consigliato per te

  • in

    Nel deserto di Atacama funzionano le reti che catturano nebbia per l’acqua potabile

    Il Nord del Cile è una delle aree più aride del pianeta: in alcune zone del grande deserto di Atacama cade meno di un millimetro di pioggia l’anno. Eppure, la regione ospita diverse città e cittadine, che si affidano a falde acquifere non rinnovabili (ricaricate l’ultima volta oltre 10mila anni fa, in un periodo in cui il clima nell’area era più umido) per le loro necessità idriche. E che quindi presto potrebbero trovarsi a secco. Un nuovo studio pubblicato su Frontiers in Environmental Science propone una soluzione: catturare l’umidità presente nella nebbia.

    L’idea di raccogliere la nebbia e trasformarla in acqua liquida non è nuova. Ma tradizionalmente è stata sfruttata principalmente per l’irrigazione e altre esigenze delle aree rurali. La possibilità di sostenere un insediamento urbano di grandi dimensioni utilizzando la nebbia, invece, fino ad oggi era meno studiata.

    “La nostra ricerca rappresenta un importante cambio di prospettiva sulle possibilità di utilizzo dell’acqua raccolta dalla nebbia: da una soluzione su piccola scala dedicata alle aree rurali, a una risorsa idrica per le città”, conferma Virginia Carter Gamberini, ricercatrice della Universidad Mayor che ha lavorato al nuovo studio. “I nostri risultati dimostrano che la nebbia può effettivamente rappresentare una fonte complementare di acqua in contesto urbano, per le aree secche in cui i cambiamenti climatici stanno esacerbando i problemi di siccità”.

    Lo studio ha utilizzato dei classici dispositivi per la raccolta della nebbia, fondamentalmente delle reti a maglia molto fine che fanno condensare l’umidità e la raccolgono in appositi contenitori. I dispositivi sono stati dispiegati nell’area che circonda Alto Hospicio, un insediamento di circa 10mila abitanti che sorge nel deserto di Atacama.

    Ricerca

    Nuovi cristalli sviluppati per estrarre acqua dall’aria senza energia: lo studio

    di redazione Green&Blue

    26 Novembre 2024

    La ricerca è durata un anno, ed ha confermato l’efficacia dei raccoglitori di nebbia: nel contesto di Alto Hospicio, è possibile ottenere in media due litri e mezzo di acqua al giorno per metro quadrato di reti. Con una forte variabilità annuale, legata alle condizioni metereologiche e ambientali, che va dagli 0,2 litri nelle condizioni peggiori, a quasi 10 al giorno nella stagione migliore.

    Secondo i calcoli degli autori dello studio, la resa dei “raccogli nebbia” permetterebbe di rifornire di acqua potabile la cittadina utilizzando circa 17mila metri quadrati di reti, mentre per l’irrigazione delle aree verdi urbane ne servirebbero altri 110. Un risultato che a detta loro conferma la possibilità di rifornire con la stessa tecnica anche altre città che non hanno accesso a riserve idriche adeguate. Ovviamente, la fattibilità e la resa di questa strategia vanno valutate caso per caso.

    “I prerequisiti chiave comprendono la densità della nebbia, la direzione dei venti, e la presenza di strutture elevate con il giusto orientamento”, sottolinea Nathalie Verbrugghe, ricercatrice della Libera Università di Bruxelles che ha collaborato allo studio. “In aggiunta, visto che la nebbia in molte aree è stagionale, anche questa variabilità va considerata”.

