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    Cosa coltivare a febbraio nell’orto

    Durante il mese di febbraio fa ancora molto freddo e nell’orto è difficile prendersi cura di molte piante. Ecco una piccola guida utile proprio per organizzare le attività di coltivazione all’esterno o attraverso un semenzaio o serra a tunnel.

    Che cosa piantare a febbraio?
    Febbraio è tra i mesi più freddi dell’anno in cui pioggia, gelo, neve e temperature rigide mettono a dura prova le piante. Proprio per questo, dedicarsi all’attività dell’orto durante questo periodo dell’anno non è così scontato, giacché in determinate aree dell’Italia è proibitivo. Infatti, il terreno potrebbe essere ghiacciato e non offrire un posto ideale per la coltivazione di frutta e verdura.

    Quindi, in generale è suggerito prediligere la coltivazione di prodotti attraverso la coltura protetta (per esempio, la serra, il semenzaio o il tunnel), specie se si vive in aree dove il clima non è dei migliori per questa tipologia di attività all’aperto. In aree più miti, dove la temperatura non scende sotto lo zero e il terreno non ghiaccia, si possono coltivare alcune piante bulbose sfruttando le colture protette:

    Carote
    Aglio
    Cipolle
    Scalogno
    Porro
    Carciofi
    Fave
    Piselli

    Queste piante hanno il vantaggio di crescere sotto la superficie del terreno e, quindi, non devono temere la presenza di gelate. Tante altre piante si possono piantare a partire da metà febbraio, facendo attenzione a proteggere il terreno almeno fino al mese di marzo, ricorrendo ai teli di TNT oppure alle piccole serre a tunnel.
    La semina sotto tunnel
    Tra le colture protette che si possono adottare tra gennaio e marzo vi è quella con tunnel. Queste strutture sono realizzate come protezioni di materiale plastico trasparente e aiuta in diversi modi le piante dell’orto. Il terreno è poi a sua volta protetto con dei teli in polietilene, forati proprio nel punto in cui è stata sistemata la piantina. La semina sotto tunnel è perfetta per quelle aree di territorio in cui le temperature non sono eccessivamente rigide. Le piantine che si possono sistemare nell’orto in questo periodo dell’anno sono diverse: per esempio, è possibile fare le semine sotto tunnel di valeriana, rucola, ravanelli, cicoria e lattuga. Per altre piante che hanno maggiori necessità, cioè che hanno bisogno di temperature più alte, si può passare al semenzaio riscaldato.
    La semina in semenzaio al naturale o riscaldato
    Il semenzaio, che si può sistemare in piena terra o in mobili, si presenta come un vivaio dove è possibile far sviluppare al sicuro i semi delle piante dell’orto. In questo modo, si ha la certezza di non andare incontro a problemi di freddo o gelo. Questo genere di semenzaio, in alcuni casi, può essere anche riscaldato per offrire maggiori benefici durante la crescita delle piccole piantine degli ortaggi. La germinazione dei semi che si può attuare a febbraio non è così ampia, ma si può iniziare ad interessarsi di ciò che raccoglierà con la bella stagione. Qui di seguito ecco le piante da sistemare nel semenzaio riscaldato:

    Melanzane
    Peperoncini e peperoni
    Pomodori
    Zucchine
    Cetrioli
    Erba cipollina
    Spinaci

    Ricordiamo che è possibile occuparsi anche di altre piante con un semplice semenzaio non scaldato: in tal caso, i semi potranno svilupparsi facendo affidamento solo sul “caldo” trasmesso dalla luce solare e dal terreno come nel caso delle erbe aromatiche (per esempio, il timo, il basilico e prezzemolo).

    Per eseguire questa tipologia di coltivazione è necessario porre i semi in terriccio soffice, sciolto e sterile. Una volta che i semi saranno diventati delle piantine, con il conseguente sviluppo di 4-6 foglie, si può passare alla fase successiva: il trapianto in terra oppure in serra.

    L’orto in balcone a febbraio
    Molte persone non dispongono di grandi appezzamenti di terreno per occuparsi della coltivazione degli ortaggi, così decidono di dedicarsi in balcone al proprio orto. In questo caso, è importante selezionare accuratamente i contenitori più adeguati: per esempio, dei vasi da 30 cm circa dotati di fori per l’eliminazione dei ristagni d’acqua sono adeguati alla coltivazione di verdura. All’interno dei contenitori selezionati si può aggiungere sul fondo del materiale per evitare il ristagno idrico, come dell’argilla espansa, e poi del terriccio universale. Una volta sistemati i semi degli ortaggi che si desiderano, distanziando correttamente gli stessi, si aggiunge del tessuto non tessuto per creare un ambiente favorevole quando temperature notturne si fanno più fredde. Le piantine potranno germinare correttamente e poi saranno pronte più avanti per la crescita e la raccolta dal balcone di casa.

    La preparazione del terreno dell’orto a febbraio
    Nel caso in cui non si abbia bisogno di un semenzaio, ma si può passare all’azione già a partire dalla fine del mese di febbraio, è necessario preparare al meglio il terreno per la semina. È importante avere a disposizione un terreno asciutto: nel caso in cui non lo fosse, è necessario attendere la completa asciugatura, per evitare di avere un terriccio non adeguato. A questo punto, si può passare alla fase della concimazione: ne esistono di tipo artificiale, ma anche naturale per rendere fertile il terreno che accoglierà gli ortaggi. Se si predilige quello naturale, si potrà sfruttare il letame maturo o il compost decomposto, effettuando un’aratura di circa 40 cm. A quel punto, si potrà proprio iniziare a pensare alla fase successiva cioè a piantare gli ortaggi prescelti, come i bulbi citati qui sopra.

