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    Pervinca: coltivazione, cura ed esposizione

    La Pervinca, una pianta versatile e resistente, è particolarmente apprezzata per il suo aspetto decorativo e la sua capacità di adattarsi a diversi ambienti. Conosciuta anche come Vinca, questa pianta sempreverde appartenente alla famiglia delle Apocynaceae produce fiori dai colori vivaci, che variano dal viola al blu, e si adatta sia alla coltivazione in giardino, sia a quella in vaso. Scopriamo come coltivarla al meglio, quali cure richiede e come garantire la corretta esposizione per favorirne una crescita rigogliosa.

    Coltivazione della Pervinca
    La coltivazione della Pervinca è semplice e alla portata di tutti, anche dei meno esperti di giardinaggio. Grazie alla sua natura rustica, questa pianta si adatta a molte condizioni ambientali, rendendola una scelta ideale sia per giardini fioriti, sia per coperture di suolo. Il suo terreno ideale è ben drenato e ricco di sostanze organiche; sebbene tolleri terreni poveri e leggermente calcarei, questa pianta si sviluppa meglio in substrati moderatamente acidi (pH compreso tra 5,5 e 7). Prima di piantare, ad esempio, sarebbe meglio arricchire il terreno con compost o torba per migliorare la struttura e la fertilità della pianta. Il periodo migliore in cui piantare la Pervinca? O la primavera, o l’autunno, quando le temperature sono miti. Questo consente alle sue radici di stabilirsi nel terreno prima dell’arrivo di condizioni climatiche estreme.

    Modalità di semina
    Seminare la Pervinca non richiede troppa complessità. Le opzioni, in realtà, sono due: talee o semi. Nel primo caso, si tratta di un metodo veloce ed efficace per propagare la pianta, mentre nel secondo caso, quindi usando i semi, bisogna tenere presente che questi richiedono più tempo per germogliare, ma garantiscono una varietà maggiore. Per le talee, l’ideale sarebbe tagliare un ramo sano lungo circa 10-15 cm, rimuovere le foglie inferiori e piantarlo in un mix di terriccio e di sabbia.

    Irrigazione
    Durante i primi mesi di coltivazione della Pervinca, è importante mantenere il terreno umido per favorirne il radicamento. Una volta stabilita, la pianta richiede irrigazioni moderate, tollerando brevi periodi di siccità. È molto importante evitare i ristagni d’acqua, che possono provocare marciume radicale.

    Pervinca: coltivazione in vaso
    Nel caso in cui si voglia coltivare la Pervinca in vaso, ci sono alcuni piccoli accorgimenti da tenere a mente per garantire la salute della pianta e soprattutto una buona crescita. Questo parte dalla scelta del vaso, che deve avere dei fori di drenaggio, fondamentali per evitare il marciume di cui sopra. Inoltre, si consiglia sempre l’utilizzo di un terriccio universale leggermente sabbioso e si deve sempre fare attenzione che il vaso sia posizionato in un luogo adatto. L’esposizione della pianta, infatti, gioca un ruolo fondamentale per la sua crescita e per la sua fioritura. Questa pianta perenne è estremamente adattabile, ma alcune condizioni possono aiutarla a crescere in modo ottimo. La Pervinca prospera in diverse condizioni di luce. Il pieno sole è ben tollerato e garantisce una fioritura abbondante, soprattutto durante i mesi primaverili ed estivi. Ottima anche la mezz’ombra, ideale in climi caldi, dove il sole intenso potrebbe danneggiare le foglie. Infine, l’ombra completa è tollerata, ma potrebbe ridurre la produzione di fiori. Conosciuta anche per la sua grande resistenza, la Pervinca è capace di tollerare temperature sia alta, sia basse. La sua temperatura ideale? Tra i 15°C e i 25° C. È importante ricordarsi di evitare di collocare la Pervinca in aree troppo ventose, che potrebbero danneggiare i rami più delicati. In caso di coltivazione in vaso, posizionare i contenitori in un luogo riparato.

    Come proteggerla dal freddo
    In inverno, la Pervinca è in grado di resistere a temperature rigide (fino a -15°C), ma in aree particolarmente fredde è utile proteggere le radici con una pacciamatura di foglie secche o paglia.

