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    Ecosmic, la startup che salva lo spazio dall’inquinamento evitando le collisioni

    Il nostro pianeta è circondato da sonde spaziali che svolgono un lavoro importante per studiare il clima in continua evoluzione, fornire servizi di comunicazione e navigazione globali e aiutarci a rispondere a importanti quesiti scientifici. Che si tratti di satelliti commerciali per telecomunicazioni, satelliti di osservazione della Terra o missioni di esplorazione con equipaggio, tutte le attività dell’uomo nello spazio sono messe a rischio dalla presenza in orbita di centinaia di migliaia di detriti senza controllo. E, non a caso, il tema della sostenibilità spaziale è da tempo al centro del dibattito di settore, spingendo verso lo sviluppo di tecnologie sempre più innovative.

    Ed è questo il punto di partenza della startup Ecosmic, che ha sviluppato un software, chiamato SAFE, in grado di stimare con grande precisione le possibilità di collisione in orbita, grazie a specifici algoritmi, suggerendo ai satelliti le manovre ottimali per ridurre al minimo il consumo di carburante e i tempi di inattività e favorire così la sostenibilità a lungo termine delle attività spaziali.

    Fondata da tre donne ingegnere: Imane Marouf, Benedetta Margrethe Cattani e Gaia Roncalli, la startup si propone come una rivoluzionaria software house per satelliti. Il traffico spaziale sta diventando sempre più denso. Tra le grandi costellazioni di satelliti, come Starlink, e i detriti di vecchi satelliti e razzi, ogni frammento diventa un potenziale pericolo per gli altri oggetti in orbita. Ecosmic si concentra sulla cosiddetta space awareness e collision avoidance, ovvero la consapevolezza dello spazio circostante e la capacità di evitare collisioni, con l’obiettivo di ridurre il numero di falsi allarmi, che oggi rappresentano oltre il 99% delle segnalazioni.

    Il problema dei rifiuti spaziali e l’effetto Kessler
    L’attuale spazzatura spaziale è composta in gran parte da frammenti di satelliti, razzi, sonde e rifiuti derivati dalle missioni. Il primo vero accumulo di residui è stato raggiunto nel 2007, quando il satellite meteorologico cinese FengYun-1C è stato intenzionalmente distrutto in un test di armi antisatellite. Hanno poi contribuito ad aumentare la spazzatura spaziale prima una collisione tra due satelliti (Iridium-33 e Kosmos-2251) avvenuta nel 2009, e poi un altro test di armi antisatellite condotto dalla Russia nel 2021, quando è stato disintegrato Kosmos-1408, di oltre due tonnellate di peso. Ognuno di questi eventi ha contribuito a inquinare lo spazio. E ora il problema dei detriti spaziali potrebbe precipitare drammaticamente a causa di un fenomeno noto come effetto Kessler.

    Secondo il rapporto 2024 della NASA, ci sono già più di 35.000 oggetti di detriti spaziali in orbita, di questi circa 26.000 sono pezzi di detriti di dimensioni superiori a 10 cm, e il numero continuerà ad aumentare. L’agenzia spaziale sottolinea che, poiché i detriti spaziali viaggiano a circa 15.700 mph (25.266 km/h) in orbita terrestre bassa, l’impatto di anche un minuscolo frammento di detriti orbitali con un veicolo spaziale potrebbe creare grossi problemi. Il preoccupante scenario ricade sotto il nome di “effetto Kessler” in quanto fu disegnato già nel lontano 1978 dall’allora consulente e ricercatore NASA, Donald J. Kessler. Oggi il volume di detriti spaziali che si trova nell’orbita bassa intorno alla Terra e sta diventando sempre più ingombrante poiché gli stessi oggetti orbitanti entrano più volte in collisione tra loro creando una vera e propria reazione a catena e aumentando in tal modo il volume dei detriti stessi con il rischio di ulteriori impatti.