    Innovazione

    I materiali nanoporosi che ci aiuteranno a estrarre acqua dall’aria. Lo scienziato: “Ogni famiglia potrà avere la sua riserva”

    di Dario D’Elia

    09 Ottobre 2024

    Dove le condizioni lo consentono, i ricercatori assicurano che raccogliere acqua dalla nebbia è una strategia efficace anche per integrare le risorse idriche cittadine. E potrebbe rivelarsi sempre più importante in futuro, con i cambiamenti climatici destinati ad aumentare la siccità in moltissime aree del pianeta. LEGGI TUTTO

  • in

    Beauty routine, i consigli per renderla eco-friendly

    Detergente per il viso, tonico, crema. E poi fondotinta, blush, rossetto, mascara. Nell’era dei social, in cui la cura di sé si è imposta come un diktat, il nostro beauty case si è sempre più colmato di prodotti di bellezza. Con un rilevante impatto, oltre che sul portafoglio, anche sull’ambiente. Come evidenzia il report Make up the future redatto da Quantis, a generare effetti negativi nel settore sono i processi di estrazione e di lavorazione delle materie prime (10%), gli imballaggi (20%), il trasporto (10%), ma soprattutto la fase d’impiego delle referenze (40%). Ecco perché i consumatori possono dare un contributo fondamentale alla sostenibilità, anche seguendo i consigli di seguito.

    Packaging, meglio il cartone o il vetro
    Secondo Forbes, l’industria cosmetica genera fino a 120 miliardi di confezioni di plastica all’anno. Per limitare questa cifra, è bene scegliere, quando possibile, prodotti privi di packaging o con packaging ridotti al minimo, meglio se di cartone. Utile anche puntare su cosmetici ricaricabili con cialde e refill, sempre più diffusi soprattutto nel caso di shampoo, profumi, creme per il viso e per il corpo.
    In alternativa, vanno bene contenitori di vetro, materiale altamente riciclabile, che non rilascia sostanze dannose; di alluminio, che può essere riciclato all’infinito, con un processo che richiede solo il 5% dell’energia necessaria per produrre l’elemento vergine; di plastica riciclabile o, meglio, riciclata, utile nel caso di prodotti contenenti ingredienti fotosensibili, la cui efficacia o durata può essere alterata dalla luce.

    Attenzione alle dosi
    Capita, perché si va di fretta o si è soprappensiero, di non fare attenzione alla dose di gel o di siero impiegata, finendo per utilizzarne molto più del necessario, in particolare se la formulazione è liquida. Così non solo sprechiamo il prodotto, ma riduciamo il ciclo di vita del contenitore, che viene buttato via prima del dovuto. L’ideale è provare a seguire le indicazioni riportate sull’etichetta: un modo per abituarsi a consumare la quantità giusta.

    Sandro Greblo: “La mia vita da rider in cargobike”

    di Agostina Delli Compagni

    23 Novembre 2024

    Finire prima di riacquistare
    In un mercato che produce e pubblicizza di continuo nuovi cosmetici, è facile cadere nella tentazione del nuovo. Ma si tratta di un errore. È bene, infatti, finire ciò che si ha in casa prima di comprare altri prodotti simili. Così non si correrà il rischio di abbandonare nel mobiletto del bagno uno scrub o un ombretto usati a metà, lasciandoli scadere. E se c’è un articolo che proprio non si riesce a terminare, lo si può sempre regalare a chi potrà farne buon uso.

    Stop a dischetti struccanti e cotton fioc
    I dischetti struccanti sono da sostituire con le versioni lavabili e riutilizzabili, ovvero i panni in microfibra o in bambù che, se trattati correttamente, possono durare fino a mille lavaggi. Anche i cotton fioc usa-e-getta andrebbero rimpiazzati: la produzione di quelli tradizionali, non biodegradabili e non compostabili, è già stata messa al bando in Italia da gennaio 2019. Ora occorre fare un passo in più: scegliere quelli in bioplastica a forma di cucchiaino, ergonomici, lavabili, riutilizzabili molte volte. Da mettere al bando pure i rasoi monouso: ogni anno nel mondo ne vengono buttati via circa 5mila miliardi, che non si possono smaltire né si degradano nel tempo.