    Altre attività da organizzare per la ripresa dell’orto
    Se si è costretti al riposo durante i mesi più freddi dell’anno, si può pensare anche ad altre attività da organizzare per la ripresa completa dell’orto. Ad esempio, il mese di febbraio è il momento giusto per pianificare l’organizzazione dell’orto: la suddivisione delle aiuole per la messa a dimora delle piantine può richiedere del tempo. Se si ha già in mente quali saranno gli ortaggi da coltivare, si può ideare su carta la suddivisione delle zolle di terra e poi agire successivamente per la coltivazione vera e propria.

    Al tempo stesso, è importante sistemare i canali di scolo: se il terreno non è ghiacciato si può effettuare il lavoro necessario per sistemare i canali di recupero dell’acqua piovana, così da preparare il tutto per la ripresa dell’orto.

    Un altro mestiere da svolgere durante i mesi più freddi dell’anno riguarda la manutenzione degli attrezzi: sono tanti gli strumenti che si utilizzano per l’orto e questo momento è perfetto per fare una cernita di quelli che si possono sfruttare e quelli che hanno esaurito la loro vita. Anche sugli attrezzi con motore, come per esempio la motozappa, si possono eseguire dei controlli, sostituendo i vecchi filtri e le candele e controllare il livello dell’olio. LEGGI TUTTO

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    Zafferano, le accortezze per far crescere la pianta della ricercata spezia

    Col nome volgare di zafferano siamo soliti riferirci in modo particolare alla specie sativus del crocus, un genere di pianta erbacea che appartiene alla famiglia delle iridacee. Secondo alcuni studiosi, le origini dello zafferano sarebbero da ricercare tra l’Europa orientale, l’Asia Minore e l’Iran. Altri indicano invece come più probabile l’area compresa tra la Grecia, il Libano e la Giordania. La pianta erbacea è dotata di un bulbo-tubero, dal quale si sviluppa il tipico ciuffo di foglie di colore verde intenso, nonché i noti fiori di colore viola chiaro e gli stimmi da cui si ricava la pregiata spezia. L’altro nome con cui è noto il caratteristico bulbo-tubero dello zafferano è cormo, il quale è caratterizzato dalla sterilità. Lo zafferano non è assolutamente velenoso: è invece la specie colchicum autumnale, dall’aspetto molto simile al crocus, ad esserlo. In questo fiore si trova la colchicina, la cui tossicità può causare in poco tempo la morte di una persona.

    L’esposizione ideale per la pianta
    Per la coltivazione del crocus sativus dobbiamo preferire l’esposizione in pieno sole, poiché predilige il soleggiamento diretto. La pianta tollera comunque anche una posizione in penombra, sebbene in questo caso la fioritura sia decisamente meno abbondante. Lo zafferano vegeta senza problemi nei climi che tendono ad essere caldi e siccitosi, ma si adatta a crescere anche in territori con piovosità significativa. Sebbene la pianta possa sopportare le temperature invernali al di sotto degli 0 gradi, le gelate e le nevicate possono comunque perturbarne la fioritura. Al contrario, quando il crocus entra in riposo vegetativo, nel corso dell’estate, il caldo intenso non rappresenta un problema per il bulbo-tubero. Le principali aree italiane dove si coltiva lo zafferano si concentrano soprattutto tra la Toscana, l’Umbria, le Marche, l’Abruzzo, la Sicilia, la Sardegna, nonché la Calabria e la Basilicata.

    Qual è il terreno più indicato?
    Sebbene lo zafferano non sia particolarmente esigente per quanto riguarda il terriccio, ricordiamoci che questa pianta preferisce i terreni con un buon livello di drenaggio. Il crocus sativus non sopporta infatti i ristagni idrici, soprattutto a livello radicale: l’ideale sarebbe quindi preferire un terreno un po’ in pendenza, che favorisca il deflusso dell’acqua. Accertiamoci che il substrato non sia impermeabile e pesante e, all’occorrenza, aggiungiamo della sabbia per renderlo più drenante e leggero.

    La coltivazione del crocus sativus: in pieno campo o in vaso?
    Possiamo dedicarci alla coltivazione dello zafferano tanto in pieno campo quanto in vaso. Nel primo caso, dobbiamo smuovere la terra fino ad una profondità di circa 40 centimetri, aggiungendo del letame maturo per arricchirla. I bulbi-tuberi possono essere messi a dimora nel corso del periodo estivo, quando la pianta è in riposo vegetativo, sistemandoli a circa 15 centimetri di profondità. Possiamo piantumarli anche in file che siano distanziate almeno 40 centimetri tra di loro. Per una coltivazione ottimale dello zafferano in vaso sistemiamo i bulbi in un contenitore che abbia un diametro di 40 (o più) centimetri, interrandoli alla stessa profondità indicata sopra. Ricordiamoci che il crocus sativus ama crescere in terreni drenanti: se necessario, sul fondo del vaso sistemiamo dell’argilla espansa o del ghiaia, in modo tale da evitare i ristagni idrici.

