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    Dalla Lombardia alla Basilicata, i fondi regionali per il fotovoltaico

    Fine d’anno con nuovi fondi a disposizione a supporto del fotovoltaico. Diversi i bandi regionali attivi che si rivolgono a privati e imprese possono contare su alcune centinaia di milioni di euro di contributi a fondo perduto per installare impianti solari e sistemi di accumulo. Il punto sui principali finanziamenti disponibili e sulle scadenze da non perdere.

    Friuli Venezia Giulia, fondi anche per i pannelli da balcone
    Il bando della Regione Friuli Venezia Giulia per il fotovoltatico su immobilo residenziali prevede anche il finanziamento per i sistemi plug and play, ossia dei pannelli da balcone. Previsto un contributo pari al 40% del costo. Per un impianto fotovoltaico di questo tipo il costo massimo ammissibile è di 1.720 euro, con un incentivo massimo di 688 euro. Per gli impianti tradizionali, ossia quelli con potenza pari o superiore agli 800 kw, invece, è ammissibile un costo massimo di 3.000 euro al kW con il limite di 7.200 euro per l’incentivo. Agevolate al 40% anche le batterie di accumulo. Le domande possono essere presentate solo a lavori ultimati attraverso la piattaforma online dedicata. L’incentivo è cumulabile con le detrazioni fiscali (bonus casa al 50%), purché la somma delle agevolazioni ottenute non ecceda il limite della spesa complessivamente sostenuta.

    Basilicata, domande entro il 31 dicembre
    Anche la Basilicata punta sul fotovoltaico residenziale con uno stanziamento di 39 milioni di euro destinato a impianti a fonti rinnovabili per privati. Il bando prevede contributi a fondo perduto fino a 10.000 euro per l’installazione di impianti fotovoltaici con potenza non inferiore a 3 kW (con tolleranza del 5%). L’agevolazione include anche i sistemi di accumulo con capacità minima di 4,5 kWh, oltre a collettori solari, pompe di calore e scaldacqua a pompa di calore. Le domande possono essere presentate fino al 31 dicembre 2025 attraverso la piattaforma Centrale bandi della Regione.

    Liguria, una settimana per presentare domanda
    La Regione Liguria offre invece un’opportunità con tempi molto stretti. Il bando si rivolge a micro, piccole, medie e grandi imprese per la realizzazione di impianti di autoconsumo da fonti rinnovabili. Sono ammessi interventi che riguardano fotovoltaico, mini-eolico, geotermico e biomassa, oltre alla sostituzione di componenti obsoleti con soluzioni più efficienti. La piattaforma per la compilazione offline delle domande è disponibile dal 3 novembre 2025, mentre l’invio telematico sarà possibile dal 17 al 29 novembre prossimo.

    Sardegna, a disposzione 29 milioni fino a giugno 2026
    Tempo più ampio in Sardegna per le imprese sarde che possono contare su uno stanziamento di 29 milioni di euro per sostenere autoconsumo e risparmio energetico. Il bando, pubblicato il 23 ottobre 2025, finanzia due linee di intervento: efficienza energetica e riduzione consumi (razionalizzazione dei cicli produttivi, adeguamento e rinnovo impianti) e installazione di impianti per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili. Le domande possono essere presentate fino al 30 giugno 2026, salvo esaurimento anticipato delle risorse disponibili.

    Lombardia, bando aperto dal 5 novembre
    Anche la Regione Lombardia ha pubblicato un bando da 20 milioni di euro, aperto dal 5 novembre 2025, destinato alle imprese che investono in efficientamento energetico. La misura prevede un contributo a fondo perduto pari al 50% delle spese, con un limite massimo di 50.000 euro per beneficiario. Gli interventi ammessi comprendono l’installazione di impianti fotovoltaici e sistemi di accumulo, oltre alla razionalizzazione dei cicli produttivi e all’adeguamento degli impianti per ridurre i consumi energetici. L’efficientamento atteso deve essere certificato da una relazione tecnica. Le domande devono essere presentate esclusivamente online attraverso la piattaforma Bandi e Servizi della Regione. LEGGI TUTTO

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    La ritirata da record del ghiacciaio Hektoria

    Otto km di ghiaccio persi in due mesi, ed è record. Parliamo della eccezionale ritirata del ghiacciaio di Hektoria, in Antartide, nella porzione del continente che si allunga verso la Terra del fuoco. Eccezionale perché, scrivono gli autori dalle pagine di Nature geoscience presentando i risultati delle loro analisi, qualcosa del genere nella glaciologia moderna non si era mai visto. Al di là del record, monitorare simili eventi e comprenderne le ragioni, è essenziale per capire cosa potrebbe succedere negli anni a venire ai ghiacciai antartici, spiegano gli autori.

