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    I numeri ingannevoli dell’industria automotive

    Alla fine del 2024 i miliardi erano 15. Ora sono 16 (e per qualcuno nel governo italiano persino 17). Parliamo di euro, delle somme che le case automobilistiche paventano di dover pagare per le multe Ue, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi 2025 di riduzione delle emissioni di CO2.

    La breve storia della mobilità elettrica, in Europa, è complessivamente positiva e mostra trend di crescita, dal 2019 a oggi, semplicemente impressionanti. Eppure, uno dopo l’altro, i carmaker hanno rilasciato, in questi mesi, dichiarazioni esagerate sulla “crisi” e sulle potenziali multe, incolpando tutti di non fare abbastanza.

    Quanto avviene oggi è la ripetizione esatta di quanto già avvenuto nel 2019, alla vigilia del primo obiettivo Ue di riduzione delle emissioni per l’automotive. L’anno successivo, però, quell’obiettivo fu raggiunto da tutte le case auto. Più recentemente, nel 2024, nel Regno Unito, i carmaker hanno insistentemente protestato di non poter rispettare i target di decarbonizzazione; ma ce l’hanno fatta tutti, nessuno escluso. Lamentarsi salvo poi arrivare al traguardo sembra essere la strategia preferita dell’industria dell’auto. Cosa c’è di falso o fuorviante nei suoi allarmi?

    In primo luogo, fare previsioni sulla possibilità di rispettare gli imminenti target sulla base dei dati di mercato del 2024 – un anno in cui le case auto non hanno avuto alcun incentivo a massimizzare le loro vendite di zero emission – è almeno ingannevole. I carmaker hanno programmato la loro strategia commerciale puntando soprattutto alla conformità ai target del 2025: per questo una dozzina di modelli full electric con prezzi accessibili, prodotti in Europa, stanno arrivando nei concessionari solo ora. E già i dati di gennaio dicono che sia la produzione che le vendite di auto elettriche (BEV) sono in aumento nella maggior parte dei mercati. Questo porta alla seconda questione: la domanda.

    Per conquistare il mercato di massa occorrono modelli di massa, largamente accessibili in termini di costo. Che stanno appunto arrivando, e arriveranno sempre più. T&E prevede che nel 2025 il market share delle BEV, nell’UR, raggiungerà il 20-24%. Considerando le flessibilità garantite dal regolamento ai costruttori, T&E si aspetta che le case automobilistiche riescano a raggiungere gli obiettivi o che, nel peggiore dei casi, paghino multe minime.

    Se sul versante della regolazione della domanda ci sono molte iniziative utili da prendere (una norma per accelerare la decarbonizzazione delle flotte aziendali; o l’utilizzo dei proventi dai dazi sul made in China e dei fondi post Covid non spesi per incentivi stabili), purtroppo la vera crisi si sta verificando sul versante della produzione di batterie. Molti progetti europei mostrano gravi difficoltà di crescita o stanno fallendo del tutto.

    Sia chiaro: non c’è un problema di disponibilità di sistemi di accumulo rispetto agli obiettivi climatici dell’UE. La sola Cina, già oggi, produce più celle per batterie di quante ne possa assorbire l’intera domanda globale. Ma le tensioni commerciali, geopolitiche e le preoccupazioni relative alla sicurezza devono spingerci a sviluppare un’industria del greentech autonoma, con competenze e capacità proprie.

    L’imminente Piano per l’industria automobilistica della Commissione dovrebbe concentrarsi su una strategia globale per le catene di fornitura delle batterie, prevedendo un’indagine sui sussidi potenzialmente iniqui alla produzione cinese, nonché criteri di resilienza per la concessione di aiuti di Stato e norme vincolanti sull’impronta di carbonio delle batterie. Sono anche necessarie regole chiare sugli investimenti diretti esteri nei nostri Paesi, per garantire che l’insediamento della produzione asiatica in Europa comporti un pieno trasferimento di tecnologia e competenze.

