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    Greenpeace: in Italia mancano dati sulla pericolosa contaminazione da TFA

    Nuova denuncia di Greenpeace Italia sulla contaminazione TFA, l’acido trifluoroacetico, la molecola che appartiene al gruppo più ampio di sostanze conosciute come “inquinanti eterni” del gruppo PFAS (di origine industriale altamente tossici). Si tratta di una molecola in uso da decenni e ben nota alla comunità scientifica internazionale, ma solo negli ultimi anni è emerso che il TFA sia di gran lunga il PFAS presente in maggiori quantità ovunque venga cercato: nelle acque minerali e potabili, nella polvere domestica perfino nel sangue umano.

    Ambiente

    Pfas nei cinturini degli smartwatch in fluoroelastomero: meglio sceglierli in silicone

    di  Simone Cosimi

    05 Gennaio 2025

    Eppure, denunciano ora gli esperti di Greenpeace nel nostro Paese, al contrario che in altri stati europei, non esistono dati pubblici e mappe sulla possibile contaminazione da TFA nelle acque sia superficiali che di falda, sia negli alimenti che nel corpo umano. “Improbabile ipotizzare che a differenza di gran parte delle nazioni europee, dove viene misurato, il nostro Paese sia immune da questa contaminazione”, scrive Greenpeace. E forse non è un caso, spiegano che “gli unici dati pubblici disponibili sull’inquinamento da TFA nel nostro Paese sono quelli ufficiali di ARPA Veneto riguardo i monitoraggi sulla presenza di PFAS ultracorti nelle falde sottostanti l’industria farmaceutica FIS di Montecchio Maggiore (VI), dove furono registrate concentrazioni superiori ai 100 mila nanogrammi per litro”.

    Acque senza veleni

    Questa molecola – costituita da due atomi di carbonio che può essere sintetizzata artificialmente o derivare dalla degradazione di circa duemila PFAS – è presente in molti settori: in alcuni gas refrigeranti, nei polimeri fluorurati (le sostanze plastiche altamente resistenti utilizzate dall’industria automobilista fino alla produzione di utensili da cucina); nei pesticidi, perfino nei farmaci e nelle schiume antincendio. Per stilare la prima mappa della contaminazione da PFAS – TFA incluso – nelle acque potabili di tutte le regioni italiane, lo scorso ottobre Greenpeace Italia, nell’ambito della sua campagna Acque senza veleni, ha raccolto campioni in oltre 240 città su tutto il territorio nazionale. Il prossimo 22 gennaio l’organizzazione ambientalista pubblicherà gli esiti delle analisi indipendenti realizzate.

    Salute

    Pfas, dalla carta da forno all’acqua: indistruttibili e (quasi) inevitabili

    di  Pasquale Raicaldo

    07 Novembre 2024

    “Gli scienziati trovano il TFA ovunque lo cerchino”

    “Così, mentre gli scienziati trovano il TFA ovunque lo cerchino, parallelamente, emergono prove inconfutabili circa la contaminazione irreversibile che origina e la continua esposizione degli esseri umani. Nonostante ciò, in Italia non sappiamo quanto sia ampia la diffusione di questa pericolosa sostanza”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. Non solo. Nel settembre dello scorso anno, l’Unione europea ha aggiornato il Regolamento delle sostanze chimiche introducendo una nuova restrizione all’uso del PFAS e dei suoi derivati soprattutto nel settore delle calzature, dei tessuti, cosmetici, nella carta e cartone utilizzati a contatto con gli alimenti, nelle schiume antincendio. Restrizione dovuta proprio al fatto che queste sostanze sono state valutate come “molto persistenti”, mobili nell’acqua e “associate a potenziali effetti nocivi sull’ambiente e la salute umana”. Anche se, secondo la tabella di marcia decisa a livello europeo, alle aziende che ne fanno uso è stato concesso un periodo di transizione tra i 18 mesi e i 5 anni a seconda dei settori coinvolti. Tempo che servirà per trovare alternative chimiche più pulite e sostenibili. E comunque partiranno solo dal 2026.

