così il clima cambierà le nostre case

    Le temperature globali aumentano, mentre la popolazione mondiale diminuisce. È questa la realtà che gli architetti devono affrontare nell’età dell’adattamento al clima che cambia. Ma cosa può fare concretamente l’architettura per il pianeta, se non unire intelligenze diverse, per rispondere alle sfide poste dalla crisi climatica? Ruota intorno a questi concetti il tema della prossima Mostra Internazionale di Architettura di Venezia da cui parte un invito a lavorare insieme per ripensare gli spazi dove vivere. “Intelligens. Natural. Artificial. Collective” , non a caso è il titolo scelto per la 19esima edizione (dal 10 maggio al 23 novembre 2025) curata dall’architetto Carlo Ratti. Torinese, classe 1971 docente al Massachusetts Institute of Technology di Boston e dirige il MIT Senseable City. Immagina scenari urbani, Ratti dove sono le scelte dei cittadini a determinare lo spazio e le infrastrutture. Questa la sua filosofia che ha riportato anche in laguna: “Mettere le persone al centro dell’innovazione usando la tecnologia non come fine, ma come mezzo”.

    Lo studio

    Siccità, esondazioni, alluvioni: in Italia oltre 350 eventi estremi nel 2024

    di  Luca Fraioli

    30 Dicembre 2024

    “Attingere a tutte le forme di intelligenza”
    L’idea, ha spiegato Ratti nel corso della conferenza stampa di presentazione, è dunque rendere la Biennale “un laboratorio dinamico dove ci saranno più di 750 tra architetti, ingegneri, matematici, filosofi, artisti, scrittori, intagliatori, stilisti”. Parole chiave: inclusività e collaborazione. Perché per Ratti, “nell’età dell’adattamento alla crisi del clima, l’architettura deve attingere a tutte le forme di intelligenza: naturale, artificiale, collettiva”, rivolgendosi a più generazioni e a più discipline, dalle scienze esatte alle arti.

    Acqua alta in piazza San Marco: Venezia soffre l’innalzamento delle temperature  LEGGI TUTTO

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    Nuovo ordine esecutivo di Trump: “Via le cannucce di carta, si torna alla plastica”

    Anche la cannuccia di plastica diventa un simbolo politico del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Quelle di carta? “Non funzionano. Si sciolgono in bocca, sono disgustose”, ha detto prima di firmare un ordine esecutivo che impone ad agenzie governative degli Stati Uniti e a tutti i dipartimenti di non usarle e non comperarle […] LEGGI TUTTO

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    Tutela degli animali: introdotta nella Costituzione, ma non è sufficiente

    Su 617 atti legislativi definitivamente approvati da febbraio 2022 al 31 gennaio 2024, 91 sono quelli in cui si parla di animali. Appena il 14,7%. Eppure sono tre anni che la tutela degli animali è stata inserita tra i principi fondamentali della Costituzione (l’art.9). Quello che l’11 febbraio 2022 era stato salutato come il “primo passo positivo” per adeguare la legislazione italiana ai principi introdotti dalla modifica costituzionale, tale è restato. Solo un passo. Perché secondo Legambiente di quei famosi 91 atti legislativi approvati in questi tre anni di cui si parla di animali, quasi l’80% non ha dato seguito al principio costituzionale. In particolare, il 67,1% dei provvedimenti non ha tenuto conto di questa novità e il 12,3% è andato addirittura contro, peggiorando la tutela per gli animali. Solo il 20,5% è andato nella direzione indicata dall’art. 9 della Costituzione. Insomma, un’occasione mancata. Per non parlare dello stallo in cui si trovano nuove proposte e disegni di legge: quelli migliorativi (64 proposte di legge e 10 disegni di legge) sono quasi tutti bloccati.