    Limitare il consumo di acqua
    È stato calcolato che una doccia di 10 minuti richiede circa 50 litri di acqua, ovvero cinque litri al minuto. Per preservare questo bene prezioso e limitato, è importante ricordarsi di chiudere sempre il rubinetto mentre ci si insapona o si distribuisce il balsamo sui capelli, riaprendolo solo al momento di sciacquare. A ciò si può aggiungere qualche altra piccola azione orientata al risparmio. Come, per esempio, raccogliere l’acqua mentre si aspetta che si scaldi e usarla poi per lavare i pavimenti o per dare da bere alle piante. Oppure installare rubinetti con erogatore a basso flusso, che riducono i consumi anche della metà.

    Scegliere le formulazioni solide
    Dal bagnoschiuma al deodorante fino al detergente intimo, i prodotti solidi non contengono acqua e sono più concentrati di quelli liquidi. Per esempio, una confezione di shampoo solido equivale in media a tre flaconi e può durare il doppio dei lavaggi.

    Non demonizzare gli ingredienti sintetici
    Una strategia commerciale molto in voga tra le aziende cosmetiche è porre l’accento sull’impiego di ingredienti naturali. Ma, come sottolinea l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, un estratto naturale non è necessariamente associato a una maggiore sostenibilità, dato che può avere un elevato impatto in termini di emissioni di gas serra, di uso del suolo, di utilizzazione di acqua. Invece, al contrario di ciò che si pensa, i componenti sintetici possono spesso offrire un’alternativa più sostenibile per l’ambiente senza compromettere la qualità del prodotto. LEGGI TUTTO

  • in

    Dimorfoteca: coltivazione, cura e fioritura

    È conosciuta come margherita africana, margherita colorata o ancora osteospermum, è una graziosa pianta perenne e le sue fioriture sono un tripudio di colori. La dimorfoteca si distingue con la bellezza dei suoi fiori che ricordano quelli delle margherite, tinti da sfumature del bianco, del giallo, dell’arancione, del rosso, del viola e del rosa, presentando spesso un centro più scuro. La dimorfoteca si presta per essere coltivata sia in giardino, che in vaso e con i giusti accorgimenti si potrà godere di una sua crescita rigogliosa, permettendole di risplendere in tutta la sua bellezza.

    Dimorfoteca: dove posizionarla
    Appartenente alla famiglia delle Asteracee e originaria del Sudafrica, la dimorfoteca è avvolta in un fascino unico. Oltre alla sua bellezza, un altro punto di forza di questo capolavoro della natura è il suo lungo periodo di fioritura, che va dall’inizio della primavera fino all’autunno inoltrato, in base alle condizioni climatiche e alle cure che le sono state fornite. La fioritura prolungata della dimorfoteca permette di contare per buona parte dell’anno su un giardino o un terrazzo fiorito.

    La coltivazione di questa pianta perenne e annua richiede la sua semina tra maggio e aprile oppure durante marzo se collocata in un ambiente protetto. Malgrado sia versatile e si adatti a molteplici terreni, la dimorfoteca preferisce un substrato fertile, sciolto e ben drenato. Per fiorire in modo rigoglioso esige moltissima luce, dovendo quindi essere posta in luoghi che siano soleggiati, facendo in modo che sia esposta al sole diretto per almeno 6 ore al giorno, anche se riesce a svilupparsi comunque in ombra, ma produrrà meno fiori e più foglie. Qualora si posizioni in ambienti interni è consigliato collocarla davanti a una finestra in modo che le arrivi luce in abbondanza.

    La dimorfoteca è molto resistente e sopporta sia le alte temperature che quelle basse, tenendo conto però come nel caso di climi sotto zero sia opportuno proteggerla, dovendo anche evitare che sia soggetta alle correnti d’aria e all’umidità.

    Coltivazione in giardino e in vaso della dimorfoteca
    La coltivazione in giardino della dimorfoteca inizia con la preparazione del letto di semina due settimane prima, rastrellandolo per poi ricorrere a del concime organico da aggiungere nel terreno e irrigando in seguito il suolo. Si passa poi al trapianto dei semi che vanno posizionati nel terreno inumidito in gruppi di circa una decina, collocandoli a 20 cm di distanza tra loro (15 cm se si desidera un effetto più denso) e a una profondità di 0,5 centimetri, senza coprirli, ma premendoli bensì sul suolo.