    Riscaldamento globale

    Sopra l’Antartide aria fino a 35ºC più calda del normale

    di Fiammetta Cupellaro

    02 Ottobre 2025

    “Il ritiro dell’Hektoria è un po’ uno shock: questa fulminea ritirata cambia davvero quello che potrebbe succedere ad altri ghiacciai più grandi del continente”, ha commentato dal Cooperative Institute for Research in Environmental Science (Cires) della University of Colorado Boulder Ted Scambos, tra gli autori della ricerca: “Se le stesse condizioni si verificassero in altre aree, l’innalzamento del livello del mare nel continente potrebbe accelerare notevolmente”. La ritirata del ghiaccio Hektoria è avvenuta a cavallo tra il 2022 e l’inizio del 2023, e in totale si stima che le perdite siano state di 25 km, ma si sono concentrate alla fine del 2022, quando solo tra novembre e dicembre appunto ne sono volati via 8 km.

    Secondo gli autori, che hanno mappato cambiamenti nelle dimensioni, morfologia e altezza del ghiacciaio utilizzando i dati raccolti da diversi satelliti combinati con analisi sismiche, il fenomeno andrebbe ricollegato alla particolare conformazione dell’Hektoria, tutt’altro che rara nell’Antartide. Secondo le loro ricostruzioni il fenomeno ha avuto inizio con il distacco progressivo di iceberg dal ghiaccio, che avrebbe anticipato l’assottigliamento dell’Hektoria. A questo punto, spiegano i ricercatori, la conformazione del terreno sotto il ghiacciaio, piatto, avrebbe favorito il galleggiamento e quindi l’ulteriore sfaldamento, accelerato. Nello specifico gli scienziati parlano di ice plain per riferirsi alle zone piatte su cui è appoggiato il ghiacciaio, sottoposte alla spinta idrostatica. Regioni simili, continuano, sono state osservate in diverse aree dell’Antartide, come la Barriera di Ross, il ghiacciaio di Pine Island o il ghiacciaio Thwaites.

    Crisi climatica

    L’iceberg più grande del mondo si sta disintegrando

    di Giacomo Talignani

    03 Settembre 2025

    “In questo caso, il ritiro è stato causato principalmente da un processo di distacco legato all’ice plain, piuttosto che dalle condizioni atmosferiche o oceaniche come suggerito in precedenza – concludono – Questo implica che i ghiacciai con terminazione marina e con una geometria del letto di ghiaccio ad ice plain possono essere facilmente destabilizzati”. LEGGI TUTTO

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    Perché all’Italia non conviene una retromarcia sulla transizione alla green economy

    Lo stato di salute della Green economy in Italia registra luci ed ombre. Nel 2024 le emissioni di gas serra diminuiscono troppo poco; aumentano i consumi finali di energia per edifici e trasporti e si importa troppa energia dall’estero; il consumo di suolo non si arresta; la mobilità sostenibile si scontra con 701 auto ogni 1000 abitanti, il numero più alto d’Europa. Dall’altro lato, la produzione di energia elettrica da rinnovabili è arrivata al 49% di tutta la generazione nazionale di elettricità, l’Italia mantiene il suo primato europeo in economia circolare, l’agricoltura biologica cresce del 24% nel 2024 e le città italiane mostrano vivacità nella transizione ecologica. È questa la fotografia dell’Italia delle green economy contenuta nella Relazione sullo Stato della Green Economy 2025 presentata oggi in apertura degli Stati Generali della Green Economy, il summit verde promosso dal Consiglio Nazionale della Green Economy e dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile.

    “Abbiamo messo al centro di questa edizione un tema cruciale per il nostro paese: conviene o meno all’Italia tornare indietro nella transizione ad una green economy decarbonizzata, circolare e che tutela il capitale naturale? – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile – Noi riteniamo di no, anche alla luce dell’impatto positivo sull’economia italiana avuto con i progetti del PNRR, nei quali è stato rilevante l’aspetto della sostenibilità ambientale. Senza il Pnrr, il Pil italiano sarebbe stato in stagnazione o, addirittura, in recessione e sarebbe stato molto difficile contenere il deficit al 3%. Per l’Italia, al centro dell’hot-spot climatico del Mediterraneo, con un aumento delle temperature che corre il doppio della media mondiale, la transizione energetica e climatica è di vitale importanza”.

    “L’Italia, con le sue leadership in settori fondamentali come l’economia circolare, ha le carte in regola per essere nel gruppo di testa di un’Europa che guardi alla transizione in modo realistico e pragmatico. In un contesto complesso sotto il profilo geopolitico e di profondi cambiamenti climatici, il nostro continente deve investire in innovazione, crescita sostenibile e sicurezza energetica. L’Italia delle imprese impegnate nella green economy è un esempio da seguire per l’economia del futuro”: lo dichiara Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica.

    I numeri italiani

    Emissioni e Clima

    Dal 1990 al 2024 sono state ridotte complessivamente del 28%, ma nel solo 2024 il taglio delle emissioni di gas serra è stato di poco più di 7 milioni di tonnellate, neanche un meno 2% su base annua: un quarto della diminuzione registrata nel 2023. Per raggiungere l’obiettivo assegnato all’Italia nell’ambito del burden sharing europeo del 43% al 2030, occorre tagliarle di un altro 15% nei rimanenti 6 anni. In Italia il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre con oltre 3.600 eventi climatici estremi, quattro volte quelli del 2018.