    Un piano dell’Ue che mantenga gli obiettivi di decarbonizzazione e che agisca per sostenere domanda e produzione domestiche può trasformare il 2025 in un anno storico per le nuove tecnologie, per l’industria, per i consumatori. A patto di non cedere a lamentazioni tanto veementi quanto ingannevoli.

    (Andrea Boraschi è Direttore di Transport & Environment – T&E) LEGGI TUTTO

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    Londra-NY in meno di 3 ore, ma il jet supersonico consuma fino a 7 volte di più

    Mentre il mondo tenta di invertire la rotta, inseguendo obiettivi a ridotto impatto ambientale, per decarbonizzare il settore dei trasporti, (tra i più inquinanti), c’è invece chi insegue un’altra strada. Facendo un salto supersonico in avanti, ma di fatto tornando indietro nel tempo, soprattutto negli obiettivi collettivi. Parliamo di Boom Supersonic, l’azienda americana che ha costruito il velivolo XB-1, che ha superato per 3 volte consecutive la barriera del suono, nell’ultimo volo di 40 minuti sul deserto californiano, e che anticipa la prossima linea di aerei supersonici commerciali.

    Con una velocità di 1.18 Mach, l’aereo ha superato i 1.300 km/h, stabilendo un nuovo traguardo per un velivolo non militare, che sarà il modello prototipale di Overture, un jet in grado di trasportare tra i 65 e gli 80 passeggeri, che raccoglie la triste eredità del Concorde, l’aereo che dopo il devastante incidente del luglio del 2000, (113 le vittime) finì la sua era nel 2003. Troppo cari i biglietti, troppa la quantità di carburante necessaria per raggiungere quelle velocità, costi appannaggio solamente di clienti facoltosi, che volevano raggiungere le due sponde dell’Atlantico – Stati Uniti ed Europa – in meno di 3 ore di volo. LEGGI TUTTO

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    Indi, la community del turismo responsabile: “Sì, viaggiare ma rallentando”

    “In occasione di un viaggio di lavoro mi sono reso conto di quanto fosse difficile entrare in contatto con le persone locali e vivere un’esperienza autentica, fuori dai soliti schemi. Quando ho condiviso l’idea con Fabio, Stefania e Luca, il loro entusiasmo e le loro competenze hanno dato al progetto ancora più valore e concretezza. Così, insieme, abbiamo fondato INDI, una realtà capace di connettere persone attraverso le loro storie, le loro passioni e il loro desiderio di scoprire il mondo in modo semplice e autentico”. Lui è Luca Di Pierro, fondatore e amministratore delegato di INDI, la community che unisce fisicamente viaggiatori, locali e creator digitali che vogliono immergersi in maniera autentica, totale e lenta in un’esperienza che è attenta, consapevole e sostenibile.

    Nel dettaglio, INDI è un’applicazione che, grazie a un avanzato sistema di incrocio di dati, analizza l’intera piattaforma per suggerire le guide più affini agli interessi degli esploratori (Explorer) desiderosi di vivere esperienze a contatto con le comunità locali. Una volta individuato l’Indi: la guida locale con il maggior numero di affinità, l’utente può prenotare la sua visita insieme a una figura competente e compatibile, capace di arricchire l’esperienza come solo una persona del luogo sa fare.