    In merito alla coltivazione in vaso è necessario ricorrere a un contenitore di circa 20 cm di diametro e, per evitare i ristagni idrici e assicurare un corretto drenaggio, a un mix di terra, torba e sabbia. Dopo la semina bisogna procedere con del fertilizzante liquido per piante, da aggiungere nell’acqua usata per l’irrigazione nel periodo da marzo e ottobre.

    La moltiplicazione della dimorfoteca può avvenire tramite seme oppure talea. Quest’ultima deve essere effettuata tra l’estate e la primavera, munendosi di forbici pulite per prelevare dalla pianta madre delle talee lunghe 10 centimetri, eseguendo un taglio orizzontale.

    L’irrigazione della dimorfoteca
    La cura della dimorfoteca passa da alcuni interventi cruciali tra cui l’irrigazione che non deve essere mai sporadica. In particolare, da marzo a settembre è necessario annaffiare la pianta in modo regolare e abbondante: tuttavia è importante evitare i ristagni idrici, responsabili del marciume radicale. Se si coltiva in vaso il terriccio non deve essere fatto seccare, ma dall’altro lato non deve essere mai presente l’acqua nel sottovaso. Durante la stagione estiva le irrigazioni vanno aumentate, lasciando asciugare il terreno tra un’annaffiatura e l’altra, mentre in inverno devono essere diminuite.

    Altre operazioni determinanti sono la concimazione, da svolgere durante la fioritura utilizzando del fertilizzante a base di potassio in modo tale che sboccino più fiori, e la potatura, che va eseguita invece in seguito alla fioritura, eliminando i fiori appassiti e gli steli malati oppure danneggiati allo scopo di favorire la successiva fioritura e consentendo di mantenere inalterata la forma della pianta, contrastando inoltre eventuali malattie.

    Manutenzione della dimorfoteca: consigli utili
    Nella manutenzione della dimorfoteca possono insorgere alcune problematiche, tra cui la fioritura mancante, condizione che accade qualora non riceva abbastanza luce, le annaffiature non siano regolari e i nutrienti essenziali assenti, dovendo rivedere questi aspetti. Per stimolare la fioritura si devono quindi aumentare le ore di luce solare alle quali è esposta la pianta, ricorrere al fertilizzante nel corso della sua crescita e scongiurare la presenza di malattie e parassiti.

    La dimorfoteca è soggetta all’attacco di parassiti come cocciniglie, afidi, acari e insetti fogliari, dovendo intervenire prontamente se presenti con prodotti ad hoc oppure con rimedi naturali quali l’olio di neem, l’olio di lino, il piretro e il sapone molle. Inoltre, la pianta può essere colpita da malattie fungine, tra cui muffe, mal bianco, oidio, ruggine e peronospora, dovendo impiegare trattamenti a base di polveri bagnabili per contrastarle, ma anche in ottica di prevenzione. Altra problematica è dettata dal marciume radicale, determinato dall’acqua in eccesso, in conseguenza del quale la pianta deperisce, dovendo quindi evitare le annaffiature troppo abbondanti. LEGGI TUTTO

