21 Ottobre 2025

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    Il nuovo regolamento dell’Ue obbliga le aziende a contrastare la deforestazione

    A partire dal 30 dicembre 2025 entrerà in vigore il Regolamento EUDR (European Union Deforestation Regulation, reg. UE 2023/1115) per tutte le grandi imprese dell’Unione europea. Dal 30 giugno 2026 le medie e piccole imprese dovranno adeguarsi agli stessi obblighi. Il regolamento ha l’obiettivo di contrastare il fenomeno della deforestazione e del degrado forestale a livello globale, rafforzando la sostenibilità delle filiere di approvvigionamento. Sono oltre 200 mila le imprese europee coinvolte dai nuovi adempimenti in materia di deforestazione.

    Il meccanismo si applicherà a una serie di materie prime come la soia, l’olio di palma, la carne bovina, il legno, la gomma, il cacao e il caffè, nonché ai prodotti fabbricati od ottenuti partendo da esse (per esempio, tutti i prodotti derivati del legno, identificati con un preciso codice di classificazione doganale). Tali prodotti potranno essere importati o immessi sul mercato UE solo se fabbricati o ottenuti senza contribuire a fenomeni di deforestazione.

    Gli operatori dovranno dimostrare, attraverso un processo di due diligence, che i beni non provengono da terreni deforestati o degradati. A tal fine le imprese dovranno raccogliere informazioni dettagliate sulla provenienza delle materie prime, la descrizione completa dei prodotti, la geolocalizzazione precisa dei terreni di produzione, il nome comune e la denominazione scientifica della specie vegetale o animale interessate.

    Il report

    Fao: la deforestazione nel mondo rallenta, ma non basta

    di Giacomo Talignani

    21 Ottobre 2025

    Sarà necessario inoltre indicare informazioni, dati e documenti essenziali per dimostrare la conformità dei prodotti alla legislazione del Paese di produzione, provando che siano stati ottenuti senza contribuire al degrado delle foreste o all’uso di terreni deforestati.
    L’Articolo 8 del regolamento, che disciplina l’aspetto più critico dal punto di vista degli operatori, stabilisce che le aziende possono immettere sul mercato solo prodotti per cui, all’esito di una scrupolosa dichiarazione di due diligence, si possa dimostrare un rischio ambientale nullo o trascurabile, pena il divieto di commercializzazione.

    Nonostante l’imminente entrata in vigore delle nuove norme, solo il 20% delle imprese coinvolte (in Italia 4 mila su 20 mila) si sono attivate per ottemperare alle prescrizioni previste e per prepararsi alle conseguenze che la mancata conformità potrebbe comportare. Il regolamento stabilisce un sistema a tre livelli di rischio, basso, standard e alto, basato su una valutazione oggettiva della Commissione europea, che tiene conto di tasso di deforestazione, degrado forestale, espansione agricola e produzione delle materie prime.

    La Commissione europea, in data 21 maggio 2025, ha pubblicato le prime liste ufficiali di Paesi ad alto e basso rischio deforestazione. Il criterio di selezione utilizzato dalla Commissione colloca tra i Paesi ad alto rischio quelli nei quali risulta impossibile condurre controlli efficaci lungo la filiera produttiva. I Paesi non indicati in nessuna delle due liste automaticamente sono considerati come a rischio “standard”.

    Nella lista di Paesi ad alto rischio figurano Bielorussia, Corea del Nord, Myanmar e Russia. Occorre evidenziare come tutti e quattro i Paesi siano attualmente soggetti a sanzioni da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite o del Consiglio dell’Unione Europea. Non figurano nelle liste pubblicate dalla Commissione Ue Indonesia e Malesia, al momento coinvolte in negoziati commerciali con l’Unione, nonché i principali Paesi del Mercosur, tra cui Argentina e Brasile. Tali Paesi, pertanto, rientrano per esclusione, automaticamente tra quelli a rischio standard. Infine, Filippine, Thailandia, Cina, India, Regno Unito e Stati Uniti sono stati collocati nella categoria di Paesi a basso rischio.

    In relazione ai prodotti originari dei Paesi “a basso rischio”, gli operatori saranno autorizzati a produrre una due diligence semplificata, poiché esonerati dall’obbligo di valutazione del rischio. Per i prodotti provenienti dai Paesi “ad alto rischio”, sarà, invece, sempre necessario condurre una valutazione attenta e adottare adeguate misure di mitigazione per ridurre i rischi prima di immettere i prodotti interessati sul mercato.