    Turismo sostenibile

    Anche la montagna soffre di “overtourism”

    di Giulia Negri

    10 Agosto 2024

    Fondata nel 2022 da Luca Di Pierro, Fabio De Martino, Stefania Ingannamorte e Luca Bernasconi, INDI connette persone e storie in oltre 50 paesi nel mondo, tra cui l’Italia, la Germania, il Giappone, gli Stati Uniti e la Spagna. L’app è dotata di una mappa globale e di filtri personalizzati, tramite i quali ogni viaggiatore può immergersi nella cultura del territorio e allontanarsi dai percorsi turistici più battuti. L’idea di INDI coincide infatti con la possibilità di visitare, da esploratori, al fianco di chi vive quotidianamente una realtà, i locali, sulla base delle passioni e delle inclinazioni personali. LEGGI TUTTO

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    Torna “M’illumino di meno”: l’iniziativa che invita a spegnere le luci

    Torna anche quest’anno per la XXI edizione M’illumino di Meno che diventa extralarge. Durerà infatti una settimana dal 16 al 21 febbraio. “Perché un giorno solo non basta più per raccontare la partecipazione di migliaia di persone, scuole, città, aziende, associazioni e comunità”, spiegano i promotori dell’iniziativa, i conduttori della trasmissione radiofonica Caterpillar su Rai […] LEGGI TUTTO

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    Materasso, come sceglierlo e smaltirlo per ridurre l’impatto ambientale

    Quando un materasso compie dieci anni, è ora di mandarlo in pensione. Trascorso questo periodo, è inevitabile che, nonostante l’accurata manutenzione, perda rigidità e altezza, non offrendo più un supporto ottimale durante il sonno. Per rimpiazzare quello che viene dismesso, di norma occorre acquistarne uno nuovo. Ma non è sempre facile orientarsi nella scelta, visto che i parametri da considerare sono numerosi e che si è spesso bombardati da massicce campagne di marketing che finiscono per confondere le idee.

    Il marchio europeo
    In negozio l’unico elemento che può garantire una scelta effettivamente attenta all’ambiente è la presenza del marchio Ecolabel, etichetta ecologica istituita dall’Unione europea nel 1992 e modificata nel 2013. La certificazione assicura che il prodotto sia stato realizzato con materiali sostenibili, che abbia un limitato livello di residui tossici e che non incrementi l’inquinamento dell’aria domestica.

    Il nuovo regolamento
    Nel frattempo, si stanno compiendo dei passi avanti per fare in modo che materassi e altri prodotti risultino sempre più ecologici. Tra i provvedimenti più recenti, il Regolamento 1781 del Parlamento e del Consiglio europei pubblicato il 13 giugno 2024, che introduce criteri di ecodesign più vincolanti, con l’obiettivo di risparmiare energia e ridurre i consumi nei processi produttivi. Per quanto concerne i dispositivi per il riposo, le nuove regole dovrebbero essere definite entro il 2025, lasciando poi ai fabbricanti uno o due anni di tempo per adeguarsi.

    Alla larga dalla discarica
    Oltre alla fase produttiva, anche lo smaltimento ha un rilevante impatto ambientale, soprattutto se il materasso arriva in discarica, dove si degrada lentamente. I prodotti della degradazione e gli additivi (come ritardanti di fiamma, metalli pesanti, colle, stabilizzanti, sbiancanti ottici) possono, infatti, infiltrarsi nel suolo o nelle acque sotterranee, danneggiando l’ambiente circostante. Senza contare che alcune sostanze potrebbero risultare pericolose anche per la nostra salute.

    Dal paraspifferi al futon
    Ecco perché è bene puntare sul riutilizzo. Chi ha messo da parte i materassi di lana di una volta può cominciare proprio da questi. La materia prima deve essere anzitutto estratta, lavata, cardata, in modo da renderla nuovamente pulita e soffice. Poi, come suggerisce Altroconsumo, si possono creare pouf, futon, cuscini, paraspifferi per finestre. Ci sono poi i materassi in poliuretano, più facili da tagliare: si possono rifoderare per trasformarli, per esempio, in una nuova cuccia per il cane. Non si possono, invece, tagliare i prodotti in lattice o a molle: un’idea è impiegarli per un letto utilizzato raramente o per un letto in una seconda casa. In alternativa, se il materasso dismesso è ancora in buone condizioni, dopo un’attenta pulizia può essere ceduto o donato a chi ne ha bisogno: una scelta sostenibile e anche etica.