    Energia, rinnovabili al 49% per la produzione elettrica
    Dal 2005 al 2024, in Italia i consumi di energia per unità di ricchezza prodotta si sono ridotti del 28% (meno della media europea del 35%). L’Italia rimane inoltre fra i Paesi europei con la più alta dipendenza energetica dall’estero. Per i consumi finali di energia, le stime per il 2024 non sono positive: i consumi registrano un aumento di circa l’1,5%, da ricondursi interamente ai settori degli edifici e dei trasporti, che si confermano i veri settori “hard to abate” per l’Italia. Nel 2024 la produzione di elettricità da rinnovabili ha superato i 130 miliardi di kWh, al 49% della generazione di elettricità, in traiettoria col target del Pniec, del 70% al 2030. Purtroppo, i dati del primo semestre del 2025 mostrano un nuovo possibile rallentamento – del 17% per le nuove installazioni di eolico e fotovoltaico rispetto al primo semestre del 2024 – probabilmente per la fine del superbonus del 110% e per la frenata attivata da alcune Regioni. Più efficienza, maggiore risparmio energetico e un forte sviluppo delle rinnovabili sono essenziali non solo per la decarbonizzazione, ma anche per ridurre in Italia i costi dell’energia e aumentare la competitività.

    Economia circolare, l’Italia primeggia in Europa
    La transizione verso una maggiore circolarità dell’economia è particolarmente importante per l’Italia, che utilizza grandi quantità di materiali che importa per il 46,6%. L’Italia ha le migliori performance di circolarità fra i grandi Paesi europei per la produttività delle risorse, cresciuta dal 2020 al 2024 del 32%, da 3,6 a 4,7 €/kg; per il tasso di utilizzo circolare dei materiali, che nel 2023 ha raggiunto il 20,8; per-il tasso di riciclo dell’86% del totale dei rifiuti e per il 75,6% di riciclo degli imballaggi. Attenzione però al mercato delle MPS, in particolare quello della plastica riciclata che è precipitato in una forte crisi e che, se non risolta, potrebbe produrre ricadute negative anche sugli sbocchi delle raccolte differenziate.

    Mobilità, l’e-car non decolla
    In Italia, benché nel 2024 abbiamo raggiunto il record europeo di 701 auto ogni 1000 abitanti (571 la media UE di 571), la produzione è scesa ai minimi storici, a 310 mila unità, con una quota, ormai marginale, del 2,1%, della produzione di auto in Europa. Dopo aver perso il treno dell’industria automobilistica tradizionale, si stanno accumulando ritardi anche nell’industria automobilistica del futuro, quella delle auto elettriche, calate del 13% nel 2024, con una quota di mercato in diminuzione dall’8,6% al 7,6%, un terzo della media UE che è al 22,7%. Benzina e diesel alimentano ancora l’82,5% del parco e il parco auto invecchia ogni anno di più, è arrivato a una media di 12,8 anni.

    Agricoltura, il biologico cresce
    Tra il 1980 e il 2023 in Italia i danni causati all’agricoltura da eventi atmosferici estremi sono stati pari a 135 miliardi di euro, il più elevato in Europa. È essenziale che l’agricoltura italiana sia più coinvolta nella transizione climatica, con misure di adattamento e mitigazione. L’Italia è il Paese europeo con il più elevato numero di prodotti DOP, IGP, STG: nel 2023 sono stati 856. Cresce ormai ogni anno l’agricoltura biologica. Nel 2024 la somma delle aree certificate e in conversione è stata di 2.514.596 con un incremento del 2,4% rispetto all’anno precedente e dell’81,2% in confronto al 2014. La Sicilia continua a essere la regione con la maggiore estensione in valore assoluto (402.779), seguita da Puglia e Toscana. Queste tre regioni concentrano il 38% di tutta la superficie biologica nazionale.

    Il consumo di suolo non si arresta
    Tra il 2022 e il 2023 il consumo di suolo in Italia è stato di 64,4 km2 circa 17,6 ettari al giorno, il terzo valore più alto dal 2012. L’impermeabilizzazione del suolo aumenta il deflusso superficiale e riduce la capacità di assorbimento delle piogge, contribuendo ad aumentare gli impatti degli eventi atmosferici estremi. In termini di impermeabilizzazione, tra i capoluoghi delle Città Metropolitane, segnaliamo che Napoli con il 34,7% e Milano con il 31,8%, hanno i valori più elevati, mentre Messina (6%), Reggio Calabria (5,8%) e Palermo (5,7%) registrano le minori percentuali.

