Lezioni di sessualità in classe solo con il consenso dei genitori
Per far entrare l’educazione alla sessualità nelle classi servirà il consenso informato, preventivo e scritto, dei genitori degli alunni. Nella scuola dell’infanzia e primaria, invece, ci si dovrà limitare a quanto previsto dai programmi nazionali dettati dal ministero dell’Istruzione e del Merito, e cioè a ciò che dice la biologia sul corpo umano e la riproduzione.
Mentre l’Italia attende ancora — ed è uno dei pochi Paesi europei a non averla — una legge che renda obbligatorio l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole, il governo tenta una stretta sui corsi extracurricolari o di ampliamento dell’offerta formativa che si occupano di quelli che il ministro Giuseppe Valditara definisce «temi sensibili». E cioè il sesso.
In sostanza, dice un disegno di legge approvato ieri in Consiglio dei ministri, mamme e papà dovranno visionare e valutare in anticipo il materiale didattico e informativo che verrà distribuito ai ragazzi, conoscere le modalità e le finalità di svolgimento delle attività proposte, sapere chi sono le eventuali associazioni o gli esperti esterni chiamati in cattedra. Questi saranno esaminati e autorizzati dal Consiglio di istituto e dal Collegio docenti, che ne peseranno l’esperienza professionale e il curriculum scientifico o accademico, come già accade.
La vera novità è dunque il passaggio obbligato dal via libera delle famiglie che sono le uniche titolate, secondo l’idea della maggioranza di governo, a occuparsi di sesso, affettività e relazioni tra i ragazzi. Per gli studenti che non otterranno l’ok dei genitori, le scuole dovranno immaginare un’ora alternativa, esattamente come avviene per l’insegnamento della religione cattolica.
«Noi — ha spiegato il ministro — agiamo per rafforzare l’alleanza tra scuole e famiglie, rispettando l’articolo 30 della Costituzione che sancisce il diritto-dovere dei genitori a educare i propri figli». E se l’iniziativa, ispirata da due proposte di legge presentate da Lega e Fratelli d’Italia, ha incassato il plauso della maggioranza, non la pensano così opposizioni, associazioni e collettivi studenteschi. Cecilia d’Elia del Pd è convinta che la mossa di Valditara «tradisca una cultura sessuofobica», Daniela Sbrollini di Italia Viva parla di «approccio ideologico e burocratico», le parlamentari dell’M5s temono nascano «discriminazioni», Elisabetta Piccolotti di Avs denuncia che così «si farà un grande favore ai fondamentalismi» e chiede a Valditara: «Pensa che i genitori di Saman Abbas avrebbero firmato l’autorizzazione a partecipare all’educazione sessuale e affettiva?». Così pure la Rete degli studenti medi, secondo cui «la destra strizza l’occhio alla crociata anti-Lgbt di ProVita & Famiglia e delude il mondo studentesco che chiede da decenni l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole». O i docenti di Educare alle differenze che sottolineano come «tra collaborazione con le famiglie e controllo ci sia una enorme differenza».
Ma non è questo l’unico provvedimento partito da viale Trastevere e finito sul tavolo del Cdm. Tra le altre novità, c’è un secondo disegno di legge che, davanti all’aumento negli ultimi due anni dei pestaggi dei genitori ai danni dei prof, rende obbligatorio l’arresto in flagranza o semi flagranza di reato per chi aggredisce fisicamente docenti o presidi e aumenta le pene passando da 6 mesi a 3 anni attuali a un minimo di 2 anni fino a un massimo di 5 di reclusione in caso di lesioni lievi ai danni del personale scolastico.
E ancora, alle superiori, con il 5 in condotta, esteso anche a episodi di bullismo grave, si viene bocciati. Con il 6, invece, si viene rimandati a settembre e si dovrà superare una sorta di esame di riparazione. Cambia anche la sospensione: gli studenti non resteranno più a casa ma dovranno continuare a frequentare le lezioni e saranno chiamati a riflettere sulla cattiva condotta con compiti supplementari. Per le sospensioni superiori ai due giorni, scatteranno attività di cittadinanza solidale. LEGGI TUTTO