    I vantaggi del riciclo
    Nel caso in cui il materasso fosse davvero giunto a fine vita, non può essere conferito insieme ai rifiuti solidi urbani o lasciato accanto ai cassonetti. Deve essere portato, magari usufruendo dei servizi di ritiro a domicilio, all’isola ecologica o in un centro di raccolta, che provvederà a inviarlo a impianti specializzati in grado di disassemblarlo per recuperare i materiali di cui è formato: secondo l’azienda Seco, le componenti riciclabili sono poliuretano e lattice (25%), acciaio (30%), lana e cotone (10%), feltro (10%), ovatta (10%), che possono essere riutilizzate nei settori tessile, arredamento, edilizia. In un report realizzato dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca, si stima che il 90% delle materie prime utilizzate per i materassi possa essere riciclata, con un risparmio di 13.500 tonnellate di anidride carbonica ogni 10mila tonnellate di prodotti trattati. LEGGI TUTTO

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    Prunus (Pruno): varietà, quando fioriscono e cura

    I prunus, comunemente noti come pruni, sono alberi e arbusti molto apprezzati per la loro bellezza e versatilità. Che si tratti di alberi ornamentali o piante da frutto, queste specie offrono fiori spettacolari e frutti deliziosi. Accanto agli alberi da frutto (prugne, pesche, ciliegie, albicocche), questo genere di pianta abbraccia anche varietà coltivate solo ed esclusivamente per il loro aspetto ornamentale/decorativo. La fioritura di alcuni pruni, infatti, è rigogliosa e suggestiva. Tra le varietà di pruno più coltivate ci sono il prunus triloba (o mandorlo cinese) e il prunus subhirtella. Scopriamo più nel dettaglio tutte le caratteristiche di questa pianta dalle mille varietà…e colori.

    Le principali varietà di prunus
    Il genere prunus comprende una vasta gamma di piante (sono oltre 400), ma alcune di queste sono più gettonate di altre. Tra le varietà più comuni, ad esempio, è bene citare:
    Prunus avium (Ciliegio dolce): il ciliegio dolce è noto per i suoi frutti succosi e dolci. Si tratta di un albero di medie dimensioni che può raggiungere i 20 metri di altezza. Le sue foglie verdi lucenti e i fiori bianchi lo rendono un’ottima scelta anche per giardini ornamentali;
    Prunus cerasus (Ciliegio acido): questo albero produce ciliegie più piccole e acidule, perfette per marmellate e dolci. Rispetto al Prunus avium, è più basso e adatto a spazi ridotti;
    Prunus persica (Pesco): il pesco è un albero da frutto molto amato per le sue pesche dolci e succose. Esistono diverse varietà di pesco, incluse quelle con fiori ornamentali di color rosa intenso;
    Prunus armeniaca (Albicocco): l’albicocco è una pianta rustica che produce frutti dolci e aromatici. Si distingue per i suoi fiori bianchi o rosa pallido e è ideale per climi temperati;
    Prunus serrulata (Ciliegio giapponese): conosciuto anche come Sakura, il ciliegio giapponese è una delle specie più amate per la fioritura spettacolare. I suoi fiori rosa o bianchi sono un simbolo di bellezza e transitorietà nella cultura giapponese;
    Prunus domestica (Susino): il susino è coltivato per le sue prugne dolci, che possono essere consumate fresche o utilizzate per preparare conserve. È una pianta versatile, adatta sia a scopi ornamentali che produttive;
    Prunus laurocerasus (Lauroceraso): il lauroceraso è una specie ornamentale molto usata come siepe per la sua folta vegetazione sempreverde. Produce piccoli fiori bianchi a grappolo e bacche nere decorative.

