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    Così il lupo in Europa torna a essere un bersaglio

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    Bonsai quercia, il segreto è nelle radici

    Molto resistente, il bonsai quercia mantiene le caratteristiche originarie dell’arbusto, conservando il suo fascino e la sua possenza in un albero di piccole dimensioni. La sua cura può non essere affatto semplice, richiedendo particolari accorgimenti ma, con le giuste azioni anche chi è alle prime armi riuscirà a coltivare il bonsai quercia, ampiamente usato a scopo ornamentale.

    Bonsai quercia e la coltivazione: cosa sapere
    Coltivare il bonsai quercia può non essere affatto semplice, dovendo prestare la massima attenzione ad aspetti come la potatura, l’esposizione, l’annaffiatura e il substrato, che dovrà essere bilanciato in modo perfetto. Come primo passo è necessario munirsi dei semi dell’albero di quercia, raccogliendoli dalla pianta madre oppure acquistandoli, immergendoli poi nell’acqua per 24 ore, per migliorare la loro germinazione. In alternativa, si può ricorrere a una pianta giovane di quercia.

    Un aspetto cruciale è la scelta del vaso in cui si collocherà il bonsai quercia, visto che deve avere dimensioni tali da contenere le radici dell’albero, evitando di soffocarle. Inoltre, è necessario scegliere un recipiente dotato di fori di drenaggio in modo tale da consentire il defluire dell’acqua in eccesso. Dal punto di vista del terreno, il substrato deve essere in grado di favorire la crescita delle radici e garantire il drenaggio dell’acqua, scongiurando i ristagni idrici responsabili del marciume delle radici. Si può ricorrere a un mix di sabbia, materiale organico e argilla oppure, in alternativa, acquistare un terreno per il bonsai.

    Per la germinazione dei bonsai è necessario posizionare i semi in un sacchetto di plastica con del terriccio umido, per poi lasciarli in frigo per 4-6 settimane, operazione che consente di simulare le condizioni invernali richieste dai semi di quercia per la germinazione. Dopo questa fase si può procedere piantando i semi, impiegando ogni 2 settimane del fertilizzante e assicurandosi che le piantine di quercia siano protette dai venti forti e che l’ambiente sia umido, ma non sia presente dell’acqua stagnante.

    Bonsai quercia: come intervenire su rami, radici e tronco
    Un elemento centrale per la realizzazione del bonsai è il tronco, che deve essere lavorato con attenzione per dargli l’aspetto desiderato. Sono diversi i metodi con cui intervenire, come per esempio la potatura selettiva, con cui eliminare i rami laterali, in modo tale da far risaltare il tronco principale. Inoltre, si può ricorrere a un filo di alluminio oppure di rame per modellare il tronco, facendo sì che abbia una forma armoniosa: per ottenere il risultato desiderato è necessario armarsi di pazienza e lavorare il tronco più volte nel corso delle diverse stagioni. Nel tempo i fili di modellatura vanno regolati per scongiurare eventuali lesioni o danni del tronco.

    Altro aspetto da non sottovalutare sono le radici del bonsai quercia, che gli conferiscono stabilità: nel processo di formazione dovranno essere modellate e ridotte, facendo in modo che il sistema radicale sia armonioso e anche compatto. Le radici possono rappresentare una sfida nella cura del bonsai visto che crescono molto rapidamente, invadendo tutto lo spazio a disposizione nel vaso e finendo per compromettere la salute del bonsai. Le radici possono essere potate, rimuovendo delle porzioni allo scopo di ridurre la loro massa: questa operazione va eseguita con attrezzi da potatura ad hoc. Inoltre, si può usare un substrato specifico per la crescita corretta delle radici. Con lo scorrere del tempo è importante tenere monitorato il bonsai, controllando le radici, potandole quando necessario, e il tronco, pulendolo regolarmente.

    Quando il bonsai ha raggiunto una dimensione adeguata, si procede modellando anche la sua chioma, intervenendo sulle ramificazioni: stabilito il numero di rami da tenere, eliminando quelli morti oppure deboli, si ricorre ai fili di alluminio per conferirgli la direzione desiderata. Nel processo di modellazione della chioma è necessario tenere conto della crescita naturale dell’albero, equilibrando la distribuzione dei rami, in modo tale da dare al bonsai una forma armoniosa.

