Quale senso può avere ancora oggi l’esame di Stato previsto al termine del quinto anno di scuola media superiore che presto, a quanto pare, dovrebbe tornare a chiamarsi “di maturità”? Attualmente, come sappiamo, è concepito secondo un sistema di giudizio formulato su base numerica. Alcuni osservatori considerano tale modalità ormai superata; altri invece continuano a ritenerla valida e intendono semmai rilanciarla, secondo standard di valutazione oggettiva.
È una vecchia questione che, quasi a ogni generazione, si ripresenta in veste nuova. Credo che casi come quelli di Gianmaria e Maddalena, i quali hanno contestato l’orale adducendo ragioni legate alla mancanza di empatia del corpo docente, offrano spunti di riflessione non trascurabili.
Padova, rifiuta di fare l’orale alla maturità: “L’esame è una sciocchezza, i voti non servono”
a cura della redazione Cronaca nazionale
07 Luglio 2025
Teniamo presente che tutti i grandi educatori moderni, da John Dewey a Maria Montessori, da don Lorenzo Milani ad Alberto Manzi, nella sostanza sarebbero stati d’accordo con questi ragazzi. Dico di più: li avrebbero abbracciati uno per uno. Intendiamoci: noi sappiamo che ogni giudizio, non solo scolastico, dell’uomo sull’uomo è un’invenzione culturale: non si tratta della verità, che resterà fatalmente inattingibile, bensì di un modo, sempre imperfetto, che è stato escogitato allo scopo di organizzare la società. La polis non esiste in natura, così come l’aula scolastica. Ma come facciamo a spiegarlo a Gianmaria? Una maniera ci sarebbe: bisogna scoprire gli ingranaggi della valutazione. Questo, ammettiamolo, è molto più complicato che limitarsi a svolgere il programma, interrogare e stilare il cosiddetto bilancio delle competenze.
Maturità, gli studenti ribelli: “Boicottiamo l’orale”. Valditara: bocciateli
11 Luglio 2025
Non dovremmo addestrare gli scolari a superare l’ostacolo, come se l’istruzione fosse un percorso di guerra, destinato a premiare chi arriva primo lasciando tutti gli altri nella retrovia polverosa. Come professori siamo chiamati a fondare, insieme agli allievi che ci sono stati affidati, nuove imprese conoscitive. In mancanza di una fiducia reciproca fra chi insegna e chi studia, niente si può realizzare. Se i docenti non conoscono nel profondo gli alunni che hanno di fronte e si mantengono disinteressati alle loro persone, la scuola continuerà ad essere un luogo specialistico dove ci si annoia e basta, senza scoprire e riconoscere i propri talenti.
È necessario puntare tutto sulla qualità della relazione umana: nel momento in cui stipuliamo un patto emotivo con l’adolescente, ogni cammino potrà essere intrapreso. Scaricare di peso il voto, invece di drammatizzarlo, significa premiare il movimento registrato dallo scolaro rispetto alla sua stazione di partenza, prima ancora del traguardo raggiunto o mancato. Ciò non significa ridurre gli obiettivi didattici, ma calibrarli sapendo che ogni apprendimento ha tempi e forme diverse. Creare in un diciottenne la consapevolezza della dimensione convenzionale di qualsiasi esame è di gran lunga più importante che fargli conseguire un buon risultato.
Esame di stato al via, ma dall’anno prossimo si cambia
di Viola Giannoli
18 Giugno 2025
Non illudiamoci: almeno fin quando il titolo di studio conserverà valore legale, quali che siano i sistemi di valutazione praticati, il distacco fra l’istituzione e la persona sarà inevitabile, in certo qual modo necessario; tuttavia, soprattutto oggi, in piena rivoluzione digitale, se davvero vogliamo far crescere nei giovani in via di formazione il senso della responsabilità non possiamo limitarci a contrapporre alle loro prevedibili insofferenze i nostri semplici cartelloni precettistici. Dobbiamo prendere sul serio le rimostranze di chi percepisce lo scarto fra la potenza della vita e l’artificio della scuola. LEGGI TUTTO