    “Nei succhi di frutta”
    L’associazione chiede dunque “interventi urgenti per limitare le emissioni in natura prima che gli impatti sugli esseri umani e sull’ambiente diventino ancora più evidenti e irreversibili”. “Negli ultimi anni, numerose ricerche hanno evidenziato il TFA non solo nelle acque potabili, ma anche in dieci marchi di acqua minerale e di sorgente venduti in Europa. Pure in succhi di frutta, puree di frutta e verdura, nella birra, nel tè, in numerose specie vegetali tra cui il mais, con concentrazioni simili a quelle delle sostanze bioaccumulabili. Questo perché è persistente e indistruttibile: per le sue stesse caratteristiche, non può essere rimossa dai più comuni trattamenti delle acque potabili”.

    Attenzione ai Pfas: che cosa sono e perché sono pericolosi per la salute

    di  Paola Arosio

    17 Dicembre 2024

    “Una storia che si ripete”
    Pur non avendo un quadro chiaro circa gli impatti sanitari, sempre secondo Greenpeace: “Potremmo essere all’inizio di una storia che si ripete: come già accaduto per i PFAS oggi noti per essere cancerogeni, fino a pochi anni fa non avevamo informazioni esaustive. Oggi sappiamo che il TFA è sicuramente una molecola a cui siamo continuamente esposti (e potremmo esserlo per l’intera nostra esistenza), può essere incorporato in molecole biologiche come le proteine, causare danni al fegato, essere trasmesso facilmente dalla madre al feto attraverso la placenta, e, infine, alcune prove indicano che sia tossico per lo sviluppo embrionale nei mammiferi. In base a queste evidenze, la Germania ha già chiesto all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) di verificare se possa essere classificato come tossico per la riproduzione umana”. Chiede l’associazione ambientalista: “A causa della contaminazione da PFAS e delle insufficienti risposte della politica, le persone che nel nostro Paese vivono nelle zone più esposte al rischio stanno già pagando un prezzo elevato. Quando il governo e i ministeri competenti intenderanno attivare controlli e misure urgenti per tutelare l’ambiente e la nostra salute?”. LEGGI TUTTO

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    L’appello di Papa Francesco: “Non abbiamo diritto di restare indifferenti all’emergenza climatica”

    “Non possiamo rimanere indifferenti a tutto ciò! Non ne abbiamo il diritto! Piuttosto, abbiamo il dovere di esercitare il massimo sforzo per la cura della nostra casa comune e di coloro che la abitano e la abiteranno”. Lo ha detto papa Francesco nel discorso di inizio anno al corpo diplomatico, letto da monsignor Filippo Ciampanelli a causa di un raffreddore, sottolineando che “siamo di fronte a società sempre più polarizzate, nelle quali cova un generale senso di paura e di sfiducia verso il prossimo e verso il futuro”.

    In un ampio passaggio del discorso, dedicato anche ai rischi di guerre mondiali, fake news e conflitti polarizzati che affliggono l’umanità, Borgoglio è tornato sul tema dell’emergenza climatica a lui caro. “Siamo tutti prigionieri, perché siamo tutti debitori: lo siamo verso Dio, verso gli altri e anche verso la nostra amata Terra, dalla quale traiamo l’alimento quotidiano”.

    “Sempre più la natura sembra ribellarsi all’azione dell’uomo, mediante manifestazioni estreme della sua potenza”, osserva papa Francesco, pensando alle alluvioni che si sono verificate in Europa centrale e in Spagna, come pure ai cicloni che hanno colpito in primavera il Madagascar e, poco prima di Natale, il Dipartimento francese di Mayotte e il Mozambico.