    La startup della sostenibilità delle operazioni spaziali
    Ecosmic è stata fondata nel 2023 inizialmente a Delft (Paesi Bassi) da Benedetta Cattani, Gaia Roncalli e Imane Marouf ingegnere spaziali, successivamente la sede si è trasferita a Torino. La squadra sta sviluppando una soluzione software per favorire la Space Situational Awareness (SSA) e la prevenzione delle collisioni chiamata SAFE (System to Avoid Fatal Events) che, grazie ad algoritmi proprietari, supporta gli operatori delle missioni spaziali nella valutazione delle minacce di collisione orbitale con maggiore accuratezza e minore rischio di sovrastima, con conseguente risparmio di costi, e nell’identificazione delle migliori manovre da eseguire per evitare collisioni.

    La crescente pressione normativa volta a migliorare la sostenibilità delle operazioni spaziali e la volontà degli operatori spaziali di salvaguardare il ciclo di vita dei loro asset sostengono notevolmente la crescita del mercato dei prodotti per la SSA, che si prevede crescerà a un CAGR del 4,4%, raggiungendo un valore totale di 2,1 miliardi di euro nel 2030.

    Con un’attenzione particolare alla sostenibilità, Ecosmic vuole rendere le operazioni spaziali meno impattanti, incorporando nei satelliti la parte di operazioni satellitari solitamente condotta a terra. Il software SAFE riduce il carico di lavoro e la perdita di ricavi associati al traffico spaziale.

    Il numero di satelliti lanciati sta crescendo in modo esponenziale e gli aspetti operativi di queste missioni rappresentano un costo significativo, in quanto tipicamente durano per un periodo di 5-15 anni e richiedono un coinvolgimento umano intenso. Una preoccupazione urgente per gli operatori spaziali è il volume enorme di detriti spaziali, stimato superare i 100 milioni di pezzi, e una quantità sostanziale di tempo e risorse viene investita nella gestione degli avvisi di collisione. Sorprendentemente, il 99% di questi avvisi sono falsi positivi. SAFE è un software che risolve questo problema eseguendo una previsione avanzata delle collisioni e generando suggerimenti per evitarle.

    La startup ha già ricevuto un grant dalla Commissione europea. È cresciuta grazie all’Esa Business Incubator Center e alla collaborazione con Infinite Orbits, compagnia con la quale stanno perfezionando la versione on board del software.

    Nel 2022 la startup ha vinto il primo premio di T-TeC, Telespazio Techology Contest, il concorso di Open Innovation che Telespazio organizza ogni anno insieme a Leonardo dedicato a promuovere lo sviluppo e l’innovazione tecnologica nel settore spaziale tra le giovani generazioni, valorizzarne le idee e le intuizioni, e immaginare insieme a loro le tecnologie che segneranno il futuro.

    Ad aprile 2024, Ecosmic ha ricevuto un finanziamento di 1,1 milioni di euro da parte del fondo Primo Space, Ecosmic rafforzerà il proprio team e svilupperà SAFE 2.0, una versione aggiornata del prodotto che consentirà agli operatori satellitari di adattare la pianificazione delle missioni a specifiche contingenze, dalle manovre per evitare le collisioni al rilevamento di anomalie, con uno strumento completo di gestione della missione satellitare. LEGGI TUTTO

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    In città piove più che in campagna, colpa del riscaldamento globale

    Il fatto che in città piova di più che in campagna è un luogo comune? Se non lo è, si tratta di un fenomeno globale oppure riguarda solo alcune aree del pianeta? Un gruppo di ricercatori delle università statunitensi del Texas di Austin e della Georgia di Athens ha provato a rispondere attraverso uno studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences. I risultati ottenuti attraverso l’analisi dei dati satellitari relativi ad oltre mille aree urbane in tutto il mondo, confermano: oltre il 60% delle città prese in considerazione dalla ricerca ha registrato più giorni di pioggia rispetto alle aree rurali circostanti.

    Esperti

    Deloitte: ridurre la CO2 è la priorità

    di Pasquale Raicaldo

    05 Giugno 2024

    Ma perché nelle città piove di più?
    Uno dei fattori responsabili di questo fenomeno, spiega Liang Yang, docente all’Università del Texas di Austin, è la presenza di edifici molto elevati, che rallentano i venti e forzano le masse d’aria a convergere verso il centro della città. Questo provoca, a sua volta, un maggiore movimento dell’aria dal basso verso l’alto: “Movimento che favorisce la condensazione del vapore acqueo e la formazione di nuvole, condizioni critiche per la produzione di piogge e precipitazioni”.