    L’annaffiatura e la concimazione dello zafferano
    In tante aree del nostro paese, il crocus sativus non ha bisogno di essere annaffiato in modo regolare: la pianta si accontenta infatti delle precipitazioni, poiché assicurano una quantità sufficiente di acqua. Solo nel periodo che segue la sua messa a dimora dobbiamo accertarci che il terreno sia costantemente umido. Se durante l’estate ci fossero dei periodi siccitosi molto prolungati, potremmo innaffiare almeno la parte basale dello zafferano. Nel caso della coltivazione in vaso, dobbiamo evitare che il terriccio diventi completamente arido, provvedendo ad annaffiare la pianta al bisogno. Infine, per la concimazione del crocus sativus possiamo sfruttare del letame o del concime biologico, avendo l’accortezza di aggiungerlo durante la fase della preparazione del terreno prima della messa a dimora dei bulbi-tuberi.

    Il ciclo di vita della pianta
    Lo zafferano produce i primi germogli verso la fine dell’estate, cui fa seguito la fioritura nel periodo compreso tra ottobre e la prima metà di novembre e, quindi, lo sviluppo degli stigmi da cui si ricava la pregiata spezia. Al termine di questa fase, intorno al bulbo madre appaiono delle radici e una serie di piccoli bulbi che si sviluppano a cavallo tra l’inverno e la primavera. Attorno al mese di luglio, il crocus sativus perde il fogliame e le radici: la pianta ci indica così quando è il momento ideale per togliere i nuovi bulbi di zafferano e seminarli.

    I tipici parassiti
    Lo zafferano non tollera il ristagno idrico, che spesso causa l’attacco da parte del Fusarium oxysporum. Nei bulbi che sono colpiti da questo fungo la crescita dei fiori è molto stentata e, quando la fioritura avviene, non dura per molto tempo. Per evitare il rischio che il Fusarium possa prendere di mira altri esemplari di crocus sativus, dobbiamo eliminare immediatamente i bulbi-tuberi colpiti dal fungo. Tra gli altri parassiti che possono attaccare lo zafferano, ricordiamo il fungo rhizoctonia violacea, che causa un’insolita colorazione biancastra delle foglie. Il macrophomina phaseolina provoca invece uno svuotamento dei bulbi-tuberi, che nel loro cuore diventano neri. Se notiamo un’insolita secchezza e macchie di muffa sui cormi, è possibile che il crocus sativus sia stato colpito dal Penicillium corymbiferum. Nei periodi dell’anno contraddistinti da temperature elevate e da molte precipitazioni, lo zafferano può essere colpito dal phoma crocophila, che causa sintomi simili al macrophomina phaseolina. Oltre ad eliminare i bulbi colpiti da queste malattie fungine, all’occorrenza, potremmo prevedere un trattamento con fungicida ad hoc. LEGGI TUTTO

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    Una nuova varietà di riso abbatte le emissioni di metano

    Ci sono voluti diverse analisi ed esperimenti in laboratorio, quindi tre anni di test sul campo, prima che il team di Anna Schnurer della Swedish University of Agricultural Science potesse presentare il proprio riso “eco-friendly”: una nuova varietà (ma a ben vedere molto di più) per ridurre le emissioni di metano associate all’alimento più consumato al mondo. Le presentazioni ufficiali sono avvenute dalle pagine di “Molecular Plant”. Il riso infatti, insieme alle mucche, è tra i principali responsabili delle emissioni di metano derivanti dall’agricoltura (e lungo la filiera di produzione di altre forme di inquinamento).

    Secondo alcune stime della Fao, alle risaie si deve almeno l’8% di tutto il metano prodotto dalle attività umane. Non tutte le varietà, non tutti i campi di riso contribuiscono allo stesso modo: il metano emesso da questo cereale infatti è il prodotto di diversi fattori, scrivono gli autori, come sostanze secrete dalle radici del riso, caratteristiche del terreno e, soprattutto, abbondanza di microrganismi che producono o consumano metano lì nelle risaie. Il lavoro di Schnurer e colleghi cinesi è stato quello di capire cosa, tra tutto questo, svolgesse un ruolo di primo piano nella produzione di metano. Quanto hanno scoperto si deve in buona parte allo studio dettagliato delle sostanze prodotte dalle radici e presenti nel suolo di una varietà di riso ad emissioni molto ridotte di metano (nota come Susiba2). Nel corso del loro lavoro, come spiegano, gli scienziati hanno messo a confronto le sostanze prodotte da questa varietà con una più tradizionale, ad emissioni più elevate, identificando due sostanze ritenute cruciali per la produzione di metano: il fumarato e l’etanolo. Il primo, continuano gli autori, favorisce l’accumulo di metano, il secondo lo ostacola, ma hanno fatto di più: hanno cercato di capire se fosse possibile alterare l’azione di queste sostanze ricorrendo ad altre. E la risposta è che sì, si può: i ricercatori citano una sostanza, l’oxantel, che riduce le emissioni di metano perché ostacola il metabolismo del fumarato, che indirettamente alimenta i microrganismi che producono il metano nel suolo.