    Biodiversità

    Nel parco di Yellowstone lupi e orsi hanno aiutato a ripristinare l’ecosistema

    di  Giacomo Talignani

    10 Febbraio 2025

    I politici poi, guardando il report stilato da Legambiente sulla base delle banche-dati della Camera dei deputati e del Senato se proprio devono prendere in esame la tutela degli animali preferiscono parlare di quelli d’affezione. “Gli animali selvatici sono invece più quelli ‘sotto attacco’ a causa del bracconaggio e ancora privi di un’efficace e proporzionata tutela penale, a partire dalle specie protette”, si legge nel report.
    Insomma, i nuovi principi fondamentali costituzionali sono riusciti almeno a farsi almeno nelle norme approvate oppure non riescono ancora ad entrare nella consuetudine della vita parlamentare? Per rispondere, Legambiente ha preso in esame atti e norme (proposte o varate) dal 12 febbraio 2022 al 31 gennaio 2024, dai Governi presieduti sia da Mario Draghi che da Giorgia Meloni; dai Gruppi parlamentari, dai singoli parlamentari e da iniziative di legge popolare o dei Consigli regionali. Tra gli atti approvati, ci sono leggi, decreti legislativi, decreti-legge, decreti del presidente del Consiglio dei ministri e decreti ministeriali. Qualche esempio? Tra le leggi migliorative ci sono la legge del 17 maggio 2022, n. 60, la cosiddetta “Salvamare”, che prevede disposizioni per tutelare l’ecosistema marino dall’abbandono dei rifiuti e la legge 25 novembre 2024 n.177, sugli interventi di messa in sicurezza stradale con delega al Governo per la revisione del codice stradale, che prevede pene – come il carcere e il ritiro della patente – per l’abbandono degli animali. Tra le leggi peggiorative, ad esempio, la legge di bilancio 2022 che ha previsto la caccia in parchi, aree protette e zone urbane e la legge di bilancio 2024 che ha aumentato i rischi di caccia a specie in cattivo stato di conservazione e in periodi di migrazione.

    Biodiversità

    Dai cuccioli di tigre alle scimmie: sequestrati 20mila animali vivi destinati al commercio illegale

    di  Giacomo Talignani

    07 Febbraio 2025

    Gli animali d’affezione i più tutelati
    Guardando ai differenti gruppi di animali (d’affezione, da reddito, selvatici) interessati dagli atti legislativi approvati è emerso che per gli animali d’affezione un terzo (il 33,3%) è stato migliorativo, oltre la metà (il 55,5%) non ha tenuto conto della novità costituzionale e solo uno su dieci (l’11,1%) è stato peggiorativo. Per gli animali da reddito, meno di 2 su dieci (il 18,8%) sono stati migliorativi, sette su dieci (il 71,7%) non hanno tenuto conto della novità costituzionale e il 15,3% è stato peggiorativo. Per gli animali selvatici, meno di 2 su dieci (il 16,6%) sono stati migliorativi, quasi sette su dieci (il 69,4%) non hanno tenuto conto della novità costituzionale e il 13,8% è stato peggiorativo.

    Biodiversità

    Lupi avvelenati in Trentino, insorgono gli ambientalisti: “A rischio anche la salute pubblica”

    di  Fiammetta Cupellaro

    03 Febbraio 2025

    La piaga del bracconaggio
    In Italia, ricorda Legambiente, le specie animali selvatiche, anche quando particolarmente protette e a rischio di estinzione, sono prive di efficace tutela penale dal bracconaggio e dai traffici illeciti. Come prevede, invece, la direttiva europea in materia di tutela penale dell’ambiente. Nella Penisola la più grave fattispecie di reato di bracconaggio prevista dalla normativa vigente, ossia l’uccisione dell’Orso bruno marsicano, prevede un’ammenda da 4mila a 10mila euro. Per tutte le altre specie animali protette, a chi commette bracconaggio in Italia, lo Stato “minaccia”, al massimo, ammende da 1.000 e 2.000 euro. Nel resto mondo, sono diversi gli Stati che fanno meglio dell’Italia in fatto di tutela di animali selvatici: l’Indonesia per bracconaggio prevede condanne fino a 12 anni di pena detentiva, il Sudafrica fino a 29 anni di reclusione e la Thailandia addirittura fino a 40 anni di carcere.