    Potatura, concimazione, controllo dei parassiti
    La cura della Pervinca è piuttosto semplice, poiché si tratta di una pianta resistente che richiede pochi interventi regolari per mantenersi sana e rigogliosa. La potatura, ad esempio, non è strettamente necessaria, ma è consigliata per mantenere la pianta ordinata e stimolare una nuova fioritura. Di solito si consiglia di potare la pianta dopo la fioritura principale, quindi in tarda primavera o in estate. Per farlo basterà rimuovere i rami secchi e/o danneggiati e tagliare le parti troppo allungate; questo favorirà un aspetto compatto all’estetica della pianta. Inoltre, per supportare la crescita e la produzione di fiori, è utile fornire nutrienti supplementari alla Pervinca: come? Utilizzando sia un concime liquido ogni 15 giorni durante la stagione vegetativa (primavera-estate), sia un concime granulare a lento rilascio da aggiungere al terreno all’inizio della primavera. Generalmente, la Pervinca è resistente ai parassiti, ma può essere attaccata da afidi, ruggine e l’oidio. Per prevenire queste malattie è importante cercare di mantenere la pianta in buone condizioni di salute (seguendo quindi tutti gli step sopra descritti). Tuttavia, in caso di infestazione, è sempre possibile utilizzare prodotti specifici, come olio di neem, sapone insetticida o fungicidi naturali, particolarmente utili in caso di muffe o marciume. LEGGI TUTTO

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    Prunus (Pruno): varietà, quando fioriscono e cura

    I prunus, comunemente noti come pruni, sono alberi e arbusti molto apprezzati per la loro bellezza e versatilità. Che si tratti di alberi ornamentali o piante da frutto, queste specie offrono fiori spettacolari e frutti deliziosi. Accanto agli alberi da frutto (prugne, pesche, ciliegie, albicocche), questo genere di pianta abbraccia anche varietà coltivate solo ed esclusivamente per il loro aspetto ornamentale/decorativo. La fioritura di alcuni pruni, infatti, è rigogliosa e suggestiva. Tra le varietà di pruno più coltivate ci sono il prunus triloba (o mandorlo cinese) e il prunus subhirtella. Scopriamo più nel dettaglio tutte le caratteristiche di questa pianta dalle mille varietà…e colori.

    Le principali varietà di prunus
    Il genere prunus comprende una vasta gamma di piante (sono oltre 400), ma alcune di queste sono più gettonate di altre. Tra le varietà più comuni, ad esempio, è bene citare:
    Prunus avium (Ciliegio dolce): il ciliegio dolce è noto per i suoi frutti succosi e dolci. Si tratta di un albero di medie dimensioni che può raggiungere i 20 metri di altezza. Le sue foglie verdi lucenti e i fiori bianchi lo rendono un’ottima scelta anche per giardini ornamentali;
    Prunus cerasus (Ciliegio acido): questo albero produce ciliegie più piccole e acidule, perfette per marmellate e dolci. Rispetto al Prunus avium, è più basso e adatto a spazi ridotti;
    Prunus persica (Pesco): il pesco è un albero da frutto molto amato per le sue pesche dolci e succose. Esistono diverse varietà di pesco, incluse quelle con fiori ornamentali di color rosa intenso;
    Prunus armeniaca (Albicocco): l’albicocco è una pianta rustica che produce frutti dolci e aromatici. Si distingue per i suoi fiori bianchi o rosa pallido e è ideale per climi temperati;
    Prunus serrulata (Ciliegio giapponese): conosciuto anche come Sakura, il ciliegio giapponese è una delle specie più amate per la fioritura spettacolare. I suoi fiori rosa o bianchi sono un simbolo di bellezza e transitorietà nella cultura giapponese;
    Prunus domestica (Susino): il susino è coltivato per le sue prugne dolci, che possono essere consumate fresche o utilizzate per preparare conserve. È una pianta versatile, adatta sia a scopi ornamentali che produttive;
    Prunus laurocerasus (Lauroceraso): il lauroceraso è una specie ornamentale molto usata come siepe per la sua folta vegetazione sempreverde. Produce piccoli fiori bianchi a grappolo e bacche nere decorative.