    Il debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo
    Poi, il riferimento all’importanza dei finanziamenti ai Paesi vulnerabili e ai necessari investimenti contro per affrontare la crisi del clima. “Nel corso della Cop29 a Baku – scrive il Papa – sono state adottate decisioni per garantire maggiori risorse finanziarie per l’azione climatica. Mi auguro che esse consentano la condivisione delle risorse a favore dei molti Paesi vulnerabili alla crisi climatica e sui quali grava il fardello di un debito economico opprimente. In quest’ottica, mi rivolgo alle nazioni più benestanti perché condonino i debiti di Paesi che mai potrebbero ripagarli. Non si tratta solo di un atto di solidarietà o magnanimità, ma soprattutto di giustizia, gravata anche da una nuova forma di iniquità di cui oggi siamo sempre più consapevoli: il ‘debito ecologico’, in particolare tra il Nord e il Sud. Anche in funzione del debito ecologico, è importante individuare modalità efficaci per convertire il debito estero dei Paesi poveri in politiche e programmi efficaci, creativi e responsabili di sviluppo umano integrale. La Santa Sede è pronta ad accompagnare questo processo nella consapevolezza che non ci sono frontiere o barriere, politiche o sociali, dietro le quali ci si possa nascondere”.

    Giù in occasione della Cop29 di Baku il Papa aveva lanciato un appello per la riuscita della conferenza Onu sul clima, ricordando i tre anni della piattaforma Laudato si’, nata dalla sua enciclica del 2015 e volta alla diffusione di una cultura della salvaguardia della “casa comune” e della ecologia integrale che metta al centro le persone. LEGGI TUTTO

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    Trump e l’eredità green di Biden: cosa cambierà negli Usa per le politiche ambientali

    Le intemerate del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump su Groenlandia, Panama, Hamas hanno oscurato una serie di esternazioni, apparentemente minori, sulle questioni energetiche e climatiche. Nella recente conferenza stampa dalla sua residenza di Mar-a-Lago in Florida, Trump ha confermato che fin dal primo giorno della sua presidenza, il prossimo 20 gennaio, rimuoverà il bando a nuove trivellazioni petrolifere in 625 milioni di acri lungo le coste degli Stati Uniti, bando appena varato dal presidente uscente Joe Biden. Ha esaltato il gas naturale come fonte di energia pulita, facendo finta di ignorare che come combustibile fossile dà un notevole contributo alle emissioni di CO2 e quindi al surriscaldamento del Pianeta. Ha definito le energie rinnovabili “convenienti” solo per le aziende che prendono sussidi pubblici per costruite campi eolici e fotovoltaici. Ha annunciato che durante la sua Amministrazione non si installeranno più pale eoliche negli States. Affermazioni che sommate all’annuncio, subito dopo la vittoria elettorale, di voler portare gli Usa fuori (per la seconda volta) dall’Accordo di Parigi, proiettano una ombra lunghissima sulle politiche globali per il contenimento delle temperature sulla Terra. Il tutto mentre il presidente uscente vara, invece, una serie di misure ambientali: l’istituzione di nuovi monumenti nazionali, un taglio record delle emissioni di CO2 entro il 2035, lo stop alle trivellazioni in mare e in Alaska… Provvedimenti che Trump ha definito, storpiando il Green New Deal dem, green new scam: nuova truffa verde.

    Di fronte a questo braccio di ferro tra presidente uscente e presidente entrante, c’è da chiedersi: le decisioni dell’ultim’ora di Biden sono solo simboliche? Un modo per passare alla storia come l’inquilino più green nella storia della Casa Bianca? O avranno una reale efficacia e applicazione nei prossimi anni, nonostante Trump si dica pronto a rinnegarle al giorno uno del suo mandato?