    Il Regolamento EUDR è un passaggio fondamentale nel percorso europeo verso una transizione ecologica, in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo e con i principi della Dichiarazione ONU sull’ambiente di Rio 1992. Le imprese sono chiamate ad agire con responsabilità, implementando sistemi di tracciabilità e valutazione dei rischi lungo l’intera catena di fornitura, al fine di garantire che i prodotti immessi nel mercato europeo siano davvero a deforestazione zero. LEGGI TUTTO

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    Fao: la deforestazione nel mondo rallenta, ma non basta

    La buona notizia è che la deforestazione globale rallenta, la cattiva è invece che nonostante ciò le foreste del mondo sono ancora troppo sotto pressione. Mancano poche settimane all’inizio della COP30, la grande conferenza sul clima che si terrà quest’anno a Belem, nel cuore dell’Amazzonia e dove la questione deforestazione sarà centrale. In Amazzonia ci sono infatti ancora preoccupanti segnali legati al disboscamento a cui si aggiungono ora annunci da parte del Brasile, che per paradosso arrivano proprio a ridosso della Conferenza, di concessioni a nuove esplorazioni petrolifere (il cosiddetto blocco M-59) alla Foce del Rio delle Amazzoni. In questo contesto di incertezze la FAO ha però appena pubblicato il secondo Global Forest Global Forest Resources Assessment 2025 (FRA), il rapporto che valuta lo stato delle foreste globali in oltre duecento Paesi. Come annunciato durante la presentazione a Bali in Indonesia la deforestazione “ha subito un rallentamento in tutte le regioni del mondo”.

    La conferenza

    A un mese da Cop30, cosa fare per evitare un altro fallimento sul clima

    di Luca Fraioli

    10 Ottobre 2025

    Gli ultimi dati mostrano infatti che le foreste, le quali coprono oggi 4,14 miliardi di ettari, praticamente un terzo della superficie del Pianeta, vedono tassi di deforestazione in declino grazie al fatto che oltre la metà delle foreste è oggi tutelata da migliori piani di gestione a lungo termine e un quinto di queste è oggi all’interno di aree protette.

    Nel periodo 1990-2000 il tasso di deforestazione era arrivato a 17,6 milioni di ettari all’anno. Ora, tra il 2015 e 2025, si è passati a 10,9 milioni. Va tenuto conto però che anche il tasso di espansione forestale è cambiato: nel periodo 2000-2015 era di 9,88 milioni, mentre negli ultimi dieci anni è stato di 6,78 milioni. Anche per questo il rapporto sottolinea che “gli ecosistemi forestali in tutto il mondo continuano ad affrontare sfide e l’attuale tasso di deforestazione di 10,9 milioni di ettari all’anno è ancora troppo elevato”.

    Lo è sia per una questione climatica sia per la sicurezza alimentare dei popoli: le foreste sono infatti l’habitat di gran parte della biodiversità mondiale e contribuiscono al cibo, ai cicli dell’acqua e del carbonio, riducendo rischi di siccità, desertificazione, erosione del suolo o frane. A livello di rigenerazione naturale l’Europa sta dando segnali incoraggianti, di aumento, mentre cali si registrano in Africa e Sud America. Il tasso di perdita delle foreste primarie si è oggi dimezzato rispetto agli anni 2000 mentre sono aumentate, ovunque, le foreste piantate (che rappresentano però appena l’8% della superficie globale).

    Tra i dati positivi indicati dal rapporto c’è poi l’aumento dei piani di gestione: “Più della metà delle foreste in tutto il mondo (2,13 miliardi di ettari, ovvero il 55% della superficie totale) sono oggi soggette a piani di gestione, con un aumento di 365 milioni di ettari dal 1990” si legge nel testo e circa il 20% delle foreste è in aree legalmente protette, un aumento di 251 milioni di ettari dal 1990. Per contro, fra le minacce incombenti ci sono gli incendi che ogni anno colpiscono in media 261 milioni di ettari di cui quasi la metà è appunto coperta da foreste. In questo, il 2020 è stato un anno terribile: 41 milioni di ettari sono stati fortemente danneggiati tra eventi meteo estremi, incendi e malattie degli alberi. Il rapporto FAO, stilato da 700 esperti in tutto il mondo, suggerisce dunque di aumentare gli sforzi per la protezione forestale, anche cavalcando l’onda positiva della decrescita dei tassi di deforestazione. Sforzi che finora trovano risultati altalenanti.

    Il libro

    “La Terra in fiamme” di Sunil Amrith è la nostra storia

    dalla nostra inviata Gaia Scorza Barcellona

    05 Ottobre 2025

    Un altro report, il Forest Declaration Assessment 2024, ci dice per esempio come nel 2023 il mondo fosse ancora lontano da rispettare gli impegni – entro il 2030 – per invertire la deforestazione e ricordava appunto come ciò fosse anche a causa del peggioramento degli incendi. Nel frattempo, poche settimane fa, l’Europa ha nuovamente rinviato i suoi impegni in termini di deforestazione: l’entrata in vigore della normativa europea anti-deforestazione (EUDR) che obbliga le aziende a smettere di usare materie prime prodotte su territori deforestati, infatti è stata posticipata.