    Quando fioriscono i prunus
    La fioritura dei Prunus è uno spettacolo naturale che varia in base alla specie e al clima. I ciliegi, ad esempio, iniziano a fiorire in primavera, generalmente tra marzo e aprile e la fioritura è influenzata dalle temperature: in climi più miti, i fiori possono sbocciare già a fine febbraio. Il prunus persica, o più semplicemente pesco, fiorisce anch’esso in primavera, di solito a marzo. I suoi fiori rosa sono i primi a segnalare l’arrivo della bella stagione e sono tra i più belli della stagione. Anche l’albicocco, o prunus armeniaca, è un altro dei primi alberi a fiorire: pensate che i loro fiori, anch’essi splendidi, fioriscono già a febbraio in zone dove il clima è mite. Occhio però alle gelate tardive, che ne rallenta ovviamente la fioritura. C’è anche il susino tra le varietà di Prunus più conosciute: questo fiorisce ad aprile, ma il periodo di fioritura può variare a seconda delle condizioni climatiche e dalla sottovarietà della pianta stessa.

    Cura e manutenzione dei prunus
    I prunus sono piante relativamente facili da coltivare, ma richiedono alcune attenzioni per garantire una crescita sana e una fioritura abbondante. Intanto, il terreno: i prunus preferiscono terreni ben drenati, ricchi di sostanza organica e con un pH neutro o leggermente acido. È importantissimo evitare terreni troppo compatti o soggetti a ristagni d’acqua, capaci di causare problemi alle radici della pianta. Per quanto riguarda invece l’esposizione, la maggior parte delle varietà di prunus richiede una buona esposizione al sole per favorire la fioritura e la produzione di frutti. Tuttavia, alcune specie ornamentali, come il lauroceraso, tollerano meglio l’ombra parziale. Anche l’acqua è fondamentale: i giovani alberi di prunus necessitano di un’irrigazione regolare per favorire l’attecchimento. Una volta adulte, le piante tollerano meglio la siccità, ma durante i periodi particolarmente secchi è bene fornire acqua supplementare.

    Prunus: potatura e concimazione
    La potatura è essenziale per mantenere i prunus in salute e per favorire una crescita equilibrata. Il momento migliore per effettuarla è o l’inverno, o l’inizio della primavera, ma come si procede? È sufficiente rimuovere i rami secchi, malati o mal posizionati. Anche la concimazione è una fase importante per il benessere della pianta: utilizzare concimi ricchi di fosforo e potassio è essenziale, specialmente durante la fase di fioritura e fruttificazione.

    Malattie e parassidi del prunus: come difendere la pianta
    I prunus possono essere attaccati da afidi, cocciniglie e altre malattie fungine come la moniliosi e la bolla del pesco. Per evitare di andare incontro a situazioni spiacevoli, è importante controllare regolarmente la pianta e intervenire tempestivamente con trattamenti specifici, preferibilmente a base di prodotti biologici. LEGGI TUTTO

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    Quando e come seminare il prato: periodo e consigli

    Resistente, dal colore verde intenso, fresco, profumato, curato e rigoglioso. Un prato del genere è un sogno ambito, è un elemento centrale alla base di un giardino realizzato a regola d’arte ed è la colonna portante di ogni angolo di natura. Per sfoggiare un prato simile entrano in gioco una serie di fattori, visto che ottenere questo risultato non è affatto determinato dal caso, ma bensì il frutto di un lavoro costante e di interventi ben precisi: tra gli elementi che ricoprono un ruolo fondamentale nel raggiungere un prato perfetto rientra il periodo della sua semina. Seminare il prato nel momento sbagliato può mettere a repentaglio il suo sviluppo e la sua bellezza: approfondiamo di seguito quali sono i mesi migliori durante l’anno per eseguire questa operazione e in quali, invece, va evitata.

