23 Dicembre 2024

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    Manovra 2025, le misure sull’ambiente tra novità e tagli

    Ripartito l’iter in Senato della Manovra 2025. La legge di Bilancio è arrivata in seconda lettura a Palazzo Madama per un esame praticamente blindato. Secondo la tabella di marcia prevista dal governo, l’approdo in Aula è previsto per venerdì, con il via libera finale il giorno dopo, sabato 28 dicembre. Molte le novità in materia ambientale introdotte dalla Legge di Bilancio che hanno scatenato le reazioni dell’opposizione.

    Il confronto in Aula
    Duro in Aula il confronto soprattutto con il gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra guidati da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Chiare le parole di Bonelli: “Questa finanziaria non fa un passo avanti verso la decarbonizzazione, anzi ne fa tanti indietro. Soprattutto siamo sconcertati per aver deciso la proroga ai concessionari del servizio della distribuzione di energia elettrica. Per altri venti anni. Calcolando che sarebbero dovute tornare sul mercato nel 2030, a questo punto le concessioni scadranno nel 2050. Tutto questo significa che la transizione ecologica è stata ‘cristallizzata’. Pensando a quello che sta accadendo nel mondo a causa della crisi climatica, sembra di vivere in un altro pianeta”. Non solo.

    La seconda manovra del governo Meloni è legge con 200 sì, 112 no e tre astenuti.  LEGGI TUTTO

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    Eco-ansia, sempre più diffusa tra i giovani: può portare alla paralisi dei comportamenti green

    Giovani, con un grado di istruzione elevato e con un’elevata tendenza ad adottare comportamenti pro-ambientali quotidiani come la raccolta differenziata e consumi sostenibili, dandosi obiettivi raggiungibili, inclini a fare gruppo e fare rete in favore dell’ambiente e a cercare il più possibile il contatto con la natura: è questo l’identikit della persona che tende maggiormente a percepire l’eco-ansia, l’ansia da clima.
    È quanto emerge da uno studio condotto presso l’Università Cattolica, campus di Roma dal dottor Matteo Innocenti, della Sezione di Igiene, Dipartimento di Scienze della Vita e Salute Pubblica dell’Università Cattolica, campus di Roma.

    Cos’è l’eco-ansia
    L’eco-ansia è una risposta di disagio emotivo al cambiamento climatico che si manifesta con sintomi molto simili a quelli dell’ansia generalizzata, come tristezza, paura e senso di impotenza e mancanza di controllo. Il cambiamento climatico ha implicazioni importanti per la salute e il futuro dei bambini e dei giovani, i quali però hanno poco potere per limitare i suoi danni, rendendoli quindi vulnerabili all’ansia climatica. Il primo studio su larga scala sull’ansia climatica a livello globale, apparso di recente su Lancet Planetary Health, che ha coinvolto 10.000 giovani (di età compresa tra 16 e 25 anni) in dieci paesi (Australia, Brasile, Finlandia, Francia, India, Nigeria, Filippine, Portogallo, Regno Unito e USA; 1000 partecipanti per paese), ha evidenziato che in tutti i paesi era diffusa la preoccupazione per il cambiamento climatico (il 59% era molto o estremamente preoccupato e l’84% era almeno moderatamente preoccupato). Più del 50% del campione ha riportato ciascuna delle seguenti emozioni: tristezza, ansia, rabbia, impotenza, senso di abbandono e colpa. Più del 45% dei partecipanti ha affermato che i loro sentimenti riguardo al cambiamento climatico influivano negativamente sulla loro vita quotidiana e sul funzionamento, e molti hanno riportato un alto numero di pensieri negativi sul cambiamento climatico (ad esempio, il 75% ha detto di pensare che il futuro sia spaventoso e l’83% ha detto di pensare che le persone abbiano fallito nel prendersi cura del pianeta).

    Lo studio
    Lo studio dell’Università Cattolica ha esaminato il fenomeno dell’eco-ansia in un campione italiano e cercato di tratteggiare le varie modalità con cui esso si declina, inoltre di validare una scala di misura ad hoc per misurare i livelli di eco-ansia e di eco-paralisi.