    I dati

    Clima, ASviS: 9 città verso la neutralità al 2030, emissioni ridotte ma ancora barriere

    di redazione Green&Blue

    30 Luglio 2024

    Un’altra correlazione emersa dallo studio riguarda il numero di abitanti delle città prese in considerazione: secondo i risultati della ricerca, le città più popolose sono quelle più soggette alle anomalie di precipitazione. Questo sarebbe, da un lato, legato al fatto che le città con un elevato numero di abitanti tendono a svilupparsi molto verso l’alto con la presenza di edifici alti; dall’altro, alla maggiore emissione di gas serra dovuta agli spostamenti, attività industriali.

    Lo studio
    La novità di questo studio sta nell’ampiezza del campionamento. Gli autori hanno infatti preso in considerazione le anomalie che si sono verificate tra il 2001 e il 2020 nelle precipitazioni di 1.056 città sparse per tutto il globo, tra cui Rio de Janeiro, Città del Messico, Tokyo.
    Spiega Xinxin Sui, ricercatrice e prima autrice dello studio: “Dopo aver scoperto che oltre il 60% di queste città ha più precipitazioni rispetto alla campagna circostante, abbiamo fatto un confronto con le diverse zone climatiche scoprendo che le città più calde e umide registrano anomalie nelle precipitazioni maggiori rispetto alle città che si trovano in luoghi più freschi e secchi”.

    I dati

    Clima, ASviS: 9 città verso la neutralità al 2030, emissioni ridotte ma ancora barriere

    di redazione Green&Blue

    30 Luglio 2024

    Fra le grandi città analizzate, le più importanti anomalie di precipitazione sono state registrate a Houston (Stati Uniti) – dove in media ogni anno le precipitazioni superano quelle delle aree rurali di circa 12 centimetri – Ho Chi Minh (Vietnam); Kuala Lumpur (Malesia); Lagos (Nigeria) e l’area metropolitana di Miami (Stati Uniti). Tra l’altro, si legge nell’articolo, l’entità del fenomeno in queste aree è quasi raddoppiato negli ultimi 20 anni.

    Esistono poi delle eccezioni: le aree urbane di Seattle (Stati Uniti), Kyoto (Giappone) e Jakarta (Indonesia), per esempio, tendono a ricevere meno pioggia rispetto alle campagne limitrofe. Questo, spiegano i ricercatori, si verifica tipicamente in città situate in valli o pianure dove le dinamiche delle precipitazioni sono in parte controllate dalle montagne. LEGGI TUTTO

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    Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi: “Il teatro per raccontare il clima che cambia e le sue ingiustizie”

    Per ora è un esperimento di sostenibilità e accessibilità teatrale. Due attori Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi presentano a Bologna il 28-29 settembre il loro nuovo spettacolo itinerante “WE DID IT!” a bordo di un furgone elettrico alimentato da pannelli solari. Al centro dello spettacolo il tema della giustizia climatica e di come potremmo […] LEGGI TUTTO

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    Il filodendro: tipi, cura, esposizione e come annaffiare

    Il filodendro è una pianta appartenente alla famiglia delle araceae ed è in vendita in diverse varietà, per lo più a carattere rampicante o ricadente, anche se si trovano alcuni tipi arbustivi. Questo sempreverde si può coltivare facilmente in vaso, tra le mura domestiche.

    La cura in vaso del filodendro
    Il filodendro, dal greco “amico degli alberi”, è una pianta che gradisce una temperatura compresa tra i 18°C e i 24°C e non ama assolutamente le correnti d’aria fredda. Per prendersi correttamente cura del filodendro in casa è necessario garantire una temperatura minima di 13°C, giacché già a 10°C la pianta riporta gravi danni e rischia anche di morire. Proprio per questo, è consigliabile sistemare il filodendro in un angolo dell’abitazione, magari su una mensola o su un mobile basso. In questo modo, si può godere di uno splendido esemplare sempreverde in piena forma. Ricordiamo, però, di non prendere questa pianta qualora si avessero animali domestici, giacché risulta essere tossica per cani e gatti.

