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    Alle medie con il panino: lezioni al mattino e aiuto per i compiti con i prof al pomeriggio

    A scuola con il panino per poi fermarsi a fare i compiti con i prof della scuola. Almeno quattro giorni alla settimana, fino alle 16. Anche alle medie. È una piccola grande rivoluzione quella annunciata dalla preside Giovanna Facilla delle Lavinia Fontana in via d’Azeglio, in procinto di partire già quest’anno nel secondo quadrimestre, ma […] LEGGI TUTTO

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    Convocato a scuola per la condotta del figlio, aggredisce il prof: “Non puoi disturbare la famiglia”

    REGGIO CALABRIA – Un insegnante di un istituto comprensivo è stato aggredito dal padre di un alunno 12enne dopo essere stato convocato a scuola per un incontro inerente la condotta scolastica tenuta dal figlio. È avvenuto a Reggio Calabria, all’interno di una scuola primaria e di secondo grado. L’uomo, un 34enne, identificato dai carabinieri, sarà […] LEGGI TUTTO

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    L’insegnante di Abbiategrasso colpita da un allievo: “Abbraccio chi mi ha ferito perché credo nel suo futuro”

    Quell’abbraccio al suo studente che l’aveva accoltellata in classe, lo scorso 29 maggio, all’istituto Alessandrini di Abbiategrasso, «è stato un gesto di incoraggiamento per il prosieguo della sua vita, ho voluto rassicurarlo, facendogli sentire che non nutro rancore per l’accaduto, pur non dimenticandone la gravità». La professoressa Elisabetta Condò ricorda il momento in cui, per […] LEGGI TUTTO

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    Studente sospeso per un’intervista, Valditara: “Lesa la dignità dell’istituto. Potevano dargli anche più di 15 giorni”

    BOLOGNA – Premette che stiamo parlando “di una vicenda specifica che coinvolge una istituzione scolastica nella sua autonomia, sulla quale il ministero non ha nessun potere di ingerenza”. Dopodiché il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara entra nel merito della sospensione di Damiano Cassanelli, lo studente dell’Ites Barozzi di Modena, che si è beccato una sospensione di […] LEGGI TUTTO

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    Occupazioni a scuola, la circolare del ministro Valditara: “Gli studenti devono pagare i danni che hanno fatto”

    “Chi rompe paga”. È questo, in estrema sintesi, il senso della circolare che il ministero dell’Istruzione e del Merito guidato dal leghista Giuseppe Valditara ha inviato alle scuole. Quel che era già operazione diffusa negli istituti, ovvero chiedere alle famiglie il risarcimento dei danni dell’occupazione, viene ratificato da viale Trastevere. Anche se non mancano le polemiche.
    Le scuole devono denunciare i vandali
    “L’occupazione – si legge nella circolare firmata dal capo dipartimento, Carmela Palumbo – espone gli studenti a possibili reati, anche legati al danneggiamento di beni pubblici», che le scuole «sono tenute a denunciare».
    Chi rompe paga
    Per gli studenti anzitutto «occorre valutare l’applicazione delle misure disciplinari previste dal Regolamento di ciascun istituto». Ed è anche necessario «stimare la portata dei danni degli eventuali atti vandalici, considerando che troppo spesso se ne fa carico l’intera collettività e non gli autori». Per questo, scrive il Mim, «dovranno essere poste a carico degli studenti responsabili le spese per le pulizie straordinarie e per il ripristino di arredi, pc e ogni altra attrezzatura di proprietà della scuola».
    La premessa è quel che nei mesi prima di Natale è accaduto in molte città: «Anche in quest’anno scolastico – si legge ancora nella circolare – alcune scuole sono state teatro di occupazione da parte di gruppi di studenti che hanno impedito il regolare svolgimento delle lezioni, per periodi considerevoli, ledendo il diritto costituzionale allo studio della maggior parte degli studenti non aderenti alle occupazioni e causando, in molti casi, danni consistenti agli arredi sia fissi che mobili, alle dotazioni laboratoriali e alle strutture».
    «Molti dirigenti scolastici – si aggiunge – hanno messo in atto, sin dall’inizio, tutte le possibili strategie per far fronte a queste situazioni, mostrando la disponibilità al dialogo e all’ascolto e proponendo alternative quali l’assemblea o la co-gestione. Non sempre, tuttavia, si è raggiunto il risultato sperato, a volte anche a causa della presenza durante le occupazioni di soggetti esterni alle scuole», prosegue Palumbo, la quale «in questo momento in cui è necessario affrontare le conseguenze di quanto accaduto», ritiene «fondamentale ricordare che l’occupazione espone gli studenti a possibili reati, anche legati al danneggiamento di beni pubblici», che i dirigenti scolastici «sono tenuti a denunciare».
    Le misure disciplinari
    Da qui le misure disciplinari, «tenendo conto delle modalità delle occupazioni che nei casi più gravi hanno persino impedito l’accesso al dirigente scolastico e al personale di segreteria, causando non solo l’interruzione dell’attività didattica, ma impedendo anche il regolare svolgimento delle funzioni amministrative», conclude la circolare.
    La svolta dura dei presidi davanti alle occupazioni si è vista già nei primi scrutini di gennaio. Al liceo Tasso di Roma sono fioccati i cinque in condotta, le sospensioni, l’assegnazione di lavori extra per i ragazzi, l’ira dei genitori per le punizioni, oltre alle polemiche per i danni: ingenti secondo l’istituto, minori per famiglie e ragazzi a cui sono state chieste le spese per la sanificazione. Al Mamiani c’è stato il braccio di ferro con la preside sulla lista degli auto-denunciati e lo stop imposto dalla dirigente ai collettivi studenteschi. E ancora al Virgilio il processo ai ragazzi e alle ragazze, le lettere ai genitori a cui è stato allegato il bollettino per saldare le spese dei danni e le sanzioni proporzionali al livello di esposizione dei singoli ragazzi. LEGGI TUTTO