    Le città italiane al lavoro per la transizione ecologica
    Le città italiane sono molto esposte ai rischi della crisi climatica. Nei mesi estivi del 2024, il 90,6% della popolazione residente nelle città italiane è stata esposta a temperature medie superiori a 40°C. Grazie alla partecipazione ad iniziative europee e ai fondi del Pnrr, molte città hanno realizzato interventi di mitigazione e di adattamento alla crisi climatica e iniziative dedicate alla transizione ecologica: impianti innovativi per la gestione rifiuti urbani, aumento di piste ciclabili e potenziamento del trasporto pubblico, rinnovo delle flotte di bus, tutela e valorizzazione del verde urbano, ecc. Nel 2026, terminati i fondi del Pnrr, occorrerà attivare nuove forme di finanziamento per continuare a sostenere la grande vivacità e qualità delle iniziative per la transizione ecologica avviate nelle città. LEGGI TUTTO

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    L’alocasia, come prendersi cura delle “orecchie di elefante”

    L’alocasia è una delle piante tropicali più amate dagli appassionati di botanica e di design d’interni. Originaria delle foreste pluviali dell’Asia sud-orientale, appartiene alla famiglia delle Araceae e deve il soprannome “orecchie di elefante” alle sue foglie enormi, a forma di cuore o di freccia. In natura può superare i due metri di altezza, mentre in appartamento resta una presenza scenografica e di grande eleganza. Prendersene cura, tuttavia, non è immediato: questa pianta richiede attenzioni precise su luce, umidità, terreno e difesa dai parassiti. Ecco una guida completa per coltivarla con successo.

    Coltivazione dell’alocasia: terreno e clima ideali
    Per crescere rigogliosa, l’alocasia ha bisogno di condizioni che riproducano il suo habitat tropicale. Predilige temperature comprese tra i 18 e i 25 gradi e non tollera sbalzi termici né correnti d’aria fredde. Sotto i 15 gradi, infatti, la pianta rischia di soffrire e arrestare lo sviluppo. Per quanto riguarda invece il terreno, questo deve essere soffice, ben drenato e ricco di sostanza organica: un mix di terriccio universale, torba e perlite assicura il giusto equilibrio tra umidità e ossigenazione delle radici. Per chi desiderasse coltivare l’alocasia in giardino, è bene ricordare che in Italia può vivere all’aperto solo nelle zone più miti, mentre altrove conviene tenerla in vaso per spostarla facilmente in inverno.

    Irrigazione: quando annaffiarla
    L’acqua è vitale per questa pianta, che ama l’umidità costante. Ma attenzione: troppa irrigazione può essere dannosa quanto la siccità. Il ristagno idrico, infatti, favorisce il marciume radicale, una delle principali cause di deperimento della maggior parte delle piante. Il metodo migliore per capire se sia o meno ora di irrigare l’alocasia è quello di controllare il terreno con le dita. Se lo strato superficiale appare asciutto, è il momento di annaffiare; in estate la frequenza può arrivare a due volte a settimana, mentre in inverno va ridotta sensibilmente. Un’accortezza in più è nebulizzare le foglie con acqua non calcarea, per ricreare il microclima umido che l’alocasia predilige.

    L’esposizione dell’alocasia
    La luce è un altro fattore decisivo per la salute dell’Alocasia. Questa pianta tropicale ha bisogno di ambienti luminosi, ma non sopporta i raggi diretti del sole, che possono bruciare le foglie lasciando antiestetiche macchie marroni. Se coltivata in casa, il punto ideale è vicino a una finestra orientata a est o a ovest, dove la luce arriva filtrata e mai troppo aggressiva. In giardino, invece, l’Alocasia va collocata in mezz’ombra, protetta dalle ore più calde della giornata.

    Come prendersi cura dell’Alocasia: concimazione
    Durante la stagione vegetativa, da aprile a settembre, l’Alocasia beneficia di una fertilizzazione regolare. Un concime liquido per piante verdi, somministrato ogni due settimane, garantisce un apporto costante di nutrienti. In autunno e inverno, quando la pianta entra in riposo, la concimazione va sospesa. Anche le grandi foglie dell’alocasia richiedono una certa attenzione; per mantenerle in salute ed esteticamente appaganti, sarebbe utile pulirle periodicamente con un panno umido per eliminare la polvere e favorire la fotosintesi. Nel caso in cui dovessero comparire foglie ingiallite, nessuna preoccupazione: non è sempre un segno di malattia. Potrebbe essere il normale ricambio vegetativo, perciò niente panico.

    Parassiti e malattie: come difendere l’alocasia
    Nonostante il suo aspetto vigoroso, l’alocasia è vulnerabile ad alcuni nemici. Afidi, cocciniglie e acari sono i parassiti più comuni: si nutrono della linfa e indeboliscono la pianta. In questi casi è possibile intervenire con sapone insetticida, olio di neem o, nei casi più gravi, prodotti specifici. Tra le malattie più frequenti c’è l’oidio, un fungo che si manifesta con una patina biancastra sulle foglie (e che colpisce molte piante, in realtà). Anche in questo caso, prevenzione e buona aerazione sono fondamentali: se necessario, si può ricorrere a fungicidi mirati. Un ingiallimento diffuso delle foglie, invece, segnala quasi sempre errori di gestione: troppa acqua, luce insufficiente o temperature non adeguate. LEGGI TUTTO

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    Sul Kilimangiaro è scomparso il 75% delle specie vegetali in un secolo

