2 Gennaio 2025

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    Mahonia, la pianta che decora i giardini

    Appartenente alla famiglia delle Berberidaceae, la Mahonia è originaria dell’Asia orientale, ma la sua storia tocca anche l’America settentrionale e l’America centrale. Composta da circa 70 specie di arbusti sempreverdi, questa pianta rustica si utilizza spesso come ornamento e decorazione, specie in giardini e terrazzi. Caratterizzata da foglie composte, pinnate e spesso anche spinose (simil Agrifoglio), colpisce per la bellezza dei suoi fiori e per la particolarità delle sue bacche.
    Mahonia, siepe indistruttibile: coltivazione della pianta
    Particolarmente apprezzata per la sua chioma sempre folta e per la fragranza intensa che emanano i suoi fiori, la Mahonia si utilizza sia come pianta singola, sia come arbusto da siepe. Solitamente questa pianta dai fiori gialli e dalle bacche scure si pone a dimora in giardino, in vaso o in piena terra, spazi in cui riesce a raggiungere i tre metri sia di altezza, sia di larghezza.
    Coltivare la Mahonia in giardino
    La coltivazione in giardino della Mahonia è una delle più frequenti; lasciandola crescere in questo spazio, infatti, se ne osserverà l’evoluzione, tra colori che cambiano e profumi inebrianti. Una volta conclusa la stagione invernale, ad esempio, alle foglie verde vivido si aggiungeranno preso piccoli fiorellini gialli, esteticamente appaganti. Con l’arrivo dell’autunno, invece, questi fiori gialli diventeranno bacche di colore blu scure e le foglie, da verdi, si tingeranno di un rosso scuro intenso. Una vera e propria metamorfosi nel tempo: affascinante in tutta la sua naturalezza!
    Coltivare la Mahonia in vaso in terrazzo
    Sebbene il massimo della sua bellezza e della sua resistenza lo si veda se piantata in giardino, la Mahonia può essere coltivata anche in vaso, in terrazzo. In questo caso altezza e larghezza raggiungeranno al massimo il metro e mezzo, ma l’effetto estetico sarà sempre molto appagante.
    Una volta acquistata la pianta, la Mahonia andrà riposta nel vaso selezionato. Se il vaso di coltivazione ha un diametro pari a 20 cm, bisognerà selezionare come vaso ospitante uno che abbia un diametro dai 25 ai 30 cm. Questa operazione di “svasamento” andrà poi fatta ogni 2-3 anni, fino a quando, alla fine, la Mahonia non sarà posta all’interno di un vaso di circa 50 cm. In questo modo la pianta avrà modo di crescere liberamente e di adattarsi agli spazi. Infine, ma non per importanza, si cambierà il terriccio superficiale ogni 2-3 anni.
    Fioritura della Mahonia
    Se c’è un elemento che più di tutti colpisce della Mahonia è senza ombra di dubbio la sua fioritura. Questa pianta resistente, infatti, si caratterizza soprattutto per i suoi fiori gialli, nati da boccioli rosso fuoco e radunati in pannocchie. Il loro profumo è inebriante, molto intenso, riconoscibile: la fioritura avviene in inverno, tra dicembre e marzo, ma dopo quest’ultima la Mahonia produce dei piccolissimi frutti, ossia le bacche. Queste si riconoscono per il loro colore viola scuro, blu o nero. Particolarmente amate dagli uccelli, sono commestibili anche per l’uomo (il sapore è un po’ acido) e si possono utilizzare anche per preparare marmellate o liquori.
    Come prendersi cura della Mahonia: esposizione e terreno
    La Mahonia è conosciuta anche per la sua estrema resistenza e per il suo grande adattamento a climi differenti. Prendersene cura non è così complesso, ma come tutte le piante richiede alcune piccole attenzioni importanti ai fini del suo benessere. Intanto, questa pianta sempreverde resiste bene al freddo e può essere lasciata in luoghi all’aperto anche in caso di temperature particolarmente rigide. L’ideale sarebbe esporla in spazi semi-ombreggiati, evitando il contatto diretto con i raggi solari, almeno in estate.

    Alcune specie di Mahonia, come la Mahonia aquifolium, preferiscono il freddo anche fino a -20°, ma evitano totalmente le temperature troppo alte, che le manderebbero in sofferenza.
    Mahonia: annaffiatura e concimazione
    Se coltivata in vaso la Mahonia va irrigata con regolarità; questo perché le radici di questa robusta pianta non possono “cercare” l’umidità in profondità, cosa che invece avviene tranquillamente in giardino. L’annaffiatura deve quindi essere abbondante soprattutto nei primi mesi successivi il trapianto, dopodiché bisogna solo assicurarsi che il terreno sia quantomeno umido. Durante la stagione estiva e quando il clima si fa più secco e arido, la frequenza di irrigazione aumenterà e la Mahonia sarà anche spostata in zone più ombreggiate.