  • in

    Come prendersi cura del Buxus (Bosso): guida alla coltivazione

    Il Buxus (Bosso) comune appartiene alla famiglia delle Buxaceae e le sue origini sono plurime. Molte varietà arrivano direttamente dall’Europa, dal Nord Africa e dall’Asia occidentale, ma nel giardinaggio contemporaneo spesso si utilizza la varietà di Bosso giapponese o quello a foglia piccola, detto Buxus microphylla. Resistente, longevo e dall’aspetto affascinante, il Bosso colpisce per la sua straordinaria eleganza e per l’aspetto ordinato che lo rende protagonista di giardini e terrazzi. Le sue foglie, piccole e coriacee, brillano di un verde intenso che si mantiene vivo durante tutto l’anno. La loro forma ovale e i bordi lisci contribuiscono a creare un effetto visivo uniforme e armonioso. La pianta si sviluppa con un portamento naturalmente compatto, formando cespugli densi che crescono lentamente, ma con grande regolarità. Questa caratteristica la rende perfetta per chi ama siepi ordinate e per chi cerca una pianta ornamentale che richieda cure specifiche ma non troppo complesse.
    Coltivazione del Buxus: terreno, esposizione e piantagione
    Il successo nella coltivazione del Bosso dipende in gran parte dalla scelta del luogo e dal tipo di terreno. Questa pianta predilige terreni ben drenati e ricchi di sostanze organiche. Il consiglio è quello di evitare suoli troppo argillosi o soggetti a ristagni idrici, capaci di causare marciumi radicali, grandi nemici delle piante. Prima di piantare è necessario lavorare il terreno aggiungendo compost o torba per migliorarne la fertilità. Se il terreno è particolarmente compatto, considerare l’aggiunta di sabbia per migliorare il drenaggio.

    Il Bosso si adatta a diverse condizioni di luce, ma cresce meglio in zone semi-ombreggiate. In pieno sole, infatti, ci si deve sempre assicurare che il terreno rimanga umido per evitare stress idrico. Il periodo migliore per piantare il Bosso è la primavera o l’autunno e farlo non sarà così complesso: vi basterà scavare una buca abbastanza profonda da accogliere l’apparato radicale e assicurarsi di lasciare almeno 20-30 cm di distanza tra una pianta e l’altra se l’intento è quello di creare una siepe.

    Dove coltivare il Bosso e quali vantaggi regala
    È vero, il Buxus è una pianta decorativa, ma non solo. Questo arbusto sempreverde offre anche numerosi vantaggi pratici in base a dove lo si decida di piantare. In siepi e bordure, ad esempio, questa pianta è perfetta per creare effetti geometrici e bordure esteticamente appaganti: cresce in modo compatto ed è facile da potare, meglio di così? Inoltre, la sua capacità di mantenere la forma lo rende ideale per realizzare figure decorative, ma si adatta molto bene sia alla coltivazione in piena terra, sia in vaso, rendendolo una scelta versatile per qualsiasi tipo di giardino.

    Cura del Buxus: irrigazione, concimazione e potatura
    Una manutenzione regolare si rivela essenziale per mantenere il Bosso sano e rigoglioso. Tra le pratiche di cura principali ci sono ovviamente l’irrigazione, la concimazione e la potatura: vediamole in dettaglio.

    Per quanto riguarda l’irrigazione, bisogna sempre tenere presente che questa pianta sempreverde necessita di annaffiature regolari, soprattutto durante i mesi estivi o nei forti periodi di siccità. Tuttavia, è importantissimo evitare i ristagni idrici, quindi si consiglia di bagnare il Bosso solo quando il terreno risulta asciutto al tatto.

    Durante la stagione vegetativa, quindi in primavera ed estate, si consiglia la somministrazione di un fertilizzante bilanciato ogni 4-6 settimane per favorire una crescita vigorosa. In autunno, invece, si tende a preferire un concime ricco di potassio per rinforzare la pianta in vista dell’inverno.

    Infine, ma non per importanza, anche la potatura è importante per il benessere del Bosso. Questa è una fase fondamentale per mantenere la forma dell’arbusto e per prevenire malattie. È consigliabile effettuare una bella potatura verso la fine della primavera o l’inizio dell’estate, ricordandosi di utilizzare forbici ben affilate e disinfettate. Si procede tagliando i rami secchi, danneggiati o malformati e, una volta fatto questo, procedere definendo la forma desiderata.

