8 Settembre 2024

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consigliato per te

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    Intervista alla preside Maria Grazia Lancellotti: “I genitori contestano i voti e i prof si irrigidiscono. Se ne esce solo col dialogo”

    ROMA — «Per alcuni genitori è il voto che conta, non che i figli abbiano o meno assimilato dei concetti e quando arriva un’insufficienza vanno a sindacare dagli insegnanti, senza considerare che siamo tutti dalla stessa parte». Per Maria Grazia Lancellotti, dal 2007 preside del liceo classico e linguistico Orazio di Roma, c’è da «ripensare […] LEGGI TUTTO

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    L’intelligenza artificiale contro lo spreco del cibo. Ci pensa una startup olandese

    C’è un filo sottile che lega cibo, energia, natura e perdite economiche. Quel filo è lo spreco alimentare, una delle facce di un sistema alimentare globale, sempre più insostenibile. Infatti, nonostante gli impegni per una transizione ecologica scritti sulla carta, ad oggi una buona parte della produzione alimentare globale, un terzo secondo la FAO, non arriva sui nostri piatti. Si perde o si spreca da qualche parte lungo le filiere produttive che vanno dalla raccolta alla trasformazione, dal trasporto alla conservazione, ma soprattutto all’interno delle nostre case. E se le tendenze attuali persisteranno, la perdita e lo spreco di cibo raddoppieranno entro il 2050. Perdite e sprechi non sono soltanto chilogrammi o tonnellate di alimenti, ma sono anche uno ‘spreco di natura’ e uno spreco economico enorme. Si tratta di costi nascosti, una enorme fetta di capitale naturale, pari per l’Italia a 140 miliardi di litri solo guardando all’acqua sprecata insieme al cibo che gettiamo ogni anno, ma anche di capitale economico che buttiamo via con alimenti che nessuno mangia. In questo scenario, con un obiettivo molto ambizioso, nasce la startup Orbisk, che utilizza l’intelligenza artificiale per raccogliere informazioni sugli sprechi alimentari nelle cucine delle mense e dei ristoranti.

    Nel dettaglio, la startup olandese utilizza la tecnologia di riconoscimento delle immagini AI per quantificare lo spreco alimentare nelle cucine. L’obiettivo è creare informazioni sui flussi di rifiuti e identificare le inefficienze strutturali nelle cucine professionali per contribuire a ridurre lo spreco alimentare.

    Lo studio

    In Italia 7,8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno legate a spreco alimentare

    04 Giugno 2024

    I dati dello spreco alimentare
    In Italia, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Waste Watcher, nonostante una recente maggior attenzione agli sprechi alimentari, gettiamo individualmente poco meno di mezzo chilo di cibo a testa ogni settimana, circa 25 kg in un anno. Ad oggi finiscono nella pattumiera solo dallo spreco che avviene nelle nostre case circa 6 miliardi di euro a cui vanno aggiunti 9 miliardi euro dello spreco di filiera, che fanno in media circa 15 miliardi di euro all’anno, circa un punto di Pil. Eppure, sempre in Italia, cresce il numero di persone che fatica a nutrirsi regolarmente, oltre il 9,4% della popolazione versa in condizione di povertà. È urgente agire per eliminare una pratica ormai appartenente ad un sistema economico e sociale insostenibile sotto tutti i punti di vista, riducendo a zero lo spreco alimentare dal produttore al consumatore. Per questa ragione l’ONU ha inserito tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, il Goal 12.3 che prevede di “dimezzare lo spreco alimentare pro capite globale”.

    Nel complesso, l’eliminazione degli sprechi è anche un’importante strategia di mitigazione ambientale. Se lo spreco alimentare fosse un Paese, sarebbe il terzo maggiore produttore di gas climalteranti dopo gli Usa e la Cina. Lo spreco di cibo è responsabile del 20% del consumo di acqua dolce e di fertilizzanti, e del 30% dell’uso globale dei terreni agricoli. E c’è di più: il valore economico del cibo sprecato a livello globale si aggira intorno a 1.000 miliardi di dollari all’anno, ma sale a circa 2.600 miliardi di dollari se si considerano alcuni dei costi «nascosti» legati all’acqua e all’impatto ambientale. Sebbene il cibo venga perso lungo tutta la catena di approvvigionamento, nei Paesi ad alto reddito le perdite si verificano soprattutto a livello di post-vendita e di consumo e variano tra 124 e 154 kg pro capite all’anno e comportano un costo economico elevato, stimato al 10-25% della spesa alimentare annua delle famiglie.