    Quando fioriscono i prunus
    La fioritura dei Prunus è uno spettacolo naturale che varia in base alla specie e al clima. I ciliegi, ad esempio, iniziano a fiorire in primavera, generalmente tra marzo e aprile e la fioritura è influenzata dalle temperature: in climi più miti, i fiori possono sbocciare già a fine febbraio. Il prunus persica, o più semplicemente pesco, fiorisce anch’esso in primavera, di solito a marzo. I suoi fiori rosa sono i primi a segnalare l’arrivo della bella stagione e sono tra i più belli della stagione. Anche l’albicocco, o prunus armeniaca, è un altro dei primi alberi a fiorire: pensate che i loro fiori, anch’essi splendidi, fioriscono già a febbraio in zone dove il clima è mite. Occhio però alle gelate tardive, che ne rallenta ovviamente la fioritura. C’è anche il susino tra le varietà di Prunus più conosciute: questo fiorisce ad aprile, ma il periodo di fioritura può variare a seconda delle condizioni climatiche e dalla sottovarietà della pianta stessa.

    Cura e manutenzione dei prunus
    I prunus sono piante relativamente facili da coltivare, ma richiedono alcune attenzioni per garantire una crescita sana e una fioritura abbondante. Intanto, il terreno: i prunus preferiscono terreni ben drenati, ricchi di sostanza organica e con un pH neutro o leggermente acido. È importantissimo evitare terreni troppo compatti o soggetti a ristagni d’acqua, capaci di causare problemi alle radici della pianta. Per quanto riguarda invece l’esposizione, la maggior parte delle varietà di prunus richiede una buona esposizione al sole per favorire la fioritura e la produzione di frutti. Tuttavia, alcune specie ornamentali, come il lauroceraso, tollerano meglio l’ombra parziale. Anche l’acqua è fondamentale: i giovani alberi di prunus necessitano di un’irrigazione regolare per favorire l’attecchimento. Una volta adulte, le piante tollerano meglio la siccità, ma durante i periodi particolarmente secchi è bene fornire acqua supplementare.

    Prunus: potatura e concimazione
    La potatura è essenziale per mantenere i prunus in salute e per favorire una crescita equilibrata. Il momento migliore per effettuarla è o l’inverno, o l’inizio della primavera, ma come si procede? È sufficiente rimuovere i rami secchi, malati o mal posizionati. Anche la concimazione è una fase importante per il benessere della pianta: utilizzare concimi ricchi di fosforo e potassio è essenziale, specialmente durante la fase di fioritura e fruttificazione.

    Malattie e parassidi del prunus: come difendere la pianta
    I prunus possono essere attaccati da afidi, cocciniglie e altre malattie fungine come la moniliosi e la bolla del pesco. Per evitare di andare incontro a situazioni spiacevoli, è importante controllare regolarmente la pianta e intervenire tempestivamente con trattamenti specifici, preferibilmente a base di prodotti biologici. LEGGI TUTTO

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    La coltivazione e la cura della primula per una magnifica fioritura

    Le primule sono tra i fiori che riescono a sopravvivere con l’arrivo dei primi freddi: ecco una piccola guida per scoprire di più riguardo a questa pianta, dalla coltivazione alla cura ideale per una fioritura colorata e bella.

    La coltivazione e la cura della primula
    La primula è una pianta appartenente alla famiglia delle primulaceae e se ne trovano davvero molte specie tra esemplari annuali, sempreverdi, rustiche ecc. La più comune è sicuramente la primula vulgaris o primula comune, pianta originaria dell’Europa occidentale, che rallegra i giardini soprattutto nel periodo invernale. Questa pianta si presenta con foglie disposte a rosetta, leggermente pelose nella parte inferiore. I fiori, invece, sono singoli e disposti in diverso modo a seconda della specie: infatti, si possono trovare esemplari con fioritura a ombrello e a spiga. Ma come ci si occupa della coltivazione della primula? In realtà, la primula non richiede una cura particolare, bensì è necessario capire quali sono gli esemplari che si possono sistemare comodamente sia all’esterno sia all’interno della propria casa. La temperatura ideale per la primula è di 10-16°C durante la stagione estiva, mentre in inverno riesce a tollerare fino ai 7°C, ma non per periodi troppo prolungati. Per una corretta coltivazione della primula è importante ricordare che non ama la luce diretta del sole e le correnti d’aria fredda. La posizione migliore per la sua cura è ombreggiata o con luce solare indiretta.