    Infatti, sebbene sia stato dimostrato che l’ansia per il cambiamento climatico può potenziare i comportamenti in favore dell’ambiente (pro-ambientali o PEB) in alcuni soggetti, in altri può indurre la cosiddetta eco-paralisi, portando così gli individui a evitare qualsiasi forma di impegno in azioni contro il cambiamento climatico. In questo studio gli esperti della Cattolica hanno chiarito quali fattori influenzano la relazione tra l’ansia per il cambiamento climatico e la predisposizione ai PEB. Gli esperti hanno condotto uno studio trasversale su 394 soggetti sani che vivono in Italia, i quali hanno completato questionari di valutazione come la Scala dei Comportamenti Pro-Ambientali (PEBS), la Scala dell’Autoefficacia Generale (GSE) e la Scala dell’Ansia per il Cambiamento Climatico (CCAS).

    In primis è emerso che generalmente, così come la consapevolezza sul cambiamento climatico genera eco-ansia, questa a sua volta induce comportamenti pro-ambientali che a loro volta riducono l’eco-ansia; un po’ come avviene prima di un esame, l’ansia da esame serve da stimolo per studiare.
    “Tuttavia – spiega Innocenti – abbiamo visto che non tutti gli individui interessati da eco-ansia adottano comportamenti autoefficaci; per esempio i giovani che hanno aspettative troppo ambiziose e che credono di poter modificare alla radice la situazione del cambiamento climatico, che però è un fenomeno complesso e non si può risolvere individualmente, possono avere una paralisi. In genere – precisa Innocenti – queste finiscono poi per essere le persone che adottano meno spesso comportamenti pro-ambientali. In genere si tratta di giovani dai 15 ai 35 anni, soprattutto le donne perché tipicamente nutrono preoccupazioni non solo per il loro futuro ma anche per le generazioni future e quindi per i propri potenziali figli.

    Questi risultati mostrano che l’ansia per il cambiamento climatico ha contemporaneamente due effetti diversi sugli individui: direttamente incoraggia i PEB e indirettamente può avere effetti dannosi sui PEB, come l’eco-paralisi. Di conseguenza, gli approcci terapeutici per trattare l’ansia per il cambiamento climatico non dovrebbero mirare a razionalizzare i pensieri irrazionali, ma piuttosto ad aiutare i pazienti a sviluppare strategie di coping come i PEB che, a loro volta, favoriscono l’autoefficacia. Il senso di autoefficacia deve essere altresì alimentato dalle istituzioni e dai decisori, attuando strategie anche collettive, in modo che si passi dall’autoefficacia a quello di efficacia collettiva, conclude Innocenti. LEGGI TUTTO

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    Il pungitopo, come coltivare l’arbusto che decora le tavole delle feste

    Il pungitopo o Rusco (nome tecnico Ruscus aculeatus) è un arbusto spontaneo in grado di regalare angoli di bellezza selvaggia al giardino. Pianta della tradizione natalizia, il pungitopo ogni anno conquista per la sua bellezza decorativa e per la sua affascinante natura selvaggia. I suoi colori risaltano in mezzo al bosco, ma sono perfetti da lasciare esposti anche dentro casa durante le festività. Ottimo come regalo di Natale o come decorazione di tavole imbandite, il pungitopo simboleggia (e augura) ricchezza e prosperità per l’anno che sta per iniziare. La sua particolarità? Il colore rosso delle sue bacche, protagoniste della stagione invernale. Coltivarlo in vaso o in giardino non è complesso; data la sua estrema rusticità e la sua nota resistenza, il pungitopo si adatta a molte situazioni e non richiede troppe attenzioni.

    Pungitopo: tutto sulla sua coltivazione
    Il Rusco, conosciuto tradizionalmente come Pungitopo, è una pianta perenne appartenente alla famiglia delle Liliaceae. Nasce in modo del tutto spontaneo nei boschi d’Europa, ma si coltiva anche in casa a scopo per lo più ornamentale. In particolare, la sua presenza aumenta durante il periodo natalizio: il pungitopo diventa protagonista di appartamenti e decora tavoli o mobili, un po’ come il suo collega, l’agrifoglio. Coltivare il pungitopo non è così complesso e questo lo si deve alla sua natura rustica e resistente, che fanno sì che si adatti a condizioni ambientali eterogenee. Preferisce crescere in luoghi più ombreggiati e umidi e resiste particolarmente bene sia al freddo, sia al caldo.