    Bonsai quercia e l’esposizione
    Per quanto riguarda l’esposizione, il bonsai quercia richiede un luogo soleggiato durante tutto il periodo della primavera e dell’autunno, potendo essere collocato all’esterno, essendo estremamente resistente. Tuttavia, con l’arrivo della stagione estiva è opportuno spostarlo all’ombra, in quanto le sue radici trovano conforto quando le temperature sono più fresche, mentre in inverno è necessario coprirlo nel momento in cui il clima diventa rigido.

    Altro aspetto al quale prestare attenzione è rappresentato dall’annaffiatura, visto che il terreno deve essere sempre umido, ma mai troppo bagnato. Un eccesso d’acqua favorisce la comparsa dell’oidio, fungo anche noto come mal bianco, che si presenta sulle foglie sotto forma di polvere marroncina oppure bianca. Se l’eccesso d’acqua è un nemico del bonsai quercia, lo è anche la sua assenza: in particolare, in estate le annaffiature devono essere più frequenti. Qualora toccando con un dito il terreno questo risulti asciutto è necessario dare da bere al bonsai: per mantenere il terreno umido in modo uniforme e costante si può ricorrere a un sottovaso. Per irrigare la pianta è necessario munirsi di un soffione a piccoli pori.

    Bonsai quercia: cosa c’è da sapere
    Un intervento fondamentale nella cura del bonsai è quello della potatura, operazione da eseguire durante l’inverno, tagliando i rami che si incrociano e quelli che crescono in modo verticale. Una volta eseguita, si procede medicando il bonsai con della pasta cicatrizzante. La defogliazione, da eseguire nel corso della bella stagione, riguarda invece solo le foglie e consente di ottenerne di più piccole e proporzionate.

    Nella cura del bonsai anche la pinzatura è molto importante: si tratta di un’operazione, da effettuare ogni 3 mesi, con cui arrestare lo sviluppo dei germogli e mantenere l’albero compatto. Questo intervento può essere effettuato con delle pinzette oppure direttamente con le dita, meglio se durante la primavera quando i germogli sono al loro primo stadio vegetativo.

    Ogni 2 anni si procede effettuando il rinvaso del bonsai quercia, tra novembre e marzo, per poi occuparsi della concimazione con fertilizzanti specifici, da svolgere ogni 3 settimane nel corso della stagione della primavera e tra l’estate e l’inizio dell’autunno, interrompendola durante la dormienza invernale. Nella cura del bonsai quercia ci si può trovare ad affrontare parassiti, come gli afidi, e malattie, dovendo intervenire prontamente con soluzioni ad hoc e mettendo in campo strategie per prevenire queste problematiche. Tra queste è cruciale garantire la corretta igiene del bonsai, eliminare le foglie cadute, fornire il nutrimento adeguato e verificare che siano presenti la giusta esposizione alla luce e una buona circolazione dell’aria. LEGGI TUTTO

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    Crisi climatica e aiuti ai paesi vulnerabili: un processo storico alla Corte di Giustizia dell’Aia

    Ci sono isole, come Carteret islands in Papua Nuova Guinea, dove gli abitanti si stanno già trasferendo in zone più sicure portando a bordo delle canoe – usate come un’arca di Noè – persino piante e semi. Altre, come le Maldive, dove si stanno costruendo arcipelaghi artificiali resilienti dove sopravvivere e altre ancora, come Vanuatu, dove l’innalzamento dei livelli del mare è talmente evidente da far progettare traslochi di massa. Le isole del mondo, soprattutto quelle del Pacifico, sono in estrema sofferenza per la crisi del clima: sono minacciate dai livelli del mare, dall’acidificazione degli oceani, dagli eventi meteo estremi e persino da terreni che diventano “salati” e incoltivabili. Per questo, attraverso un grido d’allarme globale, da anni tentano di avere risposte per il futuro. Una prima fondamentale risposta ai loro problemi potrebbe finalmente arrivare da quello che è definito come “il caso più importante” che dovrà esaminare la Corte internazionale di Giustizia su spinta della Corte suprema delle Nazioni Unite che porta il caso all’Aia dopo la pressione esercitata dalle isole. Oggi infatti all’Aia si aprirà la prima udienza, di un caso destinato a durare per settimane, che avrà come questione centrale la definizione su ciò che i Paesi di tutto il mondo, e in particolare quelli ricchi, sono tenuti a fare per combattere il cambiamento climatico.

