28 Ottobre 2025

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    Bonus elettrodomestici, ecco quanto si risparmia con la rottamazione

    Bonus elettrodomestici a breve in pista. Tra pochi giorni, infatti, sarà accessibile il portale per chiedere il voucher che consentirà di avere uno sconto del 30% sul nuovo acquisto, a fronte della rottamazione di un vecchio apparecchio della stessa tipologia. Il voucher dura 15 giorni, passato il periodo non è più utilizzabile. Bisogna quindi decidere in anticipo quale elettrodomestico sostituire per non correre rischi, dato che i fondi a disposizione sono limitati e difficilmente potrà essere presentata una nuova richiesta. Sarà possibile fare acquisti sia presso i rivenditori fisici sia online, che decideranno di aderire all’iniziativa. La lista di tutti i punti vendita sarà disponibile online.
    Fondi a disposizione e risparmi in bolletta
    Per il bonus sono a disposizione in tutto 48,1 milioni di euro. Considerando che i voucher hanno un importo base di 100 euro, che raddoppia per chi ha un Isee entro i 25.000 euro, potrebbero essere anche meno di 400.000 i voucher erogabili. In ogni caso è ammesso un solo voucher per nucleo familiare.

    Secondo i dati ENEA, sostituire un elettrodomestico acquistato dieci anni fa con uno nuovo di classe energetica elevata riduce in media i consumi elettrici per quel determinato apparecchio del 50%. Il risparmio varia in base al tipo: per i frigoriferi si può arrivare al 60%, per le lavastoviglie al 50%, per le lavatrici al 45%. In parallelo ai consumi ovviamente si risparmia anche sulle emissioni di CO2. Le etichette energetiche obbligatorie riportano il consumo energetico specifico in Kwh, e questo consente di avere una base per effettuare i conteggi con una buona approssimazione. Ecco qualche indicazione conti considerando un costo medio per Kwh di 30 centesimi complessivo della materia prima e di tutti gli altri oneri per la bolletta della luce.

    Fisco verde

    Ricarica della batteria con lo sconto per chi ha un’auto elettrica

    di Antonella Donati

    14 Ottobre 2025

    Nuove lavastoviglie anche a risparmio di acqua
    Per nuclei familiari numerosi che usano la lavastoviglie due volte al giorno la sostituzione porta vantaggi consistenti. I modelli moderni consumano circa 60-70 kWh per 100 cicli contro i 100-120 kWh di quelli più vecchi. Va considerato anche il risparmio idrico: le lavastoviglie nuove usano meno di 10 litri per ciclo contro i 15-20 dei modelli datati. In media il risparmio in bolletta può arrivare a 115 euro all’anno solo per l’energia elettrica. A questo va aggiunto anche il risparmio per l’acqua.

    Frigorifero e lavatrice, risparmi allineati
    Un vecchio modello di frigo può consumare fino a 500 kWh annui, mentre uno di classe energetica alta scende sotto i 200 kWh. Per famiglie numerose che aprono spesso il frigorifero e hanno bisogno di grande capacità, considerando un risparmio di 300 kWh/anno, il taglio della bolletta può agevolamene superare i 100 euro.

    Quanto alla lavatrice, per chi fa molti lavaggi settimanali la lavatrice diventa l’elettrodomestico più energivoro dopo il frigorifero. Famiglie con bambini piccoli o sportivi che lavano quotidianamente possono arrivare a 300 cicli all’anno. Il passaggio da un modello di classe B a uno di classe A riduce il consumo di circa il 45%. L’etichetta energetica indica il consumo per 100 cicli, quindi basta moltiplicare per tre per avere il consumo annuo effettivo. In media si possono considerare almeno 80 euro di risparmi.

    Forno, consumi alti ma uso saltuario
    Infine il forno ha un consumo per ciclo relativamente alto ma viene utilizzato meno frequentemente. Per chi cucina al forno più volte alla settimana la sostituzione ha senso. Chi lo usa solo occasionalmente ottiene un risparmio limitato che non giustifica la spesa immediata. L’etichetta indica il consumo per ciclo in modalità convezione e ventilata. Chi ha più elettrodomestici datati dovrebbe privilegiare quello con maggiore utilizzo e consumo continuo. LEGGI TUTTO

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    Clima, appello di Guterres a Cop30: “Obiettivi più ambiziosi o conseguenze devastanti”

    La strada verso Belém è piena di buche. Però c’è, ed è questa la buona notizia. Fra circa due settimane in Brasile, alle porte dell’Amazzonia, inizia la Cop30, la Conferenza delle parti sul clima. Quest’anno, dopo tre diverse edizioni che si sono svolte nei petro-stati, c’è una forte aspettativa per una Cop che possa risultare più pragmatica nel difficile percorso della riduzione delle emissioni climalteranti.
    Così, mentre gli occhi del mondo sono puntati sull’occhio del ciclone – quell’uragano Melissa destinato a impattare su una Giamaica già fragile davanti alla crisi del clima – lo sguardo della diplomazia climatica è rivolto al percorso per riuscire ad abbassare le emissioni, ovvero la presentazione dei vari Paesi dei loro Ncd, i piani climatici per centrare l’obiettivo che vengono diffusi prima della Cop.