    Le specie più conosciute
    Come accennato in precedenza, in natura si possono trovare davvero molte specie: si parla addirittura di 500 specie differenti tra di loro. Tra le più note è possibile citare le seguenti:
    Primula acaulis o vulgaris: si tratta di una specie spontanea che nasce nei boschi europei. Non va oltre i 10 cm ed ha foglie strette con margini ondulati. Si possono coltivare anche in appartamento, a patto che vi sia il giusto fresco durante la fioritura. Da questa specie sono state ricavate molte piante ibride.
    Primula Veris od Odorosa: è possibile osservare questa specie a fine inverno. I fiori si presentano con disposizione a campanula e sono di colore giallo-oro o con macchie arancioni. Hanno un profumo spiccato e foglie dentate con una fitta peluria sul lato inferiore. È una sempreverde e specie protetta.
    Primula obconica: è una pianta originaria della Cina, caratterizzata da foglie oblunghe con margini ondulati. Anche questa pianta presenta peluria nella parte inferiore della foglia, ma meno fitta. Inoltre, le foglie possono irritare per via di una sostanza che contiene. I fiori a ombrello sono grandi e di diversi colori e sono su steli di 30 cm al massimo di lunghezza. Sbocciano a partire dalla stagione invernale e proseguono fino all’estate.
    Primula Malacoides: un’altra specie di primula, sempre originaria della Cina, è questa. La pianta non supera mai i 25 cm di altezza ed è caratterizzata da foglie piccole dentellate e verdi con nervature bianche. I fiori, posizionati su steli di 40 cm di lunghezza, sono bianchi e rosa e si possono osservare tra gennaio e aprile.
    Primula elatior: si tratta di una specie che si presenta con foglie alla base della pianta e fiori a ombrello su lunghi steli che, però, non profumano.
    Primula farinosa: tra le specie che troviamo comunemente sulle Alpi italiane vi è questa. È una pianta che cresce spontanea ed è caratterizzata da fiorellini di piccole dimensioni che sbocciano tra maggio e settembre.

    La fioritura
    I fiori di questa pianta sono molto belli sia per quanto riguarda la forma sia per la colorazione. Come accennato in precedenza, possono assumere la forma di una campanella posizionata su lunghi steli, ma anche di un ombrello ampio. I colori sono tanti: si va dal giallo al bianco, dal rosso al viola e dal blu all’azzurro. È importante considerare un aspetto particolare che riguarda la fioritura. Infatti, la primula non gradisce più di 16°C quando i fiori stanno sbocciando. Temperature elevate possono causare una riduzione sensibile della fioritura della primula.

    Qual è il terreno migliore per la pianta?
    Se si coltiva la primula in vaso, è necessario selezionare un terreno leggero, ma allo stesso tempo ricco di sostanze organiche. Si può anche mescolare un po’ di sabbia per rendere il terreno più drenante. Anche la coltivazione in piena terra richiede un buon terreno: meglio se un terreno ricco di humus, leggermente acido, e ben drenato.

    Le annaffiature
    Durante l’estate la primula ha bisogno di acqua data in maniera regolare: il terreno dovrà essere umido, ma mai eccessivamente bagnato. Infatti, è una di quelle piante che non tollera i ristagni idrici. Ogni tanto si può nebulizzare dell’acqua sulle foglie, facendo attenzione a non bagnare i fiori. Anche durante la fioritura è importante irrigare con costanza la pianta: in questo modo, i fiori trovano la giusta umidità per crescere bene.