    A questo punto era necessario capire se le osservazioni condotte in laboratorio potessero essere applicate nel mondo reale. Per farlo gli esperti hanno creato una varietà – un ibrido speciale – con le caratteristiche desiderate, ovvero che potesse ridurre la produzione di metano garantendo al tempo stesso una buona produttività, e lo hanno testato prima in laboratorio e poi con esperimenti sul campo. Oltre a creare una varietà con livelli contenuti di fumarato ed elevati di etanolo, i ricercatori hanno provato al tempo stesso ad utilizzare anche l’oxantel o l’etanolo (che ostacola la sopravvivenza di microrganismi che producono metano) per modulare la produzione del gas su diverse varietà di riso. In tutti i casi, raccontano, hanno osservato sul campo una notevole riduzione delle emissioni di metano, variabile dal 40% al 70%. Il messaggio è chiaro, concludono gli autori: bisogna puntare sullo sviluppo di varietà a basse emissioni o trovare nuove strategie da usare che possano ridurre, in sicurezza, le emissioni, tanto più in vista dell’aumento della popolazione e dei conseguenti consumi di riso. LEGGI TUTTO

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    Il tasso e il suo ritratto di Banksy: la foto più votata del Wildlife Photographer of the Year

    Come allo specchio, o quasi. C’è un tasso che sembra guardare verso un murale del celebre street artist Banksy, che ritrae singolarmente proprio un esemplare della sua stessa specie. Una coincidenza fortuita che vale a Ian Wood il riconoscimento “People’s Choice Award” del Wildlife Photographer of the Year, legato a uno dei più importanti concorsi internazionali di fotografia naturalistica, promosso dal Museo di Storia Naturale di Londra.

    Lo scatto, realizzato nella città di St Leonards-on-Sea, nel distretto di Hastings nell’East Sussex, in Inghilterra, è accompagnato dal titolo “No access”: è risultato il più votato dal pubblico tra le 25 immagini finaliste di un’edizione che ha raccolto oltre 76 mila preferenze, provenienti da tutto il mondo.Una fotografia eccezionale, come da definizione del direttore del museo, Douglas Gurr, in grado di offrire “uno scorcio unico dell’interazione della natura con il mondo umano, sottolineando l’importanza di comprendere la fauna selvatica urbana”.

    Di più: si tratta di “un efficace promemoria – prosegue Gurr – della capacità di ispirarci e affascinarci che hanno la natura e la fauna selvatica locali, spesso appena fuori dalle nostre case”. L’autore dello scatto ha rivelato che “l’ondata di amore per i tassi che si è diffusa da quando la mia foto è stata nominata per il People’s Choice Award è stata meravigliosamente travolgente”.

    E chissà che non abbia contribuito anche la riconoscibilità del tratto di Bansky, celebre artista e writer britannico, considerato uno dei maggiori esponenti della street art, in cui stencil, ormai diffusi sulle strade e sui muri e ponti delle città di tutto il mondo, affrontano con ironia i temi della contemporaneità: il suo tasso tiene, con le zampe, due pistole, elemento ricorrente nella produzione di Bansky, a pochi centimetri un cartello intima a lasciare sempre libero il passaggio. Un’opera già accompagnata da ampio merchandising e che vive oggi una nuova inattesa popolarità, complice lo sguardo incuriosito di un tasso in carne e ossa, mammifero notturno invero particolarmente elusivo.

    Tra gli altri scatti finalisti, istantanee che catturano una doppia nube lenticolare al di sopra un vulcano cileno, il volo di un barbagianni all’esterno di un granaio canadese, un ermellino che percorre un paesaggio innevato in Belgio.

    Ecco, nel dettaglio, gli altri finalisti del concorso, cui sono state attribuite menzioni speciali.

    1. Earth and Sky di Francisco Negroni

    2. Edge of Night di Jess Findlay

    3. Whiteout by Michel d’Oultremont

    4. Spiked by David Northall LEGGI TUTTO

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    L’app creata da due 17enni che trasforma gli avanzi da buttare in piatti da degustare

    Quante volte ci sarà capitato di aprire il frigo e trovare ingredienti destinati a finire nella spazzatura? Tante. Troppe. In Italia ogni anno vengono buttati nel secchio della spazzatura 14,1 miliardi di euro di cibo. Oltre 6 etti di cibo a testa, ogni settimana. Tra i rifiuti finisce soprattutto la frutta (24,3 grammi settimanali); il pane (21,2 grammi); le verdure (20,5 grammi), l’insalata (19,4). Non solo, ogni italiano spreca ogni anno 372 euro di cibo che, dalla tavola o dal frigorifero, passa direttamente nella pattumiera. Secondo i dati di Eurostat, l’Italia è il Paese con il maggiore spreco alimentare domestico in Europa, seconda solo al Portogallo. Migliorare la consapevolezza dei consumatori sul tema e iniziare a modificare il proprio stile di vita è il primo gesto da compiere per attivare processi virtuosi all’interno delle nostre case. Per restituire valore al cibo ed evitare lo spreco domestico, Matteo Morvillo e Amedeo Valestra, diciassettenni di Massa Lubrense, vicino Sorrento, hanno sviluppato un’app dal nome Cucinalo che sfrutta l’intelligenza artificiale per ridurre gli sprechi alimentari domestici.

    Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare

    Dai biscotti all’olio, quando buttare il cibo e quando no

    di  Paola Arosio

    04 Febbraio 2025

    Nello specifico si tratta di un’applicazione che fotografa gli ingredienti in frigorifero e nella credenza e suggerisce, nel giro di qualche secondo, il piatto giusto. L’applicazione è in grado di personalizzare le ricette, partendo da una semplice descrizione, inoltre è possibile chattare con l’intelligenza artificiale per chiedere supporto e consigli, proprio come i chatbot delle app fintech (delle banche). Un aiuto utile per chi ha bisogno di un consiglio in cucina perché non ha molta esperienza con i fornelli o semplicemente non ha tempo e fantasia, ma vuole evitare che i propri avanzi finiscano nella pattumiera. L’app propone anche un ampio catalogo di ‘ricette della nonna’ per ogni occasione, suddivise in categorie come colazioni, primi piatti, secondi, contorni, dolci, aperitivi e drink. Non solo, suggerisce come impiattare, perché diciamolo – anche – in cucina l’occhio vuole la sua parte.

