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Olimpiadi invernali in arrivo, appello degli scienziati per gli ermellini: “Aiutateci a salvarli”

C’è una sfida che i Giochi Olimpici invernali di Milano Cortina 2026, ormai alle porte, potrebbero raccogliere. Se ne fanno involontarie portavoce le due simpatiche mascotte, Tina e Milo: sono due ermellini (una ha il manto bianco, l’altro marrone), espressione della biodiversità montana ma anche, ahiloro, delle inesorabili conseguenze che la crisi climatica può produrre sugli ecosistemi alpini.Proprio per questo, a lanciare un appello al Coni, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, e alle regioni ospitanti (Lombardia e Veneto) è ora il mondo dei ricercatori, preoccupati per le sorti del mustelide e persuasi dall’idea che una potenziale ondata di popolarità riflessa possa, in qualche modo, innescare un circolo virtuoso.

Tina e Milo, i due ermellini espressione della biodiversità mascotte delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 

“Proprio così: il nostro appello, vista la scelta dell’ermellino come mascotte dei Giochi, è che si investa una piccola parte delle risorse destinate agli eventi sportivi a sostegno dello studio di questa specie così vulnerabile”, sottolinea Marco Granata, dottorando in ecologia all’Università di Torino, da oltre tre anni protagonista di una ricerca sul campo nelle Alpi Marittime, in parte tradotta in Ermlin Project, il progetto di ricerca sull’ermellino nelle Alpi italiane.

La richiesta è che si sostengano università e Parchi per “testare e migliorare i metodi di monitoraggio attualmente in uso e dare continuità alle campagne di raccolta dati già in atto”. Perché il punto è chiaro: sullo stato di salute di questa specie, elusiva e poco studiata, i dati sono al momento insufficienti. Ma i sospetti, viceversa, parlano di una riduzione delle popolazioni “a causa di una minaccia su tutte, la crisi climatica, che costringe la specie – annota Granata – a salire di quota, con osservazioni ormai quasi del tutto ristrette al di sopra dei 1500 metri”. Per quale ragione? Meno neve vuol dire anche “un mismatch” pericoloso tra la muta stagionale e la trasformazione del paesaggio invernale. “L’ermellino diventa bianco per confondersi nella neve agli occhi dei predatori, ma se tutt’intorno non c’è neve ecco che diventa fatalmente riconoscibile”.

Habitat potenziale è stato sottratto anche dalla costruzione di resort e impianti sciistici ad alta quota, e in questo senso il contributo del Comitato Olimpico, e magari anche degli sponsor ufficiali, potrebbe diventare una sorta di parziale risarcimento al rischio che gli ermellini corrono, sempre di più, su tutto l’arco alpino. Non sarebbe del resto la prima volta che una importante manifestazione sportiva di spessore riesca a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla difesa di un animale assurto a mascotte, proprio come in parte accaduto nel 2014 con i Mondiali di calcio in Brasile: in quel caso fu il bolita o apar (Tolypeutes tricinctus il nome scientifico), un armadillo diffuso nel Paese, a beneficiarne. La sua ritrovata popolarità portò addirittura all’istituzione di un’area protetta ad hoc.

“A noi – spiega Granata – basterebbe avere un maggiore sostegno per studiare la specie, che secondo la classificazione dell’Iucn non rischia a oggi l’estinzione ma che – secondo i nostri modelli predittivi, che hanno dato vita a uno studio di prossima pubblicazione – dovrà fare i conti da qui al 2100 con una riduzione del 40% del suo habitat nelle Alpi italiane. E ancora: se in Italia gli studi strutturati sull’ermellino sono solamente due, e ormai parecchio datati, altrove il loro declino è ampiamente documentato.

Drammatiche contrazioni numeriche e spaziali sono state riscontrate negli Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Finlandia e Bielorussia, e in alcuni paesi europei, come la Svizzera e l’Olanda, l’ermellino è ora una specie protetta. Insomma, la comunità scientifica è molto preoccupata, anche perché alla minaccia della crisi climatica si aggiungono le conseguenze dell’abbandono delle pratiche silvo-pastorali, l’innalzamento della linea degli alberi, la costruzione di nuove strutture turistiche, che sottraggono habitat idoneo e aumentano il conflitto con la fauna, e il conseguente utilizzo di rodenticidi ad alta quota. Di qui – conclude Granata – l’esigenza di un chiaro appello, proprio nella lunga vigilia di un’Olimpiade che ha scelto gli ermellini come mascotte”.

Nel frattempo, buoni risultati – in termini di studio – arrivano da un nuovo metodo di monitoraggio, sperimentato negli ultimi anni sulle Alpi Marittime: si chiama Mostela alpina, ed è una scatola in plastica attraversata da un tubo aperto frontalmente e ripreso da una fototrappola. “Gli ermellini ci entrano alla ricerca di cibo o rifugio, schizzano da una parte della scatola e poi escono per tornare nelle loro pietraie. Noi in cambio otteniamo dati preziosi, in luoghi anche molto difficili da raggiungere, dove studiare l’ermellino sarebbe altrimenti impossibile. La Mostela è il principale candidato per un monitoraggio a lungo termine e su larga scala tanto dell’ermellino quanto degli altri piccoli mammiferi che popolano le nostre montagne. Sarebbe utile anche una campagna di informazione – che potrebbe trovare un aiuto nel CAI, il Club Alpino Italiano – per rendere più capillare la conoscenza di questa specie e incoraggiare l’invio di nuove osservazioni, attraverso un approccio di citizen science, da parte di escursionisti e alpinisti. Ogni piccola informazione può aiutarci a conoscere meglio l’ermellino, e quindi a strutturare specifiche azioni di monitoraggio e conservazione”.


Fonte: http://www.repubblica.it/rss/ambiente/rss2.0.xml


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