    Sui pendii della montagna più alta dell’Africa, il Kilimangiaro, ci sono sempre meno specie di piante. A lanciare l’allarme è oggi un nuovo studio dei ricercatori dell’Università di Bayreuth, in Germania, secondo cui nell’ultimo secolo la perdita delle specie vegetali naturali sulle pendici inferiori del Kilimangiaro è stata pari al 75%. Un preoccupante declino della biodiversità che, secondo gli autori, non sarebbe stato direttamente causato dai cambiamenti climatici, bensì da pressioni antropiche, e in particolare dai cambiamenti nell’uso del suolo. I dettagli sono stati pubblicati sulla rivista Plos One. Il Kilimangiaro e i suoi ecosistemi Milioni di persone che vivono nelle aree vicine alla montagna dipendono dai suoi ecosistemi, ad esempio per il legname, il cibo e le risorse idriche. Tuttavia, come già suggerito da ricerche precedenti, la biodiversità presente in questi ecosistemi è gravemente minacciata da molteplici fattori, come i cambiamenti climatici, l’inquinamento, l’introduzione di specie invasive, l’estrazione di risorse e il cambiamento nell’uso del suolo. Comprendere non solo quali siano gli effetti ma anche le cause dirette del calo della biodiversità sul Kilimangiaro, così come su altre montagne tropicali, è quindi fondamentale per orientare al meglio gli sforzi di mitigazione.

    L’analisi
    Ed è proprio in questa direzione che si sono focalizzati gli autori del nuovo studio. Hanno, infatti, analizzato mappe storiche, dati di censimento, immagini satellitari e un set di dati ad alta risoluzione spaziale di circa 3 mila specie vegetali presenti in diverse parti della regione. Dai loro risultati è emerso che la principale causa diretta della perdita di biodiversità vegetale nell’ultimo secolo (1911-2022) è stata il cambiamento nell’uso del suolo, come per esempio l’espansione delle aree urbane, dovuta a una rapida crescita demografica, e la conversione degli habitat della savana in terreni agricoli, derivata dallo sviluppo economico. In questo periodo, infatti, le pendici inferiori del Kilimangiaro hanno registrato una perdita del 75% delle specie vegetali naturali per chilometro quadrato. I cambiamenti climatici, invece, non sono risultati essere una causa diretta significativa del calo delle specie vegetali su questo vulcano.

    Il cambiamento nell’uso del suolo
    Il nuovo studio, il primo nel suo genere ad aver collegato la densità della popolazione umana a quella delle specie vegetali su una scala così piccola (1 km²), rappresenta quindi un’ulteriore conferma che la perdita di biodiversità sia una conseguenza diretta delle attività antropiche. “La nostra ricerca rivela che il cambiamento nell’uso del suolo, causato dalla rapida crescita demografica – non il cambiamento climatico – è stato il principale fattore diretto della perdita di biodiversità sul Monte Kilimangiaro nell’ultimo secolo”, spiegano gli autori. “È stato sorprendente scoprire che, contrariamente a quanto si pensa comunemente, il cambiamento climatico non ha avuto effetti misurabili sulle tendenze della biodiversità locale, il che sottolinea l’urgente necessità di affrontare fattori socioeconomici come l’uso del suolo nelle politiche di conservazione”. Anche le specie animali sono in declino e perdono “potenza”. Rimanendo nel continente africano, anche gli ecosistemi della fauna selvatica sono in pericolo. A riferirlo è stata una nuova ricerca pubblicata su Nature e coordinata dall’Università di Oxford, a cui ha collaborato anche Luca Santini del dipartimento di Biologia e Biotecnologie Charles Darwin della Sapienza Università di Roma, che si basa su un approccio energetico per mostrare non solo il declino della biodiversità animale, ma anche come questo influisca sul funzionamento degli ecosistemi. Secondo l’analisi, infatti, gli ecosistemi africani hanno perso oggi, rispetto all’epoca pre-coloniale e pre-industriale, oltre un terzo della potenza, in ciò che gli esperti chiamano flussi di energia trofica. La causa di questa perdita, come suggeriscono i ricercatori, è in gran parte dovuta al declino della megafauna, ossia le specie di grandi dimensioni, come leoni, elefanti e rinoceronti, che ha appunto il potenziale di alterare la funzionalità degli ecosistemi. LEGGI TUTTO

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    I Paesi più ricchi e tecnologici perdono la “connessione con la natura”

    In epoca di continui sviluppi tecnologici e sociali, quanto riusciamo ancora ad essere fortemente connessi alla natura? E cosa influenza il nostro legame con il “creato”? Domande che secondo un nuovo studio mostrano alcune evidenze importanti: laddove la spiritualità, la fede religiosa, le credenze e le tradizioni sono ben radicate, il rapporto con la natura appare più stretto. Al contrario, nei luoghi in cui c’è una maggiore “facilità di fare impresa”, in pratica nei Paesi più costantemente orientati al business e alle spinte del mercato, i legami con ambiente e natura sono più deboli. Così si spiega per esempio come il Paese al mondo “più connesso con la natura” risulti essere il Nepal, mentre quello meno ravvicinato all’ambiente sia oggi la Spagna con la sua economia in crescita. A raccontarci i dettagli di queste connessioni è un nuovo studio, che fa leva sia su competenze psicologiche, sia economiche ed ambientali, pubblicato su Springer Nature da un team internazionale di ricercatori e a guida britannica.

    Gli esperti, attraverso un ampio set di dati e sondaggi che hanno coinvolto in totale 57mila persone, hanno realizzato una classifica sulla connessione con la natura che riguarda 61 Paesi. Al primo posto con un valore superiore allo zero, c’è il Nepal (1.386), seguito da Iran (1.215) e dal Sudafrica (1.200). I meno connessi sono invece Spagna (-0,613), Giappone (-0,391) e Israele (-0.303). Nella classifica si leggono i punteggi in totale di 63 realtà: alla lista dei 61 Paesi esaminati va infatti aggiunta la Gran Bretagna scelta come Paese di riferimento (dal valore 0) e la Palestina.

    In questo contesto l’Italia risulta al 44esimo posto come “connessione alla natura”. La prima delle realtà europee che mostra più legami con l’ambiente è invece la Croazia (settima), mentre il Brasile dove si svolgerà a breve la COP30 – la grande conferenza delle parti sul Clima – è all’undicesimo posto, la Palestina è al 12esimo e la Cina, sempre per fare un esempio, è trentaseiesima.

    Nello specifico lo studio tenta di indagare come i nostri comportamenti nei confronti della natura siano influenzati dai fattori sociali, economici, ma anche culturali o geografici, sempre partendo però dal concetto psicologico di misura della vicinanza fra la nostra ed altre specie. In generale gli studi mostrano come un’elevata connessione con la natura porti a un benessere maggiore e un aumento del rispetto nei confronti dell’ambiente mentre bassi livelli virano invece verso cause di deterioramento naturale, come la perdita di biodiversità o l’aumento delle disuguaglianze. Come ha spiegato Miles Richardson, esperto di “connessione con la natura” che insegna all’università di Derby ed è fra i primi autori dello studio, questa ricerca evidenzia come la spiritualità delle persone e i popoli sia un indicatore decisivo: più è alta, più società e culture mostrano livelli di connessione maggiore. Laddove prevale la fede i dati mostrano una maggiore connessione, mentre al contrario quando a prevalere sono scienza e interessi economici avviene una sorta di distacco.

    A influenzare negativamente il rapporto con la natura sono anche i livelli di urbanizzazione, l’uso di internet e il reddito medio. Per Richardson “la connessione con la natura non riguarda solo ciò che facciamo, ma anche il modo in cui ci sentiamo, pensiamo e diamo valore al nostro posto nel mondo vivente”. Parlando della Gran Bretagna, realtà nella parte bassa della classifica e paese di riferimento dello studio, il professore spiega di non essere stupito dei risultati dato che “siamo diventati una società più razionale, economica e scientifica. Questo ha ovviamente portato alcuni fantastici benefici, ma è importante bilanciarli con i problemi imprevisti. Per esempio dovremmo chiederci come poter reintegrare il pensiero naturale nel nostro mondo altamente tecnologico. È ovviamente molto difficile cambiare le culture, ma si tratta di integrare il valore della natura rendendola parte del nostro benessere, in modo che diventi rispettata e quasi sacra”.

    Come si potrebbe dunque migliorare il rapporto dei cittadini con la natura? Fondamentale, per gli autori delo studio, è lo sviluppo dei diritti della natura che devono essere inseriti nelle leggi, ma anche normare ciò che è necessario fare per l’aumento della biodiversità e aggiungere per esempio l’importanza del valore della natura e dell’ambiente anche nei trattamenti di salute pubblica (quella mentale compresa). E per fare questo non si tratta “semplicemente di creare un parco in una città, ma di andare più in profondità nel rafforzare il legame con la natura nelle società urbanizzate” conclude Richardson. LEGGI TUTTO

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    L’Italia investe sugli alberi: oltre 3 milioni piantati nel 2024

    L’Italia continua ad investire nel verde: sono oltre 3 milioni i nuovi alberi piantati nel 2024 per un totale di quasi 4 mila ettari. Un investimento in capitale naturale: si prevede infatti un ritorno economico di più di 20 milioni di euro all’anno in servizi ecosistemici per ciascuno degli anni di vita degli impianti messi a dimora. È quanto emerge dalla quinta edizione dell’Atlante delle Foreste, il rapporto annuale realizzato da Legambiente e AzzeroCO2 con il supporto tecnico di Compagnia delle Foreste. LEGGI TUTTO

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    Tutte le startup di Ecomondo 2025. Il laboratorio dell’innovazione circolare

    Startup, ricerca e imprese si incontrano a Ecomondo 2025 per presentare proposte capaci di tradurre la scienza in soluzioni ambientali reali, dal ciclo dell’acqua alla bioeconomia circolare. La 28esima edizione dell’evento internazionale di Italian Exhibition Group (IEG) sulla green, blue and circular economy, in programma alla Fiera di Rimini dal 4 al 7 novembre, conferma la presenza dell’Innovation District con 40 startup italiane e internazionali, selezionate per l’alto contenuto tecnologico delle loro proposte. Dalla bioeconomia rigenerativa alla gestione intelligente dell’acqua, dal riciclo avanzato dei materiali all’agritech circolare, le giovani imprese presenti porteranno soluzioni in grado di connettere digitale, ambiente e produttività sostenibile.

    Tutte le startup di Ecomondo 2025
    L’edizione 2025 di Ecomondo riserva un ruolo strategico alle startup e alle nuove realtà imprenditoriali con l’area Innovation District. Questa sezione specializzata è un vero e proprio hub di business development, dove prende forma un ecosistema di open innovation pensato per mettere in connessione imprese, startup, centri di ricerca, istituzioni e investitori, favorendo il trasferimento tecnologico, la nascita di collaborazioni e la contaminazione tra competenze. L’Innovation District di Ecomondo è lo spazio espositivo dedicato alle tecnologie emergenti, alle startup più promettenti e alle soluzioni innovative per accelerare la transizione ecologica e l’economia circolare. Le 20 startup presenti in fiera e che hanno risposto alla call di Ecomondo 2025.

    ParaStruct GmbH (Austria, settore Waste as Resource)
    Azienda che sviluppa materiali da costruzione a basso impatto ottenuti da flussi minerali e residui biogeni. La tecnologia consente di realizzare prodotti strutturali come lo screed con funzioni di “carbon sink”, sostituendo sabbia e cemento con materiali riciclati. La soluzione combina alte prestazioni, economicità e sostenibilità, rispondendo alle esigenze dell’edilizia del futuro e riducendo le emissioni di CO2.

    4peopleHolding SRL (Trentino-Alto Adige, settore Water Cycle & Blue Economy)
    Ha sviluppato HydraX, un sistema di depurazione basato sulla cavitazione controllata e sull’insufflazione di ozono on-demand. La tecnologia riduce drasticamente la produzione di salamoie e i consumi energetici rispetto ai dissalatori tradizionali, garantendo al tempo stesso un’efficace rimozione di sostanze nocive e una migliore qualità delle acque reflue, rendendole riutilizzabili in ottica circolare.

    Agricolture Biodiversity and Technologies – Abit Agritech (Lombardia, settore Site & Soil Restoration)
    Propone una piattaforma digitale che misura e valorizza la salute del suolo, integrando dati georeferenziati, analisi fisico-chimiche e algoritmi di intelligenza artificiale. Lo strumento fornisce KPI ESG utilizzabili lungo la filiera agroalimentare, certifica pratiche rigenerative e supporta la compliance normativa, distinguendosi per l’approccio scientificamente validato e la verticalità sul tema della biodiversità del suolo.

    Aqua Farm (Piemonte, settore Bioenergy & Agriculture)
    Progetta impianti acquaponici ad alta efficienza che consentono la produzione integrata di ortaggi e pesce con consumi minimi di acqua ed energia. Il sistema, brevettato e automatizzato, integra monitoraggio IoT e controllo remoto, abbattendo i costi operativi e garantendo tracciabilità completa. Si distingue per la capacità di ridurre drasticamente l’uso di suolo e agrofarmaci, offrendo una soluzione scalabile e sostenibile.

    CDC Studio (Toscana, settore Waste as Resource)
    Specializzata nel riciclo circolare degli scarti tessili, ha brevettato soluzioni che trasformano rifiuti complessi in polimeri ad alte prestazioni e coating innovativi. I processi non richiedono separazione delle fibre né additivi, risultando compatibili con impianti industriali esistenti. L’azienda offre così nuove materie prime per moda, arredo, design e automotive, riducendo costi e impatti ambientali.

    CENTROTERRA (Emilia-Romagna, settore Site & Soil Restoration)
    Produce biofertilizzanti rigenerativi derivati da scarti agricoli attraverso un processo brevettato a basso consumo energetico. I prodotti migliorano la ritenzione idrica e la resilienza dei suoli, risultando idonei sia per agricoltura biologica e rigenerativa sia per applicazioni domestiche e hobbistiche. L’innovazione risiede nella rapidità del processo statico e nelle proprietà specifiche come la presenza di struvite e il rilascio bilanciato dell’azoto.

    D.W.S (Emilia-Romagna, settore Water Cycle & Blue Economy)
    Presenta CONSTANCE, un sistema brevettato di controllo automatico per impianti di depurazione convenzionali. Basato su sensori economici e affidabili (pH, redox, ossigeno disciolto), permette di ridurre i consumi energetici fino al 60% e ottimizzare i processi biologici. L’uso di algoritmi di machine learning assicura monitoraggio continuo e gestione intelligente delle risorse.

    Dabohn (Emilia-Romagna, settore Water Cycle & Blue Economy)
    Ha sviluppato un software operativo ibrido che controlla in tempo reale macchine e impianti industriali, apprendendo nel tempo e garantendo ottimizzazione continua. La soluzione integra intelligenza artificiale, modelli matematici e machine learning, agendo come un vero “pilota automatico” degli impianti e migliorando sia l’efficienza energetica sia la manutenzione predittiva.

    Eco8 (Trentino-Alto Adige, settore Bioenergy & Agriculture)
    Propone un applicativo cloud che collega in tempo reale tutti gli attori della filiera del biogas, monitorando logistica e prescrizioni di settore e calcolando la carbon footprint secondo standard certificati. La soluzione è modulare, intuitiva e scalabile, con l’obiettivo di rendere più efficiente e sostenibile l’intero ecosistema del biogas.

    Etrash (Veneto, settore Waste as Resource)
    Offre un sistema integrato composto da un cestino intelligente con visione artificiale e una piattaforma cloud. Il cestino riconosce i rifiuti con una precisione superiore al 95%, attiva lo smistamento automatico e invia dati su KPI ambientali ed ESG. La tecnologia riduce fino al 40% l’indifferenziato, taglia i costi e migliora la sostenibilità delle aziende clienti.

    GEOMATRIX (Trentino-Alto Adige, settore Waste as Resource)
    Sviluppa compound polimerici ad alte prestazioni ottenuti da materie prime riciclate come plastiche e scarti legnosi. La tecnologia brevettata riduce fino al 50% le emissioni di CO? rispetto all’ABS vergine, mantenendo competitività economica. I materiali possono essere riciclati più volte senza perdita di caratteristiche, rappresentando una soluzione innovativa nel settore delle plastiche rigide.

    InnoChem srl (Lombardia, settore Waste as Resource)
    Porta avanti la tecnologia TextInOL, che consente di trattare e valorizzare rifiuti tessili misti post-consumo e industriali, trasformandoli in biocarburanti e nuove molecole chimiche. Il processo non richiede pretrattamento meccanico ed è integrabile in filiere esistenti, riducendo costi di trasporto e impatto ambientale.

    Re.Nova Plast (Marche, settore Waste as Resource)
    Introduce OLIFOUR, un polimero termoplastico riciclato ad alte prestazioni per il settore calzaturiero. La proposta si fonda su un approccio di eco-progettazione che prevede il recupero e il riuso degli stessi materiali a fine vita, chiudendo il ciclo produttivo e trasformando le calzature in veri prodotti circolari.

    SIEve (Lombardia, settore Water Cycle & Blue Economy)
    Ha sviluppato un filtro innovativo a base di red mud, scoria metallurgica rigenerabile, capace di rimuovere metalli pesanti, inquinanti organici e micro-patogeni dalle acque reflue. Il sistema è modulare e riduce costi e complessità impiantistiche, trasformando un rifiuto industriale in risorsa utile per la depurazione.

    STE – Sanitizing Technologies and Equipments (Marche, settore Waste as Resource)
    Presenta Sanify, un sistema che sanifica e insacchetta automaticamente i rifiuti ospedalieri, riducendone la classificazione da pericolosi a speciali. La tecnologia garantisce maggiore sicurezza per gli operatori, abbattimento dei costi di smaltimento e tracciabilità del processo, rappresentando un’innovazione nel settore sanitario.

    TERAMODUS (Abruzzo, settore Waste as Resource)
    Ha sviluppato un kit retrofit e una stazione di battery swap per convertire mezzi con motori termici in veicoli elettrici, con particolare applicazione nel settore della raccolta rifiuti. L’approccio consente di ridurre sprechi, abbattere i costi di ricarica e prolungare il ciclo di vita dei veicoli, offrendo una soluzione sostenibile e scalabile.

    The EEM Team Spin-Off company (Lombardia, settore Environmental Monitoring & Earth Observation)
    Spin-off universitario che sviluppa software e soluzioni per l’analisi di dati geofisici ed elettromagnetici, integrando AI e modellistica idrogeologica. Le applicazioni riguardano la gestione delle acque sotterranee, l’esplorazione mineraria e la resilienza delle georisorse, con strumenti avanzati integrabili in piattaforme GIS.

    Vortex (Piemonte, settore Waste as Resource)
    Ha brevettato un processo di upcycling che trasforma matrici vegetali deperibili in farine e ingredienti funzionali ad alto valore aggiunto per food, petfood e cosmetica. La tecnologia preserva le proprietà bioattive e si caratterizza per modularità, scalabilità e utilizzo di energia rinnovabile, riducendo sprechi e impatti ambientali.

    W.N.T. (Lombardia, settore Circular & Regenerative Bio-Economy)
    Sviluppa rivestimenti nanotecnologici anticorrosivi a base ceramica che sostituiscono la cromatura tradizionale, altamente impattante. La soluzione garantisce prestazioni comparabili in termini di resistenza e durezza, ma con maggiore sostenibilità, trovando applicazione in settori come automotive e aerospace.

    We are bi-rex (Lombardia, settore Circular & Regenerative Bio-Economy)
    Ha brevettato una tecnologia per estrarre fibra cellulosica da scarti agroalimentari senza processi chimici, offrendo una valida alternativa alla cellulosa da legno. La materia prima ottenuta è già validata per applicazioni industriali nel packaging e nel tissue, con vantaggi in termini di disponibilità, sostenibilità e tracciabilità.

    Sempre all’interno dell’Innovation District, saranno presenti anche 20 startup selezionate nell’ambito del progetto Lab Innova for Africa “Luca Attanasio”, promosso da Agenzia ICE in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Le realtà, provenienti da Marocco e Tunisia, operano nei settori della green economy e dell’economia circolare, rafforzando il ponte tra Europa e Mediterraneo che Ecomondo presidia da anni. LEGGI TUTTO