    Sostenibilità

    Lotta allo spreco alimentare: le associazioni che aiutano a recuperare il cibo

    di Fiammetta Cupellaro

    05 Febbraio 2024

    La storia di Orbisk
    Orbisk nasce in Olanda a fine 2017 da un’idea di Olaf van der Veen, manager d’azienda, che a un certo punto della sua vita decide di abbandonare il suo lavoro da dirigente per dedicarsi ai temi di sostenibilità ambientale, concentrando tutte le sue energie sulla gravità dello spreco di cibo nel suo paese. Da li l’idea di fondare un’impresa innovativa, al cui progetto si uniscono gli amici (e co-fondatori) Bart van Arnhem e Richard Beks. La startup olandese utilizza l’intelligenza artificiale per quantificare lo spreco di cibo nelle cucine dei ristoranti. L’obiettivo è creare informazioni sui flussi di rifiuti e identificare le inefficienze strutturali nelle cucine professionali per contribuire a ridurle. Nel dettaglio, una telecamera (apposta sul bidone dei rifiuti) è collegata a una sofistica bilancia digitale in grado di riconoscere tutti gli alimenti gettati nella spazzatura fino al livello degli ingredienti, fornendo un quadro dettagliato dei flussi di rifiuti e identificando così tutte le inefficienze di speco di cibo. L’algoritmo AI riconosce con precisione che tipo di cibo viene buttato via, in quale quantità e a che ora del giorno.

    Come funziona il dispositivo AI
    Il dispositivo tech è utilizzabile dai ristoranti con una formula di leasing, non necessita di alcuno spazio aggiuntivo in cucina o di nuove infrastrutture. Il sistema si integra perfettamente con il bidone dei rifiuti già esistente, che può essere mantenuto nello stesso posto di sempre. I dati sono inviati automaticamente al cloud tramite rete mobile o Wi-Fi. Al software viene affiancato un ciclo di giornate di formazione per il personale della cucina, per imparare a leggere i dati e sfruttarli a loro vantaggio. Ad esempio, i formatori di Orbisk mostrano le fasi in cui si verificano sprechi nel processo e suggeriscono i possibili miglioramenti.

    “Ci sono diverse informazioni che il nostro software può identificare in quelle immagini: il tipo di cibo, la quantità di cibo, il livello di lavorazione (preparato, intero o tagliato), il momento dello smaltimento e il motivo dello smaltimento. Non solo, il software può determinare se il cibo proviene da una padella, un tagliere, o un piatto. Identificando in quale parte del percorso il cibo è andato perso”, racconta Olaf van der Veen. Che aggiunge: “Oggi, i contenitori dei rifiuti alimentari sono un grande descrittore di tutte le inefficienze in cucina. Ma insieme a molti dei nostri clienti, ci stiamo spingendo oltre combinando i dati sui rifiuti alimentari con i loro dati di vendita, i dati di acquisto, il numero dei coperti e persino informazioni circostanti come le previsioni del tempo che potrebbero avere un impatto sul numero degli ospiti. Questo sarà il nostro passo successivo: non solo guardare ai rifiuti generati ieri per rimediare lo spreco, ma anche prevedere quale pensiamo sarà il consumo di domani. Solo in questo modo stroncheremo sul nascere l’enorme spreco di cibo che flagella il mondo intero”. All’inizio di quest’anno i dispositivi Orbisk installati nelle cucine dei ristoranti olandesi erano venti, a giugno il numero è salito a 120, entro la fine dell’anno ne saranno installati altri trecento. A partire dal 2025 i fondatori di Orbisk hanno in programma di diffondere il loro dispositivo d’intelligenza artificiale negli Stati Uniti, paese noto per il primato dello spreco alimentare. LEGGI TUTTO

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    Attenti ai “vermi di fuoco”, in Texas l’allarme corre sul web

    In Texas hanno lanciato l’allarme. Senza troppi giri di parole, come spesso accade in America. “Attenzione! I vostri peggiori incubi si stanno materializzando attraverso la forma di vermi di fuoco”, ha scritto sui social l’Harte Research Institute, un ente scientifico che, con un approccio interdisciplinare, si occupa di sostenibilità e conservazione della biodiversità nel golfo del Messico. Con potenziale effetto psicosi sui bagnanti.

    Nelle foto, ecco comparire un vermocane, probabilmente una specie ‘sorella’ di quella che da qualche mese ha alimentato il dibattito anche nel Mar Mediterraneo, l’Hermodice carunculata, volgarmente – per l’appunto – verme di fuoco. L’allarme riguarda, ovviamente, la neurotossina che le sue minuscole setole bianche sono in grado di secernere, se toccate. “Negli ultimi giorni abbiamo trovato alcuni esemplari di questi policheti marini depositati su grandi tronchi trascinati a riva”, scrivono i ricercatori dell’Harte Research Institute. “I tronchi erano ricoperti di cirripedi a collo d’oca, i lepadi, probabilmente cibo potenziale per gli stessi vermi”. E del resto i vermocani – 28 specie differenti diffuse su scala globale – sono veri e propri spazzini del mare: amano nutrirsi di organismi morti, morenti o poco mobili. Sono, vale a dire, sapofaghi.