    Assemblea Onu

    Meno emissioni più energia pulita: gli impegni (insufficienti) della Cina

    di Luca Fraioli

    25 Settembre 2025

    Questi piani sono stati riassunti all’interno del nuovo Synthesis Report dell’UNFCCC che guarda ai traguardi del 2035. Il report ci dice che le emissioni globali stanno iniziando a diminuire e che quest’anno è stata presentata dalle nazioni la serie più completa di impegni climatici fatta finora rispetto al passato, piani che coprono circa un terzo delle emissioni globali.

    La buona notizia è che c’è appunto una strada: l’88% degli Ndc sono risultati nuovi o aggiornati e l’89% include obiettivi a livello economico che riguardano tutti i principali settori emissivi. Circa il 78% include inoltre sforzi legati agli oceani, ben il 39% in più rispetto ai precedenti impegni.

    Ambiente

    Il primo punto di non ritorno è già realtà: la perdita delle barriere coralline è irreversibile

    di Giacomo Talignani

    13 Ottobre 2025

    Solo un terzo dei Paesi ha presentato obiettivi per il clima
    La cattiva notizia è che però anche se tutti i Paesi che hanno presentato i loro Ndc li rispettassero totalmente, si andrebbero a ridurre le emissioni di appena il 10% (rispetto al 2019) entro il 2035. Una percentuale decisamente ancora troppo bassa vista l’avanzata della crisi del clima. Di fatto, dunque, i piani presentati da oltre 60 Paesi all’Onu sono insufficienti a scongiurare il collasso climatico che incombe perché coprirebbero soltanto di un sesto la riduzione necessaria il 60%) di emissioni per riuscire a limitare il riscaldamento a 1,5 gradi e rispettare l’Accordo di Parigi.

    Lo studio

    Gli alberi giganti dell’Amazzonia resistono al clima e diventano più grandi

    di Fiammetta Cupellaro

    26 Settembre 2025

    Per Simon Stiell, segretario esecutivo dell’United Change Conference dell’Onu, “grazie alla cooperazione climatica organizzata dalle Nazioni Unite e agli sforzi nazionali, l’umanità sta ora chiaramente piegando la curva delle emissioni verso il basso per la prima volta, anche se ancora non abbastanza velocemente. Sebbene la direzione di marcia migliori di anno in anno, abbiamo bisogno di una maggiore velocità e di aiutare un maggior numero di Paesi a intraprendere azioni climatiche più incisive”.

    Il report

    Fao: la deforestazione nel mondo rallenta, ma non basta

    di Giacomo Talignani

    21 Ottobre 2025

    Il segretario chiede dunque una accelerazione dell’ambizione, quella che dovrebbe partire soprattutto dalle realtà più sviluppate e responsabili delle emissioni, come per esempio Cina e Ue, che però devono ancora fornire dettagli sui loro piani climatici.
    I ritardi della Ue e l’assenza degli Usa
    Tra i ritardi dell’Europa, l’assenza degli Stati Uniti che con le politiche negazioniste di Donald Trump si sono sfilati dall’Accordo di Parigi e un 10% di riduzione delle emissioni che appare ancora troppo basso, è evidente dunque come la strada per Belòm sia davvero piena di buche. Nonostante il cammino tortuoso una luce di speranza – come ha detto Laurence Tubiana, Ceco di European Climate Foundation – potrebbe arrivare da “i cittadini, le comunità e le imprese che continuano ancora oggi a spingere l’economia reale verso un futuro sostenibile e più verde”.
    Guterres: “Il superamento di 1,5 °C più breve possibile”
    Ma senza decisioni concrete dall’alto, chiosa il segretario generale dell’Onu António Guterres in una intervista al The Guardian, sarà comunque impossibile “cambiare rotta”, quello che davvero servirebbe in questo mondo bollente.

