L’Europa si spacca sul “no” alla deforestazione. La plenaria del Parlamento europeo ha adottato con 371 voti a favore, 240 contrari e 30 astenuti la proposta di rinvio di un anno dell’attuazione della legge, con alcune modifiche al testo proposte dal gruppo Ppe, tra cui la richiesta di aggiungere una categoria di ‘’Paesi a rischio zero’’ a cui garantire requisiti semplificati. Una categoria che – denunciano le associazioni ambientaliste, Wwf in primis – “aprirebbe la porta ad abusi di vasta portata”.
Proprio in queste ore la Commissione europea sta analizzando gli emendamenti “prima di prendere una posizione ufficiale”, come chiarito dal portavoce della Commissione Ue Adalbert Jahnz. A votare a favore del rinvio dell’attuazione della legge contro la deforestazione, con alcune modifiche al testo proposte dal gruppo Ppe, i Popolari, dei Conservatori, dei Patrioti e dell’ultra destra dell’Europa delle Nazioni Sovrane. Compatte le delegazioni italiane: favorevoli al rinvio Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia in linea con Ecr, Patrioti e Ppe; contrari gli eurodeputati del Pd, dei Verdi e delle Sinistre dell’Unione europea.
Ma in cosa consiste la legge contro la deforestazione, che entrerà in funzione il 30 dicembre 2025 per le grandi aziende, e il 30 giugno 2026 per le Pmi? E quali sono i nodi cruciali sui quali la politica non ha una visione concorde?
Perché è importante interrompere i processi di deforestazione?
Per il contrasto al cambiamento climatico e per la protezione e il ripristino della biodiversità. Secondo una stima dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), tra il 1990 e il 2020, 420 milioni di ettari di foreste – un’area più grande dell’intera estensione dell’Unione Europea — sarebbero stati convertiti da foreste in terreni per uso agricolo. I consumi dell’UE sono responsabili di circa il 10% di questa deforestazione globale. Olio di palma e soia sono responsabili per oltre due terzi della deforestazione.
In particolare, l’Unione Europea sarebbe responsabile del 10% della deforestazione mondiale: una mancata entrata in vigore del regolamento si tradurrebbe – secondo le stime – a una deforestazione annua di 284 mila ettari di deforestazione, per un totale di 32 milioni di tonnellate annue, secondo le stime di TDi Sustainability.
In cosa consiste il regolamento europeo contro la deforestazione?
La normativa, che prende le mosse dall’esigenza di contrastare i cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità, impone alle imprese di garantire che i prodotti venduti nell’UE non siano all’origine di deforestazione. Il Parlamento europeo aveva approvato in via definitiva una legge che prevede che le aziende potranno vendere nell’UE solo i prodotti il cui fornitore abbia rilasciato una dichiarazione di “diligenza dovuta” (due diligence, in inglese) che attesti che il prodotto non proviene da terreni deforestati e non abbia contribuito al degrado di foreste, comprese le foreste primarie insostituibili, dopo il 31 dicembre 2020. Le imprese dovranno inoltre verificare che tali prodotti siano conformi alla legislazione pertinente del paese di produzione, anche in materia di diritti umani, e che i diritti delle popolazioni indigene interessate siano stati rispettati.
Quali sono le principali cause della deforestazione?
Secondo le stime del Wwf, quasi il 90% della deforestazione, soprattutto nelle zone tropicali e subtropicali ricche di biodiversità, è causata dai nostri consumi: l’Unione europea è il secondo maggiore “importatore” di deforestazione tropicale al mondo dopo la Cina, l’Italia è il secondo maggiore consumatore di materie prime a rischio di distruzione di natura, essendo responsabile – secondo il Wwf – della deforestazione di quasi 36.000 ettari all’anno. Ogni italiano con i propri consumi alimentari è responsabile della deforestazione di 6 metri quadrati l’anno.
Quali sono i prodotti interessati dalla nuova normativa?
Si tratta di una pluralità molto eterogenea di prodotti. Sono citati, per esempio, capi di bestiame, cacao, caffè, olio di palma, soia e legno, ma anche tutti i prodotti che contengono, sono stati alimentati con o sono stati prodotti utilizzando questi prodotti (ad esempio cuoio, cioccolato e mobili), come da proposta originale della Commissione. Durante i negoziati, i deputati sono riusciti a far includere anche gomma, carbone di legna, prodotti di carta stampata e a diversi derivati dell’olio di palma. Entro due anni dall’entrata in vigore del regolamento si valuterà l’eventuale inclusione del granturco e dei biocarburanti nell’ambito di applicazione, l’estensione di quest’ultimo ad altri ecosistemi naturali e se sia necessario imporre obblighi specifici agli istituti finanziari.
Come avverranno i controlli?
Il regolamento prevede che la Commissione classifichi i singoli paesi, o parti di essi, come a basso rischio, rischio standard o alto rischio sulla base di una valutazione obiettiva e trasparente entro 18 mesi dall’entrata in vigore del nuovo regolamento. Per i prodotti provenienti da paesi a basso rischio è prevista una procedura di diligenza dovuta semplificata. La percentuale dei controlli sugli operatori è in funzione del livello di rischio del paese: 9% per i paesi ad alto rischio, 3% per i paesi a rischio standard e 1% per i paesi a basso rischio. Le autorità competenti dell’UE avranno accesso alle informazioni fornite dalle società, come ad esempio le coordinate di geolocalizzazione. Effettueranno inoltre controlli con strumenti di monitoraggio via satellite e analisi del DNA per verificare la provenienza dei prodotti.
Quali sanzioni sono previste a chi viola il regolamento?
Le sanzioni in caso di violazione delle nuove regole prevedono un’ammenda massima pari ad almeno il 4% del fatturato annuo totale nell’UE dell’operatore o commerciante.
Perché non si trova unanimità sul percorso della legge?
C’è chi ritiene che i 18 mesi dalla sua approvazione non siano un periodo sufficiente affinché l’industria si prepari al tracciamento della filiera. Si è anche fatta larga una polemica sulle linee guida, con accuse alla commissione di una pubblicazione tardiva, avvenuta solo il 2 ottobre, vale a dire nel terzultimo dei 18 mesi date a Stati e aziende per prepararsi. Va tuttavia specificato che non sono poche le realtà che avrebbero già provveduto ad adottare gli investimenti necessari a tracciare la filiera per adeguarla alle nuove normative, ostacolando dunque i processi di deforestazione.
Quale era stato sin qui l’iter della legge?
Nell’ottobre 2020 il Parlamento aveva chiesto alla Commissione di presentare una proposta legislativa per porre fine alla deforestazione globale causata dall’UE. L’accordo con i paesi dell’UE sulla nuova legge era stato raggiunto il 6 dicembre 2022. In questi giorni sulle modifiche al testo proposte dal gruppo Ppe si è spaccata la maggioranza. Ora i colegislatori – Parlamento e Consiglio – hanno tempo fino alla fine di dicembre per trovare un accordo sulle modifiche. Senza un accordo, il regolamento dovrà essere attuato a partire dal 2025, come inizialmente previsto. La Commissione europea ha preso tempo per analizzare gli emendamenti adottati prima di adottare una posizione ufficiale. LEGGI TUTTO