    Una ulteriore speranza per incrementare le politiche di protezione e veder scendere ulteriormente i tassi arriverà però presto dal Brasile: alla COP30 ci si aspetta infatti che più Paesi contribuiscano a riempire le casse del Tropical Forest Forever Facility (TFFF), un fondo da 125 miliardi di dollari, per ora finanziato solo con un primo miliardo dal governo di Luiz Inácio Lula, che è stato definito come strumento “senza precedenti” sia per salvare le foreste, sia – visto il loro ruolo di assorbimento del carbonio – per per mantenere vivo l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5° rispetto ai livelli preindustriali. Questo perché, ricorda chi lo promuove, investire nelle foreste significa investire nell’umanità. LEGGI TUTTO

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    Caccia e pasto in volo, così il pipistrello preda gli uccelli

    Un insospettabile killer spietato. Arriva un nuovo, inedito tassello nella comprensione dell’etologia dei pipistrelli, tra gli animali più sorprendenti e affascinanti in natura. Un tassello che ne rivela un lato sin qui sconosciuto.A rivelarlo è la prima documentazione nella storia di un attacco in volo a un pettirosso, catturato e – letteralmente – divorato da una nottola gigante (Nyctalus lasiopterus), il più grande pipistrello europeo, un’apertura alare che può superare i 45 centimetri e una vita trascorsa principalmente in foreste mature, dove ama rifugiarsi nelle cavità degli alberi più alti.

    Biodiversità e clima

    Fa sempre più caldo, i pipistrelli salgono di quota

    di Pasquale Raicaldo

    19 Agosto 2025

    La predazione è stata integralmente “registrata” grazie a piccoli sensori in grado di catturare suono e movimento su scale temporali inferiori al secondo: speciali “tag” non invasivi di cui sono stati dotati alcuni degli esemplari di nottola gigante di una delle più nutrite colonie al mondo, nel Parco Nazionale di Doñana, vicino Siviglia, in Spagna. Dispositivi ad alta tecnologia in grado di registrare l’altitudine, l’ecolocalizzazione, il movimento 3D e, negli auspici dei ricercatori, il comportamento di caccia dei pipistrelli. E così è stato: la registrazione più “cruda” documenta una picchiata vertiginosa di un pipistrello che – da un’altezza di oltre un chilometro – insegue nel cuore della notte la sua preda – impegnata in una fuga disperata testimoniata da 21 richiami di soccorso – e la raggiunge a 400 metri dal suolo, per poi sferrarle un morso letale. I successivi suoni di masticazione, registrati tra i richiami di ecolocalizzazione, indicano come il pipistrello abbia mangiato l’uccello ininterrottamente durante il volo per 23 minuti consecutivi, senza perdere quota.

    Un comportamento che Laura Stidsholt, coautrice della ricerca (appena pubblicata su Science e docente presso l’Università di Aarhus, definisce “affascinante, in quanto documenta per la prima volta come i pipistrelli non solo siano in grado di catturare gli uccelli, ma anche di ucciderli e mangiarli mentre volano. Ed è accaduto – aggiunge – con una preda che pesa circa la metà del pipistrello stesso: sarebbe come se catturassimo e mangiassimo un animale di 35 chili mentre facciamo jogging”.

    Nyctalus lasiopterus (foto: Elena Tena)  LEGGI TUTTO

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    La “pianta della fortuna”, come coltivare la pachira

    Con il suo tronco spesso intrecciato, il suo fascino e la sua eleganza, la pachira impreziosisce ogni ambiente, donando subito un tocco esotico. Il suo nome scientifico è pachira aquatica ed è considerata sempre un regalo apprezzato, visto che è nota anche come pianta della fortuna o della ricchezza e albero del denaro: secondo alcune credenze dell’Estremo Oriente è di buon auspicio, rappresentando un catalizzatore per il denaro. A questo si aggiunge il fatto che purifica l’aria ed è molto semplice da curare. Nelle zone dal clima mite viene coltivata in giardino, mentre in quelle più fredde come pianta d’appartamento. Scopri come farla crescere rigogliosa e le azioni pratiche per mantenerla in salute.

    Coltivazione in vaso e giardino della pachira
    Pianta tropicale, che affonda le sue origini nelle zone palustri del Brasile e dell’America centrale, la pachira si distingue per il suo aspetto scenografico e il suo tronco magnifico che, secondo la tradizione, intrappola la fortuna. L’albero della ricchezza incanta con le sue caratteristiche foglie palmate, grandi e lucide, considerate simbolo di buon augurio. Oltre a essere molto decorativa è anche longeva, arrivando a durare anni se trattata con le giuste cure.