    Il bando alle trivellazioni
    Il divieto di trivellazione offshore di Biden affonda le sue radici in una legge vecchia di 72 anni, che concede alla Casa Bianca ampia autorità per proteggere in modo permanente le acque statunitensi dalle concessioni di petrolio e gas senza fornire esplicitamente ai presidenti successivi la possibilità di ritirare queste tutele una volta stabilite. Per annullare il divieto sarebbe probabilmente necessario un atto del Congresso, che ora è guidato da una maggioranza repubblicana esigua e divisa. Si spiega anche così la reazione rabbiosa di Trump, che ha attaccato il bando delle trivellazioni, accusando i democratici di stare lavorando per rendere il passaggio di poter il più complicato e costoso possibile. Se fosse bastata una sua firma il prossimo 20 gennaio per rimuovere lo stop alle perforazioni non si sarebbe dato pena. Resta il fatto che con questa mossa, Biden passerà alla storia per aver messo sotto protezione più terre e acque statunitensi di qualsiasi altro presidente.

    Il taglio delle emissioni al 2035
    A metà dicembre Biden ha anche impegnato gli Stati Uniti a ridurre, entro il 2035, le emissioni di gas serra del 61-66% rispetto ai livelli del 2005. La comunicazione all’Onu degli Ndc (i contributi determinati a livello nazionale) fa parte della procedura prevista dall’Accordo di Parigi. Ma Trump ha ripetutamente annunciato di voler uscire dall’Accordo, come fece nel corso del suo primo mandato. E allora che valore ha l’impegno preso da Biden? In realtà sfilarsi da un accordo internazionale richiede tempi tecnici, almeno un anno. Ma aldilà delle questioni procedurali, c’è da tener conto che negli Stati Uniti le politiche green e le regolamentazione delle emissioni competono soprattutto ai governatori dei singoli Stati. Molti dei quali (quelli democratici ma non solo) si sono già riuniti in una coalizione che intende proseguire nella riduzione delle emissioni di gas serra, indipendentemente dal volere della Casa Bianca, che può incidere solo sulle norme federali.

    L’Infaction réduction act
    Nell’agosto del 2022 l’Amministrazione Biden ha approvato il più grande investimento sul clima della storia americana: 2mila miliardi di dollari dalle casse federali per spingere il settore delle energie green nel prossimo decennio. Ora Trump può anche scagliarsi contro la politica dei sussidi pubblici, ma a beneficiare di questa pioggia di denaro sono e saranno anche cittadini e imprenditori che fanno parte della sua base elettorale. Se il nuovo presidente dovesse fare marcia indietro e chiudere i rubinetti, molti sono pronti a scommettere che il suo consenso precipiterebbe. Per questo l’Ira potrebbe sopravvivere alla nuova era Trump, nonostante i suoi proclami.

    Le fonti rinnovabili
    Uno dei ritornelli di Donald Trump in campagna elettorale è stato “drill, baby grill”: trivellate pure, ragazzi. Gli Stati Uniti sono ricchissimi di gas e petrolio e sarebbe un suicidio politico ed economico rinunciarci: questo, in sostanza, il pensiero energetico di The Donald. La lobby dell’oil&gas ha generosamente finanzialo la sua campagna elettorale e la passione per i combustibili fossili del neopresidente sembra essere la giusta ricompensa. Ma, si chiedono gli analisti, la volontà politica vincerà sul mercato? Perché già ora c’è tanto, troppo petrolio rispetto alla domanda. Produrne ancora comporterebbe un ulteriore calo dei prezzi, come successe durante la pandemia da Covid, quando addirittura le quotazioni andarono sotto zero. Sarà cruciale ciò che accadrà in Cina: grazie al boom delle rinnovabili, all’elettrificazione dei trasporti e all’efficientamento energetico, il colosso asiatico, finora uno dei maggiori acquirenti di greggio, potrebbe averne sempre meno bisogno, già a partire dal 2025. E i prezzi del barile potrebbero oscillare paurosamente verso il basso. Insomma la presidenza Trump, depurata dalle dichiarazioni del suo interprete, potrebbe essere meno drammatica del previsto per il clima. C’è chi arriva a dire che, per i motivi di cui sopra, il 67esimo presidente degli Stati Uniti non riuscirà a invertire la marcia di una transizione energetica ormai inarrestabile a livello globale. Il problema è che gli Stati Uniti, pur non facendo reali passi indietro, nei prossimi quattro anni non saranno certamente protagonisti di passi in avanti della lotta al riscaldamento globale. LEGGI TUTTO