    Qual è il miglior periodo per la semina del prato
    Seminare il prato nel momento più opportuno è imprescindibile per ottenere un’oasi verde, erbosa e lussureggiante. L’erba del prato sviluppa radici sane e robuste se la si interra nel periodo giusto: durante l’anno le stagioni indicate per dedicarsi a questo intervento sono l’autunno e la primavera.

    L’autunno è il periodo in assoluto migliore per la semina del prato, infatti i germogli giovani sono estremamente delicati, preferendo le basse temperature rispetto al caldo, e per germogliare correttamente necessitano di un terreno umido, condizione favorita dalle frequenti perturbazioni autunnali.

    I mesi più appropriati per effettuare la semina del manto erboso sono settembre e ottobre, durante i quali si verificano circostanze ideali per la sua crescita. Dopo il clima dell’estate il substrato mantiene ancora il calore della stagione appena passata e, inoltre, in questo periodo tendenzialmente non si presentano malattie fungine e piante infestanti. La semina autunnale ha l’obiettivo di raggiungere la maturazione del prato, ovvero che sia stato tagliato almeno una volta, prima che arrivi l’inverno.

    Il periodo dell’autunno in cui procedere con la coltivazione del prato è comunque sempre strettamente connesso alle condizioni climatiche del luogo in cui si andrà a piantare. Nelle zone del nord-centro Italia per esempio è importante effettuare l’intervento da metà agosto fino a metà ottobre: infatti, se il freddo arriva con anticipo, in questo periodo le varietà a crescita lenta potrebbero incontrare difficoltà nella germinazione. Diverso è per le zone del sud Italia dove si può seminare il manto erboso da fine settembre a fine ottobre.

    Seminare il prato in primavera
    In generale, l’autunno è considerato la stagione ottimale per la coltivazione del prato, ma anche la primavera può rivelarsi un periodo favorevole, portando comunque a buoni risultati. Durante questo momento dell’anno per procedere con la semina del tappeto erboso le temperature del terreno dovrebbero essere comprese tra 10 e 12 gradi per le sementi comuni da prato, dette microterme, mentre per le sementi come zoysia e gramigna, ovvero le macroterme, tra i 15 e i 18 gradi. Per misurare la temperatura del terreno è consigliato eseguire questa operazione alla mattina presto oppure durante il pomeriggio.

    Se si decide di seminare il prato in primavera non va sottovalutato il fatto che, nel caso in cui le temperature scendano durante la notte, il prato rischia di non germogliare in modo corretto, non riuscendo a svilupparsi appieno, apparendo diradato. Inoltre, qualora si proceda con eccessivo anticipo alla fine dell’inverno, le gelate tardive potrebbero mettere a repentaglio il prato, comportando una germinazione parziale.

    In Italia il periodo migliore per seminare il prato in primavera varia da regione a regione: per esempio, nelle zone del sud l’intervento può già essere eseguito nel corso di febbraio a differenza di quelle del nord e del centro, dove marzo e aprile risultano essere i mesi maggiormente indicati.

    Nel corso della stagione primaverile sebbene si possa seminare l’erba del prato anche a maggio e giugno, occorre tenere presente come le condizioni di questi mesi non siano ottimali e possano emergere difficoltà da affrontare: per esempio, potrebbero insorgere malattie e svilupparsi piante infestanti, dovendo optare per semi dalla crescita lenta ed eliminare le infestanti con un’azione profonda.

    Quando non seminare il prato?
    L’insuccesso nella coltivazione di un manto erboso può essere determinato anche dal periodo in cui si semina. Per uno sviluppo corretto delle radici per esempio l’estate non è la stagione indicata in quanto il caldo, unito alle irrigazioni soventi e alla presenza delle piante infestanti, rende faticoso lo sviluppo delle semine, che non riescono a germogliare in modo corretto. Oltre all’estate, anche l’inverno non è una stagione adatta, a fronte delle temperature in discesa e dell’arrivo delle gelate, che fungono da ostacolo per lo sviluppo dei semi.