    In America, Texas in primis, l’alert sembra essere diventato virale, complici i toni alti della comunicazione. “Per la verità molte cose nell’oceano sono in grado di pungerci”, prova a rassicurare Jace Tunnell, biologo marino che – presso l’Harte Research Institute – si occupa prevalentemente dei rapporti con le comunità locali: è stato lui a imbattersi accidentalmente nei vermocani. Intanto, il National Park Service ha diramato qualche istruzione a uso e consumo di bagnanti che dovessero essere punti dai vermocani: consigliato, per esempio, usare del nastro adesivo per rimuovere le setole e ammoniaca per aiutare ad alleviare il dolore.

    E se i media americani sembrano aver optato per un tenore particolarmente sensazionalistico (“I bagnanti rimangano vigili di fronte alla crescente presenza di queste creature, probabilmente legata ai cambiamenti nelle correnti oceaniche, alle condizioni meteorologiche e ad altri fattori ambientali”, esorta lo “Statesman”), chi ha a quotidianamente a che fare con policheti marini, vermocani in primis, che abitano i fondali marini rocciosi dell’Atlantico, dall’Algeria alla Liberia, ma sono anche stabilmente presenti sul versante occidentale dalla costa sud-orientale degli Stati Uniti, è pronto a smorzare i toni. “Non è particolarmente sorprendente la notizia dello spiaggiamento di un tronco con crostacei sessili accompagnanti da vermocani, che amano nutristi di organismi morti o morenti, né giustifica alcun tipo di preoccupazioni nell’opinione pubblica, trattandosi di animali con i quali è difficile entrare a contatto, anche accidentalmente, e le cui punture causano al più alcune forme di eritema, certo fastidiose, ma che non creano danni permanenti”, spiega Luigi Musco, che insegna zoologia all’Università del Salento.

    E gli avvistamenti di vermocani anche nei nostri mari hanno, nei mesi scorsi, riportato l’attenzione su una specie che non è considerata aliena (abita da sempre il Mar Mediterraneo) e che tuttavia, essendo termofila, sembra avvantaggiarsi del riscaldamento globale: opportunista e vorace, è uno dei vincitori (temporanei) della battaglia per la sopravvivenza del nuovo millennio. Della sua presunta esplosione demografica si lamentano così i pescatori (che lo trovano nelle nasse, pronto a cibarsi opportunisticamente del pescato) e ne sono fatalmente preoccupati i bagnanti, mentre i fotografi subacquei lo immortalano sempre di più. Alimentando l’attenzione. I ricercatori, invece, provano a quantificare gli eventuali squilibri negli ecosistemi marini (è per esempio partito il progetto “Worms Out”, ente capofila l’OGS, l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, che lavora in collaborazione con gli atenei di Catania, di Messina, di Modena e Reggio Emilia, l’Ispra e l’Area marina protetta Capo Milazzo.

    “Ma nelle regioni meridionali, Sicilia, Calabria e Puglia in particolare – il vermocane c’è sempre stato – spiega ancora Musco – e bagnanti informati e pescatori ci convivono serenamente. Stiamo ora cercando di comprendere quanto consistente sia il suo spostamento verso nord, un fenomeno sul quale siamo ancora cauti. Del resto, per affermare che le sue popolazioni si stiano espandendo è necessario avere serie storiche di osservazioni che non abbiamo. Quanto alla sua pericolosità, ribadiamo che è molto relativa ed è legata a sistemi di difesa dell’organismo dalla predazione. Le sue setole, dette anche chete, iniettano una neurotossina che sarebbe termolabile: basta, qualora si entri accidentalmente a contatto con il vermocane, immergere la parte lesa nell’acqua calda per ottenere sollievo, e poi rimuovere le setole, che sembrano piccoli aghi, con delle pinzette, o del nastro adesivo”. LEGGI TUTTO

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    Scuola, Valditara: “La sperimentazione dell’IA partirà in 15 classi”

    “Siamo uno dei primi Paesi ad avere avviato quest’anno scolastico una sperimentazione nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per la personalizzazione della didattica. Parte in 15 classi, in alcune regioni: Calabria, Lazio, Toscana, Lombardia”. Lo ha annunciato il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, al Teha Forum di Cernobbio. “Se il modello funzionerà pensiamo di estenderlo ulteriormente […] LEGGI TUTTO