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    Siepe o mini alberello: i consigli per coltivare la piracanta

    La siepe della piracanta è una pianta appartenente alla famiglia delle rosacee ed è originaria dell’Asia minore e dell’Europa meridionale. È un esemplare sempreverde da coltivare in giardino durante l’intero anno.
    La siepe della piracanta
    Chiunque fosse alla ricerca di una siepe sempreverde può decidere di coltivare nel proprio giardino la piracanta. Si tratta di una pianta che è caratterizzata dalla presenza di molto fogliame fitto, con foglie di dimensioni ridotte di colore verde scuro. La particolarità di questa pianta, però, sta nella presenza di spine appuntite e di numerosi fiorellini di colore bianco che, in un certo senso, potrebbero ricordare il biancospino. Durante la stagione autunnale, la pianta si anima grazie alla comparsa delle bacche: le stesse possono essere di diverso colore, rosse, arancioni o gialle. Questo dettaglio cambia a seconda della varietà che si decide di coltivare.

    La piracanta è una pianta che può raggiungere i 3 metri di altezza, specie se trova condizioni favorevoli per la sua crescita. Inoltre, è un sempreverde che riesce ad adattarsi alla perfezione anche ai climi più rigidi: sopporta addirittura temperature fino ai -20°C, ma anche il caldo torrido che si può percepire in prossimità di aree marine.

    La messa a dimora in vaso e in piena terra
    Se si vuole creare una bella siepe, è importante considerare la corretta distanza tra le varie piante di piracanta. In piena terra è utile organizzare le piante distanziandole di 50 centimetri le une dalle altre. Se, invece, si preferisce coltivare in fioriera è consigliato sistemare al massimo 2 piante, con un contenitore profondo almeno 40 centimetri e lungo 100 centimetri.

    La piracanta senza spine
    Come abbiamo accennato in precedenza, la siepe è caratterizzata dalla presenza di spine e, dunque, non è possibile selezionare per il proprio spazio verde una piracanta senza spine. In alternativa, però, si può decidere di adottare una pyracantha red star: si tratta di una sempreverde contraddistinta da meno spine e da una presenza maggiore di bacche rosse che compaiono intorno al mese di settembre.

    La piracanta nana o bonsai
    Chi fosse alla ricerca di una proposta di dimensioni inferiori a quella che può raggiungere i 3 metri di altezza, può optare per l’esemplare della piracanta nana o navaho. Questo arbusto raggiunge al massimo i 200 centimetri di altezza ed è comunque caratterizzato da fiori e numerose bacche di colore arancione. È senz’altro una pianta decorativa da sistemare nel balcone di casa, ma anche per bordure del giardino. I più creativi potranno anche dare vita a una piracanta bonsai: basterà munirsi di un paio di forbici pulite e dare la forma desiderata al mini alberello.
    Qual è il terreno suggerito per la sua coltivazione?
    La scelta del terreno per la piracanta non è difficile, poiché la pianta si adatta a qualunque condizione. La piracanta non ha particolari esigenze tanto che si può usare un terreno universale, a patto però che sia ben drenante, anche se povero. Infatti, la piracanta riesce ugualmente a sopportare questa caratteristica del terriccio.
    Le annaffiature della pianta
    La piracanta ha una grande resistenza alla siccità e preferisce un terreno privo di ristagni idrici. Durante i primi mesi dalla messa a dimora è necessario annaffiare la siepe in maniera regolare. Successivamente, nei mesi di maggiore siccità è sempre meglio dare con regolarità l’acqua alla pianta. In questo modo, si evita di danneggiare la fioritura.
    La concimazione
    Con l’arrivo della bella stagione si può utilizzare il concime per prendersi correttamente cura della siepe. Si può utilizzare concime di tipo granulare a rilascio lento da sistemare sulla terra. In alternativa, si possono anche acquistare concime liquidi specifici per le piante da fiore da somministrare nell’acqua, sempre in primavera oppure in autunno.