    Se coltivata in giardino, invece, la Mahonia riceverà la giusta irrigazione dalle piogge, più frequenti nel periodo dell’Autunno e dell’Inverno. In caso di siccità o di periodi di assenza di piogge piuttosto lunghi, è importante sempre toccare il terreno e assicurarsi che non sia troppo secco. In tale caso, quindi, annaffiare generosamente.

    Per quanto riguarda invece la concimazione, la Mahonia preferisce terreni umidi, ricchi di humus e leggermente acidi. Per arricchirli ulteriormente, si può procedere aggiungendo torba o compost poco prima del trapianto della pianta.
    Potatura della Mahonia
    Affinché la Mahonia cresca bella e rigogliosa, si consiglia la potatura nei mesi tra aprile e maggio. Tendenzialmente, però, questa pianta non ha bisogno di essere potata con regolarità; crescendo molto lentamente non è necessario preoccuparsi subito di questa azione.
    Pianta versatile e molto attraente, la Mahonia è una pianta molto semplice sia da coltivare, sia da gestire. Le parole chiave per il suo benessere? Terreno drenato, posizione soleggiata ma non diretta, potatura regolare e irrigazione. Non ha grossi nemici dal punto di vista delle malattie: non le piacciono i ristagni idrici e potrebbe essere colpita da afidi o cocciniglie. In questo caso è sempre bene utilizzare prodotti specifici o, alternativa molto valida, ricorrere all’olio di neem. LEGGI TUTTO

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    Lo scioglimento del permafrost potrebbe rilasciare miliardi di tonnellate di CO2 in atmosfera

    È un circolo vizioso: l’anidride carbonica in atmosfera provoca l’aumento delle temperature; le temperature in aumento provocano lo scioglimento del ghiaccio e del permafrost; il permafrost, sciogliendosi, riversa altra anidride carbonica in atmosfera. Oggi conosciamo meglio l’entità di questo fenomeno grazie a uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Earth’s Future, i cui autori hanno combinato dati osservazionali con un modello biogeochimico per stimare la quantità di carbonio emessa dal permafrost in scioglimento, fino al 2100, in due scenari diversi.

    Nello scenario più pessimistico, quello in cui continueremmo a sfruttare i combustibili fossili, sarebbero riversate in atmosfera circa 20 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Una quantità assolutamente non trascurabile, ma – va sottolineato – inferiore a quella direttamente dovuta alle attività umane, che nel solo 2023 hanno causato l’emissione di 11,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica in atmosfera. Il permafrost è il suolo tipico delle regioni più fredde del mondo (ad esempio nord Europa, Siberia e America settentrionale): si tratta sostanzialmente di terreno ghiacciato composto di materiale organico che ha “intrappolato” per millenni anidride carbonica. Nelle regioni in cui le temperature scendono a meno di cinque gradi sotto lo zero, il permafrost è congelato in modo permanente. Durante l’Ultimo massimo glaciale, ossia il periodo durante il quale si ebbe la maggiore espansione dei ghiacci, circa 20mila anni fa, il permafrost copriva un’area molto più vasta di quella che copre attualmente, in particolare a partire dagli anni Ottanta, quando l’aumento delle temperature ha iniziato a diventare sempre più veloce e sensibile. Ed è proprio questa instabilità del permafrost a preoccupare oggi i climatologi.

    Riscaldamento globale

    Danni irreversibili alla criosfera, lo scioglimento dei ghiacciai non è più sostenibile

    di  Pasquale Raicaldo

    13 Novembre 2024

    Modellizzare il fenomeno, tuttavia, è molto complesso, perché molte sono le variabili in gioco. Gli autori dello studio appena pubblicato, un’équipe di scienziati della Zhengzhou University, hanno valutato profili dettagliati del carbonio intrappolato nel permafrost fino a sei metri di profondità, il doppio rispetto a quanto avevano fatto i lavori precedenti. In questo modo, hanno stimato che il permafrost dell’emisfero settentrionale contenesse 563 miliardi di tonnellate di carbonio tra il 2010 e il 2015, “seppellite” in un’area di quasi quindici milioni di chilometri quadrati. Gli scienziati, inoltre, hanno considerato due scenari diversi: il primo, decisamente ottimista, in cui riusciremo a contenere l’aumento delle temperature entro i due gradi centigradi; il secondo, peggiore ma purtroppo più realistico, in cui l’umanità continua a dipendere dallo sfruttamento dei combustibili fossili. Nel primo scenario, i ricercatori hanno stimato lo “scongelamento” di circa 119 miliardi di tonnellate di carbonio; nel secondo, la cifra sale a 252 miliardi di tonnellate. Fortunatamente, solo una piccola parte (tra il 4% e l’8%) finirà effettivamente in atmosfera, ossia 10 miliardi di tonnellate nello scenario più ottimista e il doppio in quello più pessimista. Tra l’altro, gli scienziati sottolineano che potrebbero verificarsi altre complicazioni (eventi di scioglimento improvvisi, dovuti per esempio a una diversa attività microbica) che aumenterebbero ancora di più la quantità di anidride carbonica immessa in atmosfera. Una ragione in più per insistere nelle azioni di contrasto al cambiamento climatico. LEGGI TUTTO