Il mercato globale della moda sostenibile vale oggi circa 8 miliardi di dollari, e secondo le proiezioni raggiungerà oltre 33 miliardi entro il 2033, con una crescita annua superiore al 20%. Tuttavia, in termini relativi si tratta ancora di una nicchia, che rappresenta circa il 5–6% del mercato complessivo dell’abbigliamento, stimato intorno a 1,8 trilioni di dollari nel 2025.
Sono i dati riferiti da Patrizia Catellani, professore ordinario del dipartimento di Psicologia della Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, autrice insieme a Valentina Carfora dello studio “Advertising innovative sustainable fashion: Informational, transformational, or sustainability appeal?”, pubblicato di recente sulla rivista Sustainability e centrato sull’impatto che messaggi sulla sostenibilità di un prodotto possono avere sulla scelta d’acquisto dei consumatori.
“Negli ultimi anni la sostenibilità è diventata un elemento sempre più presente nella comunicazione pubblicitaria, ma il suo utilizzo è tutt’altro che uniforme – spiega Catellani. Molti brand, soprattutto quelli del lusso e della moda giovane, hanno iniziato a incorporare riferimenti all’impatto ambientale, ai materiali riciclati o all’etica produttiva come parte della loro identità di marca. In alcuni casi, l’attenzione all’ambiente è diventata una vera e propria strategia narrativa: non solo un’informazione aggiuntiva, ma il cuore del racconto pubblicitario”, aggiunge Catellani.
LO STUDIO
“Il nostro esperimento ha mostrato che le donne reagiscono positivamente ai messaggi che mettono in evidenza la sostenibilità nella comunicazione di moda, anche quando si tratta di un dettaglio tecnico del prodotto.”
Le ricercatrici hanno presentato un prototipo di borsa con una catena realizzata attraverso un’innovativa tecnologia di rivestimento (Physical Vapor Deposition, PVD), che consente di ridurre l’impatto ambientale e aumentare la durata del materiale.
Le partecipanti – oltre 500 donne italiane – sono state esposte a tre versioni diverse dello stesso annuncio pubblicitario: una che enfatizzava la qualità e la resistenza (appello informativo), una che puntava su esclusività e immagine (appello trasformazionale), e una che sottolineava il basso impatto ambientale della produzione (appello sostenibile).
Il risultato è stato chiaro: il messaggio con l’appello sostenibile è risultato il più coinvolgente e il più efficace nel generare intenzione d’acquisto, rispetto a quelli focalizzati su estetica o funzionalità. Questo indica che le consumatrici non sono indifferenti ai temi ambientali, anche quando la sostenibilità è presentata in modo tecnico o circoscritto a un aspetto specifico del prodotto.
Inoltre, il fatto che la sostenibilità sia risultata più persuasiva perfino rispetto a un messaggio centrato su esclusività e stile suggerisce un cambiamento culturale: le donne non rinunciano all’estetica, ma iniziano a integrarla con valori di responsabilità e coerenza etica. Il bello e il giusto, nella moda, non vengono più percepiti come opposti.
“Col nostro studio abbiamo anche mostrato che questa sensibilità può variare in base allo stile decisionale: le consumatrici più perfezioniste e attente alla qualità dei prodotti sono risultate particolarmente ricettive ai messaggi che sottolineano resistenza, durata e utilizzo di materiali innovativi, anche se questo tipo di messaggio, definito “informativo”, ha generato in generale un minore coinvolgimento complessivo rispetto agli altri due messaggi sperimentati. Le consumatrici più “green” hanno reagito meglio al messaggio sostenibile – sottolinea l’esperta. In entrambi i casi, la sostenibilità diventa un criterio di fiducia, un modo per valutare il valore complessivo del prodotto”.
Nella scelta d’acquisto, precisa l’esperta, l’estetica resta un elemento importante, ma non sufficiente: funziona meglio quando si intreccia con valori di responsabilità e autenticità. La resistenza e la qualità continuano a contare, ma oggi non bastano più da sole a motivare la scelta.
“I nostri risultati riflettono un’evoluzione in corso nel modo in cui le persone valutano i prodotti di moda. Anche un riferimento tecnico e circoscritto alla sostenibilità – nel nostro caso la catena della borsa realizzata con una tecnologia a minore impatto ambientale – è stato sufficiente per suscitare interesse e coinvolgimento.
Questo suggerisce che la sensibilità verso la sostenibilità non è più confinata a un gruppo ristretto di consumatori, ma sta entrando nel modo comune di attribuire valore ai prodotti. Tuttavia, si tratta di un processo graduale, non di un cambiamento radicale: la moda continua a essere guidata anche da estetica, identità e piacere, anche se questi elementi sembrano oggi convivere sempre più spesso con considerazioni etiche e ambientali”.
La sostenibilità diventa una componente credibile e desiderabile dell’esperienza di consumo, non più solo un tema comunicativo o un argomento di nicchia, rileva la Catellani
La sostenibilità di un prodotto, quindi, non è più un tema marginale, ma un elemento competitivo e identitario per i marchi che guardano al futuro. Per questo è necessario aumentare la trasparenza del settore e smascherare le strumentalizzazioni: negli ultimi anni sono emersi, infatti, diversi casi di greenwashing, ossia di aziende che comunicano un’immagine ecologica senza che i loro processi lo siano davvero, conclude Catellani. LEGGI TUTTO