    La potatura
    La piracanta richiede una potatura annuale: in seguito all’impianto in piena terra, ci si può dedicare all’eliminazione dei rami secchi e danneggiati. In questo modo, si stimola la crescita di quelli nuovi, mantenendo una dimensione ideale per una siepe. È importante svolgere la potatura della piracanta alla fine dell’inverno e comunque prima della fioritura così da favorire anche la produzione delle coloratissime bacche.

    La propagazione
    È possibile propagare la pianta attraverso una talea, mentre per seme è molto più difficile. La talea va fatta a fine estate, con l’arrivo del mese di settembre, con la cima di un rametto privo di bacche: è necessario sistemare un rametto della pianta in un vaso con terriccio umido e leggero. Mi raccomando, è importante mantenere al massimo 2-3 foglie sulla cita, eliminando quelle poste alla base.

    Le malattie e i parassiti
    La piracanta è una pianta che, come tutte le altre, può essere colpita da malattie e tra le più note vi è quella della macchia fogliare. In pratica, il fogliame inizia a mostrare delle macchie marroni e la motivazione è da imputarsi principalmente all’assenza dell’aria intorno alla pianta. È importante evitare questo problema sistemando correttamente le piante ed evitando le annaffiature eccessive. Anche se è molto resistente, la siepe può incorrere anche nella ruggine, oidio e afide lanigero, problematiche dovute per l’appunto alla presenza di un terreno eccessivamente umido. LEGGI TUTTO

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    Batterie al sale: l’idea di BatterIT per trovare un’alternativa al litio

    “La nostra idea si concentra su un’area ancora poco battuta, ma che cela grandi opportunità: l’utilizzo delle batterie al sale nel settore del trasporto elettrico come alternativa al litio per combattere la crisi climatica”, a parlare sono Andrea Berti fisico della materia e Andrea Miotto esperto di analisi e marketing, entrambi ventiseienni originari di Quartier del Piave, un paese sulle colline in provincia di Treviso. Sono gli ideatori di BatterIT, un progetto che sviluppa un motore ibrido basato sulla tecnologia delle batterie ai sali fusi: sistemi che accumulano energia sotto forma di calore. Vantaggi? Una ridotta dipendenza da materiali rari, come il litio, in modo da rendere ancora più sostenibile la mobilità elettrica. BatterIT di Andrea & Andrea, lo scorso dicembre si è classificato tra i migliori dieci progetti al mondo nell’ambito della finale di Red Bull Basement 2024, la competizione globale pensata per sostenere una nuova generazione di innovatori e aiutarli a sviluppare e lanciare idee tecnologiche che abbiano l’obiettivo di migliorare la qualità della vita delle persone e del pianeta. A concorrere quest’anno circa 110 mila candidature.

    Energia

    Batterie al sodio, l’alternativa al litio: pro e contro

    di  Paola Arosio

    18 Dicembre 2024

    Come funzionano
    BatterIT prevede un motore ibrido che combina una batteria al sale e un motore a combustione. Spiegano i due ricercatori: “La diversa struttura delle celle, costituita anche da un elettrodo di sodio liquido, conferisce alla batteria al sale alcuni vantaggi rispetto alle batterie agli ioni di litio, usate per il trasporto elettrico. Ad esempio, in termini di sicurezza e stabilità: sebbene le batterie al sale richiedano un’alta temperatura di esercizio di circa 300° Celsius, non possono né bruciare né esplodere. Grazie ad un meccanismo di protezione. Per questo siamo convinti che rappresentano una svolta innovativa nel campo dell’accumulo di energia, promettendo di trasformare il nostro modo di immagazzinare e utilizzare l’elettricità. Tra l’altro, l’Italia è un paese ricco di saline, il che le consentirebbe di rendersi quanto più autonoma nella creazione dei motori energetici”.