    Semina del prato: gli errori da evitare
    La semina del prato rappresenta sempre un momento delicato, dovendo mettere in campo le giuste azioni, evitando così di compromettere il lavoro svolto e incorrere in un manto erboso poco soddisfacente. Per ottenere i risultati sperati è fondamentale porre la giusta attenzione, oltre al periodo di semina, anche alle sementi scelte, ricorrendo a soluzioni sempre fresche e di ultima generazione. Tra gli errori che possono minare la realizzazione di un prato sano e rigoglioso rientra il dosaggio sbagliato nel momento della semina: esagerare con la distribuzione non porta a esiti favorevoli, rendendo le piantine in competizione tra loro. Per ovviare a questa criticità è necessario attenersi in modo preciso alle istruzioni riportate sulla confezione delle sementi in merito al dosaggio.

    Anche l’irrigazione può incidere negativamente sullo sviluppo del prato. Dopo la semina il terreno dovrebbe essere mantenuto sempre umido per permettere la germinazione, ma questo non significa che debba essere eccessivamente bagnato. L’ideale è dedicarsi a irrigazioni brevi, ripetendole nel corso della giornata più volte, verificando sempre che il terriccio non diventi asciutto. LEGGI TUTTO

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    “Biodiversity leak”, quando la conservazione dell’ecosistema crea squilibri altrove

    Proteggere la biodiversità che ancora esiste e resiste sul nostro pianeta è una sfida difficile quanto necessaria. Ma è fondamentale che i progetti di conservazione abbiano uno “sguardo” che va ben oltre i confini dei singoli paesi. Diversamente, il rischio è che finiscano semplicemente per spostare da una parte all’altra del mondo lo sfruttamento delle terre per scopi alimentari o per la produzione di legname, risultando in un nulla di fatto o addirittura in una perdita di biodiversità al netto di tutte le variabili. È l’insidioso problema del biodiversity leak, di cui parlano gli autori di uno studio appena pubblicato su Science, nel quale riportano anche delle possibili strategie di mitigazione del fenomeno.

    “Mentre i paesi di regioni temperate come l’Europa ampliano le aree soggette a sforzi di conservazione, le conseguenti carenze di cibo e produzione di legname dovranno essere colmate da qualche parte – spiega Andrew Balmford, docente presso il Dipartimento di zoologia dell’Università di Cambridge (Regno Unito) e primo autore dello studio – È probabile che gran parte di ciò accada in parti del mondo con una maggiore biodiversità ma spesso meno ben regolamentate, come l’Africa e il Sud America”. Risultato: nessun guadagno o, peggio, perdite nette (se considerate su scala globale) in termini di conservazione delle specie.

    Tyler Prize 2025 a Sandra Díaz ed Eduardo Brondízio. “Il legame uomo-natura è imprescindibile”

    di redazione Green&Blue

    12 Febbraio 2025

    Gli autori riportano alcuni esempi concreti nello studio. Uno riguarda gli sforzi messi in campo per proteggere le foreste secolari del Pacifico nordoccidentale, che avrebbero però causato un aumento del disboscamento in altre zone del Nord America, probabilmente con impatti sostanziali sulla biodiversità, scrivono. Si tratta di un fenomeno insidioso perché difficile da quantificare, specialmente quando le ripercussioni di un progetto di conservazione messo in atto in una certa zona finiscono per riguardare un’area geograficamente molto distante dalla prima.

    Ma, secondo i ricercatori, esistono diversi possibili approcci per tentare di mitigare il problema. Innanzitutto, spiegano, è fondamentale che il biodiversity leak venga riconosciuto e preso seriamente in considerazione. Nonostante sia noto da decenni, infatti, il problema risulta essere ancora largamente trascurato nei progetti di conservazione. Per esempio, si legge nello studio, non viene menzionato all’interno degli obiettivi del Global Biodiversity Framework, il piano strategico mondiale per la biodiversità risultante dalla Biodiversity Conference delle Nazioni Unite tenutasi a dicembre del 2022.