    Esposizione e protezione del Buxus: come affrontare i cambiamenti stagionali
    Pur essendo una pianta resistente, il Buxus ha bisogno di alcune accortezze per affrontare al meglio le diverse stagioni. In estate, ad esempio, sarebbe meglio proteggere la pianta dal sole intenso e dalle alte temperature, soprattutto se coltivata in vaso. Posizionarla in un luogo ombreggiato e annaffiarla con maggiore frequenza sarà la soluzione più giusta per farla crescere in modo sano. In inverno, invece, il Bosso tollera bene le basse temperature, ma nei climi particolarmente rigidi è consigliabile proteggere le radici con una pacciamatura di corteccia o con foglie secche. Se coltivato in vaso, è necessario spostare il Bosso in una zona riparata.

    Malattie e parassiti del Buxus: riconoscerli e combatterli
    Nonostante la sua resistenza, il Bosso può essere colpito da alcune malattie e da alcuni parassiti. Tra i più comuni il Cylindrocladium buxicola, il Piralide del Bosso e gli afidi. Il primo è un fungo che provoca macchie scure sulle foglie e una rapida defogliazione. Come prevenirlo? Evitando di bagnare le foglie durante l’irrigazione e garantire una buona circolazione dell’aria intorno alla pianta. Per quanto riguarda il Piralide del Bosso, ci si riferisce al parassita nemico numero 1 del Bosso. Le larve divorano rapidamente le foglie, lasciando la pianta spoglia. In questo caso è doveroso controllare regolarmente la presenza di larve e utilizzare insetticidi specifici se necessario, Infine, gli afidi: questi possono causare ingiallimento e deformazione delle foglie. Combatterli non è difficile; basterà utilizzare un trattamento a base di sapone molle o olio di neem.

    Con la giusta attenzione, questa pianta sempreverde può diventare un elemento distintivo del proprio giardino, offrendo bellezza e struttura per tutto l’anno. LEGGI TUTTO

  • in

    Inquinamento indoor, alcuni profumatori per l’ambiente rilasciano aerosol potenzialmente tossici

    Un gruppo di ricerca coordinato da Brandon Boor, docente di ingegneria civile presso la Purdue University (Stati Uniti), sta studiando da tempo le sostanze volatili che vari prodotti comunemente utilizzati in casa possono rilasciare, contribuendo alla formazione di aerosol potenzialmente tossici. Il più recente studio firmato da Boor e colleghi, da poco pubblicato su Environmental […] LEGGI TUTTO

  • in

    La Francia mette al bando i Pfas in cosmetici e tessuti

    I Pfas – anche Conosciuti come “inquinanti eterni” – saranno banditi dai prodotti tessili e cosmetici in vendita in Francia. L’assemblea nazionale ha infatti adottato in seconda lettura un progetto di legge, sostenuto dalla sinistra e dalla coalizione governo, che riguarda queste sostanze chimiche (perfluoroalchiliche) controverse. Il divieto – che esclude solo alcuni tessuti industriali […] LEGGI TUTTO

  • in

    Nelle catene montuose nuove risorse di idrogeno naturale

    Definito anche come “il combustibile del futuro”, l’idrogeno potrebbe segnare la svolta per una delle sfide più importanti che l’umanità deve affrontare, la transizione energetica. Fino ad ora però non siamo riusciti a capire dove dovremmo cercare in natura gli accumuli di idrogeno allo stato elementare che ci consentirebbero di sostituire gli attuali combustibili fossili, eliminando di fatto le emissioni di anidride carbonica e altri inquinanti. A indicarci finalmente la via è oggi un team di ricercatori internazionale, guidato da Frank Zwaan, modellista geodinamico del Gfz Helmholtz Center for Geosciences, secondo cui le catene montuose, come i Pirenei, le Alpi e i Balcani, rappresentano potenziali hotspot dell’idrogeno naturale. I dettagli del loro studio sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances.