    La concimazione
    Il concime può essere dato alla pianta quando la si innaffia, magari diluendo quello liquido nell’acqua, ogni 2 settimane. È consigliato iniziare quando vi sono i primi germogli di fiore per proseguire durante la stessa fioritura. Si suggerisce un concime con bassi livelli di azoto e alti di potassio e fosforo. È preferibile sfruttare anche quelli che al loro interno presentano manganese, rame, zinco, ferro e boro, elementi che aiutano la crescita della pianta.

    La moltiplicazione della primula
    È possibile moltiplicare la pianta sia per seme sia attraverso la suddivisione delle piantine effettuata durante il rinvaso. È necessario poi sistemare i semi nel semenzaio, così poi da ottenere una piantina in poco tempo e sistemarla in vaso o in piena terra.

    Il rinvaso e la potatura
    Il rinvaso della primula si può eseguire ogni 2 anni, prima dell’arrivo della stagione autunnale e prima ancora dell’ingresso nella fase vegetativa della pianta. È importante selezionare un ottimo terreno per offrire il meglio della cura alla primula. Il vaso da selezionare deve essere leggermente più grande del precedente, fino a un massimo di 20 cm. Nel caso in cui la pianta si fosse espansa più di questa dimensione, allora è preferibile dividere le piantine e sistemarle in altri vasi. La potatura si potrà eseguire anche durante il rinvaso, eliminando foglie secche e gialle o gli steli morti. Se non si effettua il rinvaso completo della pianta, si può decidere di sostituire i primi centimetri di terriccio con dell’altro fresco.

    Le malattie e i parassiti in cui può incorrere
    Come molte altre piante, anche la primula può andare incontro a problematiche comuni. Per esempio, la muffa grigia sulle foglie dovute a un fungo per via di elevata umidità. Facendo asciugare completamente il terreno e trattando con un fungicida specifico si può ottenere di nuovo una pianta sana. Gli acari e il ragnetto rosso possono trovarsi facilmente sulla pianta e, anche in questo caso, è importante selezionare un prodotto ad hoc per il trattamento. La primula può anche presentare foglie ingiallite, ma in questo caso si tratta solo di un problema dovuto all’aria troppo secca e calda. LEGGI TUTTO

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    Pervinca: coltivazione, cura ed esposizione

    La Pervinca, una pianta versatile e resistente, è particolarmente apprezzata per il suo aspetto decorativo e la sua capacità di adattarsi a diversi ambienti. Conosciuta anche come Vinca, questa pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Apocynaceae produce fiori dai colori vivaci, che variano dal viola al blu, e si adatta sia alla coltivazione in giardino, sia a quella in vaso. Scopriamo come coltivarla al meglio, quali cure richiede e come garantire la corretta esposizione per favorirne una crescita rigogliosa.

    Coltivazione della Pervinca
    La coltivazione della Pervinca è semplice e alla portata di tutti, anche dei meno esperti di giardinaggio. Grazie alla sua natura rustica, questa pianta si adatta a molte condizioni ambientali, rendendola una scelta ideale sia per giardini fioriti, sia per coperture di suolo. Il suo terreno ideale è ben drenato e ricco di sostanze organiche; sebbene tolleri terreni poveri e leggermente calcarei, questa pianta si sviluppa meglio in substrati moderatamente acidi (pH compreso tra 5,5 e 7). Prima di piantare, ad esempio, sarebbe meglio arricchire il terreno con compost o torba per migliorare la struttura e la fertilità della pianta. Il periodo migliore in cui piantare la Pervinca? O la primavera, o l’autunno, quando le temperature sono miti. Questo consente alle sue radici di stabilirsi nel terreno prima dell’arrivo di condizioni climatiche estreme.