    Biodiversità

    Nel parco di Yellowstone lupi e orsi hanno aiutato a ripristinare l’ecosistema

    di  Giacomo Talignani

    10 Febbraio 2025

    Oltre alla presa di coscienza rispetto al problema, gli autori sostengono poi che eventuali cambiamenti nella produzione di cibo o di legname nelle aree interessate da interventi di conservazione dovrebbero essere tracciati direttamente nel corso dei monitoraggi previsti dal programma di conservazione stesso. Questo per far sì che le conseguenti carenze vengano colmate in modo consapevole e sostenibile, spostando eventualmente le produzioni di cibo o legname in aree che non siano hotspot di biodiversità. Ancora meglio se le rese dei prodotti di interesse possono essere direttamente ottimizzate in loco, senza nemmeno spostare la produzione, come nel caso del Gola Rainforest Project attivo in Sierra Leone (Africa). Si tratta di un progetto mirato a rallentare la deforestazione e contemporaneamente a fornire supporto tecnico agli agricoltori locali per ottimizzare i raccolti.

    Un altro suggerimento che gli autori dello studio avanzano è quello di investire sul ripristino di aree una volta adibite alla produzione di legname o di cibo e che attualmente sono degradate e non più utilizzate a fini produttivi. Infine, puntare a ridurre gli sprechi, sul fronte della produzione e anche del consumo di alimenti e legname, aiuterebbe in modo indiretto a diminuire la pressione produttiva sulle zone oggetto di interventi di conservazione.

    Biodiversità

    La crisi climatica sta velocizzando il turnover delle specie

    di Sara Carmignani

    07 Febbraio 2025

    “In assenza di attenzione e azione – conclude Fiona Sanderson, scienziata della Royal Society for Protection of Birds, che lavora per ridurre gli impatti della produzione di cacao in Sierra Leone ed è co-autrice dello studio – c’è un rischio reale che il biodiversty leak mini i sudati successi in termini di conservazione”. LEGGI TUTTO

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    Coradia Stream H, il primo treno ad idrogeno in Italia viaggerà in Valcamonica

    Si chiama “Coradia Strem H” dove la consonante finale fa la differenza: è infatti il primo treno a idrogeno pronto ad entrare in funzione in Italia. Progettato da Alstom (uno dei principali gruppi al mondo specializzati nella mobilità sostenibile) ma realizzato completamente in Italia è stato presentato questa mattina a Rovato, in provincia di Brescia. […] LEGGI TUTTO

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    I “bracconieri” delle piante che mettono a rischio l’incenso

    Il bracconaggio non è una prerogativa del mondo animale. Contrabbando e mercato nero esistono anche per le piante: in Europa le spezie aromatiche hanno rivoluzionato il commercio e i comportamenti a tavola. Nel XVII secolo con un sacchetto di noce moscata o di pepe nero si poteva acquistare una casa a Londra. Poi è toccato […] LEGGI TUTTO

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    Lo strano caso dei salmoni fuggiti da un allevamento in Norvegia: “Ricompensiamo chi li pesca”

    In Norvegia c’è uno strano caso, dai contorni singolari, che allarma gli animalisti e preoccupa il governo. Riguarda la fuga, in mare aperto, di 27 mila esemplari di salmoni che sarebbero fuoriusciti da gabbie di allevamento installate al largo della costa di Troms, area nord-occidentale del Paese. Per recuperarli, prevenendo ricadute negative sugli ecosistemi, l’azienda ittica Mowi ha offerto una ricompensa di 500 corone (poco più di 42 euro) a pesce ai pescatori che cattureranno gli esemplari in fuga, distinguendoli quindi da quelli selvatici. Già, perché gli attivisti per l’ambiente non hanno dubbi sul potenziale disastro legato alla diffusione incontrollata dei salmoni, un quarto dell’intera produzione aziendale. La preoccupazione condivisa è per le minacce alla diversità genetica dell’intera popolazione, insieme con il rischio concreto di un aumento di infezioni e la nuova e, non da meno, l’imprevista competizione per riproduzione e sostentamento. “Proprio così, ventisettemila salmoni d’allevamento in fuga rappresentano un potenziale disastro per il salmone selvatico – spiega Pål Mugaas, portavoce della ong Norske Lakseelver, che si occupa della tutela della biodiversità nei fiumi della Norvegia – La scienza ha dimostrato che l’incrocio tra stock selvatici e salmoni d’allevamento produce una prole che a lungo termine ha un basso tasso di sopravvivenza in natura”.