    I tipi di filodendro da coltivare in appartamento
    Del filodendro è possibile trovare ben oltre 500 specie suddivise per dimensioni e colori, caratteristiche che rendono unico ogni esemplare. Infatti, se ne trovano di tipi con foglie grandi o sfumature differenti. Per esempio, la Monstera deliciosa si presenta con grandi foglie forate ed è ideale da collocare in ambienti spaziosi. Il filodendro gloriosum, invece, è un tipo di pianta che ha delle splendide foglie, ma richiede molto più tempo per la sua crescita. Tra le altre varietà diffuse che si trovano facilmente vi è anche il filodendro Brasil che si contraddistingue per essere un esemplare con foglie a forma di cuore verde scuro, a carattere rampicante. Il filodendro Xanadu, invece, ha foglie grandi e lobate e si sviluppa come un cespuglio. Se si desidera un tipo di filodendro davvero speciale, però, non si può fare a meno di menzionare il philodendron Pink Princess che ha foglie verde scuro con una punta di rosa acceso.

    Qual è il terreno migliore per il filodendro?
    Per ottenere una pianta sana è importante selezionare il miglior terriccio disponibile. In tal caso, è necessario usare per questa sempreverde un terriccio ricco di sostanze organiche, con un mix di torba, terriccio e foglie di faggio. Sul fondo del vaso è preferibile sistemare una serie di ciottoli che consentiranno di drenare meglio l’acqua ed eviteranno i cosiddetti ristagni idrici.

    L’annaffiatura del filodendro
    Questa pianta ornamentale richiede annaffiature abbondanti, specie durante la stagione estiva. Durante il resto dell’anno si possono diminuire. È importante far asciugare completamente la superficie del terreno prima di proseguire con la successiva annaffiatura. In questo modo, il terreno ha tutto il tempo di asciugare, evitando inconvenienti che possono influenzare in qualche modo sulla crescita della pianta.

    L’esposizione consigliata per il filodendro
    Il filodendro non gradisce il sole diretto e, anzi, nella maggior parte dei casi la luce di questo genere compromette le foglie, bruciandole. È meglio selezionare un punto della casa o dell’ufficio dove vi è abbondante luce diffusa, poiché in caso di assenza di luminosità si rischia di ottenere una pianta priva di foglie con internodi più lunghi.

    La concimazione del filodendro
    Il filodendro può essere concimato durante il periodo primaverile ed estivo: è preferibile farlo ogni 3 settimane, utilizzando un concime liquido per piante verdi, da diluire proprio con l’acqua delle annaffiature. Selezionare un concime che contiene in prevalenza l’azoto può aiutare nella crescita la pianta.

    La potatura e il rinvaso del filodendro
    Il filodendro non ha bisogno di alcuna potatura, bensì è necessario pulire la pianta con regolarità, togliendo le foglie danneggiate o morte. In questa maniera, si favorisce una crescita sana e forte della sempreverde. Questa “potatura” si può effettuare in qualunque momento dell’anno e spesso è sfruttata anche per dare la forma che si desidera alla pianta. Tra i mesi di febbraio e marzo ci si può occupare del rinvaso della pianta. Il nostro consiglio è di selezionare un vaso leggermente più grande e di sostituire il vecchio terriccio in superficie (circa 2-3 centimetri). Dopodiché, si può rinvasare la pianta, avendo l’accortezza di aggiungere un supporto utile per il sostegno della pianta.

    Le avversità in cui può incorrere il filodendro
    Come avviene spesso per le piantine ornamentali, anche il filodendro teme l’acqua in eccesso: infatti, annaffiature sbagliate possono far sorgere il marciume dell’apparato radicale, portando la pianta alla morte. Naturalmente, anche la carenza di acqua provoca danni al filodendro: l’irrigazione scarsa fa ingiallire le foglie. La pianta non soffre di malattie da parassiti e ciò è dovuto alla presenza di foglie più dure che non sono gradite al palato degli insetti. Possono comunque comparire degli afidi che si combattono con un prodotto antiparassitario. LEGGI TUTTO