    Appartenente alla famiglia delle Malvaceae, la pachira è un albero sempreverde che ricorda il baobab, con cui è imparentata, avendo in comune con lui il tronco spesso e le foglie lunghe. Scelta perfetta se si cercano piante di grandi dimensioni da appartamento, è coltivabile sia in vaso che in giardino. La sua semina va effettuata tra la primavera e l’inizio dell’estate, quando le temperature sono più miti.

    Se coltivata in vaso, la pachira va posta in un recipiente di 10-15 centimetri di diametro, da sostituire una volta che le piantine giovani saranno cresciute. Il vaso deve essere dotato di fori di drenaggio e sul fondo deve essere posta dell’argilla espansa per evitare i ristagni d’acqua. I semi vanno posti a un centimetro di profondità in un terriccio drenante, alleggerendolo con ghiaia o sabbia se risulta troppo pesante. Ogni 2-3 anni è necessario occuparsi del rinvaso, ricorrendo a un recipiente più grande.

    Per la coltivazione in giardino i semi vanno collocati a un centimetro di profondità, avendo bisogno di luce per germinare, mantenendo una distanza di 50-70 centimetri tra ciascuno. La germinazione avviene nell’arco di 2-4 settimane. La pachira può essere propagata anche tramite talea. Per questo metodo è necessario ricorrere a talee di 15 centimetri da far radicare in acqua: una volta sviluppate le radici, è necessario immergerle in un prodotto stimolante per poi trapiantarle.

    Pachira e l’esposizione
    Oltre a essere nota come pianta della ricchezza o della fortuna, la pachira è anche conosciuta come pianta delle monete, castagna d’acqua, noce d’India e noce di Saba. Per un crescere rigogliosa, la pianta va posta in un luogo con luce solare indiretta, evitando i raggi solari diretti, soprattutto nelle ore più calde della giornata, che potrebbero bruciare le sue foglie.

    La pachira predilige climi miti, con temperature tra i 12 e i 24 gradi, un ambiente umido e un substrato drenato e ricco di sostanza organica. Negli interni va posta nei pressi di una finestra con luce diffusa, protetta da una tenda e lontano da fonti di calore e correnti d’aria. Bisogna evitare luoghi troppo bui, che ne ostacolano la crescita rallentandola e rendendola esile. La pianta è sensibile agli sbalzi di temperatura e alle correnti fredde.

    Pachira e la sua cura
    Nella cura della pachira, l’irrigazione non deve mai mancare. La pianta richiede annaffiature regolari e più frequenti in estate, riducendole in autunno e inverno. Pur amando l’umidità, è importante non irrigarla in modo eccessivo, per evitare il marciume radicale. La pachira non tollera un terreno troppo bagnato e può resistere per brevi periodi senza l’acqua, tenendo conto che i suoi tronchi la conservano. In caso di irrigazioni eccessive le sue radici potrebbero marcire.

    Una volta al mese è necessario occuparsi della concimazione in primavera e in estate e ogni 2 mesi in autunno e inverno, ricorrendo a un concime liquido, diluito nell’acqua di irrigazione. La potatura non è necessaria, ma è consigliata se si coltiva la pachira come bonsai, eliminando le foglie e i rami secchi per facilitare lo sviluppo di nuovi germogli.

    Problematiche della pachira
    La manutenzione della pachira non è particolarmente impegnativa, richiedendo poche attenzioni, anche se possono emergere alcune problematiche. Questa meravigliosa pianta si distingue per la sua resistenza, ma può presentare criticità connesse alla sua cura e all’ambiente in cui si trova. I tronchi possono ammalarsi per colpa di funghi e batteri, spesso dovuti a irrigazioni eccessive e ristagni.

    Un altro problema sono le foglie gialle e marroni, causate da shock dovuti a cambi di temperatura improvvisi, correnti d’aria, rinvaso ed esposizione a luce insufficiente. Le foglie secche sono dovute a un’umidità troppo bassa, mentre la caduta può dipendere da un eccesso o carenza idrica. Tronco molle e foglie raggrinzite sono sintomo di stress idrici o marciume radicale.

    La pachira può essere attaccata da cocciniglia, ragnetto rosso e afidi, dovendo intervenire prontamente per rimuoverli con soluzioni naturali come l’olio di neem o il sapone molle, oppure con insetticidi specifici. Per mantenere la pianta sempre in salute è necessario irrigarla correttamente, garantirle luce indiretta e monitorare eventuali infestazioni o segni di stress. LEGGI TUTTO