    Per Guterres infatti l’umanità “non è riuscita a limitare il riscaldamento globale” e si prospettano “conseguenze devastanti. Alcune di queste conseguenze devastanti sono punti di non ritorno, che si tratti dell’Amazzonia, della Groenlandia, dell’Antartide occidentale o delle barriere coralline” per cui a partire dalla Cop30 “è assolutamente indispensabile cambiare rotta per garantire che il superamento di 1,5 gradi sia il più breve possibile e di minore intensità e per evitare proprio i punti di non ritorno che incombono”. LEGGI TUTTO

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    Dalle bucce di patate nasce il packaging sostenibile per frutta e verdura

    “Prendiamo le bucce di patate scartate dall’industria, le processiamo, le secchiamo, le maciniamo e le combiniamo con altri ingredienti. Col processo di termoformatura produciamo le vaschette. Il nostro obiettivo è creare un circuito virtuoso che parta dagli scarti, un bene prezioso”. A parlare è Massimo Bagnani, veronese, diploma al Fracastoro e laurea in Bioingegneria al Politecnico di Milano, ha sviluppato a Zurigo, dove si trovava per un dottorato di ricerca, questa tecnologia dirompente da cui è nata PeelPack.

    La startup italo-svizzera fondata nel 2025 da Massimo Bagnani (CTO) e Slava Drigloff (CEO) realizza contenitori in bioplastica compostabili per frutta e verdura, ricavati da bucce di patate industriali, pensati per sostituire gli imballaggi in plastica nella grande distribuzione.

    Com’è nata l’idea? “L’idea è nata dopo aver realizzato quanti scarti di bucce di patate fossero prodotti dalle aziende agricole, durante il mio dottorato all’ETH di Zurigo (tra le università più prestigiose al mondo), dove ho iniziato a lavorare sui materiali sostenibili – racconta a Green&Blue Massimo Bagnani –. Volevamo mettere a frutto questo materiale di scarto, e ci siamo resi conto che poteva essere usato per contenere frutta e verdura. Ora stiamo portando questa tecnologia in Italia grazie al programma FoodSeed, per svilupparla a livello industriale”.

    Tutorial

    Come ridurre la plastica monouso in casa e in azienda

    28 Aprile 2025

    Le vaschette prodotte dalle bucce di patate
    Come nascono le vostre vaschette? “Utilizziamo le bucce di patate scartate dall’industria alimentare e le trasformiamo in un nuovo materiale compostabile. Le bucce vengono essiccate, macinate e mescolate con altri ingredienti naturali. Attraverso un processo speciale di lavorazione termoplastica e termoformatura, otteniamo vaschette resistenti e adatte a contenere frutta e verdura. In questo modo diamo una seconda vita agli scarti alimentari, riducendo l’uso di plastica e l’impatto ambientale”.
    “PeelPack risponde a un’importante opportunità di mercato nel settore europeo delle bioplastiche – aggiunge Bagnani -, trasformando milioni di tonnellate di scarti di bucce di patata in imballaggi completamente compostabili e sicuri per gli alimenti per i cestini di frutta e verdura”.

    Tecnologia

    Shelfy, il purificatore da frigo che fa durare più a lungo frutta e verdura

    di Dario D’Elia

    24 Ottobre 2025

    Mentre l’UE intensifica le normative contro le plastiche di origine fossile e aumenta la domanda di alternative sostenibili e locali, l’innovativo materiale di PeelPack offre una soluzione circolare ed economicamente vantaggiosa che riduce le emissioni, l’inquinamento da microplastiche e la dipendenza dalle bioplastiche importate. Il suo vantaggio risiede nella tecnologia proprietaria che crea imballaggi durevoli e compostabili a livello industriale direttamente dai rifiuti agricoli, si integra perfettamente nelle catene di fornitura esistenti ed è convalidata dai partner industriali.

    “Non solo – precisa Bagnani -. Le nostre vaschette aumentano anche la self life della frutta come fragole, lamponi che – di regola – dopo cinque giorni hanno già la muffa. I risultati dimostrano che possiamo allungare di qualche giorno, che non è poco, la durata di questi prodotti. I nostri contenitori sostanzialmente al contrario della plastica che non fa respirare la frutta, hanno proprietà specifiche che fanno respirare il prodotto sia dal punto di vista di scambio di gas, che di umidità. In questo modo l’umidità non condensa, evitando la crescita di funghi batteri. Siamo molto orgogliosi della nostra tecnologia che crediamo possa avere un impatto ambientale su più fronti: non solo nella diminuzione dell’inquinamento da plastica – che come sappiamo è devastante -, ma anche sullo spreco di cibo”.