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    Docente accoltellata a Varese, parla la prof Valentina Petri: “Noi in prima linea come i medici. Ma oggi di maestri c’è ancora più bisogno”

    «Siamo sempre più soli ma essere insegnanti non è diventato un mestiere più pericoloso, è diventato un mestiere più necessario». Sostiene Valentina Petri, prof in un istituto professionale di Vercelli, scrittrice di scuola e della vita da insegnanti.
    Petri, ci sono già state 27 aggressioni a scuola da gennaio, 36 lo scorso anno. Cosa succede?
    «La scuola non è un’isola, succede quel che succede anche fuori. Se nella società c’è un aumento di casi di violenza, aumentano anche in aula».
    Cosa c’è dietro?
    «Ogni caso fa storia a sé ma io credo che ci sia un bisogno educativo fortissimo. Questi episodi sono la spia di un disagio enorme che sfocia in violenza. E i docenti sono in prima linea come lo sono i medici del pronto soccorso, alle prese con una fetta già molto fragile di persone, gli adolescenti, che anche nella più rosea delle ipotesi affrontano le loro difficoltà per l’età che hanno e la fase evolutiva che attraversano».
    Ci sono stati anche casi di presidi schiaffeggiati da genitori, docenti presi a testate da familiari.
    «La presenza delle famiglie si è fatta molto forte. Ed è tanto auspicabile e doverosa quando è costruttiva, tanto è deleteria quando delegittima il lavoro degli insegnanti, quando vuole spiegarti come si fa il nostro lavoro: difficilissimo da gestire».
    Cosa può fare una prof?
    «Solo il nostro mestiere, faticando moltissimo a costruire la relazione con gli alunni. Questo enorme lavoro può durare un quadrimestre, due, a volte cinque anni, talvolta nemmeno sappiamo se abbia dato i suoi frutti ma non possiamo mollare».
    Il ministro Valditara chiede che sia approvata subito la riforma della condotta. Gli studenti dicono che ci vogliono più sportelli psicologici. Lei cosa pensa?
    «Che si possono fare entrambe le cose. La risposta immediata è la sanzione dura, l’imposizione di una regola, ma il voto in condotta da solo è uno slogan sterile: un ragazzo violento non si comporta bene in automatico dopo una sospensione o una bocciatura. Sanzionare va bene ma poi ci dev’essere il momento per capire, costruire, educare. Spesso le richieste dei ragazzi sulle risorse per gli psicologi a scuola si liquidano dicendo: “Noi eravamo più educati e non avevamo nulla”. È una superficialità nella superficialità. Chi ha il potere e gli strumenti per farlo dovrebbe dare una lettura più ampia di così e intervenire».
    Alla violenza concorre la messa in crisi della scuola come istituzione?
    «Il lavoro dell’insegnante non ha più l’attrattiva sociale di un tempo. Nessuno è attratto dagli zeri dello stipendio, la burocrazia ci ha messo il carico da undici, e mentre tutti impazziscono per il prof interpretato da Alessandro Gassman, che prende e porta i ragazzi fuori, noi siamo controllati come i magazzinieri di Amazon. E da fuori siamo ancora vittime dello stereotipo dei privilegiati con tre mesi di ferie».
    Vale ancora la pena insegnare?
    «Per me è come chiedere a qualcuno in guerra se vale la pena salvare vite: vale sempre la pena».
    Lei lo fa in un professionale. Sono davvero le scuole più difficili?
    «Hanno questa fama anche se spesso, lavorandoci, si scopre che non è vero. Certo sono scuole che hanno anche una valenza sociale, dove si ha a che fare con ragazzi più fragili o provenienti da un contesto difficile. Ma sono le scuole dove si ha davvero il polso del Paese, che ti mettono in contatto con la realtà lontana da stereotipi, proclami, fiction. Insegnare qui vale la pena due, tre, mille volte in più perché ogni risultato raggiunto vale triplo ed è utile a tutti. Sembra retorica ma dopo 10 anni al professionale io ancora non cambierei mai scuola». LEGGI TUTTO