    Il tribunale dell’Aia ascolterà 99 Paesi e più di una dozzina di organizzazioni intergovernative e alla fine nel corso del 2025 emetterà una sentenza non vincolante ma in grado di dettare la linea politica per molti Stati, una sentenza che potrebbe aiutare in particolare le nazioni vulnerabili e soprattutto le piccole isole a combattere l’impatto devastante del riscaldamento globale.

    Cambiamento climatico

    Meteo estremo, in Spagna introdotto il “congedo climatico”: 4 giorni di ferie retribuite

    di  Giacomo Talignani

    29 Novembre 2024

    Proprio le nazioni insulari, che rischiano di scomparire a causa dell’innalzamento del mare, lo scorso anno avevano portato l’Assemblea generale dell’Onu a chiedere alla Corte di giustizia un parere sugli “obblighi degli Stati in materia di cambiamenti climatici”. Con il livello del mare che si è innalzato fino a una media di circa 4,3 centimetri le isole del Pacifico sostenevano che non c’è più tempo da perdere: servono azioni immediate e risposte concrete e condivise, affermano stati come Vanuatu che fa parte di un gruppo di piccole isole che spingono per un intervento legale internazionale sulla crisi climatica. Quella in cui sperano, non essendo vincolante, è soprattutto una vittoria simbolica, una sentenza che possa ribadire la necessità – da parte soprattutto delle nazioni più ricche – di agire per aiutare i Paesi in difficoltà, un verdetto che servirebbe anche a rafforzare le richieste – di trilioni di dollari – da parte dei Paesi meno sviluppati durante le Cop, le conferenze delle parti sul clima.

    Mai finora all’Aia il tribunale ha affrontato una causa di tale portata, con quasi cento stati coinvolti: si tratta della più grande partecipazione nei quasi 80 anni di storia dell’istituzione. “Per la nostra generazione e per le isole del Pacifico, la crisi climatica è una minaccia esistenziale. È una questione di sopravvivenza e le maggiori economie mondiali non stanno prendendo sul serio questa crisi. Abbiamo bisogno della Corte internazionale di giustizia per proteggere i diritti delle persone in prima linea” ha spiegato Vishal Prasad, rappresentate degli Studenti delle Isole del Pacifico, una delle associazioni coinvolte nel caso. Le domande centrali a cui i giudici dell’Aia dovranno dare una risposta sono due: cosa sono obbligati a fare i Paesi secondo il diritto internazionale per proteggere clima e ambiente dalle emissioni di gas serra di origine antropica? E ancora: quali sono le conseguenze legali per i governi quando le loro azioni oppure la loro inazione danneggia in modo significativo la salute del Pianeta, soprattutto nei piccoli stati insulari in via di sviluppo? “Vogliamo che la Corte confermi che la condotta globale che finora ha rovinato il clima è illegale” ha affermato Margaretha Wewerinke-Singh del team legale che rappresenta Vanuatu.

    Una udienza, quella in corso all’Aia, che inizia poche settimane dopo la conclusione della Cop29 di Baku, in concomitanza con la Cop16 sulla lotta desertificazione di Riad e poche ore dopo la fine (purtroppo negativa) del vertice sul Trattato globale della Plastica. Anche per via di queste tempistiche, dopo negoziati globali che hanno portato a risultati insoddisfacenti, i rappresentanti delle nazioni insulari sperano che la Corte possa dare una vera “scossa” alle battaglie sul clima.

    Finanza climatica

    Cosa prevede l’accordo sui finanziamenti per il clima raggiunto alla Cop29

    25 Novembre 2024

    Alla Cop29 proprio i membri delle nazioni insulari del Pacifico erano rimaste fortemente insoddisfatte per gli accordi finali, quelli in cui si prevede che i paesi più sviluppati forniscano 300 miliardi di dollari all’anno in finanziamenti per il clima entro il 2035 per aiutare le nazioni più povere, una cifra lontana dalle migliaia di trilioni richieste. Vanuatu, Papua Nuova Guinea e altri, si appellano dunque a una risposta forte da parte della Corte internazionale di giustizia perché sarebbe significativa “dal punto di vista politico” e indicherebbe finalmente una volta per tutte un modello su come i Paesi ricchi dovrebbero proteggere l’ambiente dai gas serra dannosi e quali sono le conseguenze se non lo fanno. LEGGI TUTTO

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    Reefilla, la startup che ricarica la batteria dell’auto ovunque ti trovi

    Fondata a Torino nel 2021 dagli ingegneri Marco Bevilacqua, Pietro Balda e Gabriele Bergoglio, Reefilla è specializzata nella progettazione avanzata di sistemi mobili di accumulo di energia e nella gestione del ciclo di vita delle batterie. Nel dettaglio, la startup trasforma le batterie vecchie in risorse preziose per le applicazioni elettrificate del futuro.