    Biodiversità

    Droni, trovato un sistema per tenere lontani gli orsi dalle case

    di  Mara Magistroni

    30 Gennaio 2025

    “L’Italia in fatto di tutela degli animali – sottolinea Antonino Morabito, responsabile nazionale benessere animale di Legambiente – con il voto parlamentare all’unanimità nel 2022 ha dato un bellissimo segnale all’Europa e al mondo intero: l’ha pienamente integrata nei principi fondamentali della Costituzione, accendendo il faro che deve illuminare la strada da seguire per tutta la produzione legislativa. Purtroppo, sino ad oggi, non stato così e i dati che emergono da questa ricerca lo dimostrano. A tutte le forze politiche chiediamo un’assunzione di responsabilità per la piena attuazione del principio costituzionale richiamato dall’art.9, a partire dal ridurre l’enorme divario esistente tra noi e altri Paesi nel deciso contrasto normativo al bracconaggio e alle organizzazioni criminali che vi lucrano. L’effettiva ed efficace tutela degli animali coincide anche con la tutela della salute delle persone e dell’ambiente”. LEGGI TUTTO

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    Come si coltiva e come prendersi cura della sassifraga

    La sassifraga è una scelta molto diffusa per dare un tocco di colore a giardini, balconi e interni. Si tratta di una splendida pianta erbacea dalle tonalità delicate, apprezzata per la sua bellezza e la sua grande resistenza, visto che si adatta anche alle condizioni più avverse. Estremamente robusta e avvolta in un fascino unico, la sassifraga è semplice da coltivare e richiede una bassa manutenzione.

    Dove piantare la sassifraga?
    Parte della famiglia delle Saxifragaceae, la sassifraga è originaria delle regioni montuose dell’Asia, del Nord America e dell’Europa e il suo nome botanico è saxifraga. Nota anche come spacca sasso, i suoi fiori colorati danno vitalità a luoghi freddi e aspri e proprio da questo deriva il suo nome, dal latino saxifraga, che significa “pianta che spacca le rocce”.

    Questa pianta si presta per decorare interni e balconi e donare colore in aiuole e giardini rocciosi, vista la sua capacità di crescere tra le fessure delle rocce. Presente in tantissime specie differenti, alcune annuali mentre altre perenni, tutte le varietà della sassifraga si sviluppano al meglio in ambienti dal clima fresco.

    Per quanto riguarda il luogo dove coltivarla, è bene sceglierne uno dalla parziale esposizione solare e che sia riparato dal vento: la luce solare indiretta stimola la fioritura della pianta e la rende rigogliosa. Proprio per questo, un’ottima soluzione è collocare la sassifraga all’esterno sotto piante più alte, in modo da filtrare i raggi solari diretti, mentre negli interni è indicato sistemarla su un davanzale che sia rivolto a nord, per un’esposizione moderata, oppure a est, consentendo di contare su una luce delicata al mattino. La pianta si adatta anche all’ombra, ma questa determina una sua minore crescita, e le temperature che preferisce vanno dai 7 ai 18 gradi. Nelle zone con estati calde è consigliato fare in modo che la pianta si trovi in un luogo ombreggiato al pomeriggio per proteggerla dalle temperature alte, tenendo conto che non tollera bene il caldo intenso, a differenza del freddo che non teme. La resistenza della sassifraga la rende capace di prosperare in molteplici ambienti anche se predilige un terreno ben drenato e fertile.

    Coltivazione in giardino e in vaso della sassifraga
    La sassifraga ha un portamento tappezzante o strisciante, è bassa, compatta e presenta foglie pelose e fiori di piccole dimensioni, che di solito sono raggruppati in grappoli e i cui colori vanno dal rosa, al rosso, al giallo per giungere al bianco.