    Quali sono i vostri prossimi passi? “Siamo stati selezionati tra 200 candidature e grazie al percorso di FoodSedd adesso gettiamo le basi per rientrare in Italia nei prossimi mesi. L’obiettivo è trasferire la produzione proprio nella packaging valley, secondo un modello di economia circolare che ci permetta di ridurre i costi e anche l’impatto ambientale”.

    PeelPack lavora in stretta collaborazione con agricoltori, rivenditori, industrie alimentari e impianti di compostaggio per costruire una catena del valore completamente circolare. La loro soluzione riduce le emissioni di gas serra, l’inquinamento da microplastiche e la dipendenza da imballaggi di origine fossile, trasformando i rifiuti alimentari locali in alternative sostenibili e scalabili per il settore agroalimentare.

    “Il futuro del cibo in chiave sostenibile”
    PeelPack è tra le sette startup innovative, selezionale dall’acceleratore FoodSeed per ridisegnare in chiave sostenibile il futuro del cibo. E’ questo l’obiettivo di FoodSeed, l’acceleratore promosso da Cdp Venture Capital insieme a Fondazione Cariverona, UniCredit ed Eatable Adventures, che ha presentato il 21 ottobre a Verona i progetti selezionati per la terza edizione. In sei mesi di accompagnamento strategico, le giovani imprese hanno lavorato per passare dalla tecnologia di laboratorio a prototipi pronti per il mercato.

    I sette progetti selezionati uniscono ricerca scientifica, tecnologie d’avanguardia e visione strategica per trasformare in chiave sostenibile l’intera filiera agroalimentare. Con un investimento iniziale di 17mila euro, che potrà crescere fino a 500mila per le realtà più promettenti e dirompenti. “Li accompagniamo in un percorso su misura, che parte dalla validazione tecnologica fino a costruire un business model solido e replicabile – ci dice Alberto Barbari, Regional VP di Eatable Adventures –. Il nostro è un ecosistema di innovazione che collega startup, imprese, investitori e istituzioni. Con FoodSeed stiamo dimostrando che l’innovazione può diventare una leva strategica per il tessuto industriale agroalimentare italiano. In questi tre anni abbiamo costruito un ponte solido tra startup, imprese e centri di ricerca, favorendo la nascita di collaborazioni che trasformano le idee in soluzioni concrete per la filiera. I progetti selezionati in questa edizione ne sono la prova: realtà capaci di affrontare le sfide di oggi e di rafforzare la competitività del nostro sistema produttivo per un agroalimentare italiano più responsabile e innovativo.” LEGGI TUTTO

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    Olimpiadi invernali in arrivo, appello degli scienziati per gli ermellini: “Aiutateci a salvarli”

    C’è una sfida che i Giochi Olimpici invernali di Milano Cortina 2026, ormai alle porte, potrebbero raccogliere. Se ne fanno involontarie portavoce le due simpatiche mascotte, Tina e Milo: sono due ermellini (una ha il manto bianco, l’altro marrone), espressione della biodiversità montana ma anche, ahiloro, delle inesorabili conseguenze che la crisi climatica può produrre sugli ecosistemi alpini.Proprio per questo, a lanciare un appello al Coni, il Comitato Olimpico Nazionale Italiano, e alle regioni ospitanti (Lombardia e Veneto) è ora il mondo dei ricercatori, preoccupati per le sorti del mustelide e persuasi dall’idea che una potenziale ondata di popolarità riflessa possa, in qualche modo, innescare un circolo virtuoso.

    Tina e Milo, i due ermellini espressione della biodiversità mascotte delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026  LEGGI TUTTO

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    L’aglaonema, come coltivare la “pianta del buio”

    L’aglaonema è una delle piante da appartamento più amate, grazie alle sue foglie variopinte e al suo aspetto elegante. La sua facilità di coltivazione la rende perfetta sia per la casa, sia per l’ufficio. Originaria delle foreste tropicali e subtropicali dell’Asia, questa pianta è nota anche come “pianta del buio” per la capacità di sopravvivere anche in condizioni di scarsa luminosità. Pur non richiedendo attenzioni complesse, l’aglaonema necessita di alcune cure specifiche per mantenersi sana e rigogliosa. Ecco come prendersene cura al meglio.