    Il servizio poggia su tre pilastri fondamentali: Fillee, il dispositivo di ricarica mobile per veicoli elettrici basato su batterie intercambiabili; una piattaforma digitale connessa con le auto tramite intelligenza artificiale che riesce a prevedere il fabbisogno energetico del veicolo in funzione dello stile di guida e delle abitudini del guidatore; un’organizzazione logistica che consente di raggiungere qualsiasi veicolo in qualsiasi punto della città anche nelle situazioni più complesse di parcheggio urbano.

    “L’elettrificazione sta trasformando non solo il settore automobilistico, ma tante altre industries, abilitando nuovi modelli di business e migliorando l’efficienza energetica. Vogliamo essere i protagonisti di questa trasformazione, offrendo soluzioni che coniugano innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale. Il successo di Fillee, la prima soluzione di ricarica mobile per veicoli elettrici, è solo l’inizio di un percorso che punta a sviluppare tecnologie ancora più avanzate, sempre con un forte focus sul design e made in Italy”, ci racconta Marco Bevilacqua, CEO e co-fondatore di Reefilla.

    Le batterie second life
    Uno degli elementi distintivi della startup è l’impegno nella gestione delle batterie second life. Questo approccio si basa sulla qualifica e il riutilizzo di batterie giunte alla fine del loro ciclo di vita primario (ad esempio, sulle auto elettriche), trasformandole in componenti fondamentali per sistemi di accumulo e power generation. Questo processo non solo riduce l’impatto ambientale, ma rappresenta un passo decisivo verso un modello di economia circolare estesa, allungando la vita di beni chiave e strategici come le celle elettrochimiche e riducendo l’impatto di CO2 legato alla produzione di nuove batterie.

    A oggi, Reefilla sta investendo significativamente nello sviluppo di tecnologie avanzate per la fase di test e la qualifica di queste batterie, con l’obiettivo di portare a maturità industriale una tecnologia in grado di analizzare con precisione e velocità lo stato di salute residuo delle celle.

    Quali sono le strategie per il futuro? “Reefilla guarda al futuro con una strategia chiara: rivoluzionare il settore della power generation. Basta immaginare ciò che oggi rappresentano i generatori a benzina o gasolio, ma in una versione completamente nuova: più compatti, silenziosi, sostenibili e con un design che solo il made in Italy può offrire. Le nostre mobile powerhouses non solo promettono di ridurre le emissioni, ma rappresentano un’alternativa tecnologica di grande valore per settori che spaziano dall’edilizia agli eventi, dall’uso domestico alla nautica”.

    Il nuovo Polo di Torino
    Grazie al recente aumento di capitale, nel 2025 Reefilla inaugurerà il nuovo Competence Center presso la sede di Torino, un polo di eccellenza dedicato alla ricerca, alla gestione delle batterie second life e alla produzione della nuova gamma di soluzioni di power generation off-grid. “Il Competence Center non sarà solo un luogo di innovazione tecnologica, ma anche un motore per l’economia locale: nuovi posti di lavoro, attrazione di talenti e sviluppo di competenze strategiche per un settore in continua evoluzione. Vogliamo creare un ecosistema di innovazione che posizioni Torino come hub europeo per l’elettrificazione e lo storage energetico”.

    Perché Torino? “La scelta di investire a Torino non è casuale. La città, storicamente legata all’automotive, si trova oggi a un punto di svolta: da culla della mobilità tradizionale a laboratorio per la mobilità del futuro e per l’elettrificazione a 360°. C’è molta più elettrificazione di quanto si pensi in settori strategici che vanno ben oltre l’automotive: nautica, edilizia, utenze domestiche, agricoltura e molto altro. Torino ha il DNA industriale e le competenze per guidare questa transizione”.

    Una visione condivisa
    Reefilla ha di recente concluso un nuovo aumento di capitale da 4,5 milioni di euro. A guidare l’operazione CDP Venture Capital attraverso il Green Transition Fund-PNRR, HCapital, Azimut attraverso AZIMUT ELTIF – Venture Capital ALIcrowd III e Motor Valley Accelerator del fondo Acceleratori di CDP Venture Capital con Plug and Play.
    I fondi raccolti alimenteranno la crescita della startup, sostenendo l’innovazione in soluzioni circolari di energy storage portatile basate anche su batterie second life.