    Modalità di semina
    Seminare la Pervinca non richiede troppa complessità. Le opzioni, in realtà, sono due: talee o semi. Nel primo caso, si tratta di un metodo veloce ed efficace per propagare la pianta, mentre nel secondo caso, quindi usando i semi, bisogna tenere presente che questi richiedono più tempo per germogliare, ma garantiscono una varietà maggiore. Per le talee, l’ideale sarebbe tagliare un ramo sano lungo circa 10-15 cm, rimuovere le foglie inferiori e piantarlo in un mix di terriccio e di sabbia.

    Irrigazione
    Durante i primi mesi di coltivazione della Pervinca, è importante mantenere il terreno umido per favorirne il radicamento. Una volta stabilita, la pianta richiede irrigazioni moderate, tollerando brevi periodi di siccità. È molto importante evitare i ristagni d’acqua, che possono provocare marciume radicale.

    Pervinca: coltivazione in vaso
    Nel caso in cui si voglia coltivare la Pervinca in vaso, ci sono alcuni piccoli accorgimenti da tenere a mente per garantire la salute della pianta e soprattutto una buona crescita. Questo parte dalla scelta del vaso, che deve avere dei fori di drenaggio, fondamentali per evitare il marciume di cui sopra. Inoltre, si consiglia sempre l’utilizzo di un terriccio universale leggermente sabbioso e si deve sempre fare attenzione che il vaso sia posizionato in un luogo adatto. L’esposizione della pianta, infatti, gioca un ruolo fondamentale per la sua crescita e per la sua fioritura. Questa pianta perenne è estremamente adattabile, ma alcune condizioni possono aiutarla a crescere in modo ottimo. La Pervinca prospera in diverse condizioni di luce. Il pieno sole è ben tollerato e garantisce una fioritura abbondante, soprattutto durante i mesi primaverili ed estivi. Ottima anche la mezz’ombra, ideale in climi caldi, dove il sole intenso potrebbe danneggiare le foglie. Infine, l’ombra completa è tollerata, ma potrebbe ridurre la produzione di fiori. Conosciuta anche per la sua grande resistenza, la Pervinca è capace di tollerare temperature sia alta, sia basse. La sua temperatura ideale? Tra i 15°C e i 25° C. È importante ricordarsi di evitare di collocare la Pervinca in aree troppo ventose, che potrebbero danneggiare i rami più delicati. In caso di coltivazione in vaso, posizionare i contenitori in un luogo riparato.

    Come proteggerla dal freddo
    In inverno, la Pervinca è in grado di resistere a temperature rigide (fino a -15°C), ma in aree particolarmente fredde è utile proteggere le radici con una pacciamatura di foglie secche o paglia.

    Potatura, concimazione, controllo dei parassiti
    La cura della Pervinca è piuttosto semplice, poiché si tratta di una pianta resistente che richiede pochi interventi regolari per mantenersi sana e rigogliosa. La potatura, ad esempio, non è strettamente necessaria, ma è consigliata per mantenere la pianta ordinata e stimolare una nuova fioritura. Di solito si consiglia di potare la pianta dopo la fioritura principale, quindi in tarda primavera o in estate. Per farlo basterà rimuovere i rami secchi e/o danneggiati e tagliare le parti troppo allungate; questo favorirà un aspetto compatto all’estetica della pianta. Inoltre, per supportare la crescita e la produzione di fiori, è utile fornire nutrienti supplementari alla Pervinca: come? Utilizzando sia un concime liquido ogni 15 giorni durante la stagione vegetativa (primavera-estate), sia un concime granulare a lento rilascio da aggiungere al terreno all’inizio della primavera. Generalmente, la Pervinca è resistente ai parassiti, ma può essere attaccata da afidi, ruggine e l’oidio. Per prevenire queste malattie è importante cercare di mantenere la pianta in buone condizioni di salute (seguendo quindi tutti gli step sopra descritti). Tuttavia, in caso di infestazione, è sempre possibile utilizzare prodotti specifici, come olio di neem, sapone insetticida o fungicidi naturali, particolarmente utili in caso di muffe o marciume. LEGGI TUTTO