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    Giacobbo racconta la sua esperienza con la Covid-19

    Attualità
    di Valeria GhittiPubblicato il: 10-11-2020

    Roberto Giacobbo lo scorso marzo è finito in rianimazione per colpa del coronavirus. Fortunatamente ha sconfitto la malattia e ha potuto raccontarlo.
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    Sanihelp.it – La pandemia continua a imperversare e continua a non risparmiare neppure i personaggi più famosi. Anche in questa seconda ondata non mancano gli annunci di volti noti che risultano positivi, più o meno sintomatici, come Gerry Scotti, Carlo Conti, da poco ricoverato in ospedale, Francesco Totti e consorte, solo per ricordarne alcuni. Purtroppo c’è anche non è riuscito a vincere la battaglia con il virus, come Stefano D’Orazio dei Pooh o il reporter Pino Scaccia.
    C’è poi chi ha affrontato la malattia già nella prima ondata, ha vinto ma ne è uscito cambiato. È il caso del conduttore Roberto Giacobbo che in una recente intervista a Verissimo ha rivelato per la prima volta di essersi ammalato di Covid-19 , finendo anche in ospedale: « È successo il 5 marzo. Qualcuno mi ha trasmesso il virus, probabilmente mentre ero al supermercato. Purtroppo, una laringite ha falsificato i sintomi. Avevo la febbre alta, non stavo bene. Ho comprato un pulsometro per misurare l’ossigenazione del sangue. Una mattina ho sentito una maggiore difficoltà nel respiro e dopo poche ore l’ossigenazione era crollata. Sono corso in ospedale» ha raccontato.
    Per lui non solo un ricovero: «Sono stato in rianimazione. Avevo confuso i sintomi e sono arrivato all’ultimo stadio. Ho affidato il mio corpo completamente nelle mani dei medici. Potevo muovere solo gli occhi. Ero a un passo dalla fine». E lo ha creduto davvero, quando gli hanno tolto tutto, anche la fede nuziale: «Ho pensato che sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbero avuto le mie figlie e mia moglie. Non avrebbero potuto piangere neanche il corpo».
    Tutta la sua famiglia è stata in realtà contagiata dal virus. La moglie dopo di lui è stata la più grave, ma non è stata ricoverate, mentre le tre figlie sono state coinvolte in modo diverso: la più piccola è rimasta asintomatica, la seconda ha fatto i conti la mancanza di gusto e olfatto, la più grande con febbre alta. Fortunatamente le cose si sono risolte per il meglio e Giacobbo ha potuto raccontarlo a distanza di mesi. Il conduttore ha confessato anche che l’esperienza della malattia lo ha cambiato: « Adesso tutto è più bello, sono felice. Ogni respiro è più bello».

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    Tumori, scoperto ruolo chiave proteina diapason

    Tumori: prevenzione e terapie
    di Elisa BrambillaPubblicato il: 10-11-2020

    Nuovo passo in avanti della ricerca, in particolare nella conoscenza della diffusione delle metastasi
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    Sanihelp.it – Uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) e dell’Università Statale di Milano col sostegno della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, pubblicato sulla rivista Nature Communications, ha scoperto un ruolo inedito della proteina Atr, battezzata anni fa con il nome di proteina diapason, conosciuta da tempo per la sua funzione di difesa del DNA e di oncosoppressore: sarebbe anche il motore della plasticità della cellula tumorale e, pertanto, della sua diffusione metastatica. Un ruolo decisamente inatteso che per gli studiosi ha importanti implicazioni per comprendere le metastasi e per individuare soluzioni terapeutiche mirate.
    «Concettualmente – commenta il prof. Foiani, responsabile dell’Unità Integrità del genoma dell’Ifom e professore ordinario all’Università degli Studi di Milano – è paradossale che lo stesso gene sia un oncosoppressore e al tempo stesso un promotore di metastasi esattamente per la stessa capacità che ha di influenzare la forma e la rigidità del nucleo cellulare, ma questo dimostra che il cancro è una patologia meccanica oltre che genetica, in quanto le forze meccaniche possono interferire con la stabilità del genoma».
    Dalle ricerche precedenti, condotte sempre dallo stesso team, era emerso che Atr esercita un ruolo di sensore anche nelle cellule sane, avvertendo come un diapason le vibrazioni meccaniche che provengono dal nucleo o dall’esterno della membrana ogni volta che le cellule subiscono uno stress meccanico. Tutto questo modula la plasticità della cellula, salvaguardandola dallo stress.
    Dal nuovo studio è ora emerso che il controllo che Atr esercita sulla modulazione della plasticità cellulare costituisce altresì un fattore cruciale nella diffusione delle metastasi tumorali.
    La ricerca apre alla possibilità di sviluppare in prospettiva una nuova famiglia di farmaci ad hoc.