    In parallelo, l’azienda lancia una campagna di equity crowdfunding sulla piattaforma Mamacrowd, con un obiettivo di raccolta di 800 mila euro per coinvolgere investitori privati nel suo percorso di sviluppo. “Siamo convinti che il futuro dell’energia debba essere responsabile, accessibile e a zero emissioni, e ci impegniamo a contribuire a questa rivoluzione in modo concreto. Reefilla non è solo una startup, ma un simbolo di come l’industria italiana possa guardare avanti, valorizzando il proprio passato per costruire un futuro sostenibile e innovativo”, conclude Bevilacqua. LEGGI TUTTO

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    Bonsai olmo, è tempo di potatura: i consigli

    Opera d’arte vivente, il bonsai olmo è estremamente popolare ed è apprezzato per il portamento raffinato, la grande resistenza, la coltivazione semplice e per la sua capacità di adattarsi a molteplici condizioni, essendo alla portata anche dei bonsaisti neofiti. Il bonsai olmo presenta una corteccia rugosa e piccole foglie che formano chiome imponenti. Malgrado sia una varietà robusta, come tutti gli alberi in miniatura richiede cure particolari e accorgimenti specifici nella sua coltivazione.
    Bonsai olmo: dove collocarlo
    Il bonsai olmo è piuttosto semplice da coltivare: la sua riproduzione può avvenire tramite seme oppure talea, metodologia che consente di accelerare le tempistiche e può essere svolta in diversi momenti dell’anno. Per quanto riguarda il luogo in cui collocare il bonsai, visto che si adatta a praticamente ogni clima, può essere posto sia in casa che all’aperto dovendo, in ogni caso, scegliere un punto luminoso, dato che la luce incentiva la produzione di nuove gemme. Durante la primavera, momento in cui le prime foglie fanno la loro comparsa, può essere posizionato in pieno sole (come anche in autunno), consentendo così la produzione di foglie piccole, rami vigorosi e una vegetazione compatta. Nella stagione estiva l’arbusto va collocato invece in ombra, evitando i raggi solari diretti che potrebbero comportare danni significativi al suo apparato radicale. Nel corso dell’inverno il bonsai olmo può essere tenuto all’esterno, ma va protetto da eventuali gelate.

    Bonsai olmo e la potatura
    Per quanto riguarda la potatura il periodo migliore per eseguire quella di impostazione è l’inverno, in quanto il bonsai si trova in riposo vegetativo. Questo intervento permette di effettuare una prima impostazione del bonsai e va effettuato ricorrendo a una tronchese concava: a seconda dello stile di bonsai che si desidera ottenere si elimineranno determinate branche oppure si accorceranno, eliminando comunque i rami che crescono in modo incrociato oppure verticale. In caso di rami paralleli oppure contrapposti, uno dei due va rimosso. In seguito alla potatura si dovranno medicare i tagli con della pasta cicatrizzante. In merito alla potatura di mantenimento questa va eseguita nel corso del tempo, meglio se da dicembre a marzo, riducendo l’apparato radicale di circa un terzo, ricorrendo a un rastrellino e premurandosi di rimuovere le radici in eccesso con delle forbici ad hoc.