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    “Ministro Urso, non cancelli il liceo economico sociale per il Made in Italy”: la lettera dei docenti

    Una lettera per chiedere al ministro Adolfo Urso chiarimenti sul destino del Les, il Liceo Economico Sociale, che nei piani del governo potrebbe essere sostituito dal liceo del Made in Italy, laddove questo dovesse prendere quota. A inviarla il Comitato Salviamo il Les, oltre 7mila firme alle spalle, per salvaguardare l’esperienza di questo indirizzo liceale avviato dieci anni fa e molto richiesto. «Liceo del Made in Italy e Liceo Economico Sociale – scrivono i firmatari della lettera – potranno vivere insieme e completarsi a vicenda, il primo come Liceo autonomo fin dal suo nascere, il secondo come opzione delle Scienze Umane». Se infatti il liceo del Made in Italy voluto da Fratelli d’Italia difficilmente riuscirà a partire già il prossimo anno (le adesioni al momento sono pochissime), il timore resta per il futuro. «La nostra è un’esperienza decennale – osserva la presidente del Comitato Cinzia Cotti che insegna in una scuola di Piacenza – che in tanti ci siamo impegnati per far crescere e che sta dando ottimi esiti. Crediamo sia giusto sia per i docenti sia per ragazzi e famiglie fare chiarezza».

    Pochi sì dalle scuole al liceo del Made in Italy. Falsa partenza per il sogno della destra

    di Ilaria Venturi

    16 Gennaio 2024

    Il testo della lettera
    “Onorevole Ministro Urso,
    siamo diverse centinaia di docenti di tutte le regioni d’Italia e le scriviamo per avere una risposta chiara e inequivocabile sul destino del Liceo Economico Sociale, indirizzo nel quale crediamo fortemente e che è stato messo in forse da circa un anno a causa della nascita del nuovo indirizzo Made in Italy, da Lei con altrettanta forza voluto. Come liberi cittadini abbiamo il diritto di sapere e Lei come nostro Ministro ha il dovere di rispondere.
    Ha veramente intenzione di estinguere con la forza un indirizzo valido ed in crescita, con la sola motivazione economica di farne nascere uno nuovo, ancora debole, a costo zero? Noi continuiamo a credere di no, nonostante ci stiano ripetendo insistentemente che sarà così. Noi la legge 206 del 27 dicembre 2023 l’abbiamo studiata con attenzione e l’interpretazione del comma 4 dell’articolo 18 ci sembra chiara: dove si attiverà una classe di Made in Italy e ci sarà un congruo numero di iscritti, questa prenderà il posto di una del LES, dove invece gli studenti continueranno a scegliere l’indirizzo Economico Sociale la loro libertà di scelta verrà rispettata.
    Un nuovo Liceo ha bisogno di tempo e di cure per crescere, ha bisogno di gente di scuola che ci investa e lo supporti, non può essere soltanto imposto. Moltissime infatti sono state le perplessità sollevate a questo riguardo negli ultimi giorni un po’ ovunque in Italia, prova ne è l’esiguo numero di classi di cui è stata chiesta l’attivazione.
    Liceo del Made in Italy e Liceo Economico Sociale potranno vivere insieme e completarsi a vicenda, il primo come Liceo autonomo fin dal suo nascere, il secondo come opzione delle Scienze Umane. Alcune persone hanno scritto, senza saperne nulla, che questi due Licei, MiI e LES, sono praticamente uguali, il che non è vero perché hanno orientamenti completamente differenti, infatti, nel Made in Italy scompaiono completamente le scienze umane, ma è proprio nella diversità che si può trovare un arricchimento.Aspettiamo fiduciosi la Sua risposta Signor Ministro e siamo certi che questa volta arriverà.
    Cordiali saluti”. LEGGI TUTTO