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    Intelligenza artificiale e tumori

    Tumori: prevenzione e terapie
    di Elisa BrambillaPubblicato il: 03-11-2020

    L’intelligenza artificiale sta cambiando non solo la vita quotidiana, ma anche la scienza
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    Sanihelp.it – I ricercatori dell’Università La Sapienza di Roma, dell’Istituto dei Sistemi Complessi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e dell’Università Cattolica di Roma, hanno svolto uno studio pubblicato sulla rivista Communications Physics, a proposito di un sistema di intelligenza artificiale che ingloba il tumore in una rete neurale ed è in grado di monitorare il metabolismo e la crescita delle cellule tumorale, oltre che gli effetti delle chemioterapie.
    «Si tratta di un’applicazione originale e innovativa dei nuovi concetti di Deep Learning alla fisica» spiega il coordinatore della ricerca, Claudio Conti del Dipartimento di Fisica della Sapienza e Direttore dell’Istituto dei sistemi complessi del Cnr. 
    «L’idea» aggiunge «è che possiamo usare questi modelli matematici non solo per fare operazioni semplici come il riconoscimento delle immagini, ma anche fare esperimenti decisamente non convenzionali, che sfruttano la fisica e la biofisica con un approccio interdisciplinare».
    Il team di ricercatori, in collaborazione con Massimiliano Papi della Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, ha realizzato una rete neurale ottica che ingloba al suo interno delle cellule tumorali viventi che crescono e si moltiplicano nel tempo. Si tratta di un dispositivo ibrido, formato da tessuti viventi e parti fisiche, come lenti, specchi e computer tradizionali, che evolve nel tempo e può essere addestrato per fornire informazioni sulle cellule tumorali, il loro metabolismo e l’effetto di chemioterapia e altri trattamenti. 
    I ricercatori hanno utilizzato cellule tumorali di glioblastoma, un tumore gravissimo del cervello, che sono state inserite nel dispositivo ottico. 
    Fasci laser sono in grado di attraversare le cellule tumorali, che si comportano come i nodi di una rete neurale. Il sistema di intelligenza artificiale agisce come una vera e propria rete neurale biologica, memorizza ed elabora i dati e successivamente codifica le informazioni contenute nella luce estratta dalle cellule tumorali.
    Ma non solo, la rete neurale vivente può riconoscere gli stimoli esterni e reagire ai cambiamenti: aggiungendo alcune dosi di farmaci chemioterapici i ricercatori hanno dimostrato la capacità del modello di calcolare l’efficacia della terapia contro il glioblastoma. 

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    Tumori: nivolumab e ipilimumab migliorano risposte del 60%

    Tumori: prevenzione e terapie
    di Elisa BrambillaPubblicato il: 20-10-2020

    La combinazione di due principi attivi immuno-oncologici dà importanti risultati
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    Sanihelp.it – La combinazione di nivolumab e ipilimumab riduce il rischio di progressione della malattia del 20%, di morte del 13% e incrementa le risposte del 60% rispetto alla terapia con un solo farmaco. Questi risultati sono dimostrati da una metanalisi coordinata dall’Università La Sapienza di Roma, che ha considerato studi su 2.440 pazienti con diversi tipi di tumore.Per la prima volta in 30 anni, con questa cura si è avuto un miglioramento significativo della sopravvivenza globale in una neoplasia molto difficile da trattare come il mesotelioma. 
    Nel melanoma metastatico a 5 anni il 52% dei pazienti trattati con la combinazione è vivo, e si tratta di un risultato eccezionale se si considera che, prima dell’introduzione dell’immuno-oncologia, questa percentuale non superava il 5%.La combinazione viene sperimentata anche nel trattamento del tumore del polmone, in associazione con basse dosi di chemioterapia, con il 63% dei pazienti vivi a un anno, nel carcinoma renale, con una riduzione del rischio di morte del 40% rispetto alla terapia standard. 
    Nel tumore gastrico avanzato e dell’esofago, la combinazione ha migliorato non solo la sopravvivenza globale, ma anche la sopravvivenza libera da progressione. Da 10 anni a questa parte, in questa neoplasia, non si osservavano risultati così eclatanti. 
    «I benefici offerti dalle combinazioni di molecole immuno-oncologiche – afferma Paolo Marchetti, Direttore di Oncologia Medica B del Policlinico Umberto I di Roma e Ordinario di Oncologia all’Università La Sapienza – sono costituiti da risposte più veloci e durature e dalla sopravvivenza a lungo termine, come evidenziato nella metanalisi, che sarà pubblicata nelle prossime settimane. Gli studi considerati hanno riguardato i tumori del polmone (non a piccole cellule e a piccole cellule), del rene, colon-retto, gastrointestinale, sarcoma, mesotelioma e melanoma. Nivolumab e ipilimumab agiscono su checkpoint immunitari diversi e la loro azione sinergica contribuisce all’obiettivo della sopravvivenza a lungo termine e a un migliore controllo di malattia. La combinazione agisce sia riconoscendo la componente antigenica, cioè individuando la diversità delle cellule tumorali, sia a livello della neoplasia impedendo che quest’ultima possa spegnere la risposta immunitaria. Nella metanalisi abbiamo effettuato una valutazione agnostica, prescindendo cioè dal tipo di cancro. L’immuno-oncologia infatti ha un unico bersaglio, il sistema immunitario, indipendentemente dall’istologia tumorale».

    FONTE – CONFLITTO DI INTERESSI:Pharmastar© 2020 sanihelp.it. All rights reserved.

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