    Trasformare gli avanzi in piatti deliziosi con l’AI
    Ecco come funziona. L’utente può caricare una lista di ingredienti o più semplicemente scattare una foto, attivando la funzione ‘ricette svuota frigo’, il sistema di intelligenza artificiale trasformerà gli ingredienti avanzati in piatti, generando ricette personalizzate che valorizzano la materia prima esistente, tenendo conto di esigenze particolari, come allergie, intolleranze o abitudini alimentari. Scaricabile su tutti gli stores gratuitamente, l’app Cucinalo ti guida passo dopo passo per creare ricette facili e gustose, e soprattutto utilizzando ciò che hai già in casa. La fase di preparazione è supportata con: quantità, dosaggi, modalità di cottura e persino consigli su come impiattare. C’è anche la possibilità di creare un proprio ricettario, di salvare le ricette che sono piaciute, ma anche tutte le opzioni ideate per vegani, vegetariani e le singole intolleranze. Altre funzioni di cui dispone l’utente è il timer integrato per cucinare senza errori di cottura o di dosaggio, e include anche tutte le ricette generate con l’AI. L’app è un vero e proprio Chef virtuale per ricevere consigli, sostituzioni di ingredienti e supporto, il tutto in tempo reale.

    Giornata di prevenzione dello spreco alimentare

    Spreco alimentare, gli italiani gettano via 4,5 milioni di tonnellate di cibo all’anno

    di  Fiammetta Cupellaro

    04 Febbraio 2025

    La sfida: cambiare le abitudini alimentari delle persone in chiave sostenibile
    A un mese dal suo ingresso negli store, l’app Cucinalo ha già raccolto numeri promettenti: oltre tremilacinquecento utenti e più di trecento chili di cibo utilizzati grazie alle ricette suggerite dall’AI. Matteo Morvillo e Amedeo Valestra si sono autofinanziati, unendo le reciproche passioni per la cucina e la tecnologia, hanno creduto fin dall’inizio nel valore della loro idea, tanto che oggi stanno già pensando a come migliorare la messa a terra del progetto per renderlo più performante. Tra le novità in vista sull’app gratuita: trascrivere i ricettari cartacei, consentendo agli utenti di conservare e condividere le ricette della tradizione – che si tramandano da madre in figlio – in formato digitale. L’obiettivo dei due studenti dell’istituto polispecialistico San Paolo di Sorrento è di riuscire a rimodellare le abitudini alimentari delle persone in chiave sostenibile. Lo spreco di alimenti ci mette di fronte a molteplici problematiche di natura ambientale, economica, sociale, nonché etica. Tutto ciò rende la questione una delle più grandi, complesse e urgenti sfide del nostro tempo. LEGGI TUTTO

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    Detrazioni al 50% per chi vuole rinnovare o ampliare l’impianto fotovoltaico

    Rinnovare a ampliare l’impianto energetico con il bonus. Chi ha installato i pannelli solari anni fa e ora vuol aggiungere un sistema di accumulo, altri pannelli, o cambiare il sistema di gestione per migliorarne la resa ha la possibilità di farlo con la detrazione fiscale sulla spesa. Il bonus, infatti, non è rivolto solo ai nuovi impianti, ma anche ai potenziamenti. Interessati tutti gli impianti installati dal 2023 in poi, ossia dopo la scadenza del Conto energia.

    Come funziona il bonus fotovoltaico
    Il bonus fotovoltaico è una detrazione del 50% in dieci anni prevista per l’installazione dei pannelli fotovoltaici al servizio delle abitazioni private. La detrazione è riconosciuta per tutte le spese di acquisto e posa in opera e per le spese tecniche necessarie per consentire l’avvio dell’attività. L’agevolazione spetta anche quando i pannelli non sono installati sul tetto dell’abitazione ma su una pertinenza, ad esempio il box, a patto che l’impianto sia destinato ai consumi domestici.

    Più efficienza e sistema di accumulo
    Anche chi ha già installato un impianto con il bonus, dunque, potrà ottenere una nuova agevolazione in caso di revamping fotovoltaico. Tecnicamente il revamping (rinnovamento) è un intervento che ha lo scopo di migliorare e aggiornare le caratteristiche dell’impianto in modo da renderlo più efficiente. Si tratta infatti di interventi di modernizzazione che possono includere sia la sostituzione di parti malfunzionanti o poco efficienti che l’aggiornamento delle tecnologie utilizzate, la sostituzione dell’inverter o l’aggiunta di un nuovo sistema di accumulo per migliorarne l’efficienza e la resa. L’agevolazione, infatti spetta per tutti gli interventi di miglioramento di impianti alimentati con fonti rinnovabili che comportino una innovazione rispetto al sistema precedente. Come chiarito dall’Agenzia delle entrate, infatti, sono generalmente inquadrabili come tali i lavori su impianti tecnologici diretti a sostituirne componenti essenziali con altri che consentono di ottenere risparmi energetici rispetto alla situazione preesistente.