    trasporti

    Coradia Stream H, il primo treno ad idrogeno in Italia viaggerà in Valcamonica

    di Fiammetta Cupellaro

    13 Febbraio 2025

    Cos’è l’idrogeno e come si forma
    L’idrogeno naturale si forma principalmente tramite la serpentinizzazione. Durante questo processo geologico le rocce del mantello reagiscono chimicamente con l’acqua e si trasformano da peridotiti, come l’olivina, a serpentiniti, mentre il ferro si ossida, rilasciando idrogeno. Le rocce del mantello, tuttavia, si trovano a grandi profondità sotto la crosta terrestre e affinché possano entrare in contatto con l’acqua devono risalire verso la superficie. Sono principalmente solo due gli ambienti tettonici in cui le rocce del mantello vengono serpentinizzate nel corso di milioni di anni: i bacini oceanici che si aprono quando i continenti si separano durante i processi di rifting, consentendo al mantello di sollevarsi mentre la crosta continentale sovrastante si assottiglia e alla fine si divide (come nel caso dell’Oceano Atlantico), oppure durante la formazione di catene montuose, quando i continenti si riavvicinano e si scontrano, consentendo alle rocce del mantello di essere spinte verso la superficie (come i Pirenei e le Alpi).

    Nelle catene montuose
    Per valutare dove aspettarsi grandi risorse di idrogeno naturali, il team di ricercatori ha utilizzato un innovativo approccio di modellazione numerica della tettonica a placche. Da qui gli scienziati hanno simulato l’intera evoluzione della tettonica a placche, riuscendo a determinare per la prima volta dove, quando e quante rocce del mantello vengono portate alla luce e quando possono entrare in contatto con l’acqua a temperature favorevoli per consentire la serpentinizzazione e, quindi, la produzione di idrogeno. Dalle analisi è emerso che le condizioni per questo processo sono di gran lunga migliori nelle catene montuose. Questo perché l’ambiente è relativamente più freddo, c’è un’abbondante circolazione d’acqua e ci sono maggiori volumi di rocce del mantello che si trovano a temperature di serpentinizzazione favorevoli di 200-350°C.

    Rinnovabili

    La corsa verso l’energia pulita non può essere fermata

    07 Ottobre 2024

    Una nuova industria dell’idrogeno naturale
    Secondo i successivi calcoli, i ricercatori hanno osservato che la capacità annuale di generazione di idrogeno nelle catene montuose può essere fino a 20 volte maggiore rispetto agli ambienti di rift. Inoltre, le rocce serbatoio necessarie per l’accumulo di idrogeno, come le arenarie, sono facilmente disponibili nelle catene montuose, ma presumibilmente assenti durante la serpentinizzazione nelle parti più profonde degli ambienti soggetti a rifting. “Questa nuova ricerca fa avanzare la nostra comprensione degli ambienti idonei per la produzione naturale di idrogeno”, ha concluso Sascha Brune, tra gli autori dello studio. “Date le opportunità economiche associate all’idrogeno naturale, ora è il momento di andare oltre e studiare anche i percorsi di migrazione dell’idrogeno e degli ecosistemi microbici profondi che consumano idrogeno per capire meglio dove possono effettivamente formarsi potenziali serbatoi di idrogeno”. LEGGI TUTTO

  • in

    Imatra, l’app che premia chi pedala: come funziona

    Più pedali, più produci. Si chiama Imatra l’innovativa app che trasforma l’energia che si produce pedalando in moneta digitale e sostenibile. Obiettivo: promuovere il ciclismo e uno stile di vita green. Nei fatti la startup, fondata nel 2023 da Manolo Bianchini e Luca Celli, è un social network nato per le comunità di ciclisti non professionisti, che al suo interno possono comunicare tra loro e trovare tragitti personalizzati da percorrere insieme.

    Non solo, l’app permette ai suoi utenti di generare gli Imatra Coin, che si generano in automatico ogni 25 chilometri di pedalata. La valuta digitale della startup può essere spesa all’interno del suo market place: imatra.com, in cui si possono acquistare (anche in euro o in dollari) prodotti per il ciclismo e del lifestyle sportivo di tutti i tipi: dalle bici, ai caschi, passando per l’abbigliamento, le scarpe, gli occhiali, e altri accessori.

    Foroglio, il paese svizzero del Canton Ticino (Svizzera) dove si vive senza elettricità  LEGGI TUTTO