    Da non trascurare
    Altro step fondamentale è quello della pinzatura, tecnica con cui mantenere la forma del bonsai, che se non viene cimato tende a trasformarsi in un cespuglio informe nell’arco di breve tempo. L’albero è infatti molto vigoroso e produce germogli nuovi nel corso di tutto l’anno. Prima di eseguire la pinzatura, per non indebolire l’arbusto, è necessario che si sviluppino diversi germogli, per poi intervenire con una forbice lunga, effettuando dei tagli alla base dei rametti da accorciare.
    Proprio perché l’olmo è un albero dalla crescita molto vigorosa nel momento in cui si applica il filo in alluminio per orientare i rami del bonsai è importante non stringerlo troppo, rischiando altrimenti di segnare la corteggia. Eccetto la primavera, momento dell’anno in cui l’arbusto cresce più velocemente, il filo può essere applicato nel corso dell’anno, evitando di dare da bere al bonsai il giorno prima, in modo tale da assicurarsi che i suoi rami siano flessibili.
    Nella cura del bonsai olmo è poi necessario occuparsi della defogliazione, da eseguire dalla fine di maggio all’inizio di giugno per quelle varietà dalle foglie grandi. Per effettuare l’operazione si ricorre a un defogliatore, rimuovendo tutte le foglie: nell’arco di pochi giorni l’arbusto produrrà nuove foglioline dando al bonsai un aspetto più proporzionato.
    Quando annaffiare il bonsai olmo
    Una cura ottimale del bonsai olmo non può prescindere dall’annaffiatura, dovendo irrigare il terriccio in modo abbondante ricorrendo a un annaffiatoio con soffione a fori sottili. Quando il substrato risulta asciutto, si dovrà dare da bere al bonsai ripetendo questa operazione per 2 o 3 volte, facendo passare qualche minuto tra un’annaffiatura e l’altra, per far sì che il terreno assorba totalmente l’acqua. Nel corso dell’estate si può ricorrere a un sottovaso con della ghiaia mantenuto umido, assicurando un microclima ideale per il bonsai e grazie al quale tenere alla larga il ragno rosso, tra i suoi nemici numero uno: in generale, durante la stagione calda le annaffiature devono essere costanti e abbondanti, meglio se eseguite di mattina presto oppure dopo il tramonto. Per quanto riguarda l’irrigazione è molto importante non esagerare mai con l’acqua, evitando i ristagni idrici responsabili del marciume radicale.

    Cura del bonsai olmo: altri aspetti da considerare
    Nella cura del bonsai un grande nemico è rappresentato dal ragno rosso, che lo attacca durante i mesi estivi, comportando la caduta delle sue foglie: per scongiurare la presenza di questo parassita è importante effettuare dei trattamenti preventivi con un insetticida acaricida da applicare ogni 2 settimane.

    Per quanto riguarda il rinvaso del bonsai olmo, questa operazione va eseguita ogni 3 anni: svolto rigorosamente con il terreno asciutto, l’intervento deve essere realizzato quando l’apparato radicale dell’albero ha occupato tutto lo spazio nel vaso. Durante tutto il periodo vegetativo, che va da marzo a giugno e da metà agosto a metà ottobre, è necessario concimare il bonsai, evitando di esagerare con le dosi, prediligendone uno a lenta cessione a base di azoto, fosforo e potassio. In questo periodo il bonsai richiede di essere nutrito molto in quanto rischia di disidratarsi. LEGGI TUTTO

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    Nella ciclofficina di Lesbo dove tutto si ripara, dalle bici allo smartphone

    Appesa ad un supporto al centro della stanza una bici rossa senza una ruota aspetta di essere riparata, nell’oscurità brillano le chiavi inglesi riposte alla parete in ordine di grandezza. Makerspace non è solo una ciclofficina, è un progetto per favorire l’accesso alla tecnologia per richiedenti asilo e rifugiati a Lesbo, isola greca che da quasi dieci anni è una delle principali e più dolorose porte di accesso all’Europa per chi lascia il proprio paese alla ricerca di una vita migliore.

    Il Centro Chiuso ad Accesso Controllato (CCAC) di Mavrovouni a Lesbo, Grecia, dove vivono poco più di 800 persone in movimento arrivate dalla Turchia. Molte di esse frequentano lo spazio “Parea” ed il “Makerspace” (foto: Giacomo Sini)  LEGGI TUTTO

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    Meteo estremo, in Spagna introdotto il “congedo climatico”: 4 giorni di ferie retribuite

    Si chiama “permiso climatico” il nuovo e primo congedo climatico approvato in Spagna dal Consiglio dei ministri per dare nuovi diritti ai lavoratori in caso di disastri climatici come le tremende alluvioni che hanno colpito Valencia.
    Tutti i lavoratori spagnoli avranno fino a quattro giorni di congedo retribuito in caso non possano raggiungere il posto di lavoro a causa di condizioni meteorologiche estreme o allerte meteo. La nuova misura entrerà in vigore oggi grazie alla pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale dello Stato ed entro un mese dovrà essere convalidata dal Congresso dei deputati.
    Evitare spostamenti quando c’è un rischio
    L’idea del Ministero del Lavoro spagnolo è quella di un permesso climatico che possa tutelare i lavoratori in tutti quei casi – dalle tremende alluvioni che con il fenomeno della Dana hanno portato morte e distruzione nella penisola iberica sino all’estrema siccità che ha messo in ginocchio determinati territori – ci siano rischi concreti per le persone nel recarsi sul proprio posto di lavoro.

    Nei giorni successivi all’alluvione centinaia di persone sono accorse in aiuto  LEGGI TUTTO