    Pungitopo in giardino: come coltivarlo
    Il pungitopo può essere coltivato tranquillamente in giardino e/o in aiuole, in piccole siepi basse e bordure. Ad esempio, nel caso in cui in giardino si abbia disponibilità di spazi ombreggiati di difficile riempimento, il pungitopo può essere la soluzione perfetta. Può essere collocato in aiuole, sotto gli alberi o in piccole siepi e/o bordure volte a delimitare sentieri o zone dello spazio aperto. Ovunque si decida di piantarlo lui crescerà in modo spontaneo senza troppi problemi.

    Come coltivare il Rusco in vaso: irrigazioni e concimazione
    Il pungitopo può essere coltivato anche in vaso; per farlo, però, è necessario munirsi di un contenitore abbastanza grande da posizionare preferibilmente all’esterno, su un balcone o su un terrazzo (ma può essere lasciato anche dentro casa). L’esposizione dovrà essere ombreggiata e durante i mesi più freddi non sarà necessario coprirlo: l’adattabilità è il suo punto forte. Per mantenerlo sano e rigoglioso anche in vaso basterà seguire alcuni passaggi fondamentali. Intanto, l’irrigazione dovrà essere effettuata con la giusta regolarità, assicurandosi che il terreno sia umido e ricco di humus ed evitando che si secchi, specialmente in estate, quando le temperature si alzano in modo esponenziale. Come avviene per la maggior parte delle piante, anche il pungitopo non ama i ristagni d’acqua, nemici del suo benessere. Fate quindi sempre caso al sottovaso, che non deve contenere acqua. Per quanto riguarda invece la concimazione, sarebbe utile utilizzare un concime liquido o granulare durante la primavera. In questo modo si favorirà la crescita della pianta, che si svilupperà forte, esteticamente rigogliosa e bellissima.

    Potatura e riproduzione
    Caratteristico per le sue “foglie” pungenti e per le sue bacche rosso vivo, il pungitopo non richiede in realtà una potatura regolare. Tuttavia, si consiglia di eliminare i rami secchi e/o danneggiati quando si avvicina l’inverno o, eventualmente, anche verso l’inizio della primavera. Così facendo la pianta sarà sempre in ordine ma soprattutto la si aiuterà a crescere in modo sano e forte. Per riprodurre il pungitopo, invece, la soluzione più efficace consiste nel tagliare il rizoma in più parti facendo particolare attenzione che ogni parte abbia un getto e una radice. Questa operazione andrebbe svolta all’inizio della stagione primaverile o dell’autunno, ricordandosi di interrare conseguentemente le parti di rizoma, dalle quali nasceranno – e dunque si riprodurranno – nuove piante di pungitopo.

    La fioritura del pungitopo
    Tra le caratteristiche che maggiormente rendono il pungitopo una pianta affascinante, la fioritura è senza ombra di dubbio la prima in classifica. Questa avviene nel mese di aprile, con piccoli fiori bianchi-verdastri poco stravaganti. Ciò che colpisce l’occhio sono invece le bacche, tinte di rosso acceso, che riempiono l’intero fogliame della pianta: esse iniziano a spuntare in inverno, dando quel tocco di magia in più al Rusco, che diventa subito simbolo delle festività natalizie (da non confondere però con l’agrifoglio).

    Pungitopo: come proteggere la pianta da malattie e parassiti
    Che cosa fare se sulle foglie del pungitopo si presentano macchie di polvere bianca? Intanto, significherebbe che la pianta è stata colpita dall’oidio, anche conosciuto come “mal bianco”. Se si dovesse presentare questa situazione, il primo tentativo risiederebbe nell’uso dell’aceto di mele. Diluendo un cucchiaino di prodotto in un litro d’acqua e nebulizzando il composto direttamente sul fogliame del Rusco, l’aspetto dovrebbe migliorare e il “mal bianco” scomparirà. Questa procedura sarebbe meglio svolgerla in un momento della giornata non troppo caldo, quindi il pomeriggio andrà benissimo. LEGGI TUTTO