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    Ripartono da Milano le giornate “Insieme a te per l’ambiente” di McDonald’s

    La sensibilità ambientale ha fatto grossi passi in avanti negli ultimi anni, eppure sono ancora troppi i rifiuti che inquinano parchi, spiagge, strade e più in generale i luoghi pubblici che animano le nostre città, causando degrado e pericoli per la nostra salute e per quella dell’ambiente. A confermarlo sono anche i dati diffusi dall’indagine “Beach Litter 2024” di Legambiente: monitorando 33 spiagge in tutta Italia, rivela il report, ogni 100 metri di spiaggia è emersa una media di 705 rifiuti, tra i quali un mozzicone di sigaretta ogni metro e più di un pezzo di plastica ogni due metri. E proprio ripulire dai rifiuti parchi, spiagge, strade e luoghi pubblici è l’obiettivo dell’iniziativa “Insieme a te per l’ambiente” promossa da McDonald’s in collaborazione con Assoambiente e Utilitalia. La quarta edizione è partita oggi a Milano (con il patrocinio del Comune e con il supporto operativo di Amsa) e ha visto protagonisti oltre 300 volontari, dipendenti sia della sede di Assago di McDonald’s, sia di tutti gli altri 31 ristoranti del brand presenti in città, impegnati a ripulire alcuni spazi verdi e aree pubbliche e a riqualificare aree giochi e complementi di arredo urbano.
    Tra i parchi cittadini coinvolti nell’iniziativa ci sono il Parco della Resistenza, Parco Monte Stella, Parco Baden Powell, Parco della Martesana e Parco Alessandrina Ravizza.

    Le immagini della quarta edizione di “Insieme a te per l’ambiente”

    L’iniziativa è stata promossa da McDonald’s, in collaborazione con Assoambiente e Utilitalia

    “Siamo orgogliosi di essere qui oggi, con le persone che lavorano nella sede di Assago, per dare il nostro contributo alla riqualifica del Parco della Resistenza. E non solo qui. Oggi siamo presenti in tante altre aree cittadine, insieme ai nostri licenziatari e dipendenti di Milano e provincia”, ha sottolineato nel corso dell’iniziativa Giorgia Favaro, amministratrice delegata McDonald’s Italia. Con questo gesto, ha proseguito, “vogliamo fare la nostra parte per riconsegnare ai cittadini di Milano spazi pubblici fruibili e vivibili. Giornate come queste sono l’occasione non solo per restituire quanto le comunità locali ci danno ogni giorno, ma anche per sensibilizzare su un fenomeno quanto mai attuale come il littering, ossia l’abbandono dei rifiuti nell’ambiente”.
    Questa quarta edizione dell’evento ha segnato anche l’inizio della partnership con Retake, fondazione non profit attiva nella tutela dell’ambiente e la cura dei beni comuni, con la quale McDonald’s ha siglato una collaborazione che vedrà le due realtà lavorare in sinergia in alcune delle prossime tappe. La giornata è stata anche l’occasione per fare un bilancio dei risultati raggiunti fin qui. “Siamo partiti quattro anni fa con questo progetto e da allora, grazie al contributo dei nostri 155 imprenditori sul territorio italiano, abbiamo effettuato 350 tappe e coinvolto oltre 15 mila persone in tutta Italia, arrivando a raccogliere circa 10 mila sacchi di rifiuti abbandonati”, ha raccontato Favaro. “Con questa quarta edizione vogliamo dare nuovo slancio all’iniziativa e siamo sicuri che con l’aiuto di Retake riusciremo a fare ancora meglio”.
    Le giornate “Insieme a te per l’ambiente” proseguiranno a Roma, dove il 27 settembre è in programma una nuova tappa dell’evento. Il progetto si inserisce nel più ampio percorso di transizione ecologica intrapreso dall’azienda ormai da diverso tempo. Tra le azioni che sono state promosse negli ultimi anni ci sono, ad esempio, l’eliminazione della plastica monouso in favore di materiali più sostenibili come la carta; l’installazione di nuovi contenitori per la raccolta differenziata nelle sale e nei dehors; la formazione interna; la collaborazione con Comieco per garantire la riciclabilità del packaging in carta e campagne di sensibilizzazione sulle corrette modalità di raccolta dei rifiuti rivolte ai consumatori. LEGGI TUTTO