    Sconto fiscale anche per gli ampliamenti
    Anche in caso di ampliamento con l’aggiunta di nuovi pannelli è possibile ottenere l’agevolazione fiscale, a patto che l’impianto non superi la potenza di 20 kw. Sono agevolabili, infatti esclusivamente gli impianti domestici, ossia quelli che rientrano appunto entro questo ambito, mentre la possibilità di usufruire del bonus è esclusa quando la cessione dell’energia prodotta in eccesso si configura come esercizio di attività commerciale, come nel caso, ad esempio, in cui l’impianto abbia potenza superiore a quella prevista oppure, pur restando nei limiti, non è posto a servizio dell’abitazione.

    Bonus cumulabile con gli incentivi per l’autoconsumo
    La detrazione fiscale è invece sempre cumulabile con gli incentivi per l’autoconsumo collettivo previsti dal Gse. Questi infatti si possono ottenere non solo per i nuovi impianti ma anche per l’ampliamento di quelli già in funzione quando si decide di creare un Gruppo di autoconsumo sfruttando l’energia prodotta dai nuovi pannelli.

    Revamping senza bonus in caso di accesso al Conto Energia
    Il bonus, invece non è ammesso per l’ampliamento e il revamping degli impianti che sono stati incentivanti con il Conto Energia, in vigore fino al 2013. In questo caso, infatti, come previsto dalle norme che hanno introdotto a suo tempo l’agevolazione, non è possibile cumulare gli incentivi erogati con le detrazioni fiscali. Quindi chi incassa ancora le somme versare dal Gse può fare il revamping ma non potrà usufruire di nessuna agevolazione sui costi da sostenere. LEGGI TUTTO

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    Dai biscotti all’olio, quando buttare il cibo e quando no

    Ogni settimana nel nostro Paese finiscono nell’immondizia ben 683,3 grammi di cibo a testa. Lo afferma il rapporto Waste Watcher 2024, segnalando che lo sperpero è cresciuto del 45,6% rispetto al 2023. Tra gli alimenti buttati via più spesso ci sono frutta (27,1 grammi), verdura (24,6), pane (24,1), insalate (22,3). Complice di questo enorme spreco anche la poca conoscenza da parte degli utenti o la scarsa comprensibilità delle informazioni riguardanti scadenza e conservazione riportate sulle confezioni, che fanno sì che prodotti ancora commestibili vadano a finire nella spazzatura.
    Data di scadenza tra perentorietà e tolleranza
    La data di scadenza, che viene segnalata tramite la dicitura “da consumare entro” seguita dal giorno e dal mese, è presente sugli alimenti ad elevata deperibilità, da conservare in frigorifero. Tra questi si distinguono quelli più deperibili, come pesce crudo, carne fresca, formaggi freschi, in cui l’indicazione è perentoria, perché potrebbero proliferare microrganismi nocivi, e quelli meno deperibili, come latte o yogurt, in cui è possibile un po’ di tolleranza: in concreto, si può sforare di uno o due giorni, a patto che il prodotto sia stato conservato correttamente e la confezione risulti integra.
    Il termine di conservazione non è tassativo
    Il termine minimo di conservazione viene, invece, indicato con la dicitura “da consumare preferibilmente entro” seguita da mese, anno e in alcuni casi dal giorno. Un’indicazione che segnala fino a quando un alimento, come pasta, farina, biscotti, conserva intatte le caratteristiche nutrizionali e di gusto. Ciò non ha a che vedere con la sicurezza, perciò il cibo resta commestibile anche per mesi dopo che il termine è stato raggiunto.
    Una guida per i consumatori
    Per aiutare gli acquirenti a limitare gli sprechi, pur tutelando al massimo la salute, Altroconsumo ha stilato una guida completa, che va dall’olio al miele passando per i salumi. Eccola di seguito (chi vuole può stamparla e appenderla in cucina per averla sott’occhio in caso di dubbi).
    Riso e pasta
    Possono essere consumati oltre la data indicata sulla confezione, anche uno o due mesi dopo. Attenzione, però, che non presentino impurità, grumi, buchi, determinati da parassiti. Visto che questi ultimi possono penetrare facilmente nelle scatole di cartone e di plastica, è meglio usare i barattoli a chiusura ermetica.
    Biscotti e crackers
    Si possono mangiare anche due o tre mesi dopo il termine di conservazione, senza incorrere in alcun rischio per la salute. Unico problema: potrebbero perdere un po’ croccantezza e fragranza.
    Pancarré
    Ideale per toast o tramezzini, dopo la scadenza o l’apertura va mangiato nel giro di una settimana, altrimenti meglio congelarlo. Una volta aperto, non va conservato in frigo perché perde fragranza.
    Farina
    Può essere usata anche uno o due mesi dopo il termine minimo di conservazione. Non consumare se è presente muffa, se la confezione non è integra o se è infestata dalle farfalline.
    Latte fresco
    Può essere bevuto anche il giorno successivo alla scadenza, scaldandolo bene: se è inacidito, con il calore formerà dei grumi sul fondo (in questo caso meglio buttarlo).
    Latte microfiltrato
    Si può consumare anche qualche giorno dopo che è scaduto. Se il contenitore si gonfia, meglio però evitare.
    Il latte Uht
    L’acronimo Uht (Ultra high temperature) indica che il latte è stato sterilizzato tramite l’esposizione ad altissime temperature (135 gradi minimo) e poi riportato rapidamente a temperatura ambiente, ottenendo un termine minimo di conservazione di circa quattro mesi. In questo periodo il grasso potrebbe affiorare, ma non è un segno di degradazione. Una volta aperta la confezione, il latte va tenuto in frigo e bevuto entro tre-quattro giorni.
    Yogurt
    Si può mangiare anche qualche giorno dopo la scadenza. Se il tappo si gonfia, però, è meglio non consumarlo (questo vale anche se il cambiamento avviene prima della scadenza).
    Formaggi freschi
    Mozzarella, ricotta, stracchino si deteriorano alla svelta: per questo è bene consumarli entro la scadenza. Vanno buttati in presenza di muffe, di confezione gonfia, di sapore acido o amarognolo.
    Formaggi stagionati
    In frigorifero durano per settimane. Se si forma della muffa, è possibile rimuoverla con l’aiuto di un coltello e consumarli comunque, dato che non riesce a penetrare all’interno e a guastare, quindi, il prodotto.
    Pesce
    Va riposto nel ripiano inferiore del frigorifero, che è il più freddo, e consumato entro uno o due giorni. Se è affumicato, dura tre settimane quando è chiuso, due giorni se aperto.
    Carne
    Come il pesce, va conservata nel ripiano più basso del frigo. Quella macinata va cotta entro 24 ore dall’acquisto, quella a fettine entro un paio di giorni, i pezzi interi (come l’arrosto) entro tre-quattro giorni. Se si prevedono tempi più prolungati, è meglio dividere la carne in porzioni e congelarla nel freezer.
    Salumi
    Dal prosciutto crudo al salame, dalla mortadella alla bresaola, i salumi vanno conservati in frigorifero. Quelli affettati al banco della gastronomia durano al massimo cinque giorni. Quelli confezionati in vaschetta presentano la data di scadenza, che fa da riferimento. Una volta aperti, devono però essere consumati entro due giorni.
    Sushi e tartare
    Questi alimenti, comperati al banco frigo del supermercato o in un negozio da asporto, vanno consumati il giorno stesso dell’acquisto perché il pesce crudo è un alimento molto delicato. Da ricordare: se è fresco ha un odore pressoché neutro, con un vago sentore di acqua marina o alghe. Più l’odore è intenso, più il pesce è vecchio.
    Uova
    Meglio non oltrepassare la data indicata sulla confezione. In particolare nelle preparazioni a crudo, come tiramisù o maionese, è sempre bene usare uova freschissime.
    Patate
    Non hanno data di scadenza né termine minimo di conservazione. Vanno riposte in un luogo fresco e arieggiato, poco umido e al riparo dalla luce. Possono essere collocate, per esempio, in sacchetti di carta, cestini di vimini o cassette di legno. Conservando i tuberi nel modo corretto, si eviterà che germoglino e che si possano sviluppare sostanze tossiche.
    Conserve sott’olio
    Melanzane, zucchine, carciofini, carote, aglio, funghi sono alcuni degli alimenti che possono essere preparati in questo modo. Queste preparazioni hanno una scadenza lunga, che è meglio non superare: l’olio, infatti, rischia di irrancidire, compromettendo il sapore. Dopo l’apertura dei barattoli, conservare in frigo e mangiare nel giro di due settimane.