    Innovazione

    Encubator, le startup pronte ad accelerare la transizione ecologica

    di  Gabriella Rocco

    09 Ottobre 2024

    L’alternativa al litio
    Le batterie al sale, spiegano ancora Berti e Miotto, possono dunque essere un’alternativa credibile alle tradizionali tecnologie al litio che sollevano molte questioni ambientali cruciali e che riguardano soprattutto la loro produzione e lo smaltimento. “L’estrazione dei materiali necessari, come il litio, può avere impatti negativi sull’ambiente e sulle comunità locali, mentre il recupero delle batterie usate rimane una sfida tecnologica e logistica. Non solo. A differenza delle batterie al litio, sono realizzate con materiali che si trovano in maniera abbondante e a basso costo, sono riciclabili, non infiammabili e non tossiche per l’uomo pur mantenendo la loro efficienza per un periodo di vita più lungo (circa vent’anni)”.

    Mobilità

    “La mobesity non aiuta l’ambiente. Serve una tassa sui SUV elettrici”

    di  Dario D’Elia

    18 Settembre 2024

    Obiettivo: trasporto elettrico più sostenibile
    “È per noi fondamentale affrontare queste sfide per costruire un sistema di trasporto più sostenibile. Partendo da questi benefici, il nostro progetto vuole aprire la strada a soluzioni più ecologiche, sicure e durature nel settore del trasporto elettrificato, portando ulteriori migliorie anche grazie all’integrazione dell’intelligenza artificiale”, così i due amici veneti spiegano più nel dettaglio le declinazioni del loro progetto. “Il nostro obiettivo principale rimane quello di ridurre la dipendenza dell’Italia dall’approvvigionamento dei materiali rari per una produzione domestica del sale, e quindi rendere più sostenibile la mobilità elettrica. Riducendo la dipendenza da materiali critici, costosi e inquinanti, non solo rendono più accessibile l’energia verde ma permettono di ottenere anche una significativa riduzione delle emissioni di CO2 durante i processi di produzione ed estrazione”. LEGGI TUTTO

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    Bonus elettrodomestici, come sostituire il vecchio con il nuovo per consumare meno

    Bonus elettrodomestici in pista. Le istruzioni operative per avere la nuova agevolazione prevista per l’anno 2025 arriveranno con un decreto ministeriale entro febbraio, ma dal momento che i fondi a disposizione sono limitati a 50 milioni di euro, è importate arrivare preparati in modo da ottenere il massimo vantaggio in termini di risparmio economico ed energetico. È infatti possibile acquistare con il bonus un solo elettrodomestico a fronte della rottamazione di uno meno efficiente. Ecco come fare la scelta migliore.

    Le regole di base
    Il nuovo bonus per gli elettrodomestici destinato a incentivare l’acquisto di apparecchi ad alta efficienza energetica prevede un contributo pari al 30% del costo, con un importo massimo di 100 euro, raddoppiato a 200 nel caso di famiglia con Isee entro i 25.000 euro. Il nuovo elettrodomestico deve appartenere almeno alla classe energetica B. Ogni nucleo familiare può richiedere il bonus una sola volta. È necessario conservare la fattura e dimostrare la dismissione di un vecchio elettrodomestico non efficiente, nessun problema in questo caso dato l’obbligo per i rivenditori di ritirare gratis l’usato.