    Tendenzialmente la pianta fiorisce durante la primavera, anche se alcune delle sue specie sbocciano durante l’estate o l’autunno. Il periodo ideale per piantarla è la primavera oppure l’autunno. Prima di procedere con la semina in giardino, è necessario preparare il terreno, eliminando eventuali detriti ed erbacce per poi aggiungere del compost decomposto allo scopo di rendere il terreno più fertile: visto che la pianta ama i terreni rocciosi, si può inserire nel substrato della ghiaia in modo tale da renderlo ancora più drenante. I semi vanno piantati a 1-2 centimetri di profondità, premendoli sul terreno, lasciando tra ciascuno 30 centimetri di distanza.

    La sassifraga è adatta anche alla coltivazione in vaso: la pianta è molto scenografica se posta sul balcone in cesti appesi, con rami pendenti. Prima di procedere con la semina, è necessario porre sul fondo del vaso scelto uno strato di argilla espansa in modo da drenare l’eventuale acqua in eccesso, e ricorrere a un terriccio per pianta da fiore. Ogni 2 settimane si può aggiungere del fertilizzante liquido all’acqua impiegata per l’irrigazione. Per quanto riguarda il rinvaso, questo va eseguito ogni anno all’inizio della primavera, ricorrendo a un contenitore un po’ più grande di quello precedente.

    La sassifraga può essere prorogata durante la primavera tramite varie tecniche, tra cui la talea, metodo semplice che prevede di tagliare le punte di stoloni sani con giovani gruppi di foglie, per poi farle radicare in un terreno drenato e umido, garantendo luce indiretta e un’irrigazione adeguata.

    Come irrigare la sassifraga e quali altri interventi eseguire
    La manutenzione della sassifraga è facile e richiede poche e semplici azioni. Dalla crescita vigorosa, nella sua cura l’irrigazione riveste un ruolo cruciale, dovendo essere svolta regolarmente e in modo abbondante: se è fondamentale che il terreno sia sempre umido e non risulti mai asciutto, dall’altro lato è altrettanto importante non renderlo neanche zuppo, evitando così i ristagni idrici responsabili del marciume radicale. Nel corso dell’inverno le irrigazioni vanno moderate, assicurandosi che tra una e l’altra il terreno sia effettivamente asciutto, aumentando la frequenza delle annaffiature in primavera e in estate, periodi in cui dare da bere alla pianta più volte alla settimana.

    In merito alla concimazione, questo intervento può essere eseguito durante il periodo vegetativo, in primavera o in estate, ricorrendo a del fertilizzante liquido contenente azoto, fosforo e potassio, da aggiungere nell’acqua di irrigazione.
    La sassifraga non richiede particolari operazioni di potatura, dovendosi limitare a rimuovere i fiori appassiti e le foglie all’inizio della primavera, in modo tale da stimolare la formazione di nuovi fiori. Qualora la pianta diventi molto grande nel corso del tempo, in autunno e primavera può essere divisa: per svolgere questo intervento è necessario sollevarla in modo delicato per poi dividerla con un coltello in diverse sezioni, da piantare in un altro luogo.

    Cura della sassifraga: malattie e parassiti
    Nella cura della sassifraga è importante tenere conto di come possa essere incline a diverse problematiche tra le quali il marciume radicale, criticità da prevenire assicurandosi sempre un terreno drenato e non irrigandolo mai in modo abbondante.
    Inoltre, la pianta è soggetta all’attacco di afidi, che succhiano la sua linfa vitale, come anche le cocciniglie: i primi vanno trattati con antiparassitari sistemici per rimuoverli, mentre le seconde ricorrendo a un batuffolo di cotone imbevuto con alcol oppure a un prodotto ad hoc. Tra i rimedi naturali per eliminare i parassiti ci si può affidare all’olio di neem, da nebulizzare sulle foglie, oppure a uno spray con pomodoro o aglio o ancora a pesticidi a base di sapone biologico. Nel caso di infestazioni gravi è necessario usare pesticidi specifici. LEGGI TUTTO