    Aglaonema, l’intramontabile sempreverde cinese: le caratteristiche
    Appartenente alla famiglia delle Araceae, l’Aglaonema comprende circa 50 varietà differenti. Conosciuta anche come “sempreverde cinese”, è caratterizzata da foglie oblunghe e lanceolate, spesso variegate con sfumature che vanno dal verde al bianco, dal giallo al rosa o al rosso vivo. La pianta produce infiorescenze a spadice simili a quelle della Calla: ciò che vediamo come “fiore” è in realtà lo spadice centrale, avvolto da brattee bianche o verdi, che proteggono e valorizzano la struttura floreale. Questa caratteristica, insieme alla bellezza del fogliame, rende l’aglaonema un elemento decorativo apprezzato in ogni ambiente.

    Le principali varietà di Aglaonema
    Grazie alla sua versatilità e resistenza, l’aglaonema è scelta sia per gli appartamenti, sia per gli uffici. Tra le varietà più diffuse e apprezzate, è giusto citare, delle cinquanta esistenti, queste:

    ·Aglaonema Silver Queen: foglie verde scuro con venature argentate. Resistente e adattabile a diversi livelli di luce;
    Aglaonema Red Valentine: verde con bordi e venature rosso fuoco, ideale per chi cerca un tocco di colore intenso;
    Aglaonema Maria: foglie verde scuro con venature chiare, utile anche per purificare l’aria dagli agenti inquinanti domestici;
    Aglaonema Pictum Tricolor: varietà esotica con foglie dai toni verde, bianco e rosa; richiede maggiore umidità e temperature moderate;
    Aglaonema Emerald Beauty: verde luminoso e lucido, molto resistente, tollera scarsa luce e periodi di siccità.

    La scelta della varietà dipende dal tipo di ambiente e dalla disponibilità di luce, ma tutte condividono la facilità di coltivazione tipica dell’Aglaonema.

    Cura e manutenzione dell’aglaonema
    Anche se facile da coltivare, l’aglaonema richiede attenzioni di base per prosperare a lungo senza soffrire.

    Dove coltivare l’aglaonema: esposizione e temperatura
    La coltivazione ideale è in appartamento. L’aglaonema non ama temperature inferiori ai 15° e va protetta dalle correnti d’aria fredda in inverno. Il suo soprannome “pianta del buio” deriva dalla capacità di crescere anche con poca luce, pur apprezzando una luminosità indiretta. A beneficiare di un po’ più di sole è però la varietà tricolore: le foglie diventano più luminose e intense quando a colpirle sono i raggi solari. D’estate, invece, è fondamentale evitare il sole diretto che potrebbe bruciare il fogliame e seccare la pianta.

    Annaffiatura: quanto e come innaffiare
    L’aglaonema richiede annaffiature regolari, ma senza eccessi. Prima di bagnarla, è importante verificare l’umidità del terreno: se i primi centimetri sono asciutti, la pianta va annaffiata; se sono umidi, è meglio attendere. Da tenere in considerazione anche il fattore “frequenza”: sarà maggiore nella stagione primaverile e in quella estiva, mentre durante l’autunno e l’inverno si abbasserà nettamente. Invece, per quanto riguarda la nebulizzazione, è bene ricordarsi che è un passaggio molto utile per mantenere il fogliame lucido e compatto, specialmente nelle varietà più delicate.

    Coltivare l’aglaonema in vaso: consigli pratici
    Una volta acquistata, l’aglaonema può essere rinvasata in un vaso adatto, utilizzando terriccio specifico per piante d’appartamento. La concimazione è fondamentale: utilizzate un fertilizzante liquido ogni 15 giorni in primavera-estate, mentre basterà una volta al mese nei mesi freddi. Per garantire un benessere e una crescita dell’aglaonema al top, sarebbe meglio utilizzare del concime a bastoncino o a cessione programmata.

    Quando rinvasare l’aglaonema
    Dopo circa due anni dall’acquisto, è consigliabile spostare la pianta in un vaso leggermente più grande, sostituendo eventualmente il terriccio. Questo aiuta le radici a svilupparsi meglio e mantiene le foglie rigogliose e luminose.

    Problemi comuni e come risolverli: come curare l’aglaonema
    L’aglaonema è una pianta piuttosto resistente, ma come le altre piante anche lei potrebbe essere attaccata da alcuni “nemici”. Tra i più comuni ci sono gli acari, gli afidi e le cocciniglie. Per prevenire questo tipo di infestazioni, potrebbe essere molto utile trattare la pianta con sapone molle. In caso di attacco, eventualmente, si possono utilizzare estratti di ortica o oli vegetali. Altri segnali di stress della pianta includono foglie macchiate o malattie fungine, spesso causate da irrigazioni eccessive o esposizione solare diretta. In questi casi, il rinvaso con terriccio fresco aiuta a recuperare la salute della pianta. LEGGI TUTTO