    Fisco Verde

    Risparmio energetico e bonus 2025: tutte le novità

    di  Antonella Donati

    31 Dicembre 2024

    Etichette e consumi energetici
    Con le nuove classi energetiche che vanno dalla A alla G, viene indicato anche il consumo energetico specifico per ogni gruppo di prodotti, in particolare: lavatrici, lavastoviglie e lavasciuga per 100 cicli di lavaggio; frigoriferi per un anno di utilizzo; per i forni viene indicato il consumo di energia elettrica per la funzione di riscaldamento (convezione e, se disponibile, ventilata), in kWh/ciclo. Un ciclo standard si misura riscaldando un carico standard impregnato di acqua, in modalità statica o ventilata, se disponibile. Nella nuova etichetta energetica, inoltre, è possibile scansionare un QR code per ottenere ulteriori informazioni.

    Le differenze tra vecchio e nuovo
    Dai dati è facile verificare che un elettrodomestico della classe energetica più alta disponibile consuma minimo la metà di uno nella classe energetica più bassa. Ad esempio un frigo-congelatore con sbrinamento automatico, da 300 litri (200 per cibi freschi e 100 per cibi congelati) se in classe A presenta un consumo uguale o inferiore a 100 Kwh/annui, in classe B si sale fino a 124 Kwh/annui, mentre la classe C arriva a 155Kwh/annui, ossia oltre il 50% in più. I modelli più vecchi di fatto triplicano il consuma annuale di quelli più efficienti.

    Anche nel caso delle lavastoviglie, prendendo come esempio un apparecchio da 12 coperti abbiamo per la classe A un consumo uguale o inferiore a 34 KWh/100 cicli, che sale a 40 KWh/100 cicli per la classe B e arriva a 46 KWh/100 cicli per la classe C. Per i forni è ancora in vigore la vecchia tipologia di etichette, per cui nel caso di un forno elettrico da 100 litri, abbiamo per quelli più efficienti un consumo uguale o inferiore a 0,47 Kwh/ciclo, che sale fino a 0,705 Kwh/ciclo se si scende di due classi energetiche.

    Fisco verde

    Dai pannelli alle caldaie: aumentano gli impianti finanziati dal “Conto termico”

    di  Antonella Donati

    18 Dicembre 2024

    Come scegliere l’elettrodomestico da cambiare con il bonus
    Poiché il bonus consente di acquistare un solo elettrodomestico, è essenziale fare una scelta “strategica”. Ad esempio: cambiare il frigorifero può essere una buona scelta per tutti poiché è uno degli elettrodomestici più energivori in casa dal momento che è in funzione a ciclo continuo. Cambiare lavatrici e asciugatrici è una buona opzione per chi ha una famiglia numerosa o fa molti cicli di lavaggio, scegliendo in questo caso modelli con programmi eco e capacità di carico adatte. Vale la pena cambiare la lavastoviglie, invece, per chi ne fa un uso quotidiano, optando per modelli con funzioni di lavaggio rapido ed economico e programmi che ottimizzano i consumi di acqua ed energia. LEGGI TUTTO

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    C’è una formula per capire se la specie invasiva avrà successo

    Una formula per prevedere se una specie invasiva riuscirà a stabilirsi in un nuovo ecosistema. È il frutto di uno studio guidato dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) e pubblicato su Nature Ecology and Evolution. incentrato sulla determinazione del successo o meno di un’invasione da parte di una nuova specie. Nelle comunità naturali, gli ecologi […] LEGGI TUTTO

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    Infinna, la fibra tessile circolare che piace a Zara, Uniqlo e H&M

    Infinna è probabilmente una delle prime fibre tessili circolari capace di mettere tutti d’accordo: l’industria dell’abbigliamento, i consumatori e i difensori dell’ambiente. Si tratta infatti di un materiale riciclabile, biodegradabile e privo di microplastiche, sviluppato dalla finlandese Infinited Fiber Company, frutto del riciclo di rifiuti ad alta percentuale di cotone. Insomma, indumenti destinati alle discariche […] LEGGI TUTTO