    Acciughe in vasetto
    Sono una semiconserva. Andrebbero vendute nel banco frigo, ma in Italia questo non avviene. A casa meglio non riporle nella dispensa, ma appunto nel frigorifero, anche se il vasetto è chiuso. Il consiglio è consumarle entro il termine minimo di conservazione.

    Maionese e salse
    Si possono usare anche qualche mese dopo il termine minimo di conservazione, a patto che siano chiuse, che siano state conservate alla temperatura giusta e che non presentino muffe.

    Olio
    Mantiene più a lungo le sue caratteristiche se conservato al buio: per questo è spesso contenuto in una bottiglia di vetro scuro. Meglio non andare oltre la data riportata, altrimenti potrebbe irrancidire, assumendo uno sgradevole sapore amarognolo, a causa dell’ossidazione degli acidi grassi insaturi.

    Spezie
    Possono essere usate in tutta sicurezza anche mesi dopo il termine minimo di conservazione. Più invecchiano, minore sarà, però, l’aroma e il contributo che possono apportare all’insaporimento delle pietanze.
    Sale e zucchero
    Il sale, lo zucchero, l’aceto, le caramelle sono prodotti per cui è la legge stessa a non prevedere la data di scadenza, dal momento che non si deteriorano.
    Frutta
    Ha una deperibilità molto variabile: si va dalle fragole, che durano al massimo qualche giorno prima di guastarsi, alle mele, che in frigorifero resistono anche per settimane.
    Marmellata
    Nel barattolo chiuso, dura un paio di anni. Una volta aperta va tenuta in frigo. Attenzione alle muffe: se si sviluppano è meglio buttare via tutto.
    Miele
    Ha una vita molto lunga. Se si cristallizza, nessun problema: lo si può riportare allo stato liquido scaldandolo a bagnomaria.
    Spremute e succhi
    Le spremute 100% vendute nel banco frigo hanno una durata limitata: è bene rispettare la scadenza. Succhi e nettari hanno, invece, un termine minimo di conservazione di qualche mese e si possono bere anche successivamente. Se aperti vanno, però, tenuti in frigorifero e consumati nel giro di pochi giorni.
    Acqua in bottiglia
    Sulla confezione è indicato il termine minimo di conservazione, che si può sforare anche di 12 mesi, purché l’acqua sia stata conservata al riparo da calore e luce e non abbia alterazioni del gusto né appaia torbida. LEGGI TUTTO