    Alimentazione

    Gli allevamenti di salmone insostenibili costano a noi e alla biodiversità

    di Pasquale Raicaldo

    03 Maggio 2024

    “Una situazione seria e preoccupante”
    Così, lo stesso dipartimento nazionale norvegese della pesca non nasconde l’imbarazzo. Di più: le autorità hanno chiesto ufficialmente all’azienda di impegnarsi a fondo per la ricattura dei pesci, che sarebbero fuoriusciti dall’anello esterno di una gabbia, a quanto pare danneggiata da una mareggiata. Il portavoce nazionale della direzione Pesca, Vegard Oen Hatten, portavoce della direzione della pesca, ha sottolineato come agli allevatori di pesci sia consentito condurre operazioni di ricattura solo entro una zona di 500 metri attorno alla struttura, in caso di fuga, dichiarando al The Guardian che – in base alla potenziale portata dell’incidente – Mowi sia legittimata a “estendere gli sforzi di ricattura oltre questa zona”. “Una situazione seria e preoccupante”, ha ammesso la stessa azienda. La Norvegia esporta circa 1,2 milioni di tonnellate di salmone d’allevamento all’anno: un trend in aumento, che compensa – da un punto di vista industriale – il declino inesorabile delle popolazioni di salmoni selvatici, ai minimi storici. Anche per questo si è optato per la chiusura alla pesca del salmone di trentatrè fiumi, un numero che sarà presto presumibilmente esteso. Intanto, nonostante abbia riconosciuto che il salmone selvatico del Nord Atlantico è sotto “minaccia esistenziale”, il ministro dell’ambiente norvegese, Andreas Bjelland Eriksen, ha escluso nelle scorse settimane il possibile divieto di allevamento ittico in mare aperto.

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    Gli allevamenti di salmone insostenibili costano a noi e alla biodiversità

    di Pasquale Raicaldo

    03 Maggio 2024

    Ciwf Italia: “Non solo fughe, l’allevamento del salmone ha molte criticità”
    “Episodi come questo ci ricordano che allevare enormi quantità di animali in gabbie sottomarine non è solo nocivo per il loro benessere, ma anche pericoloso per l’ambiente circostante e per gli animali che vi abitano,” commenta Annamaria Pisapia, direttrice della sezione italiana di Compassion in World Farming (CIWF), che da tempo osserva da vicino l’industria del salmone, incoraggiando le aziende ad adottare misure di salvaguardia proprio contro le fughe di massa e la mitigazione dei rischi legati all’allevamento di grandi numeri in un unico sito. “Il rischio – spiega ancora Pisapia – non è rappresentato solo dalle fughe, ma anche dalle infestazioni, dalle malattie e dai predatori che pongono gravi problemi al benessere dei salmoni,” aggiunge Pisapia. L’associazione è consapevole dello sviluppo di sistemi a terra che potrebbero mitigare o rischi, ma a un prezzo considerato “salato per gli animali. Questi sistemi – spiega CIWF – rappresentano oggi una preoccupazione anche maggiore per il benessere generale del salmone e di altre specie allevate”.

    I numeri e le criticità dell’allevamento dei salmoni
    I numeri “fotografano” una crescita costante dell’industria del salmone da allevamento: dal 1999 è diventata la principale fonte di carne di salmone, superiore al pescato. Nel 2022 sono stati macellati circa 530 milioni di salmoni atlantici (2,9 milioni di tonnellate): le associazioni animaliste denunciano come spesso siano stipati in gabbie, con una qualità dell’acqua spesso scarsa, e come si feriscano facilmente contro le superfici abrasive delle gabbie. Lo stress prolungato ne indebolisce il sistema immunitario e li rende vulnerabili: tutto ciò crea l’ambiente ideale per la diffusione di malattie e parassiti. Di più: durante la produzione il numero dei pesci molti risulta molto elevato: in Scozia, secondo le stime ufficiali, circa un pesce su tre muore durante la fase di allevamento in acqua di mare – dei 51,1 milioni di salmoni messi in mare nel 2021, 16 milioni sono morti, circa il 31,3%. LEGGI TUTTO