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    L’impatto del cambiamento climatico aumenta sul reddito dei più ricchi

    Secondo il Potsdam Institute for Climate Impact Research, nei prossimi anni gli eventi meteorologici imprevedibili legati al riscaldamento globale sono destinati ad aumentare maggiormente i rischi economici per i consumatori ad alto reddito. “I più poveri sono attualmente i più vulnerabili, ma tutti sono sempre più a rischio, secondo lo studio pubblicato su The Lancet […] LEGGI TUTTO

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    Groenlandia, una frana dovuta ai cambiamenti climatici ha scatenato uno tsunami e un sisma durato 9 giorni

    Un’enorme frana causata dal crollo della cima di una montagna nel remoto fiordo di Dickson, nella Groenlandia nord-orientale, ha a sua volta generato un mega-tsunami alto 200 metri che ha continuato a oscillare nel fiordo per 9 giorni, facendo registrare in tutto il mondo un segnale sismico mai osservato in precedenza. È quanto emerge dallo studio “A rockslide-generated tsunami in a Greenland fjord rang the Earth for 9 days”, pubblicato su Science, cui hanno collaborato 68 scienziati provenienti da 40 Istituzioni di 15 Paesi.”Quando abbiamo iniziato questa avventura scientifica eravamo tutti piuttosto perplessi e nessuno di noi aveva la più pallida idea di cosa avesse causato quel segnale sismico così particolare: sapevamo solo che era in qualche modo associato alla frana”, racconta Kristian Svennevig, del Geological Survey of Denmark and Greenland (GEUS), primo autore dell’articolo. “Si è trattato della prima frana e del primo tsunami dovuti allo scioglimento dei ghiacci osservati nella Groenlandia orientale, a dimostrazione del fatto che i cambiamenti climatici hanno già un forte impatto anche in quella zona”. Per l’Italia, hanno preso parte alla ricerca l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), l’Università di Catania e l’Università degli Studi di Padova.

    “La nostra ricerca è iniziata nel settembre del 2023, quando un misterioso segnale sismico della durata di 9 giorni è stato scoperto nelle registrazioni provenienti da stazioni sismiche installate in tutto il mondo, dall’Artide all’Antartide”, spiega Flavio Cannavò, ricercatore dell’Ingv e co-autore dello studio. “Abbiamo subito notato, però, che il segnale appariva completamente diverso dai segnali sismici che vengono registrati in caso di terremoto: conteneva, infatti, una singola frequenza di vibrazione, simile a un ronzio dal suono monotono”.

    La contemporanea notizia di un enorme tsunami verificatosi nel fiordo di Dickson ha spinto ricercatori di numerosi enti di ricerca e università in tutto il mondo a unire le forze per cercare di capire se i due eventi fossero in qualche modo collegati. Il team multidisciplinare ha quindi analizzato dati sismici e infrasonici, misurazioni sul campo, dati della rete locale di sensori oceanografici, immagini dal vivo e da satellite e simulazioni numeriche di onde di tsunami, riuscendo a ricostruire la straordinaria sequenza di avvenimenti a cascata innescata nel settembre dello scorso anno. “È straordinario come, al giorno d’oggi, sia possibile riunire facilmente un team internazionale con capacità eterogenee per risolvere problemi complessi e riuscire a spiegare fenomeni mai documentati in tempi brevi”, spiega Andrea Cannata, ricercatore dell’Università di Catania e co-autore dello studio. “In particolare – aggiunge – è stato scoperto che la frana che ha dato inizio a tutto è stata causata dal crollo all’interno del fiordo di oltre 25 milioni di metri cubi di roccia e ghiaccio, una quantità sufficiente a riempire 10mila piscine olimpioniche. Il crollo, a sua volta, è stato causato dall’assottigliamento, avvenuto nel corso dei decenni, del ghiaccio alla base della montagna che sovrastava il fiordo, evidente espressione degli effetti dei cambiamenti climatici”.

    Il fiordo di Dickson prima e dopo la frana  LEGGI TUTTO