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    Mezzo grado in più di riscaldamento globale triplica le aree inospitali della Terra

    Mezzo grado in più di riscaldamento globale e si triplicheranno le aree della terra, pari quindi alla superficie degli Stati Uniti, inospitali per l’uomo a causa di un eccessivo calore. È la drammatica previsione di un gruppo internazionale di scienziati, guidato dal King’s College di Londra, che in un lavoro pubblicato su Nature Reviews Earth and Environment, rivela che il continuo riscaldamento globale in più parti del pianeta raggiungerà livelli di calore, specialmente nei periodi di caldo estremo, insopportabili anche per la temperatura corporea interna di organismi giovani e sani se verranno superati 2°C rispetto ai livelli preindustriali.

    Ciò significa che anche per un individuo sano, giovane, le aree della terra invivibili aumenteranno del 6% e per persone over 60 del 35%. L’anno scorso è stato il primo anno solare con una temperatura media globale di oltre 1,5°C al di sopra della media preindustriale e, agli attuali tassi di riscaldamento, i 2°C potrebbero essere raggiunti entro la metà o la fine del secolo.

    World economic forum

    Global Risks Report 2025, l’emergenza climatica tra i primi 10 rischi globali

    di  Fiammetta Cupellaro

    15 Gennaio 2025

    “I nostri risultati mostrano le conseguenze potenzialmente mortali se il riscaldamento globale raggiungesse i 2°C” ha dichiarato Tom Matthews, autore principale e docente di geografia ambientale al King’s College di Londra. “Finora sono state superate solo di poco le soglie di calore tollerabili per gli anziani e nelle regioni più calde della Terra, ma presto questo limite riguarderà anche gli adulti più giovani. In tali condizioni, l’esposizione prolungata all’aperto, anche in soggetti sani, all’ombra, anche in presenza di una forte brezza e di una buona idratazione, potrebbe provocare un colpo di calore letale, cambiamento sensibilmente il rischio di mortalità legate a questa causa”.

    Per valutare le conseguenze del riscaldamento globale sulla salute, i ricercatori hanno correlato i dati del clima fisico al rischio di mortalità per calore, includendo anche il superamento delle soglie “non compensabili”, in cui la temperatura corporea interna aumenta in modo incontrollabile, e “non sopravvivibili”, in cui la temperatura interna aumenta fino a 42°C entro sei ore. Tra il 1994 e il 2023, le tolleranze termiche per l’uomo, la combinazione di temperatura e umidità, oltre le quali il corpo umano non riesce a far fronte, sono state violate in circa il 2% della superficie terrestre globale per gli adulti sotto i 60 anni, a fronte di oltre il 20% per gli anziani, i più vulnerabili allo stress da calore.

    Crisi climatica e salute

    Caldo record 2024, i medici: “Gravissimi gli effetti sulla salute”

    di  Fiammetta Cupellaro

    10 Gennaio 2025

    Quindi, mentre le soglie non compensabili sono state superate per tutte le età, quelle non sopravvivibili sono state finora superate di poco per gli anziani, i quali per livelli di oltre 4-5°C rispetto al periodo preindustriale, potrebbero sperimentare un calore non compensabile su circa il 60% della superficie terrestre durante eventi estremi. A questo livello di riscaldamento, il calore non sopravvivibile inizierebbe a rappresentare una minaccia anche per adulti più giovani nelle regioni subtropicali più calde e a queste condizioni alcune regioni, come l’Africa sahariana e l’Asia meridionale, sono più a rischio di superare le soglie critiche non compensabili e non sopravvivibili. Riuscire ad anticipare l’entità dei futuri periodi di calore estremo e gli impatti peggiori è fondamentale sia per comprendere quanto ha inciso il fallimento delle azioni per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, sia per definire le strategie per la tutela delle comunità più fragili.

    “La nostra analisi mostra chiaramente che livelli di riscaldamento più elevati, come 4°C al di sopra della media preindustriale, avranno impatti estremamente gravi sulla salute specie in caso di calore estremo”, ha affermato il dottor Matthews. “A circa 4°C di riscaldamento al di sopra dei livelli preindustriali, il calore non compensabile per gli adulti colpirebbe circa il 40% della superficie terrestre globale, dove solo le alte latitudini e le regioni più fredde delle medie latitudini rimarrebbero inalterate. Il lavoro interdisciplinare è fondamentale per migliorare la comprensione del potenziale mortale del calore senza precedenti, di come possa essere ridotto e, poiché una parte sempre maggiore del pianeta sperimenta condizioni esterne troppo calde per la nostra fisiologia, sarà essenziale prevedere ambienti più freschi per ripararsi dal calore”.

    Salute e ambiente

    In Europa oltre 2,3 milioni di morti con l’aumento delle temperature entro il 2100

    di Anna Lisa Bonfranceschi

    27 Gennaio 2025

    Dal 2000 si sono registrati più di 260.000 decessi correlati alle temperature troppo elevate, dimostrando come il calore estremo sia già una minaccia enorme per la vita umana. Tre eventi di calore a maggiore letalità nel 21 secolo hanno causato globalmente quasi 200.000 decessi, tra cui circa 72.000 in tutta Europa nel 2003, altri 62.000 in tutta Europa nel 2022 e l’ondata di calore russa che nel 2010 ha ucciso circa 56.000 persone. LEGGI TUTTO