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    Dalle macerie del terremoto alla rinascita: la startup che stampa il futuro in 3D

    Ogni anno in Europa vengono prodotte 510 milioni di tonnellate di rifiuti da costruzione e demolizione, con una spesa di 45 miliardi di euro solo per il loro trattamento. Di fronte a questa emergenza ambientale ed economica, una startup marchigiana ha trovato una risposta innovativa: trasformare il dramma delle macerie del terremoto in elemento di rinascita e rigenerazione. È questa la missione di Centauroos, startup innovativa di stampa 3D per l’edilizia e l’architettura che riutilizza rifiuti da costruzione e demolizione, con un ruolo prominente nella sperimentazione delle macerie del Cratere 2016. Sfruttando il potenziale della stampa 3D del calcestruzzo, la giovane azienda affronta il problema della gestione dei rifiuti edilizi, riducendo contemporaneamente l’uso di materiali e i tempi di costruzione. LEGGI TUTTO

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    L’intelligenza artificiale produce emissioni in base a quanto “ragiona”

    Sappiamo ormai bene che qualsiasi cosa chiediamo all’intelligenza artificiale (Ai), lei ci darà una risposta. Ma alcuni suggerimenti che ci fornisce potrebbero avere un impatto ambientale più significativo e causare emissioni di anidride carbonica più elevate. A riferirlo è stato oggi un team di ricercatori, guidato dalla Hochschule München University of Applied Sciences, in Germania, che ha misurato e confrontato le emissioni di anidride carbonica di diversi Large Language Model (Llm) già addestrati utilizzando una serie di domande standardizzate. Lo studio è stato pubblicato sulle pagine della rivista Frontiers in Communication.

    L’intelligenza artificiale “pensante”
    Sebbene molti di noi non ne siano pienamente consapevoli, molto di queste tecnologie sono associate a un elevato impatto ambientale. Per produrre risposte, infatti, l’intelligenza artificiale usa i token, parole o parti di parole che vengono convertite in una stringa di numeri che può essere elaborata dai Llm, modelli di intelligenza artificiale specifici nella generazione di linguaggio umano. Questa conversione, così come altri processi di elaborazione, produce però emissioni di anidride carbonica. “L’impatto ambientale delle domande rivolte agli Llm addestrati è fortemente determinato dal loro approccio di ragionamento, con processi che aumentano significativamente il consumo di energia e le emissioni di carbonio”, ha raccontato il primo firmatario del paper Maximilian Dauner. “Abbiamo scoperto che i modelli basati sul ragionamento producevano fino a 50 volte più emissioni di CO? rispetto ai modelli a risposta semplice”.

    La causa della maggior parte delle emissioni
    Per giungere a questa conclusione, il team ha testato 14 Llm, con un numero di parametri (che determinano il modo in cui apprendono ed elaborano le informazioni) compreso tra 7 e 72 miliardi, su mille domande standardizzate su diverse materie. I modelli di ragionamento, in media, hanno creato 543,5 token “pensanti” (ossia token aggiuntivi che gli Llm di ragionamento generano prima di produrre una risposta) per domanda, mentre i modelli semplici ne richiedevano solo 37,7. Il più preciso è risultato essere il modello Cogito, con 70 miliardi di parametri, che ha raggiunto un’accuratezza dell’84,9%, ma che ha anche prodotto emissioni di CO? tre volte superiori rispetto a modelli di dimensioni simili che generavano risposte semplici.

    “Attualmente, osserviamo un chiaro compromesso tra accuratezza e sostenibilità insito nelle tecnologie Llm”, ha commentato Dauner. “Nessuno dei modelli che ha mantenuto le emissioni al di sotto dei 500 grammi di CO? equivalente (unità di misura dell’impatto climatico dei vari gas serra, ndr) ha raggiunto una precisione superiore all’80% nel rispondere correttamente alle mille domande”. Per quanto riguarda le diverse materie, inoltre, le domande che richiedevano lunghi processi di ragionamento, come per l’algebra o la filosofia, hanno portato a emissioni fino a 6 volte superiori rispetto a domande più semplici, come per la storia che si insegna alle superiori.

    Un uso più consapevole
    I risultati del nuovo studio, quindi, suggeriscono la necessità di prendere decisioni più consapevoli sull’uso dell’Ai. “Gli utenti possono ridurre significativamente le emissioni stimolando l’Ai a generare risposte semplici o limitando l’uso di modelli ad alta capacità alle attività che richiedono effettivamente tale potenza”, ha consigliato l’esperto, concludendo che se si conoscesse il vero costo in termini di emissioni generate dall’intelligenza artificiale, come ad esempio creare una action figure personalizzata, si potrebbe essere più selettivi e attenti su quando e come utilizzare queste tecnologie. LEGGI TUTTO

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    L’Ue pronta a spendere di più per il riarmo, a scapito delle strategie contro la crisi climatica

    Meno green e più verde… ma militare. L’Europa non trova 400 miliardi per prevenire disastri climatici e crisi sanitarie, ma si appresta a spenderne 613 per provvedere alla sua difesa armata. Sembra essere questa la tendenza in atto in Europa, con la decisione di far lievitare al 5% del Pil le spese in difesa in ambito Nato: un maggior numero di carri armati, bombardieri, missili e meno investimenti nella transizione energetica. A fare i conti su quanto inciderà lo sforzo di riarmo sulle politiche climatiche dell’Unione europea ha provveduto la New Economincs Foudation (NEF), think tank con sede a Londra.

    L’intervista

    Che impatto avrà il riarmo dell’Europa sulle sue politiche climatiche?

    di Luca Fraioli

    15 Marzo 2025

    In una sua analisi redatta alla vigilia del vertice Nato dell’Aja si legge: “Scegliere le armi anziché affrontare il disastro climatico e la fragilità sociale non è una necessità economica, è un fallimento politico”. Il severissimo giudizio poggia su numeri precisi: “Ai membri dell’Unione europea e della Nato sarà chiesto di aumentare i bilanci della difesa di 613 miliardi di euro all’anno per raggiungere l’obiettivo complessivo del 5%, pari al 3,4% dell’intero Pil della Ue”, scrivono gli esperti della New Economincs Foudation. “Per raggiungere solo l’obiettivo del 3,5% per la difesa (al quale si aggiunge un 1,5% in infrastrutture e difesa digitale, ndr), sarebbero necessari ulteriori 360 miliardi di euro all’anno, pari al 2% del Pil della Ue. E tutto questo andrebbe ad aggiungersi a una spesa militare già aumentata del 59% nell’Europa centrale e occidentale tra il 2015 e il 2024.

    Nel frattempo”, conclude la fondazione londinese, “il divario di investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi verdi e sociali dell’Unione, tra cui la mitigazione del cambiamento climatico, l’assistenza sanitaria e l’edilizia abitativa, è stimato tra il 2,1 e il 2,9% del Pil dell’Ue, ovvero tra 375 e 526 miliardi di euro all’anno (a prezzi del 2024)”. Un impegno che comporterà anche sacrifici e giri di vite fiscali, secondo gli analisti: “Solo 10 Stati membri dell’Ue, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Paesi Bassi e Svezia, potrebbero raggiungere l’obiettivo complessivo Nato del 3,5% senza tagliare i bilanci altrove, aumentare le tasse o modificare le regole fiscali”.

    Il report

    Riarmo europeo, volano di investimenti in startup della difesa: 5,2 miliardi nel 2024

    06 Marzo 2025

    E gli altri 17, tra cui l’Italia? Tagli e tasse. Sono fin qui stati inutili gli appelli di chi ha fatto notare che la sicurezza dell’Europa non si costruisce sono con i cannoni, ma con la sua autonomia energetica, come dimostrano la crisi del gas russo, il “ricatto” di Trump perché si compri più gas liquefatto statunitense, le fibrillazioni in Medioriente sempre legate al petrolio e alle sue rotte. Emanciparsi da chi controlla i rubinetti dei combustibili fossili sarebbe il primo passo verso una nuova idea di difesa. Ma solo il premier spagnolo Sanchez ha avuto la forza di imporre il suo punto di vista, definendo l’aumento del contributo alla Nato, incompatibile con lo stato sociale spagnolo e con la sua visione del mondo. E ribadendo che gli investimenti verdi e sociali offrono rendimenti più elevati rispetto alla spesa per la difesa e sono essenziali per la sicurezza e la resilienza a lungo termine. LEGGI TUTTO

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    Crisi climatica e allevamenti intensivi: 15 milioni di animali morti in sei anni per eventi estremi

    Quindici milioni di animali allevati a scopo alimentare sono morti negli ultimi sei anni a causa degli eventi climatici estremi. Con un costo, in termini economici, di 143 miliardi di dollari all’anno. Abbandonati a sé stessi nel corso di alluvioni o a seguito di frane, in più casi vittime delle ondate di calore in aumento. Ma se gli allevamenti intensivi pagano dazio alla crisi climatica in corso, c’è un’altra prospettiva che evidenza come siano parte del problema. Già, perché i sistemi alimentari generano circa un terzo delle emissioni globali di gas serra: il settore zootecnico, dominato dall’allevamento intensivo, produce più emissioni dirette di tutti gli aerei, i treni e le automobili del mondo messi insieme. Numeri destinati fatalmente ad aumentare. Un circolo vizioso climatico denunciato con forza dal report “Climate Doom Loop: Factory Farming’s Toll on Animals, Farmers and Food” (testualmente Circolo vizioso del clima: il costo dell’allevamento intensivo su animali, allevatori e cibo), pubblicato in queste ore da Compassion in World Farming (CIWF) in occasione della Conferenza sul cambiamento climatico, in corso in questi giorni a Bonn.

    Montagna

    Un aumento di 2 gradi raddoppia le bombe d’acqua sulle Alpi

    a cura della redazione di Green&Blue

    23 Giugno 2025

    Effetti devastanti dopo l’alluvione in Emilia Romagna
    Il report parte dall’analisi dei casi studio di alcuni climatici estremi avvenuti negli ultimi anni in varie regioni del mondo, quantificando il loro impatto distruttivo sugli animali, la produzione agricola e le persone. E tra gli esempi ce n’è uno che riguarda da vicino l’Italia: nel maggio 2023, denuncia infatti il report, l’alluvione in Emilia-Romagna ha avuto un impatto devastante sugli animali negli allevamenti. Oltre 5.000 allevamenti sono stati sommersi, con conseguenze importanti su circa 250.000 bovini, pecore, capre e suini. Danneggiati anche altri 400 allevamenti avicoli e 45.000 alveari. Per un totale di danni al settore zootecnico quantificabili in una cifra compresa tra i 300 e i 400 milioni euro, mentre Confagricoltura Ravenna ha stimato danni complessivi per 1,5 miliardi di euro.
    Nel dettaglio, a San Lorenzo più di 60.000 galline sono morte quando i capannoni si sono allagati. A Bertinoro, come documentato dall’organizzazione “Essere Animali”, un capannone industriale con migliaia di suini è stato sommerso. “In un altro allevamento a Bagnacavallo, i maiali nuotavano dentro e fuori dai recinti”, si legge nel report.

    Vittime di uragani, tifoni e ondate di calore
    Nel report sono analizzati altri disastri climatici, naturalmente: dal tifone che nel 2024 ha colpito il Vietnam (portando alla morte di oltre 5 milioni di avicoli, 44.000 bovini e migliaia di suini) all’uragano Helene, che negli Stati Uniti ha causato la morte di un numero compreso tra i 2 e i 5 milioni di polli. E ancora: in Francia, nel 2023, 750.000 polli sono morti soffocati e di spossamento a causa di ondate di calore estreme. Infine, il Brasile: qui, nel 2024, una catastrofica alluvione ha provocato la morte diretta di 1,2 milioni di avicoli, oltre 14.000 bovini allevati per la carne e 14 mila suini. Per danni al settore zootecnico di circa 190 milioni di euro. Ancora, andando a ritroso: circa 163.000 animali allevati uccisi dallo stress da calore nei Paesi Bassi nell’estate del 2019.Il punto è che gli eventi climatici estremi sono quadruplicati in frequenza dagli anni ’70 ad oggi: per questo, sottolinea il report, “senza un’azione urgente questo bilancio è destinato ad aumentare notevolmente”.

    Il dibattito

    Carne coltivata, il grande rebus: pro e contro

    di Paola Arosio

    02 Giugno 2025

    “Pratiche più responsabili e minore consumo di carne”
    Ma il circolo vizioso, come si accennava, è nel contributo che lo stesso settore degli allevamenti intensivi fornisce, inequivocabilmente, alla crisi climatica in corso. Un contributo che, denuncia il report, rischia di crescere nei prossimi anni, con la crescita della popolazione mondiale. E se alcuni attori propongono un’intensificazione “sostenibile” della produzione, 200 esperti di clima, alimentazione e agricoltura la respingono, ponendo l’accento sulla necessità, sempre più inderogabile, di ridurre il consumo di carne, soprattutto in quello che viene definito Nord Globale, vale a dire l’insieme dei paesi più ricchi e industrializzati del mondo, spesso caratterizzati da economie avanzate. Proprio così: se la domanda globale di carne continuerà al ritmo attuale, sottolinea il report, il settore potrebbe contribuire ad aumentare il riscaldamento globale di quasi 1°C entro il 2100, “rendendo quasi impossibile rispettare l’Accordo di Parigi sul limite di 1,5° e aumentando la probabilità di disastri climatici sempre più gravi”.

    Crisi climatica

    L’Italia perde 2,8 miliardi di euro all’anno per frane e alluvioni

    di redazione Green&Blue

    15 Novembre 2024

    Cambiamento climatico e sicurezza alimentare
    “Il report – commenta Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia – mostra come milioni di animali allevati muoiano ogni anno a causa di inondazioni, temporali e ondate di calore causate dai cambiamenti climatici, ma anche come sia il sistema stesso in cui vengono allevati a peggiorare la situazione. E del resto questi eventi meteorologici estremi, sempre più frequenti, sono catastrofici anche per le persone, la sicurezza alimentare e la fonte di sostentamento degli agricoltori”. Già, ma come invertire il trend? “I governi – spiega Pisapia – devono agire con urgenza per ridurre le emissioni, la produzione zootecnica e il consumo di carne nei Paesi più ricchi, e al contempo elaborare piani adeguati alla resilienza climatica”: Necessario, secondo CIWF Italia, che gli allevatori abbandonino “il sistema intensivo, crudele e insostenibile, e adottare pratiche responsabili, rispettose del clima e della natura. Gli animali allevati, le economie e il cibo nei nostri piatti – conclude Pisapia – sono tutti seriamente in pericolo: dobbiamo agire ora, prima che sia troppo tardi”. LEGGI TUTTO

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    Bonus elettrodomestici: quali sono ammessi e come sceglierli

    Bonus elettrodomestici in dirittura d’arrivo. Il decreto attuativo delle disposizioni è atteso per la fine di giugno e consentirà di avere uno sconto in fattura al momento dell’acquisto di un nuovo elettrodomestico a risparmio energetico a fronte della rottamazione di un altro della stessa tipologia con consumi più elevati. Gli elettrodomestici dovranno essere made in Eu. Per il bonus è previsto un importo massimo di 100 euro, che raddoppiano in caso di famiglie a basso Isee. È possibile ottenere un solo bonus per nucleo familiare.

    Fisco Verde

    Bonus tende 2025: le novità, come richiederlo, i requisiti

    di Antonella Donati

    23 Aprile 2025

    Gli elettrodomestici ammessi
    Per l’agevolazione sono a disposizione 50 milioni di euro quest’anno. Le norme dovevano essere varate già nei mesi scorsi, ma sono state poi riscritte con il decreto bollette di fine aprile, che ha attivato la procedura dello sconto in fattura, l’obbligo di rottamazione, e limitate l’agevolazione in relazione ai produttori. Secondo le norme, infatti, per potranno essere acquistati esclusivamente elettrodomestici prodotti all’interno dell’Unione Europea. La lista dettagliata dei prodotti acquistabili sarà contenuta nel decreto atteso ormai a giorni. I prodotti ammessi dovrebbero comunque essere frigoriferi, congelatori, lavatrici, lavasciuga, lavastoviglie, forni elettrici, condizionatori, e stufe elettriche. Potrebbero essere compresi anche piani cottura a induzione e microonde. In ogni caso è già stabilito che i nuovi elettrodomestici acquistabili con il bonus dovranno essere della stessa categoria di quelli rottamati. Si dovrà trattare in sostanza di una rottamazione volta a migliorare l’efficienza energetica. Il decreto dovrà anche precisare se il contributo potrà essere utilizzato o meno nel caso di acquisti online.

    Sconto più alto per i nuclei a basso reddito
    Secondo le disposizioni il bonus sarà riconosciuto direttamente dal venditore sotto forma di sconto in fattura, ma dovrebbe essere necessario richiedere uno specifico voucher. La misura infatti sarà gestita dalla piattaforma PagoPA, con autenticazione tramite SPID o CIE. È ammesso un solo bonus per famiglia, quindi la possibilità di acquistare un solo elettrodomestico a scelta con lo sconto. I nuclei familiari con un Isee entro i 25.000 euro avranno però diritto ad un bonus con importo più elevato e fino ad un massimo di 200 euro.

    Ambiente

    Etichetta energetica anche su smartphone e tablet: cosa cambia per ricarica e riciclo

    di Dario D’Elia

    19 Giugno 2025

    Classi energetiche e consumi
    Dato che si potrà avere lo sconto una volta sola, vale la pena di fare una verifica delle convenienze in generale. Quando non c’è l’urgenza di cambiare un elettrodomestico specifico che non funziona più come dovrebbe, infatti, si può fare una verifica dei consumi e controllare quello che pesa di più sulla bolletta rispetto alle abitudini familiari. In generale nelle nuove etichette energetiche accanto alla classe viene indicato anche il consumo rapportato ad una media base. Abbiamo ad esempio: per lavatrici, lavastoviglie e lavasciuga il consumo per 100 cicli di lavaggio; per i frigoriferi per un anno di utilizzo; per i forni viene indicato il consumo di energia elettrica per la funzione di riscaldamento (convezione e, se disponibile, ventilata), in kWh/ciclo. Un ciclo standard si misura riscaldando un carico standard impregnato di acqua, in modalità statica o ventilata, se disponibile.

    Le differenze tra vecchio e nuovo
    Dai dati è facile verificare che un elettrodomestico della classe energetica più alta disponibile consuma minimo la metà di uno nella classe energetica più bassa. Ad esempio un frigo-congelatore con sbrinamento automatico, da 300 litri (200 per cibi freschi e 100 per cibi congelati) se in classe A presenta un consumo uguale o inferiore a 100 Kwh/annui, in classe B si sale fino a 124 Kwh/annui, mentre la classe C arriva a 155Kwh/annui, ossia oltre il 50% in più. I modelli più vecchi di fatto triplicano il consumo annuale di quelli più efficienti.

    Fisco verde

    Bonus climatizzatori, come funziona l’agevolazione per impianti fissi o portatili

    di Antonella Donati

    28 Maggio 2025

    Anche nel caso delle lavastoviglie, prendendo come esempio un apparecchio da 12 coperti abbiamo per la classe A un consumo uguale o inferiore a 34 KWh/100 cicli, che sale a 40 KWh/100 cicli per la classe B e arriva a 46 KWh/100 cicli per la classe C. Per i forni è ancora in vigore la vecchia tipologia di etichette, per cui nel caso di un forno elettrico da 100 litri, abbiamo per quelli più efficienti un consumo uguale o inferiore a 0,47 Kwh/ciclo, che sale fino a 0,705 Kwh/ciclo se si scende di due classi energetiche. LEGGI TUTTO

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    Timo: la coltivazione e la cura dell’arbusto aromatico

    Il timo o thymus vulgaris è una pianta della famiglia delle lamiceae. Si tratta di una pianta la cui coltivazione e cura richiede delle piccole accortezze: in questo modo, si ottiene una pianta ornamentale, utile anche in cucina. Scopriamo di più con questa piccola guida alla coltivazione della pianta del timo.

    Le caratteristiche della pianta del timo
    Il timo è una pianta caratteristica delle aree mediterranee: in particolare in Italia si trova molto diffuso nelle regioni meridionali come per esempio la Puglia, Sardegna, Calabria e Sicilia. È un esemplare sempreverde e aghifoglie che cresce con lentezza e può raggiungere al massimo un’altezza di 30 centimetri. Si tratta di una pianta a carattere cespuglioso, con fusti legnosi che possono lignificare dopo circa 5 anni di vita. Le foglie del timo sono picciolate con margini arrotondati verso il basso. Sono di colore grigio-verde e più chiare sulla parte inferiore. Sempre sul lato inferiore è presente una peluria. Con l’arrivo della bella stagione la pianta mette in mostra dei piccoli fiorellini profumati di forma tubolare e di colore rosso-viola. Sono raggruppati in spighette e li si possono osservare nel periodo compreso tra giugno e settembre. Anche se si tratta di una pianta sempreverde, in realtà se si decide di coltivarla in aree dove il clima invernale è rigido, perde tutte le foglie, diventando a portamento annuale. È una pianta che deve essere tenuta sopra i 5°C e una massima di 30-35°C.

    Il terreno e l’esposizione
    Il terreno migliore per questa pianta aromatica può essere sassoso e povero, ma mai argilloso. Infatti, un terreno troppo compatto rischia di creare fastidiosi ristagni idrici. È importante selezionare un terreno drenante per mantenere in ottima salute il timo. Il timo è una pianta che ama essere esposta al sole, dunque, si può scegliere un punto del giardino o dell’orto dove riceve la luce diretta solare. È comunque in grado di tollerare zone d’esposizione con qualche ora di ombra.

    Le varietà della pianta
    Questa pianta profumata è disponibile in tante varietà e ne esiste anche una che riesce ad adattarsi all’alta quota, resistendo al gelo. Guardiamo nel dettaglio quali sono i tipi di timo che si possono trovare più facilmente presso i vivai.

    Timo selvatico rosso: questa pianta è caratterizzata da un portamento strisciante e da fiori di colore rosa/rosso. Le foglie si presentano di un colore verde scuro.
    Timo serpillo tappezzante: è una pianta con portamento strisciante che crea un tappeto erboso. Cresce con facilità in tutta Europa e soprattutto nel nord. A differenza delle altre varietà ha rami lunghi, fiori rosa, bianchi o viola, tonalità che cambiano a seconda delle condizioni climatiche presenti.
    Thymus pseudolanuginosus: anche questo copre il terreno, arrivando a un massimo di 3 cm di altezza. Sembra un muschio, anche se in realtà è un timo.
    Thymus citrodorus: è davvero particolare poiché ricorda l’aroma del limone. A differenza delle altre specie, ha bisogno di essere esposto molto al sole per la corretta crescita. Le foglie sono verde scuro e i fiori bianchi.

    Le annaffiature
    È molto importante occuparsi delle annaffiature della pianta, bagnandola se è in vaso ogni 3-4 giorni durante la stagione estiva. Se la pianta è in giardino o nell’orto è necessario annaffiare con regolarità. Con l’arrivo dell’inverno è necessario interrompere l’irrigazione.

    La coltivazione in vaso
    Come abbiamo accennato, è possibile coltivare il timo anche in vaso, ma attenzione poiché non sopporta le basse temperature. Quindi, è importante sistemare il contenitore in un punto del balcone dove prende il sole. Il diametro del vaso dovrà essere di circa 15 centimetri, profondo circa 20 centimetri. Si può sistemare la pianta del timo anche vicino ad altre piante aromatiche: in particolare, è preferibile selezionare piante simili come la salvia, evitando la menta.

    Il concime da dare alla pianta
    Per curare il timo nei migliori dei modi è necessario selezionare un ottimo concime. Proprio per questo, suggeriamo l’uso di concime granulare con una composizione equilibrata da iniziare a dare dal mese di marzo. Si potrà distribuire il granulare una volta al mese, così da offrire il corretto nutrimento alla pianta.

    Quando potare?
    La potatura della pianta del timo si effettua con l’arrivo della bella stagione: tra la primavera e l’estate si possono spuntare i rami per favorire una crescita migliore ed eliminare eventuali rametti danneggiati. Se si gradisce, la potatura si può effettuare anche con l’arrivo della stagione autunnale, così da dare una forma più ordinata alla pianta.

    La moltiplicazione della pianta
    Il timo è una di quelle piante aromatiche che è possibile moltiplicare attraverso la talea. Questo semplice metodo di propagazione permette di ottenere delle nuove piantine direttamente dai rametti. È necessario prelevare dall’arbusto qualche rametto lungo tra gli 8-10 centimetri e poi togliere tutte le foglioline poste lungo la parte finale per circa 4-5 centimetri. A questo punto, si può sistemare il rametto in terriccio universale profondo. Irrigando con frequenza, senza esagerare, si potrà ottenere una nuova piantina da rinvasare.

    Tutte le malattie e i parassiti che lo attaccano
    Proprio come tutte le piante aromatiche, anche il timo può essere attaccato da parassiti e da malattie fungine. Per esempio, è soggetto alle larve minatrici: si tratta di insetti che mangiano le foglie e creano dei bozzoli filamentosi. Queste provocano l’ingiallimento delle foglie. Per quanto riguarda le malattie, invece, può incorrere nell’alternaria e nella ruggine. Entrambe le malattie attaccano le foglie: è possibile notare delle macchie scure o giallastre. In entrambi i casi è necessario intervenire con uno spray fungicida. LEGGI TUTTO

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    La steppa friulana a rischio. “I Magredi devastati da esercitazioni militari e gare di rally”

    Carri armati cingolati e mezzi militari gommati hanno danneggiato i prati stabili dei Magredi, zona di protezione speciale di pianura, tra Maniago e Vivaro, in provincia di Pordenone. È la denuncia di Legambiente, Lipu e altre quattro associazioni ambientaliste, incredule per l’accaduto. In seguito alle segnalazioni di alcuni naturalisti, il sopralluogo delle associazioni ha constatato chilometri di nuove piste e segni del passaggio di mezzi militari pesanti che, in alcuni tratti, hanno scorticato il manto erboso compattando il terreno e trasformando in pantano fasce di prato stabile.

    Magredi di San Quirino (foto: Stefano Travasci)  LEGGI TUTTO

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    I Coldplay ristampano i loro vinili con rifiuti di plastica riciclata

    Sostenibilità e buon esempio. I Coldplay ci credono e dopo essere state tra le primissime rock band planetarie a ridurre le emissioni di CO2 durante i loro tour in giro per il mondo, oggi lanciano un’altra idea che potrebbe lasciare il segno nell’industria musicale. La band inglese ristamperà i vinili degli album precedenti, utilizzando bottiglie di plastica riciclata, con una tecnologia che riduce dell’85% le emissioni di carbonio rispetto ai normali LP.

    Live

    Matmos al G&B Festival, quando il suono della lavatrice diventa ritmo

    di Andrea Silenzi

    05 Giugno 2025

    Saranno in totale nove gli album – disponibili a partire dal prossimo 15 agosto – che la band britannica ha deciso di ristampare con il formato ecologico, EcoRecord. Si tratta di un un vinile prodotto con del comunissimo pet, il polietilene tereftalato usato per le bottiglie dell’acqua, ma riciclato al 100%. Un contributo importante, quello di Chris Martin, il frontman del gruppo, molto impegnato nel sensibilizzare i milioni di fan che seguono la loro musica, a comprare non solo i loro album o seguire i loro live, ma anche il loro esempio: compiere azioni rispettose dell’ambiente e contribuire con buone pratiche di economia circolare. Per i puristi del suono, bisogna dire che un disco EcoRecord suona con la stessa qualità di un disco in vinile tradizionale, pesa 140 grammi, può essere anche trasparente ed è stato fabbricato recuperando bene nove bottiglie di plastica.
    Dalla plastica alla musica
    Le bottiglie di pet vengono reimmesse nel circolo di produzione, con un processo noto come riciclo post-consumo, durante il quale sono pulite, trasformate in piccoli pellet e poi stampate in nuovi articoli: in questo caso un disco.I Coldplay, già nel 2024, hanno iniziato una nuova fase della loro carriera, pubblicando Moon Music, il loro album numero dieci, il primo al mondo su EcoRecord. Questo disco ecologico è sviluppato da Sonopress, un produttore di supporti di archiviazione, che utilizza la tecnologia di stampaggio a iniezione, la stessa impiegata per la produzione di cd e dvd.

    Mentre i vinili in pvc vengono prodotti tramite un processo di compressione e riscaldamento che richiede molta energia, gli EcoRecord utilizzano la tecnologia dello stampaggio a iniezione impiegata da decenni per la produzione di cd, e più efficiente dal punto di vista energetico. Se l’adozione degli EcoRecord venisse seguita anche da altre band o cantanti celebri, potrebbe portare a una significativa riduzione della plastica vergine utilizzata nell’industria musicale. Ad esempio, con le riedizioni dei nove album dei Coldplay in formato EcoRecord, si prevede di evitare la produzione di oltre 25 tonnellate metriche di plastica vergine.

    Al G&B Festival Laurel Halo, l’incantatrice dell’elettronica e dei dettagli nascosti

    di Andrea Silenzi

    05 Giugno 2025

    Da anni portano l’impegno sul palco
    Nel 2024, il gruppo ha pubblicato sui social di aver raggiunto un altro importante obiettivo: ridurre le emissioni di CO2 nei primi due anni del loro Music Of The Spheres Tour. 59% la percentuale di riduzione raggiunta rispetto al tour negli stadi svoltosi dal 2016 al 2017 e superando l’obiettivo iniziale del 50%. Un obiettivo certificato dall’analisi condotta dal celebre MIT di Boston, l’istituto di ricerca tecnologica tra i più avanzati al mondo. Ed ora la ristampa di album che hanno avuto un enorme impatto nella cultura musicale mondiale, da quello degli esordi, Parachutes, a quello che li ha resi noti A Rush of Blood to the Head, fino a Viva la Vida che li ha consacrati in modo prepotente sulla scena mondiale a tutto il resto della loro discografia. Per Jen Ivory, amministratore delegato di Parlophone, l’etichetta discografica dei Coldplay e di nomi iconici della musica, dai Beatles ai Radiohead, “non si tratta solo di un nuovo prodotto. Si tratta di una produzione pionieristica che riduce significativamente l’impatto ambientale, offrendo ai fan la stessa esperienza audio di alta qualità e stabilendo al contempo un nuovo standard per la produzione